I
SUONI DEL VILLAGGIO
Gabriella
Ghermandi
I
suoni del villaggio hanno guarito la mia insonnia.
Qui il buio non fa paura. La notte è una coltre morbida
e calda, un manto di grilli e canti di stelle che ti accompagnano
lungo la strada dei sogni.
I suoni del villaggio hanno guarito la mia insonnia.
Qui il buio non fa paura. La notte arriva d'un colpo, dopo un
breve tramonto in cui i colori esplodono nel cielo brillanti,
ultima fiammata di un giorno infuocato dal sole.
Quando i colori si ritirano per lasciare lo spazio al blu della
notte, anche la gente si ritira nelle case ed inizia il mondo
notturno, un mondo di silenzii in cui i pochi suoni si ergono
distinti e nitidi, ed acquistano immagini che si propagano di
casa in casa.
Il
fuoco crepita nella casa accanto, la casa di Cassa, il mio
capocantiere. Sua moglie Irgalem prepara la cena. Sul fuoco
muove i tegami, alcuni di terracotta, altri di metallo. Li
sento tintinnare. Ogni tanto i loro figli piccoli piagnucolano,
fanno fatica ad addormentarsi.
Irgalem si affaccia alla porta e nel buio chiama: "Tarreceeeeeschhhhhh!".
Tarrecesch è grande, ha tredici anni.
Quando è buio lei può stare ancora fuori.
Di nuovo Irgalem chiama: "Tarreceeeeeschhhhhh!". Lei
sa, è ora di tornare a casa, ora di mettere a letto i
fratelli.
Arriva
dal buio senza fare rumore. Entra e si mette a dire storie
ai piccoli, il suo non è un vero e proprio raccontare,
dice parole senza pause, né balzi, senza gioia o paura,
sono parole cantilenanti, legate le une alle altre dal filo
della nenia, del ritmo: cereka, hum, bulluka, hum, aziedè gebbach
auka, hum, aziedè....
E' una dolce onda di mare interrotta solo dai suoi sospiri e
dal respiro dei piccoli.
Anch'io approfitto di quell'onda, e tra il canto di stelle e
il manto di grilli mi lascio cullare. Lentamente la voce di tarrecesch
mi trasporta nel sonno.
L'alba,
come il buio, arriva d'un colpo. Il blu della notte cola dietro
l'orizzonte ed i colori del tramonto, come attori in attesa
dietro le quinte dell'oscurità, tornano protagonisti
e ruotano nel cielo finchè il sole, lentamente, da dietro
le montagne, esce per occupare l'intera scena.
All'alba si svegliano le donne e gli uomini, i galli cantano
e nella casa vicina ricominciano i tintinnii dei tegami.
Per me è ancora il tempo del sonno.
Io dormo, dormo ancora, finche non sento le capre di Tesfù.
I loro sonagli di legno vibrano nell'aria portando musica ovunque.
Una delle capre ama rosicchiare il muro esterno della mia casa,
fatto di fango e paglia, e nei punti ruvidi ci si sfrega la pancia
e il suo sonaglio suona, suona e mi sveglia. Sempre alla stessa
ora.
In
pochi giorni di permanenza i suoni del villaggio hanno guarito
la mia insonnia.
Così stamane, quando ho sentito quel rumuore, mi sono
semplicemente girato dall'altra parte, per dilungarmi nel piacere
ritrovato e, mentre il sonno nuovamente mi ghermiva, nella veglia
ho pensato: "Deve essere qualcosa di metallo che rotola
rimbalzando sui sassi dello spiazzo", e mi sono riaddormentato
in attesa di Tesfù e delle sue pecore.
Dopo breve il rumore si è ripetuto, ma questa volta assieme
al metallo ho sentito urla di donne: "Antè! Tou!Tou!", "Woi
gud! Woi gud".
Di scatto mi sono alzato e sono uscito.
Al centro del villaggio, uno dei mastelli di metallo in cui le
donne lavano i vestiti e fanno il bagno ai bambini, rimbalzava
e rotolava mosso dagli ultimi spasmi vitali di una gallina che
buttava sangue dal collo reciso.
Uno dei figlioletti di Cassa, con un coltellaccio nella mano,
fissava fiero la scena, accanto a lui la madre e la nonna urlavano
con le mani nei capelli: "Woine, woine,woine!".
Cassa è arrivato
correndo, le donne gli hanno detto poche parole concitate: "Ligiù doro
arredè". Lui ha guardato con gli occhi sbarrati
la gallina poi si è avvicinato al bambino.
Con delicatezza gli ha fatto posare a terra il coltellaccio e
lo ha allontanato dal luogo del delitto. Nel frattempo è arrivato
l'intero villaggio. La gente esprimeva costernazione attraverso
lamenti di varie speci "Woine, woine!", "Woi gud"...
.
Cassa ha parlato con uno degli anziani, poi si è avvicinato
a me: "Ingegner Giuseppe, ho bisogno di prendere la Jeep
del cantiere!" "Cassa, cosa succede?", "Dopo,
dopo Ingegnere, adesso non c'è tempo, bisogna fare tutto
prima chi il sole sia alto nel cielo".
E' partito a gran velocità, infrangendo una delle prime
regole che lui stesso mi ha insegnato: "Ingegner Giuseppe,
qui si vive lentamente e si guida anche lentamente. La vede la
nube di polvere che solleviamo sulla pista! Ecco, quella non
deve esserci!".
Sono
rimasto disorientato, con gli occhi sulla nube di polvere rumorosa
che si spostava verso l'orizzonte. Doveva essere molto preoccupato
per guidare a quella maniera. Non trovavo alcuna spiegazione,
e uno stupido pensiero ha preso a passarmi per la mente come
la strofa di un disco incantato: "Non può essere
solo perchè e stata ammazzata una gallina. Qui ci sono
tante galline..., una in più una in meno non fa mica
differenza!" Poco
dopo la jeep avvolta dalla nube di polvere è riapparsa
sulla pista. Arrivata nello spiazzo si è fermata poco
distante dalla gallina.
Gli uomini si sono avvicinati, ed io con loro, attratto da quella
incomprensibile, disorientante agitazione. Quello stupido pensiero
ancora mi girava nella mente: "Non può essere solo
perchè e stata ammazzata una gallina. Qui ci sono tante
galline..., una in più una in meno non fa mica differenza!"
La
jeep è piena di passeggeri cha cominciano a scendere
in ordine sparso. Alcuni uomini del villaggio salgono sul portapacchi
a sciogliere le corde che trattengono due enormi tamburi, mentre
il resto della gente si dispone in una fila ordinata e silenziosa
davanti allo sportello dell'unico passeggero che ancora non è sceso:
il prete. Ed
io, sballottato come i tamburi e i sonagli che scaricano dalla
jeep, osservo spaesato.
Non capisco e quello stupido pensiero continua a ronzarmi nella
testa: "Non può essere solo perchè e stata
ammazzata ... ".
Intanto il rumore inquietante e frenetico, di agitazione, mi
penetra.
A turno le persone in fila si avvicinano al prete, per farsi
benedire dalla croce di legno che lui allunga attraverso il finestrino: "Besmaham,
wolde, menfes, cuddus!... "Besmaham, wolde, menfes, cuddus"...
.
Tutto avviene molto rapidamente .
Cassa esorta la gente a muoversi velocemente, pronunciando una
delle poche parole che ho imparato in questi quindici giorni
di permanenza: "Tolò! Tolò! Pesto!Presto!".
In pochi minuti nello spiazzo si dispongono due file di giovani,
nel mezzo i suonatori di tamburi ed alcuni uomini con i sonagli.
Dopo la benedizione della gente in fila, il prete scende dalla
macchina e d'improvviso cala il silenzio.
Il prete raggiunge la fila di ragazzi. Fa un giro di sguardi
sui presenti, poi alza la croce facendo esplodere canti, tamburi
e sonagli. Si avvicina poi alla gallina e alle chiazze di sangue
sparse sulla polvere. Prega e dopo le sue preghiere Cassa versa
l'acqua benedetta sul sangue e sulla gallina morta. Infine il
prete prende una tanica di acqua benedetta e sotto la pioggia
di suoni e canti lava il figlio di Cassa.
Le donne esultanto: "Elhelhelhelhelhelhelh!".
I
canti terminano, Cassa sorride, nuovamente sereno, e il villaggio
torna ai suoni morbidi, quelli che hanno guarito la mia insonnia.
Ma nella mia testa è rimasta l'inquietudine.
Quello stupido pensiero, ancora: "Non può essere
solo perchè e stata ammazzata una gallina. Qui ci sono
tante galline..., una in più una in meno non fa mica differenza!"
E stato a quel punto, che la mia mente ha cercato di spiegarsi
quel trambusto riconducendolo a qualcosa di conosciuto, l'unica
spiegazione possibile: "Ma certo, che stupido a non averci
pensato prima, oggi per molti è una data speciale, mercoledì 20
02 2002. In Italia hanno inventato riti e feste dedicate a questa
data speciale, qualcuno ha persino indetto un concorso letterario...
! Che stupido a non averci pensato prima... - mi guardo attorno,
lo spiazzo, la gente, il villaggio - superstizione, buon auspico.
Anche qui come in Italia!".
Anch' io ora mi sento più sereno.
La
gente è ancora sparpagliata nello spiazzo.
Cassa mi si avvicina "Ingegner Giuseppe!..." . Lo interrompo: "Certo
che tutto il mondo è paese!"
Lui mi guarda aggrottando le sopracciglia: "Come?"
"
Sì, la data di oggi... . Anche voi superstiziosi come
molti in Italia... "
"
Non capisco"
"
Tutto questo scompiglio per la data di oggi, no?!"
"
Si! Mercoledì... " Non gli lascio terminare la frase: "Il
20 02 2002! La data magica, no? Con tutte le cose da fare e non
fare per buon auspicio, proprio come in Italia".
Lui mi guarda sorpreso, poi il suo viso si apre in un sorriso...
che si trasforma in una risata... dapprima trattenuta, e poi
sempre più aperta: "hahahahahahahaha!"
La gente si avvicina, lui dice qualcosa. Loro mi guardano e iniziano
a ridere. Una risata generale che fa vibrare anche la terra.
Ridono le donne, i bambini, gli uomini, gli anziani. Alcuni a
viso aperto, altri con la mano davanti alla bocca, per non offendermi.
Alcuni sono piegati, altri trattenuti... .
Ed io, nuovamente, non capisco.
Cassa mi prende per mano e mi porta verso la panchina, sotto
alla tettoia della sua casa: "Venga Ingegnere".
Ci sediamo, ed egli, ancora tra le risa, mi appoggia la mano
su un ginocchio e mi parla, come si parlerebbe ad un bambino
a cui bisogna insegnare tutto, partendo da zero: "Ingegner
Giuseppe, non è vero che tutto il mondo è paese.
Questo è un altro mondo, un altro paese. Per noi oggi
non è il 20 02 2002. Il nostro calendario è diverso
dal vostro. Per noi corre l'anno 1994."
"
Come?"
"
Si, 1994"
"
Ma come!", lui fa una pausa per lasciarmi digerire la sorpresa "oltre
le tante altre cose, abbiamo un calendario diverso dal vostro,13
mesi. Dodici di 30 giorni, uno di 5 e siamo indietro di 8 anni.
Oggi è mercoledì 11 del 6° mese del 1994."
"
E tutto il casino di oggi?"
"
Perchè oggi è mercoledì. Per noi mercoledì e
venerdì sono giorni di quaresima e durante i giorni di
quaresima non si ammazzano gli animali. Sopratutto nella quaresima
del mercoledì, perchè il sangue versato oggi attira
il demonio. Al demonio piace rotolarsi nel sangue fresco e dopo
andare in giro ad infilarsi nel corpo degli innocenti per rosicchiare
loro l'anima!"
"
Ma allora tutta la cerimonia..."
"
Esatto. E' servita per annullare il richiamo che il sangue esercita
sulle forze oscure. Purtroppo con i bambini queste cose possono
succedere, loro ancora non sanno... . Vogliono imitare i grandi
e fanno pasticci... ".
Sorride, nei suoi occhi c'è una luce benevola. Io sono
senza parole per lo stupore, e per fortuna anche senza stupidi
pensieri.
"
Eh! Ingegnere, siamo un altro mondo, con tanti tipi di suoni,
alcuni morbidi e altri inquietanti, ma vedrà, se lo vuole,
avrà tutto il tempo per conoscerci... ."
In quel momento sento tintinnare i sonagli delle capre di Tesfù.
Arrivano brucando qua e là. Dietro di loro Tesfù,
gli occhi ancora stropicciati di sonno.
Qualcuno lo schernisce, non ha sentito nulla, i suoni non lo
hanno svegliato.
Le capre continuano a gironzolare, lentamente Tesfù le
conduce fuori dal paese. Per la prima volta vedo la capra che
ogni mattina rosicchia il muro esterno della mia abitazione.
Non la immaginavo così. E' nera, grande e con gli occhi
gialli attraversati da due piccole fessure scure.
"
Chissà se stanotte riuscirò a dormire?!" penso.
"
Non si preoccupi, Ingengere Giuseppe, stasera chiederò a
Tarrecesch di cantare a lungo i suoi racconti... !" dice
Cassa leggendomi nel pensiero.
"
E tu come fai a sapere che tua figlia mi addormenta?"
"
Abbiamo avuto altri ingengeri prima di lei. Tutti hanno amato
i suoi racconti cantati per dormire e tutti si sono spaventati
per alcuni suoni. Come lei! Eh! Siamo un'altro mondo!".
Mi alzo, ancora frastornato.
"
Andiamo Cassa, è ora di andare in cantiere".
La jeep è ricoperta da uno strato di polvere. Salgo e
sbatto la portiera. La polvere si solleva e lievita leggermente
nell'aria. Mi giro e guardo Cassa al mio fianco. "Un altro
mondo!" ripeto.
Gabriella
Ghermandi, italo-etiope, è nata
ad Addis Abeba nel 1965, e si è trasferita in Italia
nel 1979. Da parecchi anni vive a Bologna, città originaria
del padre.
Nel 1999 ha vinto il I Premio del concorso per scrittori
migranti dell'associazione Eks&Tra, promosso da Fara
Editore, e nel 2001 il III premio. Ha pubblicato racconti
in raccolte antologiche e riviste.
E' la coordinatrice e promotrice del progetto "El Ghibli",
la prima rivista letteraria interamente diretta da scrittori
migranti.
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