JÓSEFÓW


Christopher R. Browning




(...) Trapp riuní poi i comandanti di compagnia e assegnò i rispettivi incarichi. Il primo sergente Kammer comunicò gli or dini alla Prima Compagnia, Gnade e Hoffmann li trasmisero alla Seconda e alla Terza. Due plotoni della Terza avevano il compito di circondare il villaggio; gli uomini ricevettero l'ordine esplicito di sparare a chi tentava la fuga. Gli altri poliziotti dovevano rastrellare gli ebrei e condurli sulla piazza del mercato. I deboli e i malati, i bambini piccoli e tutti quelli che resistevano o tentavano di scappare dovevano essere fucilati sul posto. Poi alcuni uomini della Terza Compagnia avrebbero portato via gli ebrei "abili al lavoro" selezionati sulla piazza del mercato, mentre il resto della Prima Compagnia si sarebbe diretto nel bosco per formare i plotoni d'esecuzione. Gli uomini della Seconda Compagnia e il Terzo Plotone della Terza avrebbero caricato gli ebrei sui camion del battaglione trasportandoli dalla piazza del mercato al luogo dell'esecuzione.
Dopo aver diramato gli ordini, Trapp si fermò in paese per gran parte della giornata: si recò nella scuola trasformata in quartier generale, a casa del sindaco polacco o del prete, sulla piazza del mercato o sulla strada verso il bosco, ma non andò mai nel bosco e non assistette alle esecuzioni. La sua assenza non passò inosservata. Un poliziotto disse con acredine: "Il maggiore Trapp non c'era mai, anzi, rimase a Józefów perché evidentemente non sopportava quella vista. Noi uomini eravamo sconvolti e dicevamo che non potevamo sopportarla neppure noi"
In verità, l'angoscia di Trapp non era un segreto per nessuno. Sulla piazza del mercato un poliziotto ricorda di aver sentito il maggiore che esclamava, mettendosi una mano sul cuore:
"Oddio, perché mi hanno dato questi ordini?" Un altro lo incontrò nell'edificio della scuola: "Oggi vedo ancora chiaramente davanti a me il maggiore Trapp che cammina avanti e indietro con le mani dietro la schiena. Aveva l'aria abbattuta e mi parlò. Disse qualcosa come "Amico ... queste cose non fanno per me. Ma gli ordini sono ordini"". Un altro ancora ricorda
chiaramente che "Trapp, finalmente solo nella sua stanza, si sedette su uno sgabello e pianse amaramente. Gli sgorgavano davvero le lacrime" ". Un quarto testimone lo vide al quartier generale: "Il maggiore Trapp correva avanti e indietro in preda all'agitazione, poi si bloccò davanti a me, mi fissò e mi chiese se ero d'accordo con quanto accadeva. Io lo guardai diritto negli occhi e risposi: "No, signor maggiore!" Allora lui riprese a correre avanti e indietro e a piangere come un bambino" . L'aiutante del medico incontrò Trapp in lacrime sulla strada che dalla piazza del mercato portava al bosco, e gli chiese se poteva fare qualcosa per lui. "Ma mi disse solo che tutto era davvero terribile". Qualche tempo dopo, parlando di Józefów, il maggiore confidò al suo autista: "Poveri noi tedeschi, se questa faccenda degli ebrei sarà un giorno vendicata".
Mentre Trapp si lamentava degli ordini ricevuti e piangeva, i suoi uomini si organizzavano per eseguire l'incarico affidato ai battaglione. I sottufficiali formarono gruppetti di due-quattro poliziotti e li mandarono a rastrellare la zona ebraica. Vennero poste delle guardie sulla piazza del mercato e lungo la strada. Gli ebrei furono trascinati fuori dalle case e coloro che non potevano camminare vennero fucilati sul posto; l'aria si riempí di urla e di spari. Secondo la testimonianza di un riservista, si poteva sentire tutto perché il paese era piccolo. Molti altri poliziotti ricordano la vista dei cadaveri, ma solo due ammettono di aver sparato E ancora: parecchi ricordano di aver sentito dire che tutti i pazienti dell'" ospedale" e della "casa di riposo" ebraica erano stati uccisi, ma nessuno ammette di aver assistito alle fucilazioni o di avervi preso parte.
I testimoni sono poco concordi sulla reazione iniziale degli uomini all'ordine di uccidere i bambini. Alcuni affermano che, come i vecchi e i malati, i bambini piccoli venivano eliminati e lasciati nelle case, davanti alle porte e sulle strade del paese. Altri invece sottolineano specificamente che in questa prima fase i riservisti evitavano di sparare ai bambini durante i rastrellamenti. Un poliziotto pone l'accento sul fatto che "tra gli ebrei eliminati nella zona a noi affidata non c'erano neonati o bambini piccoli. Direi che tutti, quasi tacitamente, si astenevano dal fucilarli". Lo stesso testimone rileva che sia a Józefów sia nelle località successive "le madri ebree non si separavano dai loro figli neanche davanti alla morte. Perciò consentimmo loro di portare con sé i bambini sulla piazza del mercato di Józefów". Un altro poliziotto afferma che "quasi tutti gli uomini evitavano tacitamente di fucilare neonati e bambini piccoli. Nel corso dell'intera mattinata vidi portare via molte donne con i figli in braccio o per mano" Entrambi i testimoni rilevano che nessun ufficiale intervenne quando i bambini furono portati sulla piazza del mercato. Un poliziotto però ricorda che in seguito la sua divisione (Terzo Plotone della Terza Compagnia) fu rimproverata dal capitano Hoffmann. "Non avevamo agito con sufficiente durezza".
Quando l'operazione di rastrellamento stava per terminare, gli uomini della Prima Compagnia furono convocati per una rapida lezione sul macabro compito che li attendeva. A istruirli c'erano il medico del battaglione e il primo sergente della compagnia. Un poliziotto che aveva talento per la musica e che alla sera suonava spesso il violino con il medico, che possedeva una "meravigliosa armonica ", ricorda:

"Credo che in quel momento fossero presenti tutti gli ufficiali del battaglione, in particolare il nostro medico, il dottor Schoenfelder. Egli doveva spiegarci il modo preciso di sparare per provocare la morte immediata della vittima. Ricordo chiaramente che per fare tale dimostra- zione disegnò o tracciò il contorno di un corpo umano, dalle spalle in su, e poi indicò il punto esatto in cui la baionetta fissa andava posta pe prendere la mira".

Ricevute le istruzioni, la Prima Compagnia parti alla volta del bosco, mentre l'aiutante di Trapp, Hagen, presiedeva alla selezione degli ebrei "abili al lavoro". Il proprietario di una vicina segheria aveva intanto presentato a Trapp una lista di venticinque ebrei che lavoravano per lui, e il maggiore li fece liberare". Poi Hagen, con l'aiuto di un interprete, selezionò gli artigiani e i maschi robusti. Circa 300 uomini furono separati dalle loro famiglie, e ci fu del trambusto". Prima che gli ebrei prescelti fossero portati via a piedi da Józefów, cominciò a giungere dal bosco il rumore degli spari: "Dopo le prime salve, gli artigiani furono assaliti da una tremenda agitazione, e alcuni si gettarono al suolo piangendo ... Dovevano aver capito in quel momento che i familiari che avevano lasciato venivano fucilati".
Il tenente Buchmann e i lussemburghesi della Prima Compagnia scortarono il gruppo di artigiani per alcuni chilometri fino a una locale stazione ferroviaria, dove trovarono ad attenderli parecchi vagoni, compreso uno per passeggeri. Gli ebrei furono portati in treno a Lublino e consegnati a un campo. Buchmann, che diresse l'operazione, sostiene che non si trattava del famoso campo di concentramento di Majdanek, bensí di un altro. L'arrivo del convoglio non era previsto, ma la direzione lo accettò volentieri. Buchmann e i suoi uomini tornarono a Bilgoraj il giorno stesso
Intanto, a Józefów, il primo sergente Kammer aveva portato i plotoni di esecuzione della Prima Compagnia in un bosco a qualche chilometro dal paese. I camion si fermarono su una strada sterrata, davanti a un sentiero che si inoltrava tra gli alberi. Gli uomini scesero e aspettarono.
Quando arrivò il primo carico di trentacinque-quaranta ebrei, si fecero avanti altrettanti poliziotti, che furono abbinati faccia a faccia con le loro vittime. Guidato da Kammer, il gruppo si avviò per il sentiero del bosco e svoltò in un punto indicato dal capitano Wohlauf, che per tutto il giorno si diede da fare alla ricerca di luoghi adatti alle esecuzioni. Poi Kammer ordinò agli ebrei di stendersi per terra, in fila; i poliziotti vennero avanti e piazzarono le baionette sulla spina dorsale delle loro vittime, al di sopra delle scapole, secondo le istruzioni ricevute. A un ordine di Kammer, gli uomini spararono all'unisono.
Nel frattempo altri poliziotti della Prima Compagnia avevano raggiunto il limite del bosco per formare un secondo plotone di esecuzione. Quando la prima squadra tornò indietro, la seconda si avviò con le sue vittime per lo stesso sentiero. Wohlauf scelse un luogo a qualche chilometro di distanza dal precedente, per evitare che il nuovo gruppo di ebrei vedesse i cadaveri della prima esecuzione. Anche questa volta le vittime furono costrette a sdraiarsi in fila e fucilate alle spalle.
Le due squadre continuarono ad alternarsi per tutta la giornata. Ci fu una pausa a mezzogiorno, poi le esecuzioni procedettero senza interruzione fino a sera. Nel pomeriggio qualcuno "organizzò" una distribuzione di alcol per i membri del plotone. Alla sera, dopo ore e ore di massacri ininterrotti, nessuno degli uomini riusciva a ricordare quanti ebrei avesse ucciso; certamente "molti ", come afferma un poliziotto.
Quel mattino, Trapp aveva fatto la sua proposta subito dopo aver spiegato il tipo di azione prevista: c'era stato poco tempo per pensare e per reagire. Solo una dozzina di uomini erano
riusciti a cogliere l'occasione per fare un passo avanti, consegnare i fucili ed evitare il coinvolgimento nel massacro. Molti altri forse non capirono bene che cosa sarebbe accaduto, e soprattutto non sapevano che potevano essere scelti per i plotoni di esecuzione. Ma quando la Prima Compagnia fu riunita sulla piazza, istruita sul "colpo alla nuca" e mandata nel bosco a massacrare gli ebrei, alcuni suoi membri tentarono di recuperare l'occasione perduta: un poliziotto si avvicinò al primo sergente Kammer, che lo conosceva bene, gli confessò che trovava il compito "ripugnante" e gli chiese un altro incarico. Kammer lo mandò con le guardie in servizio al limite del bosco, dove il poliziotto rimase tutto il giorno ". Diversi uomini furono messi di guardia lungo il percorso dei camion ". In buon numero, dopo un certo tempo, si presentarono a Kammer e gli dissero di non poter continuare le esecuzioni; anch'essi furono sostituiti e mandati a scortare i camion". Due poliziotti fecero l'errore di rivolgersi al capitano Wohlauf, e gli dissero di non poter proseguire perché erano anche loro padri di famiglia. Ma il capitano rifiutò categoricamente, indicando che potevano sdraiarsi accanto alle vittime. I due furono poi rilevati da Kammer insieme a un gruppo di uomini piú anziani durante la pausa di mezzogiorno, e rimandati in paese con un sottufficiale che dipendeva da Trapp. Quest'ultimo li congedò, rimandandoli in caserma a Bilgoraj.
Ci furono anche dei poliziotti che, pur non avendo chiesto esplicitamente di essere esonerati dai plotoni di esecuzione. cercarono altri modi per sottrarsi al gravoso compito. Alcuni. "per l'agitazione o di proposito [il corsivo è mio] ", mancavano le loro vittime, tanto che si dovettero impiegare dei sottufficiali armati di fucili mitragliatori per dare agli ebrei il cosiddetto "colpo di grazia". Altri si attivarono fin dall'inizio per non essere coinvolti. Durante l'operazione di rastrellamento alcuni uomini della Prima Compagnia si nascosero nel giardino del prete cattolico e vi rimasero finché non iniziarono a preoccuparsi che qualcuno si accorgesse della loro assenza. Tornati sulla piazza, saltarono su un camion che andava a prendere altri ebrei in un villaggio vicino, in modo da avere una scusa da addurre in caso di necessità. Qualche poliziotto si fermò sulla piazza perché non voleva sparare durante il rastrellamento. Altri ancora ritardarono il ritorno in piazza dilungandosi nelle perlustrazioni delle case perché temevano di essere assegnati ai plotoni d'esecuzione. Un autista incaricato del trasporto delle vittime dal paese al bosco chiese di essere sostituito dopo il primo viaggio. "Forse i suoi nervi non erano abbastanza saldi da consentirgli di portare altri ebrei al luogo dell'esecuzione", commentò l'uomo che prese il suo posto alla guida del camion.
Dopo la partenza della Prima Compagnia alla volta del bosco, gli uomini della Seconda dovettero portare a termine i rastrellamenti e caricare gli ebrei sui camion. Quando giunse il rumore della prima salva, dalla piazza si levò un urlo terribile: gli sventurati avevano capito qual era il loro destino. Da quel momento in poi, tuttavia, gli ebrei manifestarono una compostezza "incredibile" e "sorprendente".
Gli ufficiali tedeschi, invece, erano sempre piú agitati, perché temevano di non riuscire a portare a termine l'operazione in un solo giorno. "Si sentivano di continuo commenti quali "Non ce la faremo mai!" e "Non procede abbastanza in fretta"". Trapp prese una decisione ed emanò nuovi ordini. La Terza Compagnia fu richiamata dagli avamposti intorno al villaggio e mandata di guardia nella piazza del mercato. La Seconda Compagnia del tenente Gnade ricevette l'ordine di unirsi ai plotoni di esecuzione nel bosco. Il sergente Steinmetz del Terzo Plotone chiese ancora se qualcuno dei suoi uomini non se la sentisse di partecipare alle fucilazioni, ma nessuno disse niente.
Il tenente Gnade divise la sua compagnia in due gruppi, poi si recò dalla Prima Compagnia di Wohlauf per vedere come andavano portate a termine le esecuzioni. Intanto, il tenente Scheer e il sergente Hergert si avviavano con il Primo Plotone della Seconda Compagnia e alcuni uomini del Terzo. Scheer divise i poliziotti in quattro gruppi, assegnò a ciascuno una zona per le esecuzioni e li rimandò indietro a prendere gli ebrei da fucilare. Il tenente Gnade arrivò e rimproverò aspramente Scheer perché non si era addentrato abbastanza nel bosco . Quando ciascun gruppo ebbe fatto due o tre viaggi fino al punto di raccolta, Scheer si rese conto che la procedura era troppo lenta e chiese consiglio a Hergert, il quale ricorda: "Io gli dissi allora che per scortare gli ebrei dal punto di raccolta al luogo delle esecuzioni bastavano due uomini per gruppo; nel frattempo, gli altri poliziotti del plotone avrebbero potuto recarsi nel prossimo punto prescelto. Tale punto inoltre sarebbe stato spostato in avanti dopo ogni fucilazione, e avvicinato sempre piú al luogo di raccolta nei pressi del sentiero. Allora facemmo come avevo detto". La proposta di Hergert accelerò di molto le esecuzioni.
Gli uomini della Seconda Compagnia, a differenza di quelli della Prima, non vennero istruiti sul modo di sparare. Non gli fu detto subito di innestare le baionette per prendere la mira, perciò, come rileva Hergert, ci fu "un numero considerevole di tiri mancati ", che produsse "ferimenti inutili tra le vittime."
Anche un poliziotto del gruppo di Hergert notò che gli uomi ni avevano difficoltà a prendere la mira nel modo corretto:
"All'inizio sparavamo a mano libera. Se si mirava troppo in alto, esplodeva tutto il cranio: c'erano pezzi di cervello e di ossa ovunque. Poi ci fu detto di appoggiare la punta della baionetta alla nuca". Secondo Hergert, tuttavia, quella soluzione non era adeguata: "Con quello sparo a bruciapelo il proiettile colpiva la testa della vittima con una traiettoria che provocava l'esplosione dell'intero cranio, o dell'intera nuca: sangue, frammenti di ossa e pezzi di cervello si spargevano ovunque, imbrattando gli uomini del plotone" .
Hergert sottolinea che nessun componente del Primo Plotone ebbe l'opportunità di ritirarsi prima dell'azione. Ma gli uomini che si avvicinarono a lui o a Scheer dopo l'inizio delle fucilazioni affermando di non poter sparare a donne e bambini ricevettero un altro incarico. Il fatto è confermato da uno dei poliziotti di Hergert: "Durante l'esecuzione si sparse la voce che chiunque non potesse reggere oltre poteva dirlo". Lo stesso testimone aggiunge: "Io stesso presi parte a una decina di fucilazioni, nel corso delle quali dovetti sparare a uomini e donne. Ma non ce la facevo proprio a continuare: il sergente Hergert se ne accorse perché alla fine sbagliai mira piú volte. Perciò mi fece sostituire. Prima o poi furono sostituiti anche altri compagni, perché non ce la facevano proprio piú a continuare".
Il Secondo Plotone del tenente Drucker e il grosso del Terzo, al comando del sergente Steinmetz, furono inviati in un altro punto del bosco e divisi in gruppetti di cinque-otto componenti, come gli uomini di Scheer (la Prima Compagnia di Wohlauf era stata invece divisa in grandi gruppi di trentacinque-quaranta poliziotti). Le istruzioni erano di appoggiare la punta della carabina sulle vertebre cervicali alla base della nuca, ma anche in questo caso si procedette all'inizio senza l'aiuto delle baionette innestate . I risultati furono raccapriccianti: "I membri del plotone di esecuzione erano orrendamente imbrattati di sangue, pezzi di cervello e frammenti di ossa, che si appiccicavano ai vestiti".
Dopo aver formato i gruppetti, Drucker tenne un terzo degli uomini di riserva, con l'intento di garantire cambi frequenti e "pause per fumare"". L'andirivieni dai camion, le asperità del terreno e la continua rotazione fecero sí che gli uomini non si trovassero in gruppi fissi. La confusione consentí ad alcuni di procedere con lentezza o addirittura di eclissarsi. Coloro che svolgevano in fretta il loro compito uccisero molti piú ebrei di altri che si attardavano il piú possibile. Un poliziotto "se la svignò" dopo due sole fucilazioni e rimase tra i camion al limite del bosco. Un altro riuscí a evitare il proprio turno nel plotone di esecuzione.
"Non è affatto vero che coloro che non volevano o non potevano uccidere altri esseri umani con le proprie mani non potevano evitarlo. Non c'era alcun controllo serio. Io allora rimasi vicino ai camion che arrivavano e mi tenni occupato in quel punto. O almeno, diedi alla mia attività una tale parvenza. Era inevitabile che questo o quel compagno notasse che non partecipavo alle esecuzioni e non sparavo alle vittime. Per esprimere il loro disgusto mi coprirono di insulti come "faccia di merda" e "smidollato". Ma non subii alcuna conseguenza perle mie azioni. Devo aggiungere che non fui l'unico che si sottrasse alle esecuzioni."

Gli esecutori del massacro di Józefów interrogati dopo la guerra appartenevano in larghissima maggioranza al Terzo Plotone della Seconda Compagnia. Le loro testimonianze sono forse la fonte migliore per comprendere l'effetto delle esecuzioni sugli uomini e la percentuale di coloro che si ritirarono nel corso dell'azione.
Hans Dettelmann, un barbiere di quarant'anni, era stato assegnato da Drucker a un plotone d'esecuzione: "Non riuscii neppure a sparare alla mia prima vittima; mi staccai dal gruppo e chiesi ... al tenente Drucker di essere sostituito ". Dettelmann dichiarò di essere "di temperamento molto debole", e Drucker lo lasciò andare.
Walter Niehaus, ex rappresentante delle sigarette Reemtsma, dovette fucilare per prima una donna anziana. "Dopo che l'ebbi uccisa, andai da Toni [Anton] Bentheim [il suo sergente] e gli dissi che non potevo fare altre esecuzioni. Non fui piú costretto a continuare ... dopo quell'unica fucilazione i miei nervi erano completamente a pezzi".
La prima vittima di August Zorn fu un uomo molto anziano. Zorn ricorda che il vecchio
non poteva o non voleva stare al passo con i suoi compaesani, cadeva continuamente a terra e poi restava li sdraiato, Dovevo ogni volta tirarlo su e trascinarlo avanti, e cosí arrivai sul luogo dell'esecuzione quando i miei compagni avevano già fucilato i loro ebrei. Vedendo i suoi compaesani uccisi, il mio ebreo si gettò a terra e rimase li disteso. Io caricai la carabina e gli sparai dietro la testa. Siccome ero già molto sconvolto per il trattamento riservato agli ebrei durante l'evacuazione del paese ed ero tutto in subbuglio, mirai troppo in alto. La parte posteriore del cranio del mio ebreo si staccò completamente lasciando scoperto il cervello. Alcuni pezzi del cranio finirono sulla faccia del sergente Steinmetz. Questo fatto mi consenti, una volta tornato al camion, di presentarmi al primo sergente chiedendo di essere sostituito. Allora il primo sergente mi sostituì
Georg Kageler, un sarto di trentasette anni, cominciò ad avere problemi molto presto. "Dopo la prima fucilazione, nel punto in cui gli ebrei venivano scaricati mi furono assegnate come prossime vittime una donna con la figlia; io cominciai a parlare con loro e scoprii che erano tedesche di Kassel, e presi la decisione di non partecipare piú alle esecuzioni. L'intera faccenda mi appariva talmente ripugnante che tornai dal comandante del mio plotone, gli dissi che ero ancora sconvolto e chiesi di essere sostituito". Kageler venne mandato di guardia sulla piazza del mercato. Egli non fu il solo a rivolgere la parola alle vittime e a scoprire la presenza di ebrei tedeschi. Schimke, l'uomo che per primo aveva fatto un passo avanti, incontrò sulla piazza un ebreo di Amburgo, e lo stesso accadde a un altro poliziotto. Un terzo ricorda di aver fucilato un veterano di Brema, decorato della prima Guerra mondiale, che invocava invano pietà.
Franz Kastenbaum, che durante gli interrogatori ufficiali aveva dichiarato di non ricordare nulla sui massacri di ebrei in Polonia, si presentò inaspettatamente all'ufficio del procuratore di stato di Amburgo che investigava sui Battaglione. Disse di aver fatto parte di un plotone d'esecuzione composto di sette-otto uomini, di aver portato le sue vittime nel bosco e di averle uccise con un colpo a bruciapelo alla nuca; era andato avanti così fino alla quarta vittima.
La fucilazione mi appariva talmente ripugnante che mancai il quarto uomo. Non riuscivo proprio piú a mirare bene. Improvvisamente mi venne da vomitare e scappai via dal luogo dell'esecuzione. No, mi sono espresso male. Non era che non potevo piú mirare bene: la quarta volta sbagliai apposta. Poi corsi nel bosco, vomitai e mi sedetti contro un albero. Per accertarmi che non ci fosse nessuno nei pressi, lanciai un richiamo ad alta voce, perché volevo restare solo. Oggi posso dire che i miei nervi erano completamente a pezzi. Penso di essere rimasto da solo nel bosco per due o tre ore.

Poi Kastenbaum tornò al limite del bosco e guidò un camion vuoto fino alla piazza del mercato. Non fu punito: la sua assenza non venne notata perché i plotoni d'esecuzione erano stati formati a caso e c'era molta confusione. Era venuto a fare la sua dichiarazione, spiegò all'inquirente, perché non aveva piú avuto pace da quando tentava di celare la verità su quei fatti.
Molti di quelli che trovarono le esecuzioni impossibili di sopportare rinunciarono assai presto. Ma non sempre. Gli uomini di una squadra chiesero di essere sostituiti dopo aver già fucilato dieci-venti ebrei ciascuno. Uno di essi dichiara: "Chiesi di essere sostituito soprattutto perché l'uomo accanto a me sparava malissimo. Sembrava che puntasse sempre il fucile troppo in alto, provocando alle sue vittime delle ferite tremende. Spesso si staccava tutta la parte posteriore della testa delle vittime, così il cervello schizzava dappertutto. Non riuscivo proprio piú a reggere quella vista". Il sergente Bentheim, che si trovava nel punto in cui i camion scaricavano gli ebrei, vedeva emergere dal bosco uomini coperti di sangue e pezzi di cervello, con il morale a terra e i nervi a pezzi. Egli consigliava a coloro che gli chiedevano di essere sostituiti di "svignarsela" e raggiungere la piazza del mercato. Così il numero di poliziotti radunati sulla piazza continuò ad aumentare.
Coloro che rimasero nel bosco con Drucker e Steinmetz e continuarono a sparare ricevettero delle razioni di alcolici, come gli uomini della Prima Compagnia. All'imbrunire di quel lungo giorno d'estate le esecuzioni divennero ancora piú disorganizzate e febbrili, per la fretta di portare a termine il massacro. Il bosco era pieno di cadaveri, tanto che era difficile trovare posto per far sdraiare le vittime. L'oscurità scese verso le nove di sera (circa diciassette ore dopo l'arrivo del battaglione di riservisti alle porte di Józefów); gli uomini, dopo aver ucciso gli ultimi ebrei, tornarono sulla piazza del mercato e si prepararono a partire per Bilgoraj. Non erano stati fatti piani per il seppellimento dei cadaveri, e i corpi degli ebrei furono lasciati nel bosco. Non c'era stata una requisizione ufficiale di vestiti e oggetti di valore, ma alcuni poliziotti si erano impossessati di orologi, gioielli e denaro estorti alle vittime. Il mucchio di vestiti che gli ebrei avevano lasciato sulla piazza del mercato fu bruciato. Prima che i poliziotti salissero sui camion e se ne andassero da Józefów, apparve una bambina di dieci anni, che perdeva sangue dalla testa. Fu portata da Trapp, che la prese in braccio e disse: "Tu resterai in vita".
Quando arrivarono in caserma a Bilgoraj, gli uomini erano depressi, arrabbiati, amareggiati e scossi. Mangiarono poco ma bevvero molto. Furono messe a disposizione generose quantità di alcolici, e molti uomini si ubriacarono. Il maggiore Trapp si occupò della distribuzione, e nel frattempo cercava di consolare e rassicurare i suoi uomini, incolpando le alte autorità. Ma né l'alcol né le parole del maggiore riuscirono a cancellare il senso di vergogna e di orrore che pervadeva la caserma. Trapp chiese agli uomini di non parlare di quanto era successo, ma quell'esortazione era superflua: chi non era stato nel bosco non volle sapere niente, e chi c'era stato non volle parlarne, né allora né in seguito. Per tacito consenso, i membri del Battaglione 101 non discussero del massacro di Józefów: "l'intera faccenda era tabù". Ma la rimozione, attiva nelle ore di veglia, non riusciva a tener lontani gli incubi. Quella notte stessa un poliziotto si svegliò sparando un colpo contro il soffitto della camerata.
Diversi giorni dopo i fatti di Józefów, il battaglione rischiò di essere coinvolto in un altro massacro. Alcune unità della Prima e della Seconda Compagnia, agli ordini di Trapp e Wohlauf, furono mandate ad Alekzandrów, un villaggio composto da una fila di case lungo la strada, a venti chilometri da Józefów. Fu rastrellato un piccolo numero di ebrei, i quali (come anche i poliziotti), temettero il peggio. Ma dopo alcune esitazioni l'azione fu interrotta, e Trapp consenti ai prigionieri di tornare a casa. Un poliziotto ricorda chiaramente "che alcuni ebrei si gettarono in ginocchio davanti a Trapp e cercarono di baciargli le mani e i piedi. Trapp però non lo permise e si ritrasse". I poliziotti furono riportati a Bilgoraj e non ricevettero spiegazioni per la strana piega degli eventi. Il 20 luglio, esattamente un mese dopo la partenza da Amburgo e una settimana dopo il massacro di Józefów, il Battaglione 101 parti da Bilgoraj per raggiungere la sua nuova postazione nell'area settentrionale del distretto di Lublino. (...)



(Brano tratto dal saggio Uomini comuni - Polizia tedesca e "soluzione finale" in Polonia, Piccola Biblioteca Einaudi, Torino, 2004.)



Christopher R. Browning è docente di Storia alla Pacific University in Tacoma, Washington. Ha pubblicato studi e contributi di ricerca sui problemi della "soluzione finale" e dell'Olocausto.


.
         Precedente    Successivo          Copertina