Ângela: 1975
( - brano del romanzo inedito in Italia Alla
mano sinistra - )
Fausto
Wolff
Stanotte sembra che Dio abbia mandato tutta l'acqua del mondo a piovere sopra Rio de Janeiro. Giorni come questi, del resto, si meritano di finire con un diluvio. Sono in un bar di Urca appollaiato sulla montagna - è quasi stato portato via dall'alluvione. Per evitare altre disgrazie il proprietario del locale ha aperto la porta del retro e quella di fronte, lasciando che il fiume passasse in mezzo al bar. Accanto a me c'è Pérsio (è così che chiamo mio padre) e Henrik Panderson, un danese amico suo, regista di cinema. Sono gentili, mi danno tutte le attenzioni, ma parlano tutte le lingue tranne le uniche due che conosco: portoghese e spagnolo. Naturalmente Pérsio parla con me in portoghese, ma allora è Henrik che non capisce niente.
Sto pensando solo ai rimproveri che mi farà la mamma quando tornerò a casa. Ho già chiesto più di mille volte di andare via. Loro, saggiamente, mi hanno detto che è meglio aspettare che smetta di piovere. La mia impressione è che pioverà per i prossimi dieci anni. Ci sono certi giorni che non finiscono mai. Forse è meglio pensare ad altre cose.
Al contrario delle mie due sorelle più giovani (Dev'essere ganzo avere due papà - mi hanno detto mentre mi preparavo a incontrare Pérsio) sono figlia del primo matrimonio di mia madre. A parte un cognome complicato, mio padre non mi ha lasciato altro. Però non mi manca. Mia madre si è sposata di nuovo e io mi sento integrata e amata in questa famiglia. Per non dire che non c'è nessuna differenza, a volte ricevo alcune lettere che vengono da paesi lontani. A volte sono cartoline postali. Un giorno è arrivata una sua fidanzata, Milena, una greca, per fotografarmi. Il massimo è stato quando i suoi genitori, i miei nonni, che vivono a Porto Alegre, sono arrivati senza avvisare. Mi hanno abbracciato, baciato, coccolato, mi hanno dato una montagna di regali e se ne sono andati. Ho trovato tutto molto strano. Mia madre non mi ha mai parlato male di mio padre, mi aveva detto che poteva venire in Brasile solo clandestinamente, sotto falsa identità, e che era molto pericoloso. All'epoca non avevo capito il perché.
La situazione dev'essere cambiata, perché Pérsio è entrato in Brasile. Ha finito di fare un film a Bahia e ha deciso di incontrarmi. Non mi ricordo dell'ultima volta che ci siamo visti. Penso che ero talmente piccola che riesco a ricordare solo la sensazione di paura che avevo quando lui mi ha messo a cavalcioni sulle sue spalle. È alto quasi due metri e mi sono venute le vertigini. Adesso ho quasi tredici anni, mi sento già una ragazza e confesso di essere curiosa.
Beh, lui è arrivato. Le solite raccomandazioni materne: "Comportati bene, non chiedere sempre regali, non ti lamentare e soprattutto torna all'ora che ti ho detto, ok?" Ok, allora vado...
Lui è proprio alto, bello; sembra troppo giovane per essere il mio papà. Mi abbraccia forte, mi bacia, dice che gli manco da morire e comincia a piangere. Questo è quello che io chiamo "una situazione imbarazzante", in fondo lui aspetta una reazione simile da parte mia. È solo che io non sento niente, né piacere né ribrezzo e di nostalgia neanche l'ombra!
Finalmente Dio ha ascoltato le mie preghiere. Pérsio mi ha portato a prendere un gelato e mentre mi chiedeva di tutto, veramente tutto della mia vita, io lo osservavo. Le mie mani sono uguali alle sue. Le sopracciglia pelose e l'andatura dinoccolata sono le sue. Voleva sapere se mi erano piaciute le lettere e le cartoline, mentre io mi preoccupavo di sapere se dovevo obbedirgli in tutto. In fondo, era mio padre. No, credo che lui non si aspettasse nessuna obbedienza; meno male, uno in più a cui obbedire era il tipo di cosa di cui proprio non avevo bisogno. Ho cominciato a trovare divertente quella faccenda. È arrivata una mulatta bellissima di nome Glória, che aveva il ruolo di protagonista femminile nel suo film, e mi ha dato una bella collana di avorio. Più tardi il regista mi h regalato un vestito d'epoca, tutto ricamato di madreperla, di quelli che si vedono solo nei film con i re e le regine. Il mio papà mi faceva sentire come se fossi la persona più importante del mondo. Diceva che molte notti si era addormentato mentre scriveva poesie per me. Prendeva la mia mano e mi faceva dichiarazioni d'amore. Mi faceva ridere. Ma, nonostante tutto, c'era qualcosa di strano nell'aria. Ero stata trasportata in un mondo affascinante: storie di guerre, di viaggi, d'amore. E, cosa più fantastica, io ero bella, intelligente, sensibile, il centro di tutto questo universo. Ma già a dodici anni si sa che nessuno va in paradiso impunemente.
Stavamo passeggiando sulla spiaggia e la contropartita non tardò molto. Arrivò sotto forma di una domanda vaga: "Tu e la tua famiglia borghese, non vi sentite neanche un po' in colpa a guardare telenovelas mentre il popolo muore di fame?" o "Come ritieni possibile che esista un Dio che dà tanto a pochi e a tutti gli altri non dà neanche un posto dove dormire?" Alla fine: "Lo sapevi che la multinazionale per cui lavora il tuo patrigno ruba il denaro e il lavoro a migliaia di brasiliani?" Risposi: " a) Non mi sentivo colpevole perché non mi sentivo responsabile; b) Sì, credevo in Dio perché mi ha sempre protetto quando ho avuto bisogno; c) No, non mi sembra proprio che l'azienda sia un covo di ladri. Ma, mentre lo dicevo, qualcosa dentro di me si stava spezzando.
In quel momento non stavamo più passeggiando sulla spiaggia. Eravamo in un bar sudicio in un angolo qualsiasi, dove mendicanti e straccioni sembravano essere i migliori amici di Pérsio. Ho arricchito il mio vocabolario con un mare di parolacce e angosce. Mi ha fatto toccare con mano un universo che mi era vicino e, contemporaneamente, più lontano di tutta la letteratura che la mia giovane età mi aveva permesso di conoscere.
Pérsio parlava di abbandono, di paura e solitudine, mentre mi indicava un bambino abbandonato, un uomo che beveva, una donna che parlava da sola. Nacque così dentro la mia anima una colpa profonda che certamente non mi avrebbe lasciata mai più. Come era possibile tornare a casa in pace? Come era possibile ringraziare Dio per il cibo? Come era possibile mettere da parte la paghetta per comprare dei dischi nuovi? La felicità cominciava ad essere un progetto decisamente impossibile.
Adesso, seduta nel bar, aspettando che smetta di piovere, capisco che Pérsio non mi ha portato in paradiso. Mi ci ha tolto dal paradiso. Tutto questo è successo stamattina, ma mi sembra che siano già passati cent'anni. Sento una rabbia oceanica per questo padre che è venuto per farmi del male. Solo molti, molti anni dopo ho capito che a ciò si dà il nome di realtà, e che ero stata molto fortunata a fare questo passo inevitabile accompagnata da qualcuno che mi ama.
(Brano tratto dal romanzo Alla mano sinistra [titolo originale À mão esquerda, Editora Civilização Brasileira, Rio de Janeiro, 1996]. Traduzione di Julio Monteiro Martins.))
Fausto Wolff
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