PENSARE SENZA TIMORI
– Brani tratti da Nel ventre della balena e altri saggi –
George Orwell
(…) Dal punto di vista totalitaristico invece la storia è qualcosa da creare piuttosto che da studiare. Uno stato totalitario rappresenta in effetti una teocrazia, e la casta regnante, allo scopo di conservare la propria posizione, deve passare per infallibile. Ma dato che in pratica nessuno è infallibile, è spesso necessario alterare gli eventi passati allo scopo di dimostrare che questo o quell’errore non fu commesso, o che questo o quel leggendario trionfo fu effettivamente ottenuto. Allora, di nuovo, ogni fondamentale cambiamento nella politica richiede un corrispondente cambiamento di dottrina e una rivalutazione delle figure storiche principali. Queste cose accadono ovunque, ma è chiaramente più probabile che portino a delle complete falsificazioni nelle società dove solo una opinione è quella sempre lecita. Il totalitarismo richiede infatti la continua alterazione del passato e, alla lunga, richiede forse uno scetticismo sull’effettiva esistenza della verità oggettiva. I complici del totalitarismo in questo paese tendono di solito ad argomentare che, siccome la verità assoluta non è raggiungibile, una grande bugia non è peggiore di una piccola bugia. E’ stato notato che tutti i resoconti storici sono tendenziosi e inesatti, o, d’altra parte, che la fisica moderna ha dimostrato che ciò che ci pare il mondo reale è un’illusione, di modo che credere all’evidenza dei propri sensi è semplicemente volgare filisteismo. Una società totalitaria che riuscisse a perpetuarsi istituirebbe probabilmente un sistema di pensiero schizofrenico, nel quale le leggi del senso comune sarebbero valide per la vita d’ogni giorno e per alcune scienze esatte, ma potrebbero essere trascurate dal politico, dallo storico o dal sociologo. Esiste tuttora un numero considerevole di persone che riterrebbe scandaloso falsificare un testo scientifico ma che non vedrebbe nulla di male nel falsificare un fatto storico. E’ dunque nel punto in cui letteratura e politica si incrociano che il totalitarismo esercita la sua maggiore pressione sull’intellettuale (…)
(…) Anche sotto la più rigida dittatura, non può il singolo scrittore restare libero dentro di sé e distillare o dissimulare le proprie idee non ortodosse in un modo che le autorità non sarebbero capaci di riconoscere? E, in ogni caso, se lo scrittore stesso è d’accordo con l’ortodossia dominante, perché mai questa dovrebbe avere un effetto limitante su di lui? Non è più facile che la letteratura o qualsiasi altra arte fiorisca in una società priva di importanti conflitti d’opinione o di forti distinzioni tra l’artista e il suo pubblico? Bisogna per forza presupporre che ogni artista sia un ribelle oppure che uno scrittore in quanto tale sia una persona eccezionale? Ogniqualvolta si prova a difendere la libertà intellettuale dalle affermazioni del totalitarismo, ci si imbatte in un modo o nell’altro in tali argomentazioni. Esse sono basate su un completo fraintendimento di cosa sia la letteratura, e di come – o forse meglio bisognerebbe dire perché – essa abbia origine. Tali argomentazioni presumono che uno scrittore sia un mero intrattenitore o uno scribacchino venale che può saltare dall’uno all’altro verso di propaganda tanto facilmente quanto un organista cambia accordo. Ma, dopo tutto, com’è che i libri vengono scritti? Al di sopra di un livello davvero basso, la letteratura rappresenta il tentativo di influenzare il punto di vista dei propri contemporanei attraverso la registrazione di esperienze. E fintantoché si ha a che fare con la libertà di espressione, non c’è molta differenza tra un mero giornalista e i più apolitico e fantasioso degli scrittori. Il giornalista non è libero, ed è ben consapevole di non esserlo, quando è obbligato a mentire o a sopprimere delle notizie che lui reputa importanti; lo scrittore di fantasia non è parimenti libero quando deve falsificare i propri sentimenti soggettivi, che dal suo punto di vista sono veri e propri fatti. Egli potrà distorcere e parodizzare la realtà allo scopo di renderne più chiaro il senso, ma non può contraffare il proprio paesaggio mentale, non può affermare con convinzione che ama ciò che non gli piace o che crede in cose alle quali non crede. Se è obbligato a fare ciò, l’unico risultato sarà che le sue capacità creative si prosciugheranno. Né egli può risolvere il problema tenendosi lontano da tutti gli argomenti controversi. Non esiste una letteratura genuinamente apolitica e meno che mai in un’epoca come la nostra, in cui paure, odi e convinzioni strettamente politiche sono nella coscienza di tutti. Anche un singolo tabù può avere un effetto completamente rovinoso sulla mente, perché c’è sempre il pericolo che ogni pensiero a cui si dia liberamente seguito possa condurre ad un pensiero proibito. Ne segue che l’atmosfera del totalitarismo è letale per ogni tipo di scrittore in prosa, sebbene un poeta, in ogni caso un poeta lirico, la potrebbe forse trovare respirabile. E in ogni società totalitaria che sopravviva per più di un paio di generazioni è probabile che la letteratura in prosa, del genere che è esistito durante i passati quattrocento anni, debba effettivamente estinguersi.
La letteratura è talvolta fiorita sotto dei regimi dispotici, ma, come è stato spesso notato, i dispotismi del passato non erano totalitari. Il loro apparato repressivo era sempre inefficiente, le classi regnanti erano di solito o corrotte o apatiche o semiliberali nelle vedute, e le dottrine religiose dominanti in genere operavano contro il perfezionismo e la nozione di infallibilità umana. Anche così è in gran parte vero che la letteratura ha raggiunto il suo livello più elevato in periodi di democrazia e di libero pensiero. Ciò che è nuovo nel totalitarismo è che le sue teorie non sono soltanto incontestabili ma anche instabili. Esse devono essere accettate a prezzo della dannazione, ma d’altra parte sono sempre soggette ad essere alterate secondo il fatto del momento.
(…) Per scrivere in un linguaggio semplice e vigoroso, bisogna pensare senza timori, e se si pensa senza timori non si può essere ortodossi politicamente. Potrebbe essere altrimenti in un’epoca di fede, quando l’ortodossia dominante è stata da tempo instaurata e non è considerata troppo seriamente. In tal caso sarebbe possibile, o potrebbe essere possibile, per larga parte del proprio intelletto, non rimanere influenzati da ciò in cui si crede ufficialmente. Anche considerando ciò, è degno di nota il fatto che la letteratura in prosa quasi sparisse durante la sola epoca di fede della quale l’Europa avesse goduto. Lungo tutto il corso del Medioevo, infatti, non ci fu quasi alcuna letteratura in prosa di fantasia e molto poco nel campo della scrittura storica, e i capi intellettuali della società esprimevano i loro più importanti pensieri in una lingua morta che si era scarsamente alterata nel corso di un migliaio d’anni.
Comunque il totalitarismo non ha garantito tanto un’epoca di fede quanto piuttosto un’epoca di schizofrenia. Una società diviene totalitaria quando le sue strutture divengono evidentemente artificiose, cioè, quando la classe governante ha perduto la sua funzione ma riesce a tener stretto il potere con la forza o con la frode. Una società del genere, non importa per quanto resista, non si può mai permettere di divenire tollerante o intellettualmente stabile. Non può mai concedersi né una fedele registrazione dei fatti né quella sincerità emotiva che la creazione letteraria richiede. Ma per essere corrotti dal totalitarismo non bisogna per forza vivere in un paese totalitario. Il solo prevalere di certe idee può spargere una sorta di veleno che rende via via inutilizzabile ogni argomento per scopi letterari.
(Brani tratti dalla raccolta Nel ventre della balena e altri saggi, Edizione Tascabili Bompiani, Milano, giugno 2002, traduzioni di Tiziana Barghigiani, Enzo Giachino, Franco Mollica, Giorgio Monicelli e Claudio Scappi .)
George Orwell, (pseudonimo di Eric Arthur Blair; Motihari, 1903 – Londra 1950) è l’autore di alcuni classici della letteratura del Ventesimo secolo, come 1984 e La fattoria degli animali.
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