Il giovane
Alessandro conquistò l'India.
Da solo?
Cesare sconfisse i Galli.
Non aveva con sé nemmeno un cuoco?
Filippo di Spagna pianse, quando la flotta gli fu affondata. Nessun altro
pianse?
Federico II vinse la guerra dei Sette Anni. Chi, oltre a lui, l'ha vinta?
Una vittoria
ogni pagina.
Chi cucinò la cena della vittoria?
Ogni dieci anni un grand'uomo.
Chi ne pagò le spese?
Quante
vicende, tante domande.
Bertold Brecht
Un mese fa, quando Ronaldo segnò il secondo goal contro la Germania nella partita decisiva del Mondiale, i 170 milioni di brasiliani hanno avuto un buon motivo per vibrare, saltare, cantare. Il Brasile diventava allora campione del mondo per la quinta volta. I brasiliani Roberto Fagundes dos Santos, 60 anni, Jorge Luís Domingos, 50, Rogélson Barreto, 44, Antônio de Assis, 42 e Jane Ferreira, 48, hanno avuto un motivo in più. Oltre a diventare campioni del mondo, hanno messo in tasca 150 mila dollari ognuno. Loro formavano l’ultima retroguardia della delegazione brasiliana al Mondiale. Jane è la cuoca della Seleção. È stata responsabile per ogni pasto divorato dai calciatori nel viaggio in Asia. Barreto e Antônio sono i responsabili dei vestiti dei campioni. Hanno preso cura delle 914 divise da gioco portate al Mondiale e altrettante per gli allenamenti. Roberto, conosciuto tra i calciatori come Robertinho, e Jorge, il Jorginho, sono i massaggiatori del Flamengo e sono stati concessi alla nazionale in prestito dalla squadra carioca. Tutti e cinque sono stati beneficiati dalla politica della Confederazione Brasiliana di Calcio (la CBF) di estendere a tutti i membri della delegazione il premio per la vittoria solitamente concesso solo ai giocatori. Per Luiz Felipe Scolari, il CT della nazionale, per atleti miliardari come Ronaldo o Rivaldo, o anche per quelli che giocano in Brasile, il premio è poco espressivo. L’insieme dei loro stipendi e delle cifre concesse a loro dagli sponsor gli fanno guadagnare altrettanto in meno di un mese. Ma per il gruppo della cucina o dei guardaroba il premio significa un vero cambiamento di vita. Robertinho, per esempio, dovrebbe risparmiare il suo stipendio di circa 500 dollari che riceve dal Flamengo per 25 anni per riuscire ad avere una cifra simile. E non solo ha guadagnato quel bel “gruzzolo” in una volta, ma ha avuto anche il privilegio di essere sempre il primo brasiliano a entrare in campo per valutare la gravità delle contusioni quando i nostri campioni crollano sull’erba. “Non avete idea come questo denaro è arrivato in un buon momento”, dice, senza riuscire a contenere il proprio riso. Nei tempi d’oro, quando la maglietta rossonera del Flamengo vinceva da sola contro tutti, i premi guadagnati per le vittorie dentro lo stadio ingrassavano il suo libretto di assegni. Ultimamente, con la crisi economica e la cattiva fase del Flamengo, persino il sudato stipendio fa fatica ad arrivare alle sue tasche. Con tutti quei soldi guadagnati nel Mondiale, però, lui sta già pensando di cambiare il suo modesto appartamento nel centro di Niterói con una casa sulla spiaggia di Piratininga. “Se dipendesse da mia moglie, la casa sarebbe già nostra”, dice. “Ma preferisco pensare con calma per non fare una sciocchezza”.
Il suo collega Jorginho ha dei piani più concreti su cosa farà coi soldi: pagherà tutte le rate mancanti del finanziamento del suo piccolo appartamento nel quartiere di Irajá. Partecipare ad una campagna vittoriosa del Mondiale e guadagnare 150 mila dollari alla fine sembrava un’idea molto lontana dalla realtà quando Jorginho iniziò la sua carriera di massaggiatore, nel 1973, nella Portuguesa, di Rio. Ha lavorato per sei anni nel piccolo club di Ilha do Governador fino ad ottenere un posto al sole nel Flamengo. Tanto lui quando Robertinho devono la loro convocazione alla carovana del Penta a José Luís Runco, medico della nazionale e del Flamengo. “Lui e Lopes (Antônio Lopes, coordinatore tecnico) conoscevano il nostro lavoro e ci hanno chiamato”, dice Jorginho.
Il lavoro di massaggiatore della Seleção consiste nell’accompagnare allenamenti e partite, alzarsi per soccorrere i calciatori ad ogni brutta caduta e accelerare la ripresa dei contusi con l’abilità manuale. Durante i viaggi, Jorginho e Robertinho danno anche una mano quando si devono trasportare le due tonnellate di bagagli. Ma la responsabilità per questo lavoro è dei responsabili diretti Barreto e Antônio. Nel Mondiale, la coppia ha portato infiniti sacchi sulle spalle, con magliette, giacche e palle. Sono loro che preparano le divise e le scarpette di ognuno dei campioni. Erano i primi a lasciare l’albergo, alle 6 del mattino, e gli ultimi a tornarci, dopo le 10 di sera. Sette settimane senza fermarsi un attimo. “Riposarsi, solo dentro l’aereo”, scherza Antônio. Lui e Barreto hanno esordito nel Mondiale del 1994, in un’altra campagna vittoriosa, ma sofferta, della Seleção di Antônio Carlos Parreira negli USA. Un esordio con il piede giusto. Prima delle partite, erano loro che piegavano con cura la maglietta numero 11 dell’indiavolato Romário, il grande artefice del Tetra. “Quella nazionale era più allegra. Nessuno fa più casino del trio Ricardo Rocha, Branco e Romário”, ricorda Barreto.
I due guardarobieri conoscevano già il gusto di guadagnare dei grossi premi. Otto anni fa il titolo mondiale ha concesso ad ogni integrante della Seleção circa 30 mila dollari per ognuno, un quinto del valore che sarebbe pagato nel 2002. Antônio ha comprato una casa nel quartiere di Abolição, e Barreto un appartamento a Rio Comprido. “Ora voglio una casa più bella, ma non penso di lasciare Abolição”, afferma Antônio, che guadagna uno stipendio mensile di 400 dollari. “Investirò i soldi del Penta in una casa nuova, forse nel quartiere di Urca o nel Flamengo, e aiuterò mia madre a costruire la sua”, sogna Barreto, che con dieci anni in meno nel club guadagna 150 dollari al mese. “Nemmeno se lavorassi per tutta la vita potrei guadagnare tanto da realizzare questi sogni”, dice. Barreto ha lasciato un lavoro di digitazione in computer per la ditta edilizia Queiroz Galvão nel 1989 per badare alle divise per la CBF. “È proprio il lavoro che avevo chiesto a Dio. Io adoro il calcio”, dice.
Il primo campionato di Barreto come guardarobiere della Seleção è stato il Mondiale di Juniors, nel Portogallo, nel 1991. Il Brasile ha perso la finale per la nazionale di casa. Tra le giovani promesse del calcio brasiliano c’erano Roberto Carlos, Élber, Sérgio Manoel, Ramón e Paulo Nunes. “Alla fine, Roberto Carlos credeva che non sarebbe stato mai più richiamato, e mi ha chiesto una maglietta del Brasile come ricordo. Io gliela ho data, ma gli ho anche detto che lui sarebbe diventato il migliore laterale sinistro del mondo”. La palla di cristallo Barreto senz’altro ce l’ha. Nel Mondiale ha vinto lui la “lotteria” organizzata dai calciatori insieme alla commissione tecnica.
Il suo collega Antônio, 42 anni, ha dedicato tutta la sua vita alla CBF, nella quale ha iniziato all’età di 15 anni. È stato il suo primo e unico lavoro. Nei periodi di inattività della nazionale, lui e Barreto hanno accantonato le magliette gialle e sono diventati una sorta di tuttofare nella sede della confederazione, nel centro di Rio de Janeiro. Organizzano l’archiviazione, danno informazioni ai turisti e rispondono al telefono.
La reazione della cuoca Jane – stipendio mensile di 90 dollari – dinanzi a un premio quasi 2 mila volte il valore del suo stipendio è stata di totale incredulità. “È difficile credere che guadagnerò tanto denaro. Se sarà proprio tutto questo che dicono, io potrò finalmente comprare una casa e una macchina. E chissà aprire un ristorante!” sogna. Per ora, lei vive insieme ai due figli e un nipote in un minuscolo appartamento a Teresópolis e dipende dai premi per pagare l’affitto. “Per molti calciatori questo denaro non fa alcuna differenza, ma per noi è importantissimo”, sottolinea. Durante i 51 giorni della campagna brasiliana in Oriente, Jane ha prodotto fino a cinque pasti al giorno – colazione, pranzo, merenda, cena e lo spuntino notte – per una media di 80 persone. “Oltre ai membri della delegazione, c’erano sempre invitati o persone legate agli sponsor”, racconta. Anche per lei, la giornata iniziava alle 6 del mattino e finiva solo dopo le 11 di sera. La cuoca, tuttavia, non si lamenta, e rivela addirittura un volto insospettato del piccolo Edilson: “non ho mai visto nessuno mangiare tanto quanto lui”. Chi le risparmiava lavoro era invece il capo Felipão: “poverino, era sempre l’ultimo a mangiare; arrivava sempre in ritardo a causa di qualche intervista o riunione, e beveva più chimarrão di quanto riuscisse a mangiare”, ricorda. Secondo Jane, il compito più difficile in cucina era controllare la curiosità dei cuochi giapponesi. “Non mi lasciavano lavorare. Erano così eccitati con i fagioli neri e con la farofa che non smettevano mai di chiedermi come si preparavano quei piatti”. La sua ricetta di sformato di pollo ha fatto proprio girare la testa a coreani e giapponesi. “Gli alberghi lussuosi qua hanno chef di grande competenza... Non potevo mai immaginare che uno sformato potesse avere così tanto successo tra di loro. Credo che non avevano mai visto un impasto di quella consistenza”, dice. Jane è stata assunta dalla CBF nel 1987 ed è stata la prima funzionaria della Granja Comary, la concentrazione della nazionale a Teresópolis. Assunta inizialmente per lavorare nella lavanderia, è diventata la cuoca solo quattro anni fa. In Giappone e in Corea era responsabile per i 180 chili di fagioli e gli 80 chili di farina di mandioca che la Seleção ha portato nelle valigie. Di tutta questa montagna di cibo, sono rimasti solo 5 chili di fagioli.
Durante le partite, Jane rimaneva in albergo per approfittare dell’assenza dei calciatori e assisteva le partite in TV, insieme a un gruppo di giapponesi. Robertinho, Jorginho, Barreto e Antônio andavano in stadio, ma prendevano destini diversi nel momento in cui la squadra entrava in campo. L’unico che aveva il permesso di sedersi sulla panchina era Robertinho, che non si allontanava mai dal medico José Luís Runco ed era attento a qualsiasi scontro più duro. Jorginho, Antônio e Barreto assistevano alle partite negli spogliatoi. “La nostra fortuna è che gli stadi erano moderni e tutti gli spogliatoi avevano un apparecchio TV”, racconta Antônio. A volte, Barreto riusciva a scappare e a guardare velocemente la partita da dietro la panchina: “Ho assistito tutto il Mondiale insieme a Barreto e ad Antônio. È una sensazione orribile quella di essere così vicino e non potere vedere nulla, ma il sacrificio è valso la pena”, dice Jorginho. “Nel mio caso, ho trovato strano assistere alle partite insieme a degli stranieri, ma mi sono rilassato quando ho visto che anche gli ausiliari in cucina facevano il tifo in favore del Brasile”, dice Jane, che giura di aver fatto un sacco di amici tra i cuochi orientali. Le settimane che ha passato nell’Oriente hanno fatto sì che la cuoca avesse la certezza che, se dipendesse della cucina locale, la nazionale brasiliana sarebbe tornata a casa anche prima di quella argentina: “Il mangiare lì è davvero molto strano”, dice, con l’espressione di chi non approva il caffè freddo, popolare in Corea. “Ma il peggio di tutto è la carne di cane. Ho visto qualche cuoco preparare un piatto così in una delle cucine dell’albergo. Aveva un aspetto terribile!”, si spaventa. Robertinho invece non l’ha vista, ma dice che l’avrebbe mangiata senza problema: “chi mangia barbecue di gatto nelle strade di Rio non può spaventarsi con la carne di cane...”, scherza.
Una settimana dopo la conquista del Penta, il massaggiatore della Seleção era già tornato al lavoro nel Flamengo, nel quartiere di Gávea. In un Martedì freddo e nebbioso, Robertinho parla della conquista brasiliana senza allontanare l’occhio dal campo. La squadra principale gioca la Coppa dei Campioni nel Ceará e i juniors disputano un girone a Belo Horizonte. Nello stesso campo in cui ha visto giocare l’elegante squadra capeggiata da Zico in passato, un noioso allenamento collettivo riuniva una manciata di giocatori che non sono stati convocati per nessuna di queste partite in trasferta. È il volto meno appariscente del suo mestiere. Non solo delle gambe di Rivaldo vive un massaggiatore di calcio. Ci sono anche quelle dei Perivaldo, Adamailtom ed altri migliaia di “gambe di legno”.
In questi momenti, la cosa migliore da fare è ricordare di aver ricevuto una richiesta di autografo dal massaggiatore della nazionale giapponese. Oppure lo status di celebrità che ha raggiunto nelle strade del suo paese natale, Entre Rios, in Minas Gerais. Questo fine settimana, tutta la città si fermerà per l’arrivo di Robertinho. Per le strade di Teresópolis, la cuoca Jane è trattata dalla gente come se avessi aiutato personalmente Ronaldo a mettere la palla all’angolo sinistro del portiere tedesco Kahn. “Mi sono addirittura spaventata. Mi fermano per la strada, nella fiera, nella panetteria, si congratulano con me per il Penta. Persino il sindaco mi ha voluto sul palco nell’anniversario di fondazione della città”, racconta lei. Barreto non risponde più al cellulare. “È un inferno. Sono i parenti, amici, conoscenti, tutti mi telefonano chiedendo una maglietta, una giacchetta, un calzino, pantaloncini e ora anche denaro...”, afferma, con l’autorità di un nuovo ricco.
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(Tratto
dal Jornal do Brasil, di Rio de Janeiro,
edizione del 14 Luglio 2002, tradotto da Julio Monteiro Martins)