QUI LE CHIACCHIERE STANNO A ZERO
Antonio Pascale
Ci sono quelli che durante la giornata devono andare a bussare a denari sui cantieri. Chi va a bussare o è giovane e non ha ancora ammazzato nessuno, oppure si sta facendo vecchio, e nonostante abbia ammazzato parecchi compagni o nemici, non è riuscito a fare carriera.
Chi è alle prime armi di solito è adolescente, e può succedere che non abbia ancora la macchina, perciò per andare sui cantieri si deve procurare un motorino. Questo motorino dev'essere un po' scassato, perché sui cantieri, con tutti quegli sbanchi di terra, non conviene portare una moto buona.
Così generalmente il giovane alle prime armi ruba un motorino scassato, una Vespa 50 special (una di quelle che si vedono senza fanale, con il cavalletto mancante, appoggiate in un angolo buio) che poi truccherà a 125.
Può capitare che il derubato si faccia prendere dallo sconforto, allarghi le braccia e se ne vada mogio mogio dai carabinieri. Compila il verbale sottolineando il fatto che la moto era apposta così vecchia e scassata, proprio per non aumentare l'invidia altrui, che già ce n'è tanta in giro. L'appuntato risponde anche lui mogio, dice: lo fanno, lo fanno.
Quando il derubato se ne torna a casa giura a se stesso che prima o poi se ne andrà da questo paese, ma a un certo punto smette di farsi venire il sangue amaro e comincia a informarsi sui prezzi dei motorini nuovi. Un giorno arriva dal negoziante, si guarda in giro, decide quale moto comprare e stacca l'assegno, senza mai smettere di lamentarsi per questa spesa imprevista. Prima di andarsene, il derubato guarda in faccia il negoziante e gli chiede una catena sicura, di quelle che non si spezzano neanche con le bombe, e lui gli mostra tutta una serie di armamenti, ma poi può capitare che guardando bene in faccia il cliente sia mosso da un sentimento di pietà, quasi riconoscesse un'inquietudine comune. Così, il rivenditore allarga le braccia e spiega che se vogliono rubare la moto alla fine ci riescono sempre, quindi è meglio non metterci troppa speranza. Alle volte il negoziante regala la catena al derubato.
Intanto il giovane alle prime armi avrà indossato una tuta da ginnastica e con la moto scassata si sarà avviato verso il cantiere. Qui busserà a denari.
C'è da dire che chi va sui cantieri indossa per semplicità e per maggiore praticità quasi sempre una tuta da ginnastica, vistosamente marchiata, e spesso si confonde con i disoccupati, o con quelli in cassa integrazione, i quali, per gli stessi motivi, e per risparmiare, indossano anche loro tute da ginnastica, pure queste vistosamente marchiate. Però false.
Comunque quelli che vanno sopra al cantiere sono come i preti o i poliziotti: sempre in due. La coppia è formata da un anziano e un principiante, oppure da due novizi. Se nella coppia c'è uno anziano questo è certamente conosciuto, nel senso che sa il fatto suo, quindi avrà più facilmente il dovuto. Se invece la coppia è formata da due principianti, dovranno farsi le ossa. Soprattutto perché veder arrivare sopra al cantiere due ragazzi con una moto scassata, che sobbalza sulle buche e quasi disarciona i centauri, non fa paura a nessuno.
Quindi spetta ai due farsi valere. Generalmente sono franchi di cerimonie e si fanno valere subito. Altre volte, invece, nonostante lo sguardo basso, minaccioso, a preparare una capata sul setto nasale di chi gli sta di fronte, la sigaretta sempre accesa, la voce falsamente rauca, il linguaggio dapprima cortese poi subito osceno, altre volte, dicevamo, non riescono a ricavare alcunché. C'è bisogno di instaurare una lunga trattativa.
Perché quando il rapporto con l'imprenditore non è mutualistico, è bene che lo diventi. L'organizzazione segue logiche aziendali e stila, a fine mese, un dettagliato bilancio costi-benefici; per questo c'è bisogno di contrattare un accordo che non sia totalmente scoraggiante per l'imprenditore, per questo i due tornano spesso sul cantiere, e per questo lasciano passare un po' di tempo prima di usare le maniere forti. E per questo non si può subito ricorrere a esplosivi o pallottole, il cui costo deve essere attentamente commisurato ai ricavi.
Indubbiamente, l'uso delle maniere forti è rapportato alla resistenza del taglieggiato. Se per esempio si trova, e può capitare, un taglieggiato che non vuole pagare in nessun modo, i due dovranno impegnarsi al meglio per ottenere l'utile senza eccessivo dispendio d'energia.
Ma ci sono quegli imprenditori che di mattina escono presto di casa, verso le quattro, e tornano quando cala il sole, d'estate anche alle nove. Così i due devono stargli dietro per minacciarlo ogni momento, e sono costretti a seguirlo dalle quattro del mattino fino alle nove di sera. Per questo a volte nei bar all'alba si bevono un cognac o un caffè e sono già avviliti tanto quanto l'imprenditore. Quando il barista gli chiede: come va? Loro rispondono pure: bene grazie, ma poi bestemmiano Gesù Cristo o la Madonna.
Comunque, nei casi normali, i due seguono l'imprenditore e a ogni angolo gli danno il tormento, prima a parole, poi cominciano a menare le mani: schiaffi tra capo e collo, bucature di ruote, minacce alla famiglia, oppure, al contrario, contrattazioni con i parenti. Si avvicinano i figli o la moglie dell'imprenditore e gli si chiede gentilmente di mettere una buona parola con quella capa di merda del marito, altrimenti finisce che qualcuno si fa male. Ma se l'imprenditore, a dispetto dei consigli dei suoi familiari, non desiste, allora non resta altro da fare, in verità a malincuore, che portarlo dal capo in persona.
Il capo in persona vive una vita da recluso, tra mura altissime. Se da giovane un po' si godeva la vita, adesso, in ragione della sua accresciuta funzione di comando, siccome fuori non sempre sta tranquillo, vive con la famiglia riunita, se ne sta tra giocattoli dei figli e animali vari, a coltivare qualche hobby innocuo. Così, quando arriva il taglieggiato, il boss che fino a quel momento si stava annoiando a morte non vede l'ora di agire, si sfoga, prende a schiaffi l'imprenditore, fa la voce grossa e gli ordina di pagare. Se l'imprenditore non demorde, e dice a gran voce “ma io i soldi me li guadagno”, il capo e i ragazzi si offendono per davvero, protestano in coro che anche loro se li guadagnano, mica stanno a perdere il tempo.
Infine il capo fa segno ai suoi di levare mano, e di ucciderlo.
Ora, per inciso, tutti i giovani che vanno sui cantieri, fin dalla più tenera età sono ragguagliati a dovere su come uccidere. Hanno fatto pratica su tirassegni improvvisati, come i segnali stradali, oppure su altri bersagli a forma di sagoma umana, preparati e montati sulle terre golenali, o su quelle demaniali, specialmente vicino alle autostrade, dove è facile sparare in tutta tranquillità.
Sanno poi che oltre a prendere bene la mira non bisogna mai sparare in faccia o in petto, a meno che non si possegga una mitraglietta, ma quest'ultima è un'arma che funziona in maniera ottimale solo in mano ai professionisti. Meglio sparare sempre alle spalle, possibilmente alla nuca. Questo perché la vittima è sicuramente armata, e siccome è stata informata dei rischi che corre, cercherebbe di difendersi come meglio può. Tanto vale evitare ogni confronto e uccidere la vittima senza spargimento di pallottole.
Invece, quando devono ammazzare l'imprenditore restio a pagare, preferiscono fargli vedere la morte in faccia, nella speranza che in ultimo si cachi sotto e finalmente paghi.
Però ci sono quegli imprenditori che non appena vedono arrivare i ragazzi sul cantiere cercano di non perdere tempo e chiedono di parlare direttamente con chi comanda. Lo dicono in modo brusco e irruento, il modo di chi non tiene pazienza. Dunque, i ragazzi capiscono e portano l'imprenditore dal capo area. Con lui l'imprenditore si confida, prima però gli muove mille ringraziamenti solo per il fatto di averlo voluto ricevere, lui sa con chi ha a che fare, per questo ha inteso parlare direttamente con lui, senza intermediari. Così il capo area si addolcisce, e poi, insieme, capo area e imprenditore si mettono d'accordo sulla percentuale. Può cosi iniziare un rapporto di collaborazione, attraverso il quale l'imprenditore vincerà tutte le gare d'appalto e il capo area riceverà elogi e compensi. E così la vita va avanti senza spargimento di sangue.
C'è da dire infatti che la morte di un imprenditore è sempre una sconfitta: significa che i due compari non sono riusciti a farsi valere, né, cosa fondamentale, a ricavare un utile tale da giustificare le spese. Spesso nascono odi nella coppia, e uno accusa l'altro. Così in breve uno dei due, generalmente chi fa prima, sparge la voce in giro, e dice che il suo compare da un po' di tempo si comporta in modo strano, poi avanza l'ipotesi che potrebbe tradire la famiglia. Così si fanno indagini.
Però siccome un sospetto è in parte già un'accusa, nessuno di quelli che indagano ci tiene a smontare del tutto l'ipotesi accusatoria, anche perché potrebbe essere a sua volta accusato di comportarsi in modo strano: e allora quelli che indagano avvalorano l'ipotesi o non la smentiscono, finché il capo area dà l'ordine di uccidere.
Così il compare va come ogni mattina a prendere l'amico, si salutano, si domandano come stai, qualche volta rispondono bene grazie, e poi bestemmiano, e infine mentre l'altro è accidentalmente di spalle il compare gli spara alla nuca. Poi quello che rimane va a prendere un ragazzino che d'ora in poi gli farà da secondo.
Qualche volta capita, invece, che uno dei due compari debba uccidere l'altro senza capire il perché. Sono sinceramente amici, ma il capo gli ha detto: cumpa', ca 'e chiacchiere stanno a zero. Perciò deve eseguire l'ordine, e nonostante abbia le lacrime agli occhi, procede.
Ci sono quelli che poco dopo l'omicidio, all'approssimarsi della notte, sono vittime di violenti incubi. Alcuni rinunciano al sonno. Se ne vanno in qualche locale di basso rango, e fanno le ore piccole. Entrano con una o due ragazze e qualche amico, e ordinano da bere. Buttano giù parecchi liquorini, e più buttano giù più perdono il controllo, sfottono il cameriere che però si deve stare zitto senza reagire, allungano le mani sulle ragazze che si stanno zitte e lasciano fare, e se capita prendono a schiaffi in testa qualcuno di loro conoscenza, il quale li vorrebbe ammazzare però si mette a ridere perché è meglio. Fanno tutto questo, oltre a bere e a mangiare, e a buttare la roba per terra, finché se ne vanno nel bagno e prima di raggiungere la tazza si vomitano addosso, o magari si pisciano nei calzoni, si bagnano le mani e si sporcano tutti. E dopo, quando sono davanti allo specchio, cercano di darsi una sistemata ma si accorgono che i capelli restano arruffati, i pantaloni non si asciugano, le mani puzzano, la bocca rimane acida. E in quel momento che si sentono irrimediabilmente tristi.
Prima di uscire dal locale diventano buoni e lasciano mance molto sostanziose al cameriere o sussurrano qualcosa di dolce alla ragazza, al limite le dicono grazie, ma non sanno perché. Se ne tornano all'alba verso casa, facendo attenzione a evitare le strade principali, per schivare i posti di blocco. Quindi percorrono solo stradine infangate o piene di buche, e in quel traballare, proprio mentre l'aria rischiara e il cielo diventa arancione, può capitare che confidino all'amico, o alla ragazza, di essere infelici, perché sono carogne schifose e prima o poi qualcuno, forse Dio in persona, li punirà.
Ma l'amico che guida è ancora ubriaco e forse non capisce, o finge, si limita ad annuire, e la ragazza si è mezza addormentata e forse non ha sentito, o finge, si limita a scapuzziare.
Solo dopo aver superato quella nottata, quando si svegliano prima di mezzogiorno e si rimettono in macchina per sbrigare alcune commissioni, si rendono conto di aver parlato troppo. Si sono comportati in maniera strana, la notte scorsa. Allora si cominciano a fissare.
Altri si convincono di sentire delle voci, nutrono seriamente la convinzione che sia il Signore a chiamarli. Alcuni si avvicinano a un prete e si confidano.
Comunque, per via di queste voci perdono il sonno, tanto che la mattina non riescono a tenere gli occhi aperti, si comportano in modo strano e avvalorano qualche sospetto su un loro tradimento.
E così, proprio perché sono ancora preda delle voci, non si accorgeranno che il compare con cui fanno coppia da anni gli sta per puntare un'arma alle spalle.
Ora, tra i pochi compari rimasti vivi, qualcuno, dopo un accurato percorso omicida, e dopo aver dimostrato coraggio, potrà finalmente salire di grado e diventare capo area. Per fare un inciso bisogna dire che il capo area, se è vero che non dovrà più andare di persona sopra al cantiere, dovrà svolgere una lunga serie di attività dirigenziali, per nulla semplici e quasi mai meccaniche.
Per esempio: girare continuamente in macchina per tastare il territorio, avanti e indietro, lungo le strade di sempre, e però essere pronto a considerare, in caso di necessità, deviazioni impreviste lungo strade che introducono a sopraelevate mai terminate, dove si allenano i cavalli e corrono le fuoriserie.
Avere l'accortezza di ricordarsi quella svolta sconosciuta ai più che salva la vita a pochi, oppure immettersi lungo strade che iniziano asfaltate e diventano sterrate, o tenere a mente quella viuzza coperta dal fango tutto l'anno che nasconde dagli sguardi, avere sempre davanti agli occhi l'ubicazione dei casolari abbandonati per potersi riparare, dei bar lungo la strada per riposarsi, sapersi avventurare in posti dove nessuno pensa di andare.
E quindi, ad esempio, non perdere mai il riferimento del pilone che doveva reggere una bretella di collegamento e che invece regge solo l'aria, perché li, in mezzo alla campagna, tra l'erba alta, il mais o il grano sfuggito di mano al contadino, e cresciuto male, accestito di meno, ingiallito prematuramente, si può nascondere la merce; sapere poi dove imboccare, al momento giusto, il passaggio a livello incustodito che introduce a scorciatoie non frequentate, e fregarsene delle buche, degli avvallamenti, imparare a intuire l'andamento del tracciato, perché la visuale sarà comunque ostacolata dalle infestanti, dai rovi, dalle canne, dai rifiuti vari e dalle discariche abusive, e quindi elettrodomestici, scaldabagni, reti per materassi, poltrone e divani, tutti l'uno sull'altro, aggrovigliati dalla ruggine.
Non badare mai ai mezzi agricoli che ti vengono incontro e che ti ostacolano, alle macchine che inseguono e tallonano, perché quando si corre si affronta la strada e non la si percorre, ci si fa piccoli o grandi a seconda delle occorrenze. Non compiere nessun gesto che faccia intuire prima che agli altri a te stesso una qualunque difficoltà: non lampeggiare, non suonare, non attardarti agli stop, guardare non la macchina che ti precede, ma oltre, verso la fine della strada, più in là della curva. Guidare insomma come se si percorresse un rettilineo senza paura di sbandare, senza occhio al contachilometri, non tenere il volante ma essere il volante.
Ricordarsi poi di delimitare i cantieri, i terreni, quelli soggetti a speculazione edilizia, quelli suscettibili di espropri, lungo i quali verranno innalzati i tralicci della luce, o che saranno interessati da scavi per metanodotti, sui quali verranno tracciate linee ferroviarie, sistemi fognari, scoli di acque reflue, esaminare in anticipo lo stato d'uso dell'appezzamento, la sua valutazione mercantile, consultare come se fosse il vangelo il prezzario civile per i pubblici lavori, conoscere l'estimo, le formule di anticipazione del capitale, la stima dei frutti pendenti, essere pronti e informati, in prima posizione, sul posto prima ancora degli altri, saper attendere senza innervosirsi che arrivino le imprese, i conto terzisti, i subappaltatori. Soprattutto ottenere il massimo delle informazioni con il minimo sforzo.
Per questo stendere una rete di conoscenze, tracciare la mappa dei luoghi dove ci si lascia andare a pettegolezzi, magari perché si mangia bene, o si beve, insomma sistemare in ogni punto nevralgico un amico, o un parente, che sia fidato, uno che ti faccia da informatore in tua assenza, che sappia intuire ma non interpretare, che ti riferisca puntualmente ma non su ogni cosa. Pagarlo bene senza esagerare, dirgli tutto, ma solo le cose false, usarlo per sapere e non per conoscere, oppure per avvicinare qualche politico lontano, con accortezza e senza enfasi, avanzando per gradi di conoscenza via via superiori, dall'ultimo portaborse al segretario di fiducia.
Poi, quando l'informazione è ottenuta, ora che si è sicuri della legge e s'intravede il modo per aggirarla, organizzare la riunione con politici o assessori, porta-borse legati a correnti di riferimento, membri del consiglio comunale, sindaco e vicesindaco, segretari, e poi affaristi, imprenditori o amici degli amici, e nel corso dell'incontro non perdersi in particolari che spaventano e intimoriscono, lasciare i dettagli e le modalità in sospeso, ma farli pesare come un'inquietudine, mantenersi sul vago, perché nel vago si cementano complicità.
Avere cura, quando è possibile, di organizzare le riunioni in posti pubblici, sapere che il luogo più in vista è quello meno sospetto, sguinzagliare fuori dal posto in cui si svolge la riunione farabutti e delinquenti, ma di poco conto o di tenera età, di cui, soprattutto, in caso di morte, non si sentirebbe la mancanza, e che siano ignoranti di tutto, persino dimentichi di loro stessi, magari tossici e prossimi tossici, così da non poter testimoniare alcunché, ma dotati ancora di forza, stupidi violenti e bizzosi e provocatori, cosi che se la polizia dovesse intervenire per una soffiata, o pattugliare la zona per routine, sarebbe costretta a controllare prima la loro fedina penale trattenendosi più del dovuto.
E allora di nuovo fuggire, disperdersi per strade e stradine interpoderali, diramazioni non segnalate da nessuna carta, e tornare a casa solo quando è buio.
Ora, capita che il capo area, preso dai tanti impegni, una mattina esca di corsa per fare le solite commissioni, e intorno a lui avverta un silenzio innaturale. Come se qualcuno gli avesse tappato le orecchie, come se il mondo fosse dentro una conchiglia.
Accende una sigaretta così da poter sentire il solito fumo in gola e l'usuale rumore dell'accendino, e non si avvede che proprio in quel momento, uno dei suoi, già pronto a diventare capo area, gli punta una pistola alla nuca.
Nel capannello di gente che si forma vicino al morto, passa quello che tempo addietro ha subito il furto della moto. Vede il morto e lo riconosce: è un suo compagno di scuola.
Allora, anche se ha appena finito di bestemmiare, si fa il segno della croce, poi si volta e si allontana più che può.
(Tratto dalla raccolta La manutenzione degli affetti , Einaudi, Torino, 2003)
Antonio Pascale è nato a Napoli nel 1966, vive e lavora a Roma. Ha pubblicato nel 2001 La città distrutta.
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