ANNALISA. CRONACA DI UN FUNERALE



Roberto Saviano



Sono stato al funerale di Annalisa Durante. Quattordici anni. Quattordici anni. Quattordici anni. Ripeterselo è come passarsi una spugna d'acqua gelata lungo la schiena. Sono arrivato presto nei pressi della chiesa di Forcella. I fiori non erano ancora arrivati, manifesti affissi ovunque, messaggi di cordoglio, lacrime qualsiasi, strazianti ricordi delle compagne di classe. Annalisa è stata uccisa. La serata calda, forse la prima serata realmente calda di questa stagione terribilmente piovosa, Annalisa aveva deciso di trascorrerla giù al palazzo di un'amica. Indossava un vestitino bello e suadente. Aderiva al suo corpo teso e tonico, già abbronzato. Queste serate del resto sembrano nascere apposta per incontrare ragazzi, e quattordici anni per una ragazza di Forcella è l'età propizia per iniziare a scegliersi un possibile fidanzato da trasportare sino al matrimonio.
Le ragazze dei quartieri popolari di Napoli a quattordici anni sembrano già donne vissute. I volti sono abbondantemente dipinti, i seni sono mutati in turgidissimi meloncini dai push-up, portano stivali appuntiti con tacchi che mettono a repentaglio la vita delle caviglie che devono essere equilibriste provette per reggere il vertiginoso camminare sul basalto, pietra lavica che riveste le strade di Napoli, da sempre nemica d'ogni scarpa femminile. Annalisa era bella. Parecchio bella. Con l'amica e una cugina stavaascoltando musica, tutte e tre lanciavano sguardi ai ragazzetti che passavano sui motorini, impennando, sgommando, sfiorandosi in gimkane rischiosissime tra auto e persone. È un gioco al corteggiamento. Atavico, identico.
La musica preferita dalle ragazze di Forcella è quella dei neomelodici, cantanti popolari di un circuito che vende moltissimo nei quartieri popolari napoletani ma anche palermitani e baresi. Gigi D'Alessio è il mito assoluto. Colui che ce l'ha fatta a uscire dal microcircuito imponendosi in tutta Italia: gli altri, centinaia di altri, sono rimasti invece piccoli idoli di quartiere, divisi per zona, per vicolo, per palazzo. Ognuno ha il suo cantante. Quello di Annalisa pare sia stato Luciano Caldore o Tommy Riccio, non ricordo.
D'improvviso però, mentre lo sterco spedisce in aria un acuto gracchiante del neomelodico, due motorini, tirati al massimo, rincorrono qualcuno. Questo scappa, divora la strada con i piedi. Annalisa, sua cugina e l'amica non capiscono. pensano che quelli stanno scherzando, forse si sfidano. Poi gli spari. Le pallottole rimbalzano ovunque. Annalisa è a terra, due pallottole l'hanno raggiunta. Tutti fuggono. le prime teste iniziano ad affacciarsi ai balconi sempre aperti per auscultare i vicoli. Le urla, l'ambulanza, la corsa in ospedale. l' intero quartiere riempie le strade di curiosità c ansia.

Salvatore Giuliano è un nome importante. Chiamarsi così sembra già essere una condizione sufficiente per comandare. Ma qui a Forcella non è il ricordo del bandito siciliano a concedere autorità a questo ragazzo. È soltanto il suo cognome. Giuliano. Una famiglia camorristica tra le più potenti di Napoli. Negli anni Ottanta i Giuliano comandati dal boss Luigi Giuliano detto Loigino e cia suo fratello Carmine detto 'O Lione, confluiscono nella Nuova Famiglia di Carmine Alfieri e Antonio Bardellino combattendo e sconfiggendo la Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo.
I Giuliano di 'O lione e Loigino egemonizzavano il centro storico di Napoli. Gestivano droga, furti d'auto, pizzo, armi, prostituzione, ma si erano emancipati dal crimine più basso, erano riusciti a rientrare nella gestione degli appalti post-terremoto. monopolizzavano le ristrutturazioni del centro antico. controllavano i parcheggi delle auto, avevano aperto centinaia di negozi con i soldi del riciclaggio, avevano installato decine e decine di fabbriche a nero nei sottoscala di Forcella. Avevano instaurato rapporti politici e imprenditoriali importanti.
Poi la sconfitta. La Nuova Famiglia svanisce, i Giuliano tentano di combattere l'Alleanza di Secondigliano, il nuovo cartello camorristico. Non ci riescono. Forcella torna a essere soltanto luogo di spaccio, entrata di droga. mercato florido di ricettazione. le fabbriche clandestine continuano a lavorare ma cambiano padrone. i negozi vanno in mano a imprenditori rivali.
La situazione è stata peggiorata dalla scelta di parlare fatta da Loigino e da 'O lione. Si sono pentiti, hanno tradito il clan per evitare l'ergastolo e il carcere duro. Ma come spesso accade nelle dittature, anche se il capo viene tolto di mezzo, nessun altro se non un suo uomo può prenderne il posto. I Giuliano quindi, anche se con il marchio dell' infamia, continuavano a essere gli unici in grado di mantenere rapporti con i grandi corrieri del narcotraffico e di imporre la legge della protezione. Col tempo però Forcella si stanca. Non vuole più essere dominata da una famiglia di infami, non vuole più arresti e polizia. Chi aspira a prendere il loro posto, ovvero il clan Mazzarella. deve fare fuori l'erede, deve imporsi ufficialmente come sovrano e scacciare la radice dei Giuliano, il nuovo erede: ovvero Salvatore Giuliano, il nipote di Loigino.
Quella sera è il momento stabilito per ufficializzare l'egemonia. per far fuori il rampollo e mostrare a Forcella l'inizio di un nuovo dominio. Lo aspettano, lo squadrano. lo individuano. Salvatore cammina tranquillo, ha fatto tardi come tutte le sere, si accorge all'improvviso di essere nel mirino. Scappa. i killer lo inseguono, corre. vuole gettarsi in qualche vicolo. Iniziano gli spari. Giuliano con molta probabilità passa davanti alle tre ragazze. approfitta di loro come scudo e nel trambusto estrae la pistola. inizia a sparare. Qualche secondo e poi fugge via, i killer non riescono a beccarlo. Quattro sono le gambe che corrono all'interno del portone per cercare rifugio. Le ragazze si girano. manca Annalisa. Escono. È a terra, sangue ovunque, un proiettile deve averle aperto la testa.

In chiesa riesco ad avvicinarmi ai piedi dell'altare. Lì c'è la bara di Annalisa. Ai quattro lati ci sono vigili in livrea. l'omaggio della regione Campania alla famiglia della ragazzina. La bara è colma di fiori bianchi. Un cellulare, il suo cellulare viene poggiato vicino alla base del feretro. Il padre di Annalisa piagnucola. Si agita. blatera qualcosa. saltella. agita i pugni nelle tasche. Mi si avvicina, ma non è a me che si rivolge, dice: "E adesso? E adesso?" Appena il padre scoppia a piangere tutte le donne della famiglia iniziano a urlare, a battersi, a dondolarsi con strilli acutissimi, appena il capofamiglia smette di piangere, tutte le donne riprendono il silenzio.
Dietro scorgo le panche con le ragazzine, amiche, cugine, semplici vicine di Annalisa. Imitano le loro madri. nei gesti. nello scuotere la testa, nelle cantilene che ripetono: "Non esiste! Non è possibile! Si sentono investite di un ruolo importante: confortare. Eppure trapela da loro orgoglio. Un funerale per una vittima di camorra è per loro un'iniziazione al pari del menarca, del primo rapporto sessuale. Come le loro madri. con questo evento prendono parte attiva nella vita del quartiere. Hanno le telecamere rivolte a loro, i fotografi, tutti sembrano esistere per loro.
Le guardo.
Molte di queste ragazzine si sposeranno tra non molto con camorristi. di alto grado o di infimo. Spacciatori o imprenditori. Killer o commercialisti. Molte di loro avranno figli ammazzati e faranno la fila al carcere di Poggioreale per portare notizie e soldi ai loro mariti in galera. Ora però sono soltanto bambine vestite di nero, senza dimenticare i pantaloni a vita bassa e i primi perizomi. È un funerale, ma sono vestite in modo accurato. Perfetto. Piangono un'amica, sapendo che quella morte le renderà donne. E di questo. nonostante il dolore, non ne vedevano l'ora.

Verso le 15.30 vedo in chiesa una scena che non mi aspettavo. Certo conosco bene Forcella, le dinamiche camorristiche. ma non mi aspettavo un gesto così esposto in una giornata con molte telecamere e molti occhi indiscreti. Arrivano diverse macchine di grande cilindrata, passano per una zona a traffico limitato, ma la polizia le lascia circolare. Si fermano dinanzi alla porta della chiesa. Escono da tre macchine altrettanti uomini.
Sono i capifamiglia dei clan camorristici napoletani.
Vengono da ogni parte del territorio partenopeo, vengono a portare le condoglianze e la protezione al padre di Annalisa. Sono tutti i vecchi capi dell'Alleanza di Secondigliano, cartello camorristico ormai sfaldato che raccoglieva tutte le famiglie vincitrici della periferia nord di Napoli. Sono loro le vere autorità che il quartiere aspettava. non le marionette politiche, non le star dello Stato, non il sindaco con la fascia tricolore.
I boss sono vestiti di nero, ognuno di loro ha due guardaspalle, qualcuno è vestito in maniera veramente folkloristica. Occhiali neri, gessato nero, scarpe lucide. Hanno tutti la faccia tesissima. Le persone che li salutano baciano la mano. Un antico gesto che pareva scomparso negli anni Ottanta. Una scena irreale. Bisbigli circolano in decine di orecchi ma in realtà è sin troppo urlante il messaggio che danno a tutti. La colpa è dei Giuliano. Indipendentemente da chi ha sparato è di quella famiglia di infami la responsabilità della morte di questa bambina innocente. Questo è ciò che la loro presenza testimonia.
Con questo gesto di cordoglio i boss hanno fatto una promessa al quartiere: mai più saranno toccate le creature, mai più tensioni e polizia, mai più miseria. Sulla morte di questa ragazzina è stata celebrata una promessa di riscatto, non come fintamente si è detto ai telegiornali seguendo percorsi di legalità, ma un riscatto che nasce da una nuova egemonia di famiglie, clan che riusciranno a portare la tranquillità. la ricchezza, e non più soltanto droga, polizia, arresti e sparatorie come i Giuliano. Ecco il reale nuovo corso di Forcella, di Napoli.

Penso al ritorno eterno delle leggi di queste terre. Penso che i Giuliano hanno raggiunto il massimo grado di potere quando Annalisa non era ancora nata e sua madre era una ragazzina che frequentava ragazzine che poi sono divenute mogli dei Giuliano e dei loro affiliati, hanno da adulte ascoltato la musica di D'Alessio che ai matrimoni dei Giuliano è stato da sempre il cantante ufficiale, hanno osannato Maradona che con i Giuliano ha sempre condiviso cocaina e festini (memorabile la foto di Diego nella vasca a forma di conchiglia di Carmine Giuliano). Vent'anni dopo, Annalisa muore mentre stavano rincorrendo e sparando ad un Giuliano, mentre un Giuliano rispondeva al fuoco usandola come scudo o forse semplicemente passandole vicino. Un percorso storico identico, eternamente uguale. Imperituro, tragico, perenne.

La chiesa ormai è stracolma. I capiclan se ne sono andati mentre decine di persone li fermavano chiedendo di fargliela pagare agli assassini. di proteggere Forcella. di portare lavoro, ricchezza e onore. La polizia e i carabinieri però continuano a essere nervosi. Non capisco. Si agitano, perdono la pazienza per un nonnulla, camminano nervosi. Capisco dopo qualche passo. Mi allontano dalla chiesa e vedo che un'auto dei carabinieri divide la folla di persone accorse al funerale da un gruppo di individui tirati a lustro, su moto lussuose. in macchine decappottabili, su scooter potenti. Sono i membri del clan Giuliano. gli ultimi fedelissimi di Salvatore. I carabinieri temono che possano esserci insulti tra questi camorristi e la folla, e che possa generarsi un putiferio. Per fortuna non succede nulla, ma la loro presenza è profondamente simbolica. Attestano che nessuno può dominare nel centro storico di Napoli senza il loro volere, o quantomeno senza la loro mediazione. Mostrano a tutti che loro ci sono e sono ancora i capi, nonostante tutto.

La bara bianca esce dalla chiesa. La folla preme per toccarla. molti svengono, le urla belluine iniziano a incrinare i timpani. Quando il feretro passa sotto la casa di Annalisa, la mamma che non ce l'ha fatta ad assistere alla funzione in chiesa tenta di gettarsi dal balcone. Urla, si dimena, il volto è gonfio e rosso. Un gruppo di donne la trattiene. La solita scena tragica accade. Sia ben chiaro, il pianto rituale, le scenate di dolore non sono menzogne e finzioni. Tutt'altro. Mostrano però la condanna culturale in cui vivono gran parte delle donne napoletane, costrette ad appellarsi a forti comportamenti simbolici per attestare il loro dolore e renderlo riconoscibile all'intera comunità di persone. Benché tremendamente vero, questo frenetico dolore mantiene le caratteristiche di una sceneggiata.
I giornalisti si avvicinano appena. Hanno schifo e vergogna per questa gente. Antonio Bassolino e Rosa Russo Jervolino sono terrorizzati. temono che il quartiere possa aizzarsi contro di loro. Non accade, la gente di questo posto ha imparato a trarre vantaggio dalla politica e non si vuole inimicare nessuno.
Qualcuno applaude alle forze dell'ordine. Qualche giornalista si eccita per questo gesto. Carabinieri osannati nel quartiere della camorra. Che ingenuità. Quell'applauso è stato una provocazione. Meglio i carabinieri che i Giuliano. Ecco cosa hanno voluto dire. Meglio i peggiori, cioè i carabinieri che arrestano e castrano ticchezze. che i Giuliano! Altro che riscatto! Alcune telecamere tentano di raccogliere testimonianze. si avvicinano a una vecchietta dal fare debole. Arraffa subito il microfono e urla: "Per colpa di quelli [si riferisce ai Giuliano] mio figlio si farà cinquant'anni di carcere! Assassini!" L'odio contro i pentiti è celebrato. Il desiderio di nuovi capi è dichiarato.

La tensione è altissima. Pensare che una ragazzina è morta perché aveva deciso di ascoltare musica assieme alle amiche sotto un portone in una calda serata fa girare le viscere. Ho la nausea. Devo restare calmo però. Devo capire. se possibile. La piccola Annalisa è nata e vissuta in questo mondo. Le sue amiche le raccontavano delle fughe in moto con i ragazzi del clan, lei stessa si sarebbe forse innamorata di un bel ragazzetto ricco capace di far carriera nel sistema-camorra o forse di un bravo guaglione che si spaccava la schiena tutto il giorno per quattro soldi. II suo destino sarebbe stato quello di lavorare in una fabbrica a nero, dieci ore al giorno a cucire borse o vestiti per cinquecento euro al mese. Come tutte le ragazze che vivono in queste zone di Napoli.
Annalisa è divenuta simbolo tragico perché la tragedia si è compiuta nel suo aspetto più terribile e consustanziale: l'assassinio. Qui però non esiste attimo in cui il mestiere di vivere non appaia una condanna all'ergastolo, una pena da scontare attraverso un'esistenza brada, identica, veloce. feroce. Qui è davvero come dice il poeta: la morte si sconta vivendo.
Mentre il corpo di Annalisa nella bara bianca viene portato via a spalla, la compagna di banco fa trillare il suo cellulare. Squilla sul feretro: è il nuovo requiem, l'unico che queste ragazzine conoscono. Un trillo continuo, poi musicale. accenna una melodia dolce. Nessuno risponde. Dies irae, dies illa solvet saeclum in favilla.




(Tratto da Nazione indiana, 9 aprile 2004)


Roberto Saviano, nato a Napoli nel 1979, è l'autore del saggio Gomorra, Mondadori 2006.)



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