GLAUBER MORTO
Ferreira Gullar
Il morto non veste il frac Non veste la giacca Non porta
la cravatta. Il morto è morto.
Non
ha il volto rasato Non è pettinato Non ha un fiore all'occhiello Non
porta scarpe di vernice Non fa finta di essere vivo Non prende posto all'Accademia*. Il
morto è morto Sopra un letto Nella stanza vuota. Siccome
già non mangia Siccome già non muore Infermiere e medici Non
si occupano più di lui. Gli
hanno incrociato le mani Legato i piedi. Manca solo impacchettarlo e
buttarlo via. *Academia
Brasileria de Letras, l'equivalente in Brasile dell'Académie Française. (Traduzione
di Julio Monteiro Martins.) ___________________________________________________ In
lingua originale:
GLAUBER
MORTO
O
morto não está de sobrecasaca Não está de casaca Não
está de gravata. O morto está morto.
Não
está barbeado Não está penteado Não tem na lapela
uma flor Não calça sapatos de verniz Não finge di vivo Não
vai tomar posse na Academia. O morto está morto Em cima da cama No
quarto vazio. Como
já não come Como já não morre Enfermeiras e
médicos Não se ocupam mais dele. Cruzaram-lhe
as mãos Ataram-lhe os pés. Só falta embrulhá-lo E
jogá-lo fora.
Nota:
Glauber Rocha si impose come l'esponente più noto e originale del
cinema novo brasiliano. Emerso nel clima riformista della presidenza di Joao Goulart
(1961-1964), questo movimento cinematografico fu l'espressione di un intreccio
di fermenti culturali: il processo venne acceso da una generazione di cineasti
provenienti come il regista sudamericano dal giornalismo e da varie esperienze
di critica cinematografica. L'intenzione era quella di opporsi in maniera decisa
al modello sociale ma anche culturale americano (a quella "dittatura dell'immaginario",
lussuosa e piacente, d'importazione hollywoodiana), e di sondare gli aspetti della
sofferenza di una nazione che guardava esclusivamente alla realtà della
metropoli (in particolare Rio de Janeiro), vivendo come diffuso un benessere invece
elitario. Violenza non fine a sé stessa quindi, ma intesa come più
alta manifestazione culturale della fame, come puro momento di affermazione della
propria esistenza. Cinema politico, di vocazione sovversiva, capace di assimilare
i discorsi estetici del neorealismo italiano e della nouvelle vague, il suo motto
era "un'idea in testa e una cinepresa in mano". Tuttavia non riuscì
nel suo intento principale: mentre un'immagine inedita e sconcertante del Brasile
si diffondeva nel mondo, infatti, nessun nuovo pubblico si formò nel paese
d'origine e fu in grado di sostituire quegli spettatori irrimediabilmente assuefatti.
Il cinema novo restò confinato all'interno di una ristretta categoria intellettuale.
La sua rapida parabola storica fu troncata dal colpo di stato militare del 1964.
In breve tempo Rocha si ritrovò a girare all'estero i suoi film, mentre
in patria prese vita un nuovo cinema di opposizione, il cinema marginal. Tutto
questo non prima che il regista realizzasse il suo quarto lungometraggio (il primo
a colori): Antonio das Mortes, premiato a Cannes nel 1969. In precedenza
aveva diretto Barravento (1961), un film su una comunità di pescatori
di Bahia. L'anno successivo pubblicò il saggio "Revisâo critica
do cinema brasileiro", che anticipò il manifesto del movimento,
"L'estetica della violenza" (1965). Con Deus e o Diabo na
terra do sol (1964), Rocha conquistò attenzione in tutto il mondo.
Fu il film che fece conoscere ovunque il cinema novo. Siamo quindi alle soglie
degli anni Settanta. Lasciato forzatamente il Brasile, diresse fra Africa e Italia,
Der leone has sept cabeças (1970), satira sul colonialismo europeo,
presto seguito da Cabezas cortadas, realizzato in Spagna nello stesso anno.
Nel 1972, in piena esplosione del cinema marginal, portò a termine un film
di montaggio sulla cultura e la storia del proprio paese, A historia do Brasil
(1975), che lasciò gli spettatori divisi. Per la Rai, in Italia, girò
Claro (1975), con Juliet Berto e Carmelo Bene. Alla fine del decennio ritornò
nel suo paese, suscitando non poche polemiche negli ambienti di opposizione: dai
"marginali" fu infatti accusato di doppiogiochismo col regime militare.
Nel 1977 creò un documentario, Di Cavalcanti, grande opera lirica
dedicata ai funerali di un pittore brasiliano. La sua ultima pellicola fu A
idade da terra (1979), che portò al Festival di Venezia ottenendo pochi,
anche se accesi, consensi dalla critica. Rocha fu anche attivissimo in TV
col programma "Abertura" (1979, TV Tupi), di grande impatto sul pubblico.
Tra le sue tante collaborazioni, lo ricordiamo produttore di A grande feira
(1961) di Roberto Pires, Imagens da terra e di povo (1962) di Orlando
Senna, Menino de engenho (1965) di Walter Lima Junior, A grande cidade
(1966) di Carlos Diegues, Brasil ano 2000 (1969) ancora di Walter Lima
Junior. Fu inoltre sceneggiatore di A garota de Ipanema (1967) di Leon
Hiszman, attore in Vento dell'est (1969) di Jean-Luc Godard e in Tatu
Bola (1971). Nel marzo del 1981, mentre era in Portogallo per una retrospettiva
dei suoi film, venne ricoverato in ospedale per problemi broncopolmonari. Morì
il 22 agosto dello stesso anno, poco dopo il suo trasferimento in una clinica
di Rio de Janeiro.
Ferreira
Gullar č probabilmente il pių importante poeta brasiliano vivente.
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