LUIGI BARTOLINI -
AMORE E SESSO
Torna "Anna
Stikler" dell'autore di "Ladri di biciclette"
Enzo Siciliano
Di Luigi Bartolini,
marchigiano, incisore la cui qualità é da porre accanto a quella altissima di Morandi,
quindi pittore e poeta, prosatore, narratore di racconti "amorosi",
va messa alla luce la natura randagia e il magnifico scatto virile che
assolutizza solitudine e sensualità, ma anche rabbia, insolenza e tenerezza.
La passione lo dissanguava e lo esaltava. Il senso terragno della vita lo fece
elegante fino alla fibrillazione più intensa e minuziosa. Quando lo leggi,
senti gli scarti delle aritmie cardiache, ma anche una fierezza di polmoni che
incanta.
Era l'inizio estate del 1962 e Volponi mi portò in un palazzone romano ancora
odoroso di calce dalle parti dei Cessati Spiriti dove l'Appia svoltava allora
nella campagna prima del Quarto Miglio e Capannelle. Salimmo sul terrazzo. Là
aveva lo studio Bartolini e qualche piano sotto ci abitava con la famiglia, in
vista delle periferie amate da Pasolini (a un centinaio di metri, all'Acqua
Santa, Pasolini girava La ricotta).
Lo scrittore di Vita di Anna Stickler, romanzetto devozionale dedicato
al sesso e a una campestre erraticità venatoria (lo ristampa oggi Avagliano con
prefazione appassionata di Raffaele Manica), se ne stava su quel terrazzo con
l'aria di un lupo diffidente del gran sole romano che sbiancava la campagna. Ci
mostrò certe sue acquaforti recenti, una in specie gli piaceva, il titolo Gli
alberi giovani - un intrico di sottobosco ceduo che la lastra lasciava
tremolare nell'esattezza del segno lieve ma fermissimo.
Volponi aveva lo sguardo avido e ridente dell'incallito collezionista d'arte
che era. Li univa la terra d'origine, la confidenza con un qualcosa d'anima
grezza e sottile che riusciva in entrambi a tradursi in poesia. Paolo gli
recitò qualche verso da Pianete a memoria; e Bartolini lo corresse:
"Se la dici così, ci metti una virgola a metà verso, che io non ci ho
messo". Paolo, uscendo, mi disse: "Bartolini vive incazzato".
Ricordo che mi misi a pensare a quella virgola inesistente, e capii come la
libertà alle virgole fosse una risorsa della prosa d'arte. Ma Bartolini non era
un prosatore d'arte: si affida anche a un periodare vagamente nominale. Da Anna
Stikler, per esempio: "La Anna sospira. La guardo. (...) La punta
della sua lingua in fuori, é quasi stretta fra le labbra. Le ginocchia, piegate
un poco in avanti; le mani, tese, aggrappate alle ginocchia. Tutto a un
momento: un rumore, uno scuotimento di fronde, un fruscìo, un suonare d'ali. E'
il volo del fagiano!" Vedi che Bartolini casomai toglie il verbo essere e
lo sostituisce con una virgola, per rendere l'immagine più vibrante: e le
ginocchia nude dell'Anna, ti stanno sotto gli occhi, calde, sensuali - e lo
scatto del fagiano te ne distoglie. Questa non é prosa d'arte: é dinamica
narrativa, quindi capacità di coinvolgerti in un flusso di corporalità che si
fa personaggi e paesaggi. Anzi: entrambi paesaggio. Il paesaggio é corpo e la
persona fisica, e morale, é altrettanto paesaggio. Certi versi di Pianete
dicono: "Fu una festa fra noi, beati / alberi, boschi, corvi, poeta in
riva al fiume. / Lungo le rive era giornata piena e gaia. Erano corvi azzurri,
azzurre acque. / I corvi all'istesse acque garrivano..."
Il dio Pan, come per un Giordano Bruno per esempio, é stato l'ispiratore
dell'arte di Bartolini. E questo spiega anche il suo non essersi soddisfatto di
un singolo linguaggio, la pittura, l'incisione su rame, la scansione larga del
verso libero, o il passo della prosa e del racconto; ma anche quello ardente
dell'invettiva, e del metodico e feroce rifiuto di ogni stabile formulazione.
Nel dio Pan c'é istinto anarchico, liberatorio: ce lo ha detto benissimo James
Hillman. Quel racconto di amore e sesso, con profumo di bordello, che é Anna
Stickler sembra proprio una ricostruzione, per stazioni possibili (Manica
ne analizza molto bene le cifre progressive), di come il gonfiore erotico del
dio si plachi non per rimessa ma per abbandono allo scorrere di ogni occasione
che esalti l'unità infinita dell'essere, nell'uomo nella donna nelle erbe nei
volatili nei cani nella terra. La poesia che ho citato sopra si chiude:
"Oggi, noi siamo qui riuniti / corvi, poeta, alberi in riva al fiume. /
Domani nessuno: o altri corvi, o altre acque, od altri poeti". In così
accentuato animismo, le virgole, che sono funzioni espressive di raziocinio,
possono naturalmente sparire: il vortice dell'esistenza salda ogni cosa. Ma
accade pure che Bartolini mitragli di punteggiatura il più scarno periodo -
come volesse rinventare i ritmi segreti del creato.
Dopo il tempo della Passeggiata con la ragazza, de L'orso (che si
apre con un racconto, Piacere disgustoso, elogio inimitabile del
puttanesimo) - erano gli anni Trenta - , Bartolini, passata la guerra, dettò
fra l'altro Ladri di biciclette. La regia di De Sica ha spallidito il
romanzo dello scrittore, e ormai varrebbe la pena rileggerlo di per sé, tenendo
conto di quel che ne disse Paolo Mauri in una prefazione dell'84: "Dal
libro di B. non escono personaggi, escono piuttosto prototipi, eterni nella
loro dannazione, incapaci di riscatto, con i tratti somatici che si confondono
- nella loro ineluttabilità - con il carattere".
Bartolini é stato sempre scrittore di questa ineluttabilità dell'essere: una
dannazione, che per lui fu anche un'estasi (e motivo di una perpetua
incazzatura).
(Tratto da "La Repubblica" di Sabato 28 Settembre 2002)