INTERVISTA
CON JEAN BAUDRILLARD
Sociologo,
filosofo ed ex professore dell’Università di Nanterre, a settantatré anni, Jean
Baudrillard ha rifiutato i due primi titoli ed ha abbandonato l’accademia per
girare il mondo, in canottiera e scarpe da tennis. È sorprendente che in un
paese come il Brasile, che consuma troppo, pensa troppo poco e non parla
francese, Baudrillard sia diventato una pop
star. È ciò che è successo la settimana scorsa all’apertura della XVII
Biennale del Libro di São Paulo. In un Salone delle Idee, gremito di giovani
lui ha parlato, improvvisando, per quaranta minuti sulla “incertezza del
pensiero”. È finito con l’essere sommerso di domande e richieste di autografi
sui libri che presentava, Lo scambio impossibile e l’ultimo volume dei
suoi frammenti autobiografici, Cool
Memories IV. Baudrillard è tornato subito dopo in Francia, ma i suoi
lettori di Rio non rimarranno delusi: il 18 maggio, il filosofo francese farà
un incontro nella facoltà Cândido Mendes, sul virtuale, la sua principale
ossessione. “In filosofia, virtuale non vuol dire nulla, ma il mio discorso non
è nullo neanche esso”, scherza. Prima di partire ci ha ricevuti per parlare di
politica reale, iperrealtà, l’amore per Bahia e le donne, e la sua avversione
alle femministe.
Domanda:
L’ascesa di Jean Marie Le Pen li ha scioccati?
Risposta:
L’ascesa della destra nel mondo traduce un desiderio di irrigidimento e di
protezione. Le Pen sarebbe il
giustiziere, come nei western. Dal
punto di vista sociale e politico è un segno aggressivo; i paesi europei che
negli anni novanta si sono inclinati verso la sinistra, ora si rigirano verso
la destra. Ma lo shock può essere
positivo, perché scuote l’indifferenza che è prevalsa sulle persone. La
rappresentazione politica non esiste più.
Domanda:
È possibile ancora distinguere la sinistra dalla destra?
Risposta:
Questo è già da molto tempo difficile. E ancor più con la globalizzazione. È
una piccola catastrofe, ma lo shock
Le Pen creerà degli anticorpi e aumenterà la ricerca del politico ideale. Solo
che, prima che ciò avvenga, è necessario uno scambio di ruoli tra
rappresentante e rappresentato.
Domanda:
Lei dice che lo scambio simbolico è scomparso, siamo tutti sommersi in un universo
virtuale nel quale l’informazione soffocante ha reso la comunicazione
impossibile. Ci sarà una via di uscita?
Risposta:
Le reti hanno creato un mondo dissimulato e irresistibile. Sogniamo con la
realizzazione di tutti i desideri, allo stesso tempo entriamo in uno stato di
disperazione. Tornare alla realtà tradizionale sarebbe estrarre il vero dal
falso. Solo che il mondo dissimulato non è propriamente falso, è iperreale. E
estrarre il reale dal reale non è possibile. Il vecchio sistema di valori sostituito
dallo scambio generalizzato delle merci ci ha portati soltanto
all’impossibilità di scambiare. L’antidoto sarebbe il mondo privato, quello
psicologico, affettivo. Ma anche questo è stato incorporato al sistema, in reality shows del tipo Il grande fratello.
Risposta:
Anche lì. C’è una vertiginosa attrazione per l’iperrealtà. Mi auguro che ci sia
una resistenza assoluta a questo tipo di cose, ma per ora tutto quello che
riesce a scappare da questo sistema sono solo sintomi patologici: omicidi in
serie, pedofilia, uomini-bombe. È parte dell’intossicazione.
Domanda:
L’italiano Domenico Di Masi propone la via di uscita attraverso l’ozio
creativo.
Risposta:
La controffensiva è per ognuno inventare la propria nicchia.
Domanda:
Può sembrare una domanda conservatrice, ma come si potrebbe combattere il
progresso?
Risposta:
Con una guerra. Una guerra di informazione.
Domanda:
C’è una guerra di informazione. Secondo lei, essa continua ad essere così
travolgente dopo l’11 di settembre, quanto lo è stata durante la Guerra del
Golfo?
Risposta:
La guerra di informazione è stata creata per disinformare su questa
guerra-alibi, modellata per neutralizzare gli avvenimenti. Questa è una guerra
tecnologica e ceca. Gli Stati Uniti non troveranno il loro avversario. Al-Qaeda è un mito e contro i miti non
esiste guerra. La guerra contro gli Stati Uniti è una fuga verso il nemico, uno
scambio impossibile di vite umane: i terroristi si sono appropriati della morte
e con lei pretendono la morte delle potenze mondiali. È una guerra su piani
diversi. Per gli americani non esiste l’altro, ma solo la compassione per loro
stessi. Non c’è un confronto di verità. È un mondo difficile.
Domanda:
Il Brasile, dove lei viene spesso, sarebbe un mondo migliore?
Risposta:
I francesi hanno una visione utopica del Brasile. Vedo un’America che non
corrisponde alla realtà americana. Il mito antropologico Brasile è
affascinante, non per la sua violenza, ma per la sua seduzione. C’è miseria. Ma
il gioco è possibile, il sogno esiste.
Domanda.
Lei riesce a distinguere un Brasile dall’altro?
Risposta:
Quello del Sud è politicamente più sviluppato, ma io amo l’altro, quello
viscerale, quello affettivo. Amo Salvador, dove il corpo e la sensualità
predominano. Non sto parlando di sessualità, ma di sensualità, che è meglio
dell’amore, perché porta in se l’ambivalenza del bene e del male.
Domanda:
L’amore è possibile, anche se la comunicazione è impossibile?
Risposta:
L’amore è una questione di desiderio, che si è rivelato un altro luogo di
scambi impossibili. Il diritto all’amore è cresciuto nella stessa misura della
sua violazione, così come i Diritti Umani. Quando qualcosa sparisce, compare il
diritto a quella cosa. Quando l’aria si fa rarefatta, si acquisisce il diritto
di respirare. I valori finiscono per diventare merci di scambio in un sistema
speculativo contro il quale non si riesce a mobilizzare l’energie. Houellebacq avrebbe detto che siamo particelle
alimentari di questo sistema di rete. Non c’è sovversione possibile.
Domanda:
La donna avrebbe qualche ruolo in questa sovversione?
Risposta:
La donna ha acquisito la statura e la libertà dell’uomo, ma ha perso la
sacralità quando ha aderito a un modello maschile fallito. Non vedo alcun
progresso in questo.
Domanda:
Le femministe sono ancora in guerra contro di lei?
Risposta:
(ride) Il movimento femminista francese è caricato, è protetto da cagne da
guardia. Tutte le volte che parlo di seduzione femminile, loro mi attaccano, e
se io sono scambiato per un reazionario, loro posano da macho.
Domanda:
Lei vuol dire che le donne hanno perso il loro ruolo?
Risposta:
Tutto è stato perso ed è stato ricomposto virtualmente. La famiglia, l’amore,
l’affetto sono scomparsi, ma è stato creato un simulacro di ognuno di questi
valori ed è proprio lì che noi viviamo, senza alcun senso.
Domanda:
La via di uscita allora sarebbe la cultura?
Risposta:
La via di uscita è l’arte. Solo che io non credo né nell’arte elettronica né
nel mondo delle performance artistiche. Così come il computer, è un gioco che
può darci piacere ma a me non piace questa banalità iperreale, non credo nel ready-made, nell’acting out del teatro oggi, che si confonde con la banalità della
vita quotidiana. Ciò che è scomparsa è stata la possibilità di inventare un
mondo nuovo, la cultura è diventata un mondo di ricreazione artificiale. E in
questo caso l’unica soluzione è la singolarità.
Domanda:
Qual’è la sua formula personale di sopravvivenza?
Risposta:
Io la trovo nella scrittura e nella fotografia. Ho ricreato una mia zona di
privilegio, ma riconosco che questo non è molto democratico.
Domanda:
Lei quali pensatori rispetta?
Risposta:
Tra i vivi, è difficile rispondere. Non sono d’accordo con Alain Touraine, che
fa parte degli idealisti professionali. Lui ha già avuto molta penetrazione tra
gli intellettuali socialisti, ma è stato emarginato quando Pierre Bourdieu ha
monopolizzato la scena. Io ho conosciuto Bourdieu, ma abbiamo sempre avuto
delle divergenze. Non concordo nemmeno con i filosofi neomarxisti. Mi piace
Derrida, ma non abbiamo la stessa visione. Sono amico del tedesco Sloterdijk e
dell’italiano Aganben. Ma gente affascinante, oggi giorno, non ne vedo proprio.
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(Tradotto
dal Portoghese da Julio Monteiro Martins)