QUARANTA CON UN RANGE DĖ PIŲ O MENO CINQUE


Giorgio D'Amato






Paolo si fa le seghe tre volte al giorno.
Generalmente una il pomeriggio e due la sera. Come un treno più o meno puntuale. Una dopo pranzo, a titolo di digestivo, e le altre due quando rientra, mentre alla tv danno il telegiornale o c'è Milly Carlucci che presenta Ballando sotto le stelle. Lui guarda le cosce della ballerina di turno e immagina.
Di come è fatta una donna manco a parlarne. Nessuna amica disponibile, e poi gli fa schifo pensare di pagare qualcuna giusto per sapere che forma ha per davvero quella cosa che a quattordici anni aveva visto su un giornale.
Meglio una sega. Di seghe non si può morire anzitempo. E neanche c'è il rischio di perderci la vista perché è già da tempo che la sua vista si è fermata a meno quattro. Già da dieci anni almeno e da allora, stando alla media giornaliera, si è sparato più di dodicimila seghe.
Quindi, tutte cazzate.
Una volta c'era una ragazza con cui sarebbe potuto succedere qualcosa. Una compagna di scuola. Tutti dicevano che lei con lui ci sarebbe stata. Lui no. Non che si sentisse prezioso, ma lei proprio non gli piaceva. Gli dava senso di sporco.
Adesso quando Paolo si fa le seghe ogni tanto a lei ci pensa. Chissà come sarebbe se al posto delle sue mani ci fossero quelle di lei a fargli una sega. Ogni tanto però pensa che le mani della Carlucci gli piacciono di più. E allora accende la televisione e aspetta che cominci Ballando sotto le stelle. Ma questo solo il sabato.
Paolo ieri sera ha fatto quarant'anni e i suoi lo hanno voluto a cena e così è rientrato tardi. Si è fatto solo una sega al rientro, e poi si è addormentato.
Domani se ne farà quattro, così recupera.


Giovanna pensa di avere sbagliato tutto, ma proprio tutto. Ha fatto il corso di studi sbagliato e adesso si ritrova con una laurea in economia senza capire un accidente di come è fatto un giornalmastro. Di insegnare non se ne parla, pertanto.
Per questo si è sposata e ha fatto due figli: così nessuno le può dire come mai non si è data all'insegnamento. I figli vanno allevati in prima persona. E poi non avrebbe saputo a chi lasciarli. Niente suocera e quanto alla madre, quella sta provando tutti i barbiturici in commercio; non ha ancora trovato quelli giusti. No, ad una che si impasticca i figli non si possono lasciare.
E così quel poco di economia che le aveva consentito di uscirsene agli esami di ragioneria con un diciotto tirato a lacrime fasulle, se n'è andato.
Da laureata, di contro, non si abbasserebbe nemmeno a fare la segretaria.
Quando si parla di questioni contabili o di diritto e qualcuno le chiede qualcosa, ben sapendo che lei è laureata, Giovanna prende una scusa. Ha mal di testa, oppure c'è un figlio che chiama. Se proprio è messa alle strette, allora dice che c'è una legge nuova ogni giorno e che è impossibile stare dappresso agli aggiornamenti.
Il marito di Giovanna porta i soldi a casa facendo il falegname.
A volte porta i soldi a casa e pure un dito fasciato. Con la sega può succedere di tagliarsi un dito. É normale se fai il falegname.
Il marito di Giovanna non è laureato. Ha la quinta elementare e parla l'italiano così così.
Neanche Giovanna parla l'italiano tanto bene. Non ha nessuno con cui parlarlo. Giovanna parla solo con suo marito. Che poi non parlano nemmeno tanto: il più delle volte stanno in silenzio perché già si sono detti tutto.
Giovanna ha staccato dalla parete pure il diploma di laurea incorniciato con tanto di profilo in oro.
La prossima settimana Giovanna fa trentanove anni; non è detto che suo marito se ne ricordi.


Mariapia il prossimo sette marzo fa quarant'anni. Mancano solo due mesi. Farà un festone, uno di quelli indimenticabili.
Ha già parlato con Clara. Clara ha un villino al mare grande e poco ammobiliato, non ci vorrà molto a dargli una ripulita, apparecchiare un grande tavolo. Si farà preparare dal fornaio giù di sotto delle grandi teglie con pizze a taglio, alcune margherita e poi tante di tanti gusti diversi. Con salsiccia, con peperoni. Anche l'hawaiana con ananas e uovo duro.
Inviterà tutti ma proprio tutti.
I compagni di tutte le scuole che ha frequentato. E poi i primi colleghi di lavoro, quelli con cui andava in giro a vendere le enciclopedie. E poi i colleghi dello studio commercialista che ha frequentato per sei mesi, quello dove ha scoperto che la vita d'ufficio non faceva per lei (anche perché dopo sei mesi non le avevano sganciato nemmeno una lira). Inviterà anche la capo gruppo di quella struttura di vendite a domicilio. Lo chiamavano marketing piramidale. Lei era riuscita a crearsi un piccolo team di sei persone. Quanti detersivi hanno venduto insieme. Li inviterà tutti. E poi inviterà anche le colleghe di asilo nido, quelle con cui ha diviso un anno di bambini piagnoni e pannolini da cambiare. E poi inviterà anche le colleghe di quel negozio di altamoda dove ha lavorato per un anno. Erano simpatiche, si facevano gran risate alle spalle delle clienti rompipalle. A queste cercavano di rifilare tutti gli avanzi delle scorse stagioni. Per non parlare dei blitz nei camerini. C'e n'erano certune che pur sembrando distinte ed elegantissime, in camerino mostravano mutande bucate quanto un formaggio svizzero. Sì, le colleghe della boutique non potranno mancare.
E poi le colleghe del supermercato. Anche con loro che risate.
Inviterà tutti, ma proprio tutti. Sarà un gran festone, con le luci psichedeliche e il dj: gli ha chiesto di portare tutte le hit di vent'anni fa. Lei ha già comprato un Best of della Kool and the gang e anche una compilation dei Culture Club, non si sa mai.
Mariapia sa già cosa indossare: ha un tubino nero messo da parte per l'occasione già da tempo. Per stupire tutti si farà rossa. Si sta facendo allungare i capelli apposta.
L'altro ieri ha telefonato a Sonia e poi a Valeria. Non c'erano nessuna delle due. La madre di Sonia ha detto che la figlia si trova in Germania già da cinque anni, mentre Valeria pare che sia andata al nord a lavorare in un albergo. Da quel che ha intuito, forse pulisce le camere.
Ieri invece ha telefonato a Luca. A lui piacerebbe partecipare alla sua festa, solo che per il sette marzo dovrebbe essere già a Milano. Finalmente ha trovato lavoro. Se però la cosa dovesse sfumare, allora verrà senz'altro.
Mariapia non ha più fatto telefonate. Poi si vede.


Giovanni era un bel ragazzo. Lo è tuttora, ma lo era anche prima. Alto, bel naso affilato, pelle scura come se si facesse le lampade anche d'inverno. Fisico asciutto.
Eppure non lo si vedeva mai con una ragazza.
Non era finocchio. Un finocchio e lui, almeno all'apparenza, distavano anni luce.
Giovanni stava sempre con gli amici, al bar. Era così che trascorreva le sue giornate. Al bar chiacchierava di calcio, ascoltava chiacchierare di calcio. Se al bar capitava che Giovanni non c'era, magari perché costretto da un'influenza a restare a casa, allora il bar pareva che mancasse di qualcosa.
Ovviamente dal tavolino dove Giovanni era solito sedere, sono passate intere generazioni. I suoi compagni d'infanzia e che prima sedevano con lui, sono spariti abbastanza presto. Qualcuno lavora, molti sono emigrati da qualche parte che si trova al Nord.
É sparita anche la generazione successiva alla sua, quelli che quando lui era in terza media, ancora frequentava le elementari. E pure quelli che quando lui si era appena diplomato ancora dovevano nascere. Tutti passati per il suo tavolo e poi spariti, inghiottiti da famiglie divise dal pendolarismo o da altre vicende (non tutte drammatiche; molti hanno pure un lavoro decente e quando lo vedevano seduto al bar, sostavano per due minuti giusto per ricordare due minuti di vecchi tempi).
Giovanni sino a sei mesi fa era sempre al bar e di ragazze niente. Giovanni neanche ne parlava di ragazze, come se non esistessero. Poi finalmente, Giovanni ha trovato un lavoro: ha trovato impiego in una specie di cooperativa strana che si occupa della pulizia delle spiagge o della manutenzione dell'arredo urbano. Praticamente ha uno stipendio.
Adesso Giovanni ha pure una ragazza, la sua prima ragazza. Al bar non siede più a quel tavolo dove ha trascorso i suoi primi quarant'anni. Al bar ci va, sempre lo stesso, ma solo per cinque minuti. Ci porta la sua ragazza e lui le offre un bitter se ancora non hanno pranzato, oppure un caffè. Lo consumano al bancone, scambiando due parole con il barista. Poi Giovanni va alla cassa e orgoglioso apre il portafoglio, che prima non aveva, tira una banconota e paga. Lascia la mancia.
Da quando Giovanni ha la ragazza, non parla più di calcio.


Vincenzo detto Vicè, a quattordici anni era ritenuto un trasgressivo. A sedici un filosofo. A diciotto un anarchico. A venti un drogato.
Che poi Vicè si drogava per davvero. Dopo aver rollato canne per tutti, si era dato all'eroina.
Eppure Vicè non rullò solo canne per i suoi amici, ovvero, rullò canne infarcendole di tabacco, hashish e anche chiacchiere pacifiste. Vicè assomigliava a John Lennon: che se non fosse stato che Lennon era nato prima, si sarebbe potuto dire pure il contrario. Fossero stati tutti come Vicè a questo mondo, nessuno avrebbe spruzzato il Baygon alle formiche.
Vicè ha fatto quarant'anni e poi è morto.
Mentre era con il suo motorazzo. Dicono che si era fermato per fare la pipì sul rettifilo e poi è caduto per terra. Infarto fulminante.
Ha lasciato moglie e tre figli.
Durante il funerale la moglie ha pianto tutto il tempo e pure alcuni degli amici di quando lui aveva quattordici e sedici e diciotto. Molti però mancavano. Mancavano tutti quelli che se lo ricordavano ventenne.
Mentre calavano la bara con le funi dentro la tomba, qualcuno un po' dietro tra la folla, forse una delle solite comari, ha detto "certo alla moglie quattro gliele ha fatto passare".
Forse la moglie ha sentito, forse no.
Lei adesso porta il nero per Vicè e nessuno glielo toglie di dosso nemmeno a volerla forzare.
Quanto a Vicè, è vero, si drogava e tutti lo ricordano per questo.
Dei suoi discorsi sul pacifismo invece niente, nessuno ricorda niente. Tant'è che molti che lo hanno conosciuto, continuano a litigare come i cani.


Graziella se la faceva con tutti tranne che con i cani.
Bastava proporle di fare un giro in vespa e portarla in luogo un po' appartato. Non c'era bisogno neanche di metterle una mano addosso che già lei aveva allungato la sua.
Graziella era rinomata. I suoi servizi venivano chiamati caramelle. E le caramelle di Graziella facevano gola a tutti, sebbene la gola in questione poi fosse sempre la sua.
Graziella ha furoreggiato per circa sei anni, da quando ne aveva dodici sino a diciotto. Poi è sparita, come se non ci fosse mai stata.
Molti ancora memori delle leccornie che elargiva, si chiedevano: dov'è Graziella? com'è che non si trova?.
Nessuno pensò mai che fosse scomparsa a causa di malattie perché a quei tempi di certe cose ancora non se ne parlava.
Poi tutti l'hanno dimenticata. Basta trovare un'altra a questo mondo, disposta a farsela con tutti tranne che con i cani, che un nome, per quanto famoso, finisce in dimenticatoio.
L'altro giorno Graziella si è rivista in giro con un bambino di cinque anni. La si è rivista in giro mentre accompagnava il bambino, che poi è suo figlio, a scuola. La si è rivista pure che andava a riprenderlo.
Nessuno le ha chiesto dov'è che era stata. Lei ha detto comunque che si è sposata con un carabiniere pugliese dieci anni fa e questo è il primo figlio.
Succede così. Per lavarsi dalla reputazione l'epiteto di puttana le alternative sono sempre due: andarsene lontano o sposare uno che ha la pistola d'ordinanza.


Rossella crede molto nei succedanei.
Per esempio ha abolito il burro dalla sua vita, anzi, dalla sua dieta. Lei impazziva per gli spaghetti al burro.
Il segreto è farli un po' al dente, riporli appena usciti dalla pentola sul piatto (evitando pertanto di allungare l'acqua in pentola con dell'acqua fredda al fine di bloccare la cottura), dove giace mollemente una noce di burro, meglio se il tipo danese, una spolverata di pepe bianco.
Adesso usa margarina. Molto più leggera, ha quasi lo stesso sapore.
Rossella suona il piano da sempre. Lo suona divinamente, almeno così la pensano in molti che se ne intendono pure.
Come suona i notturni di Chopin lei, poche.
Anche i suoi amanti pensano che i notturni di Rossella sono favolosi davvero.
Poi Rossella ha smesso di suonare di notte con i suoi amanti. Finito il concerto e dopo gli applausi, al mattino dopo non restava niente, se non la tastiera sfatta.
Adesso Rossella ha smesso con Chopin. Si dedica ad altro, per esempio allo studio di un nuovo repertorio, altrettanto bello.
E soprattutto alla sua attività di concertista. Ha visto quel film su un pianista un po' pazzo e alle prese con il Rach 3.
L'altro ieri Rossella ha compiuto quarantadue anni ma non ha organizzato alcuna festa. Però è andata ad uno di quegli incontri di lettura che organizzano in città. Lei di solito riempie un intermezzo con un suo brano. Non l'ha detto a nessuno che era il suo compleanno e però ha suonato come se quelli che la stavano ascoltando fossero tutti ospiti suoi. Ha suonato pensando che gli uomini in quella sala fossero tutti i suoi ex amanti radunati per l'occasione. Ha immaginato inoltre che le donne in quella sala fossero le amanti attuali di quegli uomini che l'hanno amata e che in qualche modo, le hanno sottratto un amore.
Rossella ha suonato il Rach 3 tenendo le palpebre socchiuse, i movimenti del collo sinuosi e fluidi, i capelli sciolti scossi da sussulti e palpiti, la schiena scossa da brividi, la pelle turgida, il sedile infuocato, una goccia di sudore dalla tempia verso l'orecchio.


Ogni strada prima o poi si diparte in un bivio. Il viandante non può esentarsi dallo scegliere quale percorrere nella sua vita
Ogni scelta non nasce priva di influenze. E ogni scelta comporta dei costi. Ma anche dei vantaggi.
Una scelta va pertanto ponderata. Ci sono scelte convenienti e scelte più attraenti.
Gino a vent'anni sapeva cosa voleva e quello che voleva aveva barba, baffi e cattedra. Insegnava armonia ai suoi studenti mentre a Gino, un po' in disparte, insegnava come suonare il piano sofficemente. Così lui gli sussurrava quando nudi sfioravano i tasti del suo pianoforte a coda.
Poi a vent'anni gli si presentò un bivio e Gino scelse.
Non vide più il suo insegnante di armonia e aprì gli occhi su di una ragazza che non era bella e non era attraente, una ragazza che nessuno guardava e che però a Gino ricordava sua madre.
Gino ha aperto gli occhi su di lei e adesso sono sposati.
La strada che Gino percorre tutti i giorni per andare a casa è ben asfaltata e la sua auto scorre liscia senza sussulti.
É costeggiata da supermercati e farmacie e scuole medie e librerie e scuole di danza e banche e salumerie e pizzerie. Alla fine della strada c'è la casa di Gino. Gino percorre tutti i giorni questa strada e al supermercato compra la colazione per il figlio e fa la spesa per la moglie, in farmacia compra l'aspirina e il collutorio, in libreria compra un saggio per la moglie e un libro di narrativa per ragazzi, in banca preleva del contante e chiede l'addebito di alcune utenze nel suo conto, in salumeria compra del prosciutto crudo e le marmellate francesi, in pizzeria ordina la margherita con i funghi e poi va a lavorare. Gino insegna armonia, come quell'insegnante che aveva barba e baffi e che pensava che il pianoforte possa essere suonato sofficemente.
Tutti sono contenti di Gino. É contento il padre perché ha un figlio insegnante, è contenta la madre che richiede sempre il bis dell'Ave Maria di Schubert quando lui suona, è contenta la moglie perché Gino le vuol bene come una donna e come una madre, è contento il figlio perché Gino gli ha spiegato che la vita è fatta di strade e ogni strada prima o poi si divide in un bivio e dal bivio si dipartono vie che portano verso il mare o verso la campagna, vie che sono asfaltate o accidentate, vie che attraversano paesaggi piatti oppure alture e laghi e fiumi.
Gino oggi ha ritirato una torta in pasticceria e quando il commesso gli ha chiesto il numero e il colore della candela da mettere al centro, lui ha risposto blu e poi quaranta. Poi l'ha adagiata sul sedile anteriore e Gino è tornato a casa.
Gino ha guardato l'insegna del supermercato e la vetrina della farmacia, il logo della banca e i prosciutti esposti dietro la vetrina e poi l'omino in legno che regge il menu della pizzeria. Gino ha guardato tutto questo e poi ha pensato che ciò che vede non gli piace.



Giorgio D'Amato: Palermitano, quarantenne pure lui. In cerca di avvocato (teme che qualcuno possa riconoscersi nel racconto inserito in Sagarana 27), è destinato ad invecchiare senza amici (sempre per lo stesso motivo).
Suoi racconti sono stati pubblicati di recente nelle antologie Inciquid nr 8 (iQuindici), Tabula Rasa nr 5 (ediz. Besa), Folgorazioni (ediz. Terre di Mezzo), Margini (ediz. Navarra).
Sono in uscita un racconto incluso in Il primo bacio fa schifo (Coniglio editore) e uno in Biancoghiaccio (Ediz. VillaggioMaori).





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