UN GIORNO DI SAGARANA

 

Il 3° “Seminario italiano degli scrittori migranti” raccontato da chi c’era

 


Helene Paraskeva

 

 

In una Lucca dalle asimmetrie straordinarie e dagli angoli illuminati come teche di gioielli antichi, in una Lucca rinfrescata dal vento, messaggero di temporali estivi, animata dalla colonna sonora del cinema all’aperto nel bel mezzo del suo cuore medioevale, a un passo da lì, nel teatrino neoclassico di via Sant’Andrea, Julio Monteiro Martins, intellettuale tenace e scrittore sensuale, creatore di Sagarana, rivista internazionale e scuola di scrittura creativa, ospita il terzo !Seminario italiano degli scrittori migranti” dal 1° al 4 luglio 2003 per accogliere scrittori, poeti, ricercatori, giornalisti e studiosi che si occupano della letteratura della migrazione.
Il primo giorno Julio apre il seminario con gli interventi degli scrittori di Dario Voltolini, Amor Dekhis e Davide Bregola.
Il 2 luglio la mattinata è dedicata al traduttore, insegnante e studioso della letteratura inglese Andrea Sirotti e alla poetessa e accademica statunitense Brenda Porster. Sirotti traccia un breve excursus sulla “letteratura post coloniale” in lingua inglese ma fatta da scrittori che provengono dalle ex colonie dell'impero britannico. Una volta era chiamata “Commonwealth Literature”, dicitura contestata dagli stessi rappresentanti perché portatrice di paternalismi culturali. La letteratura post-coloniale è un mondo complesso, caratterizzato dalla diversità di tradizioni e tematiche ma anche da punti comuni, come il rapporto dinamico fra lingua madre e inglese, il confronto dialettico con la storia e la tradizione dell'ex impero coloniale e la lotta contro gli stereotipi.
Il termine usato per definire questa produzione letteraria permeata dalla diaspora è “cross-culture”, che non solo equivale all’italiano “intercultura” ma scolpisce il concetto dell'incrocio fra culture, lingue e tradizioni. Contrapponendo i versi originali alle sue traduzioni Andrea Sirotti ci porta in visita guidata fra alberi trapiantati, salsedine, meduse giganti, strade polverose e lucertole estoni, nel mondo creato da Roger McGough, Francis Harvey, Sujata Bhatt, Grace Nichols, Chitra Divakaruni, Joel Tan, Suheir Hammad, un luogo di “picari” moderni, portatori di identità poetiche diverse ma profondamente consapevoli della diversità, un luogo fatto per viverci.
Brenda Poster, docente universitaria e critica letteraria, scrive poesie e si impegna nel sociale. E' rappresentante del gruppo “Americani contro” che ha unito le voci pacifiste e dissidenti statunitensi dalle profonde radici liberal contro la politica di Bush. Fra le sue poesie spicca quella intitolata Not in Our Name (Non al nostro nome) per la sua emozionante razionalità che rievoca quella dei “poeti metafisici”. Attraverso la storia personale di genitori e parenti, quelli che le hanno dato vita, identità e nome, Poster afferma la responsabilità personale e individuale del cittadino statunitense nei confronti di un conflitto arbitrario, crudele e distruttivo: è una donna dai toni miti, parla quasi sottovoce ma i suoi messaggi sono saldi e intensi.
Nella seconda parte della giornata, Martins presenta Helene Paraskeva e Barbara Serdakowski.
Helene Paraskeva si riferisce allo stato attuale della scrittura della migrazione e in particolare alla qualità di scrittura, nella forma e nel contenuto, respingendo una certa tendenza a definire gli errori commessi dagli scrittori migranti come “esotici” o “folklore”. Questa tendenza rischia di assumere la dimensione di una concessione paternalistica.
Relativamente ai contenuti della letteratura della migrazione, Helene Paraskeva riconosce la responsabilità etica e rappresentativa degli scrittori migranti nei confronti del fenomeno e rivendica la libertà di ispirazione. Tanto la tematica del “trasumanare della specie” (Creolizzare l‘Europa, di Armando Gnisci, Meltemi, 2003) emergerà comunque.
Paraskeva conclude leggendo due racconti tratti dal suo Il Tragediometro e altre storie (Fara, 2003): “La prima passione di Queen Lady Blue” e “Ai giovani”.
Barbara Serdakowski offre alcuni cenni autobiografici per spiegare la sua identità multiculturale e poliglotta. Nasce in Polonia da genitori polacchi che presto emigrano in Marocco dove Barbara impara il francese. Segue i genitori in Canada dove completa gli studi nell'assetto bilinguistico canadese formandosi come traduttrice e artista poliedrica. Incontra il marito, artista di origine italiana, e insieme vengono in Italia a mettere radici. Barbara si esprime in una poetica "a due voci", come lei ama definirla. Si tratta di sonorità, ritmi e immagini che si fondono in una Babele eutopica.
Il pubblico pone quesiti, Helene e Barbara rispondono. Nuove tematiche si affacciano sull’orizzonte Sagarana.
Il terzo giorno vengono presentati Tahar Lamri, scrittore di origine algerina ed Egidio Molinas Leiva, paraguaiano di origine ma omerico di sostanza. Coordinano gli interventi Monteiro Martins e Cecilia Rinaldini con la partecipazione di Sonia Sabelli. Il quarto giorno Anna Rita, rappresentante della “Fondazione Paolo Cresci”, custode della memoria scritta degli emigranti italiani all’estero nel XX° secolo prospetta l’altra faccia, gli scrittori di origine italiana emigrati all’estero. E poi, il giovane autore italiano Danzio Bonavia Opm (Opiemme è il gruppo di scrittura creato nel 1998) parla di un

altro tipo di “migrazione letteraria”, quella dei giovani artisti dal linguaggio urbano.
E poi arriva un ringraziamento particolare a Simona Cappellini e Cristiana Sassetti, che hanno aiutato Julio Monteiro Martins nell’organizzazione del seminario dimostrando che efficienza e dolcezza non sono poi tanto incompatibili.
Prima di un altro giorno “Sagarana”, le parole introduttive dell’ospite ritornano: «Riguardo alla letteratura della migrazione, è proprio impossibile distinguere ciò che è vita e ciò che è letteratura. Si tratta di un fenomeno davvero unico al mondo di oggi, un fenomeno questo italiano, che illumina e ci fa capire meglio tanto la vita quanto la letteratura».

(*) Sagarana è il titolo del primo libro di João Guimarães Rosa, scrittore brasiliano e pioniere del realismo fantastico in America Latina. Sagarana è una parola inventata dallo scrittore e significa “saga infinita”.

 

 

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(Originalmente sul sito Migra, sezione CULTURE/Libri, del 07/07/2003)