RICORDI
LE PAROLE? Aurora
Filiberto Hernández
Erano sedute
ad un bar e Ada osservava Nina che mangiava un gelato e parlava senza sosta in
perfetto italiano di quanto le piacevano i film di Tarantino. Era stata un'idea
d'Ada quella di uscire con Nina. Si erano conosciute in una palestra, durante
una festa della squadra di pallacanestro in cui giocava il fidanzato d'Ada. Chi
non aveva la ragazza, aveva portato alla festa un'amica, come Orlando che aveva
invitato Nina, era lui che si era avvicinato ad Ada e al suo fidanzato per presentargliela.
"Ada ti presento Nina, Nina é Boliviana". "Piacere, Nina".
Momenti prima di essere state presentate Ada aveva notato che Nina possedeva
tutte le fattezze di un'india sudamericana, e questo aveva richiamato la sua attenzione. "Piacere",
disse, stringendole la mano con affetto, era contenta di non essere l'unica straniera
della festa e aggiunse: "Anche io sono latinoamericana". "Sì,
lo so", rispose Nina, "me l'ha detto Orlando". Orlando e il
fidanzato d'Ada andarono a prendere quattro birre e Ada iniziò subito a
parlare in spagnolo con Nina. Ogni volta che poteva approfittava per farlo, per
lei era come avere la possibilità di essere se stessa, ma Nina l'interrupe
chiedendole di parlare in italiano. Ada le chiese il perché, Nina le rispose
che lo spagnolo lo aveva dimenticato. Ada pensò che Nina mentisse, forse
perché si vergognava che a quella festa potessero sentirla parlare in spagnolo:
a volte le persone sogghignano o rivolgono occhiate curiose e diffidenti se sentono
parlare un'altra lingua. Ada se n'era accorta fin dai primi tempi in cui viveva
in Italia, ma non dava importanza a queste cose. Voleva solo sapere se Nina aveva
veramente dimenticato lo spagnolo e per questo, due settimane dopo la festa le
venne in mente di invitarla a prendere un gelato. Nina aveva smesso di parlare
di Tarantino per passare ai fratelli Cohen. Ada la guardava come aspettando qualcosa,
e approfittando dell'attimo in cui Nina stava portando alla bocca un cucchiaino
colmo di gelato, le chiese a bruciapelo: "Dalla tua famiglia in Bolivia non
ricordi niente? Neanche di tua madre?" Nina rispose senza emozione che
aveva in testa un'immagine in cui sua madre diceva ad un'altra persona che ogni
volta che rimaneva incinta se n'accorgeva perché le dava fastidio l'odore
dell'inchiostro dei giornali". "Ma quelle parole le ricorderai in
spagnolo
". Disse Ada ricordando che durante la festa Nina le aveva
confidato che viveva in Italia da dieci anni e che era stata adottata da una famiglia
italiana quando ne aveva dodici "Ricordo il senso di quello che diceva,
non le parole". Rispose Nina. "Allora hai fratelli e sorelle...". "Ricordo
una volta che giocavo con le pinze di legno per stendere i panni, ero insieme
ad altri bambini, forse erano i miei fratelli, ma non sono sicura"..
"Devo andare", disse Nina alzandosi dal tavolo, "ho detto a mia
madre che sarei arrivata per le sei, altrimenti s'innervosisce, ha paura che mi
succeda qualcosa di brutto, soprattutto vuole che stia alla larga dai drogati
e dagli extracomunitari" "Non dovresti dire cosi, guarda che anche
noi veniamo da fuori", glielo avrebbe detto volentieri, invece non lo fece.
Mentre si salutavano Ada si chiedeva in quale posto della memoria di Nina sarebbero
finite le prime favole e le canzoni per fare la nana, o se la ragazza aveva un
po' di nostalgia per la sua terra d'origine. Di ritorno a casa pensava che per
lei sarebbe stato impossibile concepire la vita soltanto a partire dai dodici
anni. Iniziò a tirare vento e il cielo diventò grigio. Ada camminava
pestando le foglie. Da quando era bambina le piaceva ascoltare il lieve scricchiolare
sotto i piedi. Il vento diventò più forte alzando le foglie dal
suolo e impedendo a Ada di continuare il gioco, sembrava che si fosse scatenata
una tempesta di foglie secche. Ada cercò di prendere una nell'aria per
farla scricchiolare nella sua mano, ma non ci riuscì, riprovò un'altra
volta e afferrò solo una piuma sporca che subito lasciò cadere a
terra. "Non importa", pensò e proseguì la sua strada verso
casa.
Aurora Filiberto Hernández è nata a Tumeremo nello stato Bolivar in Venezuela, il 28/07/1968.
Dopo essersi laureata in lettere presso la "Universidad Central de Venezuela", si trasferisce in Italia per motivi famigliari.
Ha pubblicato poesie e racconti in alcune riviste venezuelane come: "Casa de la Cultura de Guayana", "Centro de Estudiantes de la Escuela de Letras" e "La Cueva del Ratòn", rivista del laboratorio di scrittura di cui ha partecipato presso la "Biblioteca Nacional de Caracas".
Attualmente insegna lo spagnolo nelle scuole superiori.
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