POLLO "TITE"
Ferreira
Gullar
Non
cosi rara quanto il tacchino né cosi frugale quanto l'uovo, il pollo, piatto
della domenica era in quel periodo il simbolo della fame nazionale. Già
molto prima di noi, il Barão de Itarerè* aveva diagnosticato : "quando
un povero mangia pollo, uno dei due è malato". Ho proposto con
una certa insistenza che qualcuno scriva, in Brasile, la sociologia della gallina,
o che almeno definisca il ruolo della gallina nella psicologia nazionale ( senza
allusioni al sesso erroneamente definito come debole*). Nella biografia dei brasiliani,
nell'anima di ognuno noi, mescolati ai nostri sogni e desideri, ci sono dei coccodè,
dei battiti di ala, un uovo rubato, il chicchirichi mattutino
Ma fu Sá
che trovò la soluzione. Se è vero che durante la settimana, eravamo
condannati a mangiare al Calabouço*, almeno la domenica avevamo l'obbligo
di cambiare menù. Non era una cosa semplice, almeno non per me. A Calabouço,
con una tesserina falsa da studente, io pagavo solo due cruzeiros
per pasto. Pagamento simbolico chiaramente. Benedetto simbolismo che io, in
letteratura, trattavo con disprezzo. Ma, la domenica, il Calabouço era
chiuso: si doveva per forza affrontare il realismo socialista dei ristoranti di
Lapa*. Ma il Sá scopri che nel cinese di via Riachuelo, vicino all'acquedotto,
si serviva la domenica a prezzo stracciato,senza giri di parole, pollo con
riso. Ed era vero. Questo piatto restaurò in noi la perduta dignità
delle domeniche di altri tempi, illuminate sempre da un pollo al molho-pardo
o un pollo con farofa-de-miúdos*
Era con un altro spirito che
ora leggevamo i supplementi dei giornali domenicali, pranzavamo con caffelatte
e pane e burro, e aspettavamo la sera. Si, perché il pollo era servito
precisamente alle sette di sera. E la clientela, naturalmente, era numerosa. A
partire dalle sei e mezza cominciava ad arrivare gente che, facendo finta di niente,
spiava i tavoli e rimaneva nei paraggi - poiché il pollo era poco e nessuno
voleva correre il rischio di rovinarsi la domenica. Alle sette in punto, il cameriere
annunciava: -Attenzione, gente, arriva il "tite"! A ciò
seguiva la confusione delle ultime dispute e sistemazioni :"Scusate posso
aggiungere una sedia al tavolo ?" "Ma ce ne sono già cinque".
"Sennò, perdo il pollo
" "Lascia sedere il ragazzo". Ed
ecco arrivare, in piatti già pronti che fumavano sopra la nostra testa,
sul vassoio di Jacinto, il pollo con riso, venduto inspiegabilmente per cinque
cruzeiros. E ancora, un quarto d'ora dopo, appena finito di divorare
l'ultima briciola di pollo, si sentiva, la voce ironica del cameriere: - È
finito il "tite" ! Ora c'è solo la zuppa di intrugli! Il
"tite"
Ma perché "tite"? Quella domenica uscii
dal ristorante con questa domanda in testa. Jacinto non diceva "ecco il pollo",
diceva "ecco il tite"
Manifestai la mia perplessità
ai miei compagni di stanza e Sá ,che leggeva Novos Rumos*,ribattè
sprezzante: - Curiosità piccolo-borghese è questa. Ma guarda
se un operaio, potendo mangiare pollo a cinque cruzeiros, sta li a pensare
al gergo del cameriere! Sá aveva ragione. Non ci pensai più e
tornammo, un'altra volta, al pollo del cinese, al tite con riso. Ma quelle erano
le mie ultime domeniche di gloria, perché, subito dopo, mi imbattei in
Jacinto che beveva hidrolitol*,nel largo di Lapa,e non ho resistito. -Tite
è questo - mi spiegò lui. - Il signor Shio, padrone del ristorante,
fa la spesa settimanale tutte le domeniche nel mercato del Largo da Glória.
I polli e le galline arrivano dentro gabbie, si feriscono durante il viaggio e
qualcuno arriva al mercato morente. Il signor Shio, che lo sa, domanda subito
ai venditori: "C'è pollo tite?C'è pollo tite?"E così
- continuò Jacinto - compra tutte le galline tristi che ci sono nel mercato.
Alcune sono solo tristi e altre sono già morte di tristezza, ma il cinese
le compra lo stesso. E giustifica: "Molilanno!" - Disse Jacinto,con
una risata. Anche io risi, ma non con lo stesso divertimento. Dentro il mio stomaco,
si era appena convertita in tristezza l'euforia di tante cene domenicali, a cinque
vecchi, vecchissimi cruzeiros. Quando raccontai la storia agli amici,
Sá mi fucilò con gli occhi: "Sei proprio un guasta-cene!" All'imbrunire
di quella domenica si fece un lungo silenzio. E finalmente Sá disse:
- Va bè,andiamo di zuppa di intrugli!__________________________________________________ Note:
1 Il Barão de Itararé, non era un vero barone, bensì un famoso
umorista che scriveva sui principali periodici di Rio de Janeiro all'inizio
del Novecento.
2
Allusione dell'autore alla parola "galinha" che in gergo giovanile brasiliano
significa donna di facili costumi. 3
"Calabouço" parola che letteralmente vuol dire carcere era il
nome della principale mensa studentesca di Rio de Janeiro degli anni sessanta. 4
Salsa cucinata con il sangue del pollo. 5
Pollo ripieno di interiora e farina di manioca. 6
Giornale di quel periodo di ideologia Marxista-Leninista. 7
Acqua minerale mischiata con dei sali aromatici.
(Traduzione di Julio Monteiro Martins insieme ai suoi allievi del 3° anno di Lingue
Portoghese all'Università degli Studi di Pisa Nunzia De Palma, Ilaria Gabriellini
e Claudia Sgadò.)
Ferreira Gullar è secondo molti critici letterari il più importante poeta
brasiliano vivente
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