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Programma della terza sezione del Seminario Intervento dello scrittore italiano Giuseppe Lupo – 15,00 |
2° giorno - Mercoledì 09 luglio 2008 ore 15,00 Sala Maria Luisa
Julio Monteiro Martins: È un grande piacere per me presentarvi lo scrittore italiano di oggi, Giuseppe Lupo. Io e Giuseppe ci siamo conosciuti a Brescia ad un convegno e mi aveva colpito molto perché, come vedrete, è un grande affabulatore. Ma c’è un altro motivo per cui l’ho invitato ed è una cosa che arricchirà molto le nostre discussioni, infatti lui è uno scrittore che vive a Milano, ma originario della Basilicata e nei suoi libri riproduce una sorta di Basilicata fantastica, di scenario magico alla Márquez. Ha tutte le caratteristiche di uno scrittore migrante, migrante da una realtà italiana ad un’altra realtà altrettanto italiana, questo è interessante perché l’Italia è costituita da diversi nuclei culturali con caratteristiche molto diverse tra loro. La letteratura di Giuseppe Lupo è forse quella che rappresenta più di tutte, oggi in Italia, questa migrazione “interna”. Insieme a lui è venuta anche Milva Cappellini, critica molto brava, mia amica e amica di Lupo che insieme si passeranno la parola l’un l’altro. È presente tra noi, come ospite gradito, anche Lionello Massobrio, scrittore italiano, regista, sceneggiatore, e dopo l’intervento di Giuseppe mi piacerebbe che ci parlasse un po’ della sue innumerevoli esperienze, avendo viaggiato molto in Africa, Angola…
Milva Cappellini: Mi prendo un piccolo merito, a parte che sono contenta di questo incrocio di amicizie belle e casuali, tra Julio, Giuseppe e me, recensendo il secondo libro di Giuseppe che ho amato in modo particolare ed è Ballo ad Agropinto, ho detto che Agropinto è una sorta di Macondo Lucano e sono contenta che per una volta il critico non abbia travisato quello che lo scrittore voleva dire! Ma di questo si tratta, di personaggi stralunati, ipnotizzati da una realtà tra il circense e il carnevalesco. Ma adesso ascoltiamo Giuseppe Lupo.
Oppure sempre nella percezione di Robilante, la Basilicata gli appare come: “Una culla di pietre vasta quanto il ventre di una madre” e un altro personaggio del libro “Aveva l’impressione di non aver ancora conosciuto fino in fondo una terra il cui destino era scritto nei ghirigori delle nuvole”. Da una parte le pietre, dall’altra le nuvole, il massimo della persistenza e della compattezza da una parte e dall’altra il massimo dell’evanescenza. Oppure c’è una bellissima descrizione di Matera di notte, che è quasi fiabesca, il contrario della descrizione che sappiamo bene ne fa Levi “C’erano dirupi coperti di erba selvatica, porzioni di roccia sgretolata e a Zanardelli non sarebbe bastata una vita di cento anni per visitare, pezzo per pezzo, quel presepe di grotte che pareva una melograna spaccata”. Anche il territorio geografico è sempre incerto, a metà tra la realtà consistente di un luogo fisico e una sorta di deriva onirica, di scivolamento surreale. “ Le alluvioni scavano budelli, il terreno si fa polpa di mele cotogne e dalle frane escono i monachicchi”, e Zanardelli vede “un panorama di calanchi e dune gialle, rugoso come la pelle di tartaruga e visitato dal vento che innalzava all’orizzonte solitari pennacchi di polvere”. Si nota il tessuto fortemente immaginifico di questo territorio che mi fa venire in mente la navigazione di San Brandano quando arriva all’isola e in realtà trova un pesce; questa Basilicata che da una parte è, si, pietra, ma dall’altra è fatta davvero della materia dei sogni e al tempo stesso è un organismo vivo. Ecco, su questo discorso dei luoghi, Giuseppe forse ce ne potrà parlare meglio. L’altra cosa che mi sembra interessante e di cui vorrei che Lupo ci parlasse è la questione dell’immagine della Storia. Giuseppe ci ha parlato di una sua idea che ha definito politicamente fanciullesca, dove forse le persone si scambiano bottoni o dove gli scienziati praticano un riciclaggio estremo di tutto, come succede ad Agropinto. La missione di Zanardelli, parte, scrive lui: “ come una trionfale inchiesta parlamentare e si trasforma in un malinconico pellegrinaggio alle radici del bene e del male”. C’è l’idea del grottesco nella storia, la storia che è una faccenda grottesca, per esempio: “Donna Perna si lasciò andare ad uno dei suoi commenti: la colpa era dell’aria lucana che fa inseguire gli aquiloni dell’utopia dove non ci sono che scassate montagne di argilla”. La spedizione di Zanardelli è stata una inchiesta parlamentare dove sono stati coinvolti notabili del luogo e dove ci sono stati fior fiore di referti giornalistici, credo che il retroterra documentale del romanzo sia robusto da studioso quale Giuseppe Lupo è. Lasciamo che ce ne parli. Giuseppe Lupo: Dunque 106 anni fa, il Presidente del Consiglio dei Ministri di allora, Zanardelli, bresciano, avvocato liberal democratico di 76 anni compie un viaggio in Basilicata di dodici giorni , la ragione è perché vuole conoscere questa terra e attraverso questa terra vuole conoscere il perché si parli di un sud arretrato rispetto al nord. Questo viaggio pone storicamente la cosiddetta questione meridionale. Al suo ritorno verrà varata una legge nazionale, la legge Zanardelli, che stanzierà per la sola Basilicata 64 milioni di lire. Zanardelli compì questo viaggio accompagnato da alcuni deputati e funzionari romani che lo hanno seguito ed hanno scritto le cronache. Questa è la storia vera che ho ricostruito tramite i documenti, però poi ho immaginato, ho sognato la storia. La chiave di lettura di questo viaggio, ma un po’ di tutto il popolo lucano è una frase che il poeta Sinisgalli una volta scrisse: “ I lucani sono un popolo che la saggezza ha portato alle soglie dell’insensatezza”, cioè dice Sinisgalli, noi siamo talmente saggi da essere insensati, folli. Il popolo lucano è perseguitato da un demone che è quello della fantasia, noi siamo abituati a pensare, a immaginare, a fantasticare. Vi racconto una cosa vera, scriveva Giovanni Russo, un giornalista di origine lucana che lavora per il Corriere della Sera, che negli anni ’40, mentre stava svolgendo un’inchiesta accompagnando uno studioso americano in Basilicata, con la macchina si fermano ad un paesino. Qui si imbattono in un contadino, capo della sezione del PC di allora, che gli mostra orgoglioso la macchina per fare la guerra elettrica. Cosa fosse se lo sono fatti spiegare, ma non finisce qui, il contadino gli racconta pure di aver spedito una lettera a Stalin dove spiegava l’esistenza di questa macchina e che se voleva gliela poteva vendere per usare contro l’America, ma quello che è buffo è che quest’uomo si meravigliava del fatto che Stalin ancora non gli avesse risposto! Ecco, la Lucania è anche questo! Insomma durante questi dodici giorni, e questa è una cosa vera, Zanardelli viaggia in lungo e largo la Basilicata, e dappertutto la Lucania si mette a festa, nei paesini le persone gli si fanno intorno cercando di stringergli le mani e tutti quanti chiedono soldi, soldi, per fare strade, ferrovie…Tutti i progetti più strampalati li portano da Zanardelli, il quale settantaseienne, uomo del nord, razionale, aristotelico si trova catapultato in questa terra dove un frastuono di voci, una babele di gente gli tira la giacca, ed è anziano!, e gli mostra petizioni su petizioni. Ma anche lui in fondo viene rapito dal demone della fantasia e diventa egli stesso vittima di questo demone….Era partito con l’intenzione di risolvere i problemi del sud e appena arriva cosa gli capita? Di sognare una donna e per tutto il viaggio sarà perseguitato da questa idea bellissima di donna, che lo seduce, gli fa le moine, anche lui, uomo della Storia con la s maiuscola arriva in Basilicata e non capisce più niente “La Storia è un cumulo di distrazioni”. Zanardelli arrivato in Basilicata si distrae. La storia del sud sarebbe dovuta andare in un certo modo, ma poi è successo qualcosa e si è distratta...Ecco, nel mio romanzo a un certo punto Zanardelli, che doveva essere accompagnato solo da qualche deputato e funzionario, si ritrova assediato da una marea di gente e dalla banda del paese che lo insegue dappertutto, da un medico personale, si imbatterà poi in una donna bellissima inglese molto ricca che però è una sufragetta, tutti gli uomini di questa spedizione la inseguiranno, diventa come Angelica nell’Orlando Furioso e anche Zanardelli perde la testa, anche lui si distrae dalla Storia che deve assolvere e corre dietro a questa donna. Turisti inglesi, un fotografo ambulante, matto anche lui, che si sta per sposare con la figlia di un ortopedico, ma appena sente la notizia che sta per arrivare in città la carovana abbandona la futura moglie per unirsi a questa gente e seguire la spedizione, con quale obiettivo? Con quello di cogliere qualcosa nel viaggio che possa dargli l’immortalità, annusa una certa possibilità di complotto contro Zanardelli e pensa che se sarà bravo abbastanza da sventare il momento in cui Zanardelli verrà messo in pericolo, allora lui acquisterà la celebrità e per questo sta sempre dietro al Presidente con una telecamera accesa. Poi c’è un giornalista che si intrufola tra gli altri giornalisti ufficiali e crede di essere figlio di Ippolito Nievo, pensa che quando Nievo scese al sud per combattere con Garibaldi potrebbe avere avuto una storia d’amore con sua madre dal quale poi sarebbe nato lui. Segue anche lui la carovana perché vuol scoprire se quello che lui crede essere suo padre, è morto per una semplice disgrazia oppure perché qualcuno lo ha fatto affondare e chi più di un Presidente del Consiglio può conoscere questa verità? Tutti i personaggi del mio libro sono ossessionati dal sogno, dal demone della fantasia. C’è un personaggio il Cavalier Vittorino Negrofante, produttore di liquori, uomo smaliziato, “traffichino”, che è quello che si occupa dell’organizzazione di tutto il viaggio e ha sempre in mano le cartine stradali, le tabelle ferroviarie, gli orari e anche lui ha un sogno, vorrebbe fare in modo tale che Zanardelli firmi una legge speciale che possa dotare la Basilicata di uno Statuto autonomo, vorrebbe essere una sorta di Bossi del sud, il federalismo lucano. Chiudo il discorso, quando Milva mi chiedeva cosa pensi della Storia, io sono molto diffidente verso la Storia , guardo alla Storia con molta ironia e in maniera tragicomica perché in questo modo si gratta più a fondo, la commedia graffia più a fondo di quanto non faccia la tragedia. Ti ho risposto Milva? Julio Monteiro Martins: Bravo Giuseppe, come vi anticipavo, un grande affabulatore, racconta con una vivacità straordinaria! Giuseppe Lupo: Ma per raccontarvene un’altra divertente, adesso è stato scoperto il petrolio e pare che la Lucania sia il paese europeo più ricco di petrolio, io scherzando dico che hanno bucato l’oleodotto che arriva dall’Arabia!, c’è un sindaco della valle dell’Agri dove si trova il petrolio che con i soldi ricavati dal petrolio ha pavimentato il paese quattro volte, questo per dirvi la follia del mio paese. Un altro sindaco che non sapeva come spendere i soldi, ha fondato tre squadre di calcio, con tutti i problemi di disoccupazione… mi dite a cosa servono tre squadre di calcio in un paesino di 4.000 abitanti? La follia dei lucani sta anche in questo. Ora in Lucania sta circolando la leggenda che il fondatore dei Cavalieri Templari sia nato proprio in Basilicata, a Forenza! Ma allora c’è da chiedersi il Sacro Graal, è lì?! Julio Monteiro Martins: Ti faccio una domanda un po’ scontata, prima si parlava di Macondo, c’è nel tuo narrare un’influenza degli scrittori sud americani? Milva Cappellini: Aggiungo una considerazione alla domanda di Julio. Il romanzo di Giuseppe è un romanzo molto corale, come sono i romanzi antropologici dove il senso della collettività di cui parlava prima Giuseppe, in termini narrativi è evidentemente portato a tradursi nella coralità. Alla fine la storia è raccontata da un testimone che dice lui stesso di essere il più inattendibile di tutti e per questo alla domanda sulla Storia, si potrebbe aggiungere la domanda sul racconto della Storia, sulla possibilità di raccontare la Storia…nel libro i cronisti prendono appunti che poi vengono stravolti, lo stesso Rubilante dopo aver cercato strenuamente di filmare il momento che lo avrebbe proiettato nell’immortalità, alla fine smonta la macchina da presa abbattuto, quindi sembra serpeggiare una sorta di sfiducia nella possibilità di una narrazione organica, completa, oggettiva, idea rafforzata anche da questo proliferare di racconti e di storie laterali intrecciate che dissimulano la trama principale che è il viaggio di Zanardelli. Però alla fine,in quello che si chiamerebbe il “paratesto”, Giuseppe sembra pagare i suoi debiti con il romanzo storico e parla di Manzoni, cita Nievo, quindi la grande tradizione italiana. In che modo semmai, se la risposta a Julio è affermativa, anche tecnicamente due tipi di narrazione così diversi nel tuo libro riescono a contaminarsi più che a conciliarsi? Giuseppe Lupo: Più che romanzo storico, questo è un romanzo antropologico. E che significa? Un Manzoni, per esempio è molto attento e scrupoloso verso la Storia, io invece uso la Storia solo come pretesto, per dare poi una mia idea di sud. Il romanzo antropologico questo lo può fare perché è un tipo di romanzo dove tu ricostruisci un mondo globalmente a partire dal cibo, il dialetto, le usanze,e i nostri debiti non sono tanto con Manzoni, ma con un’altra persona che ora non c’è più ed è Raffaele Crovi, che per me, come per altri autori più importanti di me è il maestro, questo libro l’ho dedicato a lui come amico ma soprattutto come maestro, lui è uno scrittore che ha coltivato come autore e come editore questo tipo di genere, si può dire che è quello che l’ha portato a battesimo, che ha cercato di farlo affermare nella nostra narrativa a partire dalla fine degli anni ’70. Il romanzo antropologico è un romanzo che si confonde con quello storico, ma non è storico, è un romanzo che dà molta importanza alla etnia, ai popoli, alle tradizioni, alle sagre, ai luoghi geografici, ricostruisce una geografia culturale. Probabilmente è un romanzo che oggi non sarà tanto di moda, ma questo non importa, ognuna deve scrivere i libri che ha in mente e portare avanti quelle narrazioni. Giustamente Milva dice, un conto è la Storia e un conto è il racconto della Storia, qui uno deve prendersi certe libertà, deve intervenire perché altrimenti la funzione di chi scrive non sarebbe altra che quella di un cronista, se io avessi narrato il viaggio di Zanardelli come lo hanno raccontato davvero i cronisti più di 100 anni fa, sarebbe stato un romanzo assolutamente ridicolo, non ridicolo perché grottesco, ma perché retorico. Per rispondere a Julio, sì, ci sentiamo vicini al mondo latino americano e soprattutto a Márquez, perché anche quello è un mondo che esalta certi aspetti comuni, la fantasia, il sogno, le allucinazioni, i fantasmi. Mi lusinga il paragone con Márquez, ma è anche vero che i suoi personaggi sono tutti tristi, immersi nella solitudine e quindi nella tristezza, i miei personaggi a me non pare che siano tristi…Un autore che ho molto amato è stato Steinbeck che appartiene alla California del sud, ma non è molto diverso da Márquez in fondo, pensiamo a Pian della Tortilla, anche lui ha questa dimensione picaresca. Julio Monteiro Martins: Bene, ora chiamerei qui accanto a me Lionello Massobrio, ieri mi ha portato due dei suoi libri, Solo nella mente e Dimenticati. Vorrei chiedere a Lionello di parlarci un po’ della sua opera, del suo percorso della sua vita..
Julio Monteiro Martins: Allora ti faccio io una domanda, nel tuo ultimo libro, Solo nella mente, ambientato in carcere si avverte un bisogno di evasione molto forte, c’è un personaggio addirittura che si crea un mondo alternativo mentale per non vivere la realtà, no? Ci parli un po’di questo? Lionello Massobrio: Il protagonista di questo romanzo è uno che è in galera perché è stato condannato per un omicidio che non ha commesso, avrebbe ucciso una ragazza di sedici anni con cui aveva avuto una storia e attraverso una serie di passaggi dovuti all’alterazione della sua mente a contatto con l’ambiente carcerario finisce per inventarsi una fuga dal carcere che avviene solo nella sua mente. Si identifica con la vittima dell’omicidio e pensa di, con una barca a vela, attraversare l’oceano, finire su un’isola deserta e lì rifondare l’umanità. Siccome l’editoria non funziona molto bene in Italia ho deciso di mettere su questa cosa nuova di cui forse qualcuno di voi ha visto la pubblicità, chiamata www.ilmiolibro.it del gruppo Repubblica/ Espresso, funziona così, si entra nel sito, ci si registra, c’è una vetrina dove vengono presentati i libri che si trovano lì e solo lì, non anche in libreria ed io penso che questa sia una cosa che probabilmente in altri paesi già funziona molto bene e che avrà grande futuro. Julio Monteiro Martins: Una volta ho letto un articolo di Sofri, tuo amico, in cui fa un commento su un film che hai girato a Sarajevo, su un episodio molto bello e significativo che vorrei tu raccontassi di una ragazza che hai visto di fronte a uno specchio… Lionello Massobrio: Si, prima di scrivere definitivamente e solo libri, sono stato anche regista, giornalista, insomma ho fatto una grande quantità di altre cose. Quando venne fuori la questione dello stupro etnico, cioè dei serbi che violentavano le croate e le mettevano incinte e dei croati che facevano la stessa cosa, decisi di partire immediatamente per Sarajevo dove in quel momento c’era l’assedio. A Sarajevo c’era un manicomio dove i dottori erano scappati ed erano rimasti solo i matti e questi si auto-organizzavano, facevano da mangiare…Tra questi pazzi c’era una ragazza che stava tutto il giorno davanti allo specchio e si truccava senza avere né il rossetto, né la cipria, quando si voltò mi accorsi che era incinta e abbiamo saputo che era stata violentata. Julio Monteiro Martins: Sofri parla di questo bisogno truccarsi, anche senza il trucco, dell’esigenza di ricostruirsi un’immagine, un volto attraverso la semplice mimica delle mani…Se non ci sono interventi, chiudiamo qui la sessione, ringrazio Lionello e Giuseppe e vi do appuntamento a domani. |
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