COME
TANTI CAVALLI
Giovanni Choukhadarian
Pubblicato
in Brasile nel 2001, “Come tanti cavalli” (“Eles eram muito cavalos”), ha vinto
il premio Machado de Assis, quanto dire la più importante riconoscenza letteraria
del suo paese. L’esito ha sorpreso per primo Luiz Ruffato, il suo autore, che
in una delle sue rare interviste aveva dichiarato: “Ero nato per fare
l’operaio”. In realtà il romanzo, che giunge ora in Italia nella vertiginosa
traduzione di Patrizia Di Malta, si inserisce a pieno titolo in una categoria
coniata con grande fortuna da Franco Moretti, quella delle opere-mondo. E’
d’altronde l’obiettivo esplicito di Ruffato che racconta scompigliando le
strutture del romanzo non già per il gusto della provocazione ma perché, è
ancora una sua dichiarazione, “quello che mi affascina è la traiettoria
dell’essere umano nel tempo e nello spazio, la sua complessità e i suoi
limiti”. Tempo della narrazione e tempo del racconto sono continuamente
giustapposti, la narrazione è insieme intra ed extradiegetica, la
sovrapposizione delle voci crea una polifonia che rifiuta le regole da
Conservatorio.
Che cosa succede a San Paolo il 9 maggio 2000? Niente di particolare,
risponderebbe uno qualsiasi degli abitanti della sterminata metropoli. Solo
milioni di persone, che come tanti cavalli, portano avanti la dura vita della
città tentacolare.
Se c’è un protagonista, è la città di San Paolo, la più grande metropoli del
Sud America, e una della più popolate del mondo, colta nel suo tratto insieme
più superficiale e più profondo: quello del caos. Dice d’altronde ancora
Ruffato: “Il compito dello scrittore è confondere e confondersi”. Come ogni
composizione plurivocale, anche “Come tanti cavalli” rivela una scelta politica
chiara. Il tourbillon incessante di personaggi e storie riguarda la gente
comune, quelli che si incontrano per strada e ai quali neppure si fa caso.
Patrizia Di Malta, traduttrice e grande esperta della nuova letteratura
brasiliana, restituisce il caleidoscopico collage di Ruffato usando una
tavolozza lessicale vastissima e l’edizione italiana (Bevivino Editore)
conserva le agudezas tipografiche dell’edizione originale. Da James Joyce a
Guimaraes Rosa, molti nomi importanti sono stati spesi per Ruffato. Li meriterebbe
tutti, se non disponesse già di una sua singolarità di autore che gli permette
di sfuggire all’eterno, stucchevole, gioco dei paragoni.
(Tratto
dalla Newsletter “Pickwick” diel 20 Maggio 2003)