MAGIA

MAGIA

Pedro era solo in casa, era magro ed era triste. Qualcuno gli aveva consigliato di cercare un mago. Era il tempo delle lunghe file davanti ai maghi ricchi, ma Pedro non aveva risorse nemmeno per ricorrere all’ultimo mago di turno. E la sua casa, a poco a poco, si stava decomponendo.

Bevve un bicchiere d’acqua per ingannare la fame, spense la luce, aggiustò il cuscino sotto la testa e ne abbracciò un altro. Chiuse gli occhi e recitò una preghiera anonima, stanca e senza parole. Aveva già dimenticato tutte le parole non catalogate tra quelle indispensabili. Erano poche, povere parole, sempre sentite, sempre ripetute. Allora Pedro si addormentò, supplicando una notte di pace e una certa chiarezza per la mattina seguente.

Ma quella notte qualcuno ascoltò la sua preghiera, e Pedro fu illuminato dal profondo. Lo visitò il Mago Delle Parole, che con la tenerezza di una voce tranquilla e pacata, sussurrò dentro il suo sogno:

“ Tu, uomo intristito, trascinato da acque selvagge dentro un pozzo scuro, rivolge lo sguardo in alto, oltrepassa il bordo e assisti allo spettacolo magnifico del passaggio delle stelle: Andromeda, Cassiopea, Alfa Centauro e Aldebaran, ognuna con il suo brillio e il suo mistero. Le costellazioni viaggiano, energizzate dal tuo sguardo, e vanno lasciando nella loro scia il viola dell’albeggiare. I colori sfumati della mattina si mescolano e si svelano in un cerchio di azzurro profondo. L’azzurro attende, e si sorprende all’apparizione miracolosa del sole: una luce che catalizza il cielo, la cui essenza è origine e rivelazione.

Senti il calore, il tepore di una spuma invisibile che ti accarezza la pelle vergine. Assorbi fotoni e ioni, e il tuo nucleo è solare. Ti guardi attorno e già non vedi più le pareti del pozzo ma ampi spazi, colonne, capitelli, arabeschi, addobbi, atrii e vetrate. Puoi prendere la direzione che desideri, seguendo il profumo del caprifoglio, delle violacciocche, del mughetto e dei nontiscordardime.

Questo magnifico palazzo ti appartiene da sempre. Tutti i saloni sono per te familiari, confortevoli, e ognuno ti accoglie col ricordo di affetti, piaceri, dell’umida e calda vulva della donna amata, immersa nella peluria di pesca delle sue cosce, nella morbidezza dei suoi ampi seni dove poggi la guancia e tranquillamente godi, mentre i tuoi capelli sono percorsi da mani soavi, attraversati dai movimenti leggeri, di una tenerezza materna, delle sue dita, e tu baci le sue labbra turgide, rosate, e bevi la saliva come nettare, come il succo del frutto perfetto.

E poi, intontito, sonnecchi sopra il corpo amato che ti sfiora e ti abbraccia. Sogni con l’amore sin dall’infanzia immaginato, e al risveglio ricevi proprio quell’amore sognato. E vicino ai tuoi occhi, gli occhi da tanto tempo attesi, che invitano le tue labbra per quelle labbra.

Immenso. Riscatto. Libertà. Un calice di vino bianco, frizzante. Il fresco dell’uva ti ubriaca. Attorno a te, su tappetti persiani e cuscini di broccato, vassoi d’argento e vasi di cristallo con pietanze di carne, cacciagione, pesci arrosto, teneri e dorati; con dolci deliziosi, profumo di cannella e chiodi di garofano, aerei soufflé, mousse, budini alla menta, friabili meringhe, mandorle, pistacchi, tamarindo, cioccolato e datteri, sorbetti di rose e melograno, gelatine, creme tiepide e cialde di caramello, rosolio, ambrosia, amarene e liquori.

E allora, sazio e sonnolento, ti apri a un debole sorriso e nutri gli occhi con tutta la bellezza che ti circonda: gli arazzi, i marmi, le porcellane, le pietre e i cristalli con i loro riflessi arcobaleno, gli affreschi in tinte spente, con scene pastorali di fauni e ninfe che danzano allegramente innanzi al giovane pastore che suona lo zufolo all’ombra di un albero frondoso.

Chiudi gli occhi e ascolta il cinguettio vario di mille uccelli, vicini e lontani, lo scorrere tranquillo dell’acqua tra le pietre di un ruscello, la pioggia sonnacchiosa di una piccola cascata. E insieme al canto degli uccelli un coro di bambini che intonano melodie angeliche, accompagnati dalla musica di un’arpa che attraversa l’aria come una brezza di armonia che si confonde con l’alito puro della donna amata, che ti attira un’altra volta verso la sua bocca, verso il bacio che ti fa svenire.

Questo è il tuo mondo, perché lo meriti. Niente lo minaccia. Sarà sempre ad attenderti, perché è tuo, così come è tua la pace che lo circonda, il benessere del sonno e della veglia, il sorriso eterno della donna amata, sempre così vicina, la forza e l’energia del tuo corpo, il rosso delle tue guance, l’allegria e l’estasi del tuo spirito.

Questo mondo è tuo per diritto, soltanto perché sei nato. È il godimento certo e giusto di ogni essere umano, che non appena viene al mondo attrae per sé, in tutti i giorni e le notti della sua lunga vita, ciò che è bello, ciò che è buono, che incanta e reca pace.

Buon sonno, e che una ninnananna soave ti culli, fluttuando sulla superficie tranquilla del lago che ha accolto quelle acque prima selvagge.

Buon sonno, essere umano, e goditi la tua splendida umanità.”

Pedro si svegliò purificato, con la pace e la chiarezza che aveva invocato. E con un privilegio nuovo: il sentimento del sublime.

Abbracciò il cuscino e pensò: “È soffice. Possiede la morbidezza”. Si alzò dal letto e si vide eretto, allungato, superiore. Aprì le tende e, abbacinato, sorrise e parlò ad alta voce: “Luce”. Chiuse gli occhi, aspettò un po’, e pronunciò un’altra volta: “Luce”. Lasciò che la parola circolasse, venisse assorbita, ultimasse il suo effetto, e solo allora aprì nuovamente, completamente, gli occhi. Si meravigliò, e lasciò fluire la voce:

“Luce”.
 
E il Verbo si fece Luce.




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