È
estate, il caldo è soffocante ed il mare vicino – la soluzione sembra ovvia.
Basterebbero pochi passi per immergere lo spirito stanco, in un corpo ancora
più esausto, tra le onde fresche; in qualcosa che la maggior parte del mondo
civilizzato chiama vacanza. Ma non è tanto semplice. Bisogna saper riposare.
Ricordo
vagamente com'era prima dell'ultima guerra durata cinque anni che rombando ha
attraversato questi luoghi ai quali sono stato condannato da Dio e dal mio
incomprensibile amore verso questa terra. Ricordo i tempi in cui per questi
luoghi camminava l'uomo. E poi è arrivata la guerra. All'improvviso,
intollerabilmente arrogante come qualsiasi ospite indesiderato che non accetta
di venir respinto. Anzi. E poi da un giorno all'altro sono sparite delle
persone con le quali usavo divertirmi, poi vennero delle altre il cui
divertimento non capivo per quanto mi sforzavo. Per non sentirmi isolato, ho
chiesto gentilmene ai nuovi venuti di spiegarmi le ragioni della loro allegria
al che loro, a mia grande sorpresa, sono rimasti di stucco. Uno dovrebbe pur
sapere perchè è allegro, no? Dopo un po di tempo alcuni di loro sono diventati
per me un altro io, e gli altri hanno iniziato ad evitarmi.
Avete
mai visto come riposano i guerrieri? In nessun modo. Quando non sparano, bevono
per dimenticare a chi e perchè hanno sparato. Nel primo anno della guerra è
sembrata anche a me la migliore soluzione – ma la mia guerra non è terminata in
tempo. Come nessuna guerra finisce mai in tempo, indipendentemente da quanto è
durata. Dopo alcune sbornie terrificanti, ho capito che tutto questo non aveva
niente a che fare con il riposo.
Dicono
che tutte le guerre devono finire prima o poi. Siete sicuri? Se è così, perchè
i guerrieri continuano a "riposarsi" allo stesso modo anche dopo la
guerra?
Lasciamo
perdere i guerrieri nel loro mondo che non capiscono nemmeno loro stessi, e che
tanto meno possono capire gli altri. I guerrieri non potranno mai capire perchè
col passare del tempo da eroi sono diventati dei lebbrosi moderni dai quali
tutti scappano, mentre tutti quelli che scappano non capiranno mai perchè fino
a poco tempo fa pensavano che quelli lebbrosi fossero degli eroi.
È
così difficile essere un piccolo uomo comune in guerra, dovunque essa ti
sorprenda. La storia si interessa solo di quelli che ritiene di sua misura. Non
degli uomini comuni.
Forse
tutto questo riuscirebbe in qualche modo a trovare un equilibrio e raggiungere
un livello sopportabile di esistenza tra gli uni e gli altri se non ci fossero
i terzi; quelli che avevano bisogno di questa guerra finchè è durata, ma che ne
hanno bisogno ancora di più ora che è "finita". Le iene della guerra.
Non capiscono né i guerrieri né i sofferenti, e tanto meno hanno il bisogno di
capire. Hanno bisogno della guerra come l'automeccanico ha bisogno della
macchina guasta – per guadagnarsi da vivere. Se non ci sono macchine guaste,
tanto peggio per loro. Si deve pur vivere di qualcosa. Ed è per questo che sono
loro ad avere più successo nelle loro "missioni". In ogni senso. Per
questo la guerra non può finire finchè loro si trovano in scena, dove si
sentono perfetti, dove con insopportabile facilità trasformano nuovamente in
guerriero qualche poveraccio perso, mentre dei sofferenti impauriti fanno degli
struzzi che per troppa paura sotto la sabbia non mettono solo la testa ma ci
finiscono interi. Per non far inciampare per caso qualcuno di loro.
Cosa
succederà se nonostante tutto alzi la testa? E loro ti notano. Forse non
spareranno perchè la guerra è formalmente finita. Ma useranno tutta la loro
forza per spingerti a tornare indietro, nella sabbia rovente, inzuppata di
sangue e di lacrime. Con gli occhi aperti. Per non dimenticare più la lezione.
Se poi riesci a rimanere in superficie, saranno gli altri a non vederti. Loro
non glielo permetteranno. Se per caso gli altri sofferenti riescono a scorgerti
lo stesso, allora è il momento di andartene o colmare in fretta le lacune nella
tua educazione religiosa.
Non
ci credete? Fate pure. È un vostro diritto. Ma poi, per ogni eventualità,
ripassatevi le varie preghiere; forse ne avrete bisogno. Pensate che le vostre
iene siano più civilizzate? Più garbate? Forse retoricamente non le
riconoscete? Tutto ciò non cambia la sostanza.
Bene,
potete tentare qualcosa di più facile. Per esempio, provate a fare il turista
nell’appena "liberato" Iraq. Passate lì la vostra vacanza. Perchè no?
Non è stato liberato? Fate amicizia con i liberati. Condividete con loro la
gioia della liberazione. Una sensazione unica, credetemi sulla parola.
Ma
quando ritornate dall'Iraq non chiedetevi mai: cos'è la libertà? Perchè questa
domanda vi dirige in una sola direzione - direttamente al manicomio. Conosco
molte persone impazzite a causa della "libertà". Se ci penso meglio,
la cosa migliore che potreste fare sarebbe dimenticare quello che ho scritto e
godervi la vita finchè potete. Non potete comunque cambiare niente, eccetto...
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Dražan Gunjaca è nato nel 1956 a Sinj. Conclusa l’istruzione
militare a Spalato, ha servito per una decina di anni nell’ex marina militare
jugoslava. Si è laureato in Giurisprudenza a Fiume. Da dieci anni è avvocato a
Pola.
Nel 2001 ha scritto: Congedi Balcanici (Balkanski Rastanci),
pubblicato con grande successo in Germania, Australia, USA, Jugoslavia, Bosnia
Erzegovina, premiato al concorso internazionale sul tema della pace Sathyagraha
2002 (Riccione). È autore della raccolta di poesie Quando non ci sarò più
(Kad me ne bude vise) e del romanzo Amore come pena, seguito dei Congedi
Balcanici. E’ in via di pubblicazione A metà del cielo (Na Pola
puta do neba), che rappresenta la prima parte della trilogia sulla guerra nei
Balcani.
Questo testo, Guerra anche dopo la guerra, è un testo
inedito che la rivista Sagarana pubblica in anteprima in Italia.