FEROCIA


Yu Hua

 



(...) Quando Song Fanping arrivò alla stazione delle corriere a est della città, scorse in cima alle scale un tizio con la fascia rossa al braccio e un bastone in mano il quale, non appena avvistò Song Fanping che scendeva dal ponte, gridò qualcosa voltandosi verso la sala d'aspetto. Immediatamente corsero fuori altri cinque tizi con la fascia rossa. Song Fanping sapeva che erano venuti per catturarlo, ma esitò solo un istante e poi andò loro incontro. Gli venne in mente di tirare fuori la lettera di Li Lan per mostrargliela, poi ci ripensò e lasciò perdere. I sei con la fascia rossa stavano in cima alla scalinata, tutti con un bastone in mano. Song Fanping levò dalla tasca il braccio fuori uso e salì le scale, intenzionato a spiegare che non stava fuggendo, doveva solo andare a Shanghai a prendere la moglie. Fu accolto dalle bastonate, per cui istintivamente sollevò il braccio destro per ripararsi dai colpi talmente violenti che gli provocarono un dolore come gli stessero spezzando le ossa, entrò nella sala d'aspetto e si diresse verso la biglietteria, continuando a usare il braccio destro come scudo per proteggersi dalle bastonate. I sei con la fascia rossa gli stettero sul collo fino alla biglietteria. Simili a sei fiere brandivano i bastoni e colpivano. Il braccio con cui si era fatto scudo gli doleva al punto che gli sembrava stesse per staccarsi; si era preso una scarica di bastonate anche sulla spalla e gli avevano quasi spappolato un orecchio a furia di colpi, ma, facendosi strada sotto la gragnuola di randellate dei suoi persecutori, finalmente raggiunse la biglietteria. La bigliettaia aveva gli occhi fuori dalle orbite per il terrore. Miracolosamente Song Fanping riuscì a sollevare il braccio lussato per proteggersi dalle bastonate a raffica, infilò la mano destra in tasca, prese i soldi e li allungò allo sportello.

"Un biglietto per Shanghai," disse.

La bigliettaia inclinò la testa e crollò a terra. Che fosse svenuta per lo spavento fece sprofondare all'istante Song Fanping nello sbigottimento. Lasciò ricadere il braccio sinistro lussato, dimenticandosi di parare le bastonate che, in un batter d'occhio, gli piombarono sul cranio. Rovinò ai piedi della parete, con la testa fracassata e sanguinante, i sei bastoni lo colpirono all'impazzata finché non si spezzarono tutti quanti. Poi fu la volta dei dodici piedi dei sei con la fascia rossa, che lo calpestarono e lo presero a calci e pedate per più di dieci minuti. Alla fine, Song Fanping rimase completamente inerte ai piedi della parete, i sei con la fascia rossa abbassarono le mani, fermarono i piedi e si diressero, con il fiato corto, verso una panca sotto le pale di un ventilatore. Si massaggiarono gambe e braccia, si sedettero asciugandosi il sudore dalla faccia e, stremati da non avere più respiro, piegarono il capo a guardare Song Fanping steso ai piedi della parete senza smettere di masticare insulti.

"Ma vaffanculo..."

Questi tizi con la fascia rossa arrivavano da quello che veniva chiamato magazzino, ma che nella sostanza era una prigione. Alle prime luci dell'alba avevano scoperto che Song Fanping era scappato e si erano immediatamente divisi in due gruppi, il primo a presidiare la stazione delle corriere, il secondo l'imbarcadero. Le sei Fasce rosse a guardia della stazione, quel mattino presto, pestarono Song Fanping ululando e facendo scappare inorridita, sulle scale, la gente che era nella sala d'aspetto; i bambini strillavano, le donne avevano la bocca piegata in una smorfia di terrore. Queste persone, da fuori, sbirciavano all'interno, ma nessuno osò metterci piede. Solo quando cominciarono a staccare i biglietti per Shanghai, entrarono con circospezione, guardando spauriti le sei Fasce rosse che si stavano ripigliando, sedute sulla panca sotto la pala del ventilatore.

Nel suo stato comatoso, Song Fanping udì vagamente il richiamo del controllore e, incredibilmente, si riebbe, si tirò addirittura in piedi appoggiandosi alla parete e, dopo essersi pulito del sangue fresco dalla faccia, si avviò barcollante al controllo biglietti, provocando urla terrificanti tra i passeggeri in coda. Vedendolo alzarsi all'improvviso e persino dirigersi al controllo biglietti, le sei Fasce rosse che si riposavano sotto il ventilatore si guardarono instupidite, bofonchiando versi di stupore - "Toh!" e "Ma dai!".

"Non fatelo scappare!" gridò uno di loro.

Le sei Fasce rosse raccolsero da terra i sei bastoni spezzati e si avventarono contro Song Fanping colpendolo in piena faccia.

Questa volta lui reagì, tirando pugni con il destro mentre avanzava verso il controllore che, dalla strizza, chiuse il cancello d'accesso facendolo sbattere con un beng secco, poi girò sui tacchi e se la diede a gambe. Song Fanping non aveva più via di scampo e non gli restò che tornare sui suoi passi, sfoderando i pugni. Era appena tornato in sé e le sei Fasce rosse lo avevano già accerchiato di nuovo. Lo picchiarono fino a ridurlo una maschera di sangue, lo pestarono dalla sala d'aspetto fino alle scale esterne, lui resistette con tutte le sue forze, ma, dopo essere arrivato fino alle scale a suon di botte, mancò uno scalino e rotolò giù. Le sei Fasce rosse gli si fecero attorno, dandogli calci e pedate, lo batterono anche con i sei bastoni spezzati appuntiti come lame. Uno andò a conficcarsi nell'addome di Song Fanping, che prese a contorcersi, la Fascia rossa lo estrasse e Song Fanping si raddrizzò all'improvviso, il sangue gli usciva a fiotti e macchiò di rosso la polvere a terra.

Song Fanping non si mosse più.

Anche le sei Fasce rosse erano stremate, si accovacciarono a recuperare il fiato a grandi boccate finché realizzarono che faceva troppo caldo per stare sui calcagni sotto la canicola, per cui si spostarono sotto gli alberi, si appoggiarono ai tronchi e con le magliette si asciugarono il sudore che colava dappertutto. Pensavano che questa volta non si sarebbe più rialzato, nessuno l'avrebbe creduto capace di farlo eppure, mentre la corriera usciva dalla stazione, Song Fanping recuperò i sensi e si tirò ancora una volta in piedi, fece un paio di passi incerti, agitando il braccio destro, e disse con voce spezzata, guardando la corriera che si allontanava:

"Non... sono... ancora... salito... io...".

Le sei Fasce rosse, che si erano appena riavute, gli si avventarono di nuovo contro, stendendolo a terra per l'ennesima volta.

Lui smise di opporsi e cominciò a implorare pietà. L'indomito Song Fanping in quel momento ebbe troppo cara la vita e diede fondo alle proprie forze per mettersi in ginocchio. Sputava il sangue che gli riempiva la bocca, con la mano destra si teneva l'addome che fiottava sangue, supplicandoli in lacrime di non picchiarlo più, piangeva sangue. Estrasse dalla tasca la lettera di Li Lan e riuscì incredibilmente a spiegarla, con la mano penzolante che ormai non muoveva più, per fornire la prova che, veramente, non aveva intenzione di fuggire. Non ci furono mani che presero la sua lettera, ci furono solo piedi, che andarono avanti a dargli pedate, a calpestarlo e a sferrargli calci, e poi due bastoni spezzati e appuntiti come lame che gli vennero conficcati in corpo e poi estratti. Song Fanping sprizzava sangue dappertutto, come un colabrodo.

Alcune persone della nostra Liuzhen assistettero con i propri occhi al massacro compiuto dalle sei Fasce rosse. Tra queste, Mamma Su, quella che aveva aperto il negozietto accanto alla stazione, pianse a dirotto davanti a quella scena straziante, si asciugava le lacrime, scuotendo la testa, e faceva dei pigolii con la bocca, non si capiva se fossero sospiri o singhiozzi.

Mentre Song Fanping stava per esalare l'ultimo respiro, le sei Fasce rosse si accorsero di aver fame e lo mollarono temporaneamente per andare al negozio di Mamma Su. Erano sfiniti come scaricatori di porto dopo una giornata di duro lavoro, talmente esausti che, dopo essere entrati ed essersi messi a sedere, nessuno ebbe voglia di parlare. Mamma Su entrò a testa bassa nel negozio, si sedette al bancone e guardò, senza dire una parola, quelle sei Fasce rosse che erano peggio delle bestie. Quando ripresero fiato, i sei ordinarono latte di soia con frittelle youtiao e mantou , e si ingozzarono come maiali.

Sopraggiunsero di gran carriera i cinque di guardia all'imbarcadero. Avendo saputo che Song Fanping era stato catturato alla stazione erano venuti di corsa, esaltati e tutti sudati, e si erano subito messi all'opera con i bastoni. Diedero un' altra folle scarica di legnate a un Song Fanping ormai inerte, le loro mani si fermarono solo quando anche i loro bastoni si spezzarono tutti, poi presero a tirargli calci e a calpestarlo. Le prime sei Fasce rosse uscirono rifocillate dal negozietto di Mamma Su e fu il turno dei cinque ultimi arrivati, per far colazione. Sei più cinque, in tutto undici Fasce rosse continuarono a seviziare a rotazione Song Fanping, che ormai non si muoveva più, eppure quelli non smettevano di prenderlo a pedate di qua e a calci di là. Alla fine fu Mamma Su a intervenire, non ce la faceva più a reggere quello spettacolo, e disse:

"Forse è morto...".

Solo allora le undici Fasce rosse fermarono le gambe e si allontanarono trionfanti, asciugandosi il sudore. Tutti e undici avevano i piedi acciaccati a furia di tirar calci e tutti e undici se ne andarono zoppicando. Mamma Su, guardandoli andare via barcollanti, pensò che semplicemente non fossero esseri umani.

"Come potrebbero degli uomini essere cosi feroci!" disse tra sé.




(Brano tratto dal romanzo Brothers, Feltrinelli editrice, Milano, 2008, traduzione di Silvia Pozzi.)







Yu Hua è nato a Hangzhou, in Cina dove vive da sempre, nel 1960. È considerato uno dei migliori autori cinesi della sua generazione. In Italia sono stati pubblicati i suoi testi Torture (Einaudi, 1997), Vivere! (Donzelli, 1997), Premio Grinzane Cavour, L'eco della pioggia (Donzelli, 1998), Cronache di un venditore di sangue (Einaudi, 1999), Le cose del mondo sono fumo (Einaudi 2004), Brothers (Feltrinelli 2008) di cui Arricchirsi è glorioso (Feltrinelli 2009) costituisce il seguito.



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