LA MORTE DI AMADEU, IL
COMUNISTA DI FRANCOS
Manuel Jorge Marmelo
Ci sono buoni e cattivi modi di iniziare a raccontare una
storia. Tuttavia, rivelare subito il finale raramente si è dimostrata una
strategia efficace, come se non sapessimo che il lettore è un animale schivo
che non sente la necessità di andare a vedere la trappola quando sa in anticipo
quello che ci troverà. In questo caso, però, rischio: Amadeu è morto. E non di
una di quelle morti misteriose e chiaramente indotte da terzi. È morto di morte
naturale, una morte neanche provocata da una qualsiasi e fatale malattia. È
morto di vecchiaia. In modo così semplice come se, alle cinque dell'altro ieri,
il suo corpo avesse superato la data di scadenza o gli si fossero scaricate le
batterie. Non ha detto un ahi, non si è aggrappato ai mobili nel pieno di un
attacco per tentare di attutire la caduta. Si è limitato a morire seduto sulla
vecchia poltrona sbiadita che aveva davanti al televisore in bianco e nero —
che aveva comprato nel 1974 per vedere come andava la rivoluzione —, con le
mani posate sui braccioli e chiudendo dapprima gli occhi con un movimento
lento, come se il rumore provocato dalla frizione di due ciglia potesse essere
sufficiente a turbare l'armonia dell'ultimo istante. Poi, così naturalmente
come lo spermatozoo che un tempo entrò nell'ovulo dimenticato nel caldo nido
del ventre di sua madre, Amadeu smise di respirare e abbandonò il mondo dei
vivi. Era morto e non aveva lasciato nessuno a piangere o a soffrire per il suo
trapasso.
Le malelingue del quartiere, tuttavia, rapidamente si coalizzarono
per inventare sordide storie sulla placida fine dell'uomo. Forse perché non si
erano mai conosciute sue mogli né sue amanti quando era in vita, mai un vizio
che non fossero le sigarette e il caffè dopo i pasti, Amadeu era sempre stato
un bersaglio scontato della curiosità e delle chiacchiere delle donne
sfaccendate del vicinato — non c'era dunque alcun motivo per cui non fosse così
anche dopo la sua morte, tanto più perché è normale che a Porto le cose vadano
così, non essendoci modo di infrangere il rispetto delle vecchie abitudini: se
qualcuno muore, quella morte deve avere una storia dietro, lunghe ore di
sofferenza, penose cure mediche, un grosso debito in farmacia o il sospetto
che la caduta per le scale non sia stata accidentale, come se nessuno avesse
sentito il tizio litigare sbraitando con la moglie, la quale, tra grida
stridenti, era arrivata a giurare, nella foga del litigio, che avrebbe ucciso
l'attuale defunto.
Tuttavia, il caso di Amadeu è completamente atipico: non ha
sofferto di nessuna malattia apparente, non aveva una moglie che lo odiasse al
punto di minacciarlo di morte, non si conoscevano suoi nemici e non risultava
che fosse mai stato visto litigare con qualcuno nel bar all'angolo — il quale,
per inciso, si chiamava Salazar e ha cambiato frettolosamente nome qualche
anno fa, senza però acquisire mai nelle chiacchiere quotidiane una
denominazione meno funesta. Ma ciò non avrebbe importanza se Amadeu non fosse
andato al Salazar a un'ora insolita il giorno in cui morì, per bere un caffè
inusuale, il che non obbediva a nessuna delle regole che quell'uomo scrupolosamente
seguiva. C'era già stato dopo pranzo e l'ora di cena era lontana.
Ciononostante, Amadeu entrò, fumò una sigaretta piccola senza filtro, bevve un
caffè e diede un'occhiata a A Bola,
nelle cui pagine non trovò nient'altro che l'eccentrica normalità calcistica:
un arbitro era stato preso a calci al cinquantatreesimo minuto di una partita
qualsiasi — VERGOGNA, esclamava il giornale, con un titolo su quattro colonne
che sovrastava la fotografia che ritraeva il momento del crimine —, il
presidente dello Sporting annunciava tre nuovi acquisti per la prossima
stagione e prometteva di lottare per lo scudetto, il Benfica applicava di nuovo
la cosiddetta "frustata psicologica" e il Porto aveva vinto un'altra
volta, e guidava il campionato
con otto punti di vantaggio. Amadeu rimase nel bar esattamente
quattordici minuti e, poi, uscì per andare a morire tranquillo. La cosa più
certa è che era andato lì solo per dire addio alle sigarette e al caffè e, in
quel momento, nessuno diede grande importanza alla sua inopinata presenza. Solo
il cameriere che serviva ai tavoli chiese se non avesse sbagliato ora, mentre
metteva il dito nell'orecchio per smuovere un pezzetto di cerume. Ma visto che
Amadeu gli rispose che
«Oggi ne volevo uno di più»
il garçon non diede all'episodio più importanza di quella
che effettivamente meritava.
Ieri, però, mentre andava dal giornalaio a comprare il Notícias, il cameriere dovette scendere
dal marciapiede per aggirare il gruppo di donne che discuteva in un angolo di
quello che era successo: che nonostante tutto era stata una fortuna trovare il
corpo prima che cominciasse a puzzare, che l'uomo non aveva nessuno che gli
andasse a far visita e solo il postino bussava alla sua porta per consegnargli,
a mano, l'assegno della pensione, e che grazie a Dio oggi era il giorno in cui
riceveva la pensione. Era questo che dicevano le donne, ancora a stento
ripresesi dallo shock di vedere il morto uscire diretto al camioncino del 118.
In poche avevano visto il cadavere, poverine, tanti erano gli spintoni che si
erano date e, per giunta, il defunto era pure tutto coperto da un lenzuolo
bianco. Sentendo ciò, il cameriere del Salazar non volle rinunciare a
partecipare, commentando che:
«Mi è sembrato proprio strano il fatto che ieri sia venuto a
metà pomeriggio. Veniva solo dopo aver mangiato e ieri si è presentato nel
pomeriggio, ha letto A Bola, ha
fumato, ha preso il caffè e ha pure parlato con me, poverino, chi l'avrebbe
mai detto.»
Tanto bastò perché subito una delle donne insinuasse:
«Allora dev'essere stato qualcosa che il signor Amadeu ha letto sul giornale.»
«E chi lo sa! È che alle volte le brutte notizie vengono da
dove uno meno se le aspetta», ha ribattuto subito un'altra, grassa e paonazza,
che passa i giorni sull'uscio a vedere chi va e chi viene, la quale garantiva
anche di non ricordarsi di aver mai visto il defunto malato, che tutti i giorni
passava alla stessa ora, preciso come un orologio a corda, e che ieri in
questo non aveva notato differenze. Camminava ricurvo in avanti, ma questo era
normale, nessuno ricordava di averlo mai visto camminare in un altro modo.
«Era perché nessuno gli vedesse bene gli occhi!», ha protestato
un'altra delle donne. Tutti sanno che lui era comunista e quella era,
certamente, un'abitudine che gli era rimasta dai tempi del fascismo.
«Neanche il 25 Aprile gli ha raddrizzato la schiena, poveretto»,
ha concluso il cameriere del bar prima di riprendere il cammino, forse pensando
che, dicendolo, avrebbe messo fine alla conversazione. Questo sì che era
eccitante! Era arrivato il fuoco a quelle autentiche caldaie di maldicenza e
adesso chi le avesse guardate con attenzione avrebbe potuto notare che il
vapore gli fischiava nelle orecchie e che le valvole andavano al galoppo dietro
le mascelle. Avevano un argomento di conversazione di svariate ore e c'erano
molte congetture da fare, ragion per cui l'ultima versione sulla morte di
Amadeu che corre per tutte le vie di Francos, e che ho sentito proprio ora, è
delirante – addirittura divertente –, perché si allontana così tanto dalle
premesse iniziali che, anche chi, come me, abbia ascoltato la conversazione di
ieri per strada, sembrerà difficile che tali cause abbiano indotto un simile
effetto. Ma la verità è che, mentre io scrivo, a casa di Amadeu c'è un comitato
civico di investigazione. Lo compongono Chico della macelleria, Emilinha la
moglie del poliziotto, e il carbonaio – di cui ora non ricordo il nome –, e
l'obiettivo di questa diligente compagnia è trovare nella casa delle prove che
permettano di affidare il caso alle autorità, visto che non manca chi garantisca
che ci sia stato qualche intrigo, inganno, mistero e addirittura, forse,
stregoneria. Per arrivare a questo punto, deve essere stato fondamentale, per
quanto ho constatato, il momento in cui, mentre le donne continuavano a
chiacchierare sulla porta della drogheria di Teixeira, una che passava di lì si
era fermata per sentire cosa si stava dicendo, ricordando di uno a cui avevano
raccontato che una persona che una volta era stata a casa di Amadeu, si era
imbattuta in uno scenario grottesco, diavolerie, senza dubbio. Dunque, secondo
quella persona a cui avevano detto che qualcuno aveva detto che aveva sentito
dire, le pareti della casa, figuriamoci!, ostentavano, al posto dei calendari
con fotografie di gatti tigrati e immagini sbiadite della Madonna di Fatima e
di Nostro Signore Gesù, un poster con una donna nuda sdraiata su un'automobile
rossa e quadri con le fotografie di comunisti illustri: Marx, Lenin, Engels e
Stalin. Ovvero: un rosario di abiezioni!
Da questo a quello che in seguito si inventarono fu un
attimo.
Il fatto è che Amadeu aveva lavorato, fino al giorno in cui
fu licenziato a causa della riconversione tecnologica degli impianti, nella
fabbrica di gomma che, insieme alla torrefazione, è stata, per decenni, il vero
motore dello sviluppo di quell'angolo di Porto. E, senza che si sappia perché,
ieri nel tardo pomeriggio è iniziata a girare una voce che affermava che
Amadeu aveva l'abitudine, di nascosto, di far uscire dalla fabbrica piccole
quantità di gomma, che, mediante un apparecchio rudimentale che qualcuno
giurava di aver visto a casa sua, trasformava in ruvidi preservativi. Dopo
cinque minuti già correva voce che Amadeu avesse, fino a pochi anni fa,
l'ignobile abitudine di frequentare le ragazze di viale Norte, tra le quali
era conosciuto come "lo scopatore gobbo", una fama alla quale molto
avrebbe contribuito il modello esclusivo dei suoi preservativi di fabbricazione
artigianale – i quali, si diceva inoltre, sembravano essere dotati di poteri
magici per dar piacere alle ragazze. E subito un altro vicino aveva aggiunto,
da fonte certa, che una di quelle puttane, da poco tempo sulla strada, aveva
interrotto il suo primo incontro con il comunista tra le urla, una cosa da far
venire i brividi, ed era stata successivamente trovata inerte ed esangue, in
una pozza di sangue. Prima che facesse notte, ormai si diceva che questa era la
causa principale per cui le uscite di Amadeu si erano sempre più diradate e la
curvatura della sua schiena era aumentata a vista d'occhio:
«Era per evitare di imbattersi in qualcuno che sapesse di
quella sua seconda vita...»
«Queste sono solo chiacchiere! Quello di cui lui ha sempre
avuto paura era che il Partito scoprisse che lui andava a puttane. Di questo
aveva paura! Il resto, vabbè...»
«C'è chi dice che non erano solo puttane; che gli piacevano
anche i ragazzini.»
«Ecco una cosa che quelli del partito avrebbero voluto
sapere...»
«E magari lo sapevano pure...»
Tra la notte di ieri e questa mattina, non ci fu bisogno
d'altro che fare due più due perché tutto il quartiere fosse al corrente di
quello che realmente era successo, svelando così la pura verità sul mistero
della morte di Amadeu. Ma era evidente!... Una cosa tira l'altra: i comunisti
erano venuti a sapere delle attività in cui il signor Amadeu era invischiato,
addirittura in cose inimmaginabili, e avevano mandato qualcuno a ucciderlo.
Era chiaro che non gli avevano sparato, né l'avevano strangolato, né niente del
genere, perché una cosa così si sarebbe notata subito e avrebbe destato
sospetti. Devono avergli dato delle pasticche qualsiasi, è evidente, russe o
qualcosa del genere, o una di quelle iniezioni per uccidere i vecchi, che
addirittura uno sembra morto di morte naturale.
Questa conclusione, però, non l'hanno sentita Chico della
macelleria, Miquinhas la moglie del poliziotto e il carbonaio – il cui nome
ancora non ricordo. Ma la sentiranno sicuramente non appena saranno usciti
dalla casa del signor Amadeu e racconteranno che, al contrario di quanto si
diceva, non ci sono fotografie di comunisti alle pareti e, tanto meno, di
puttane nude.
«È ovvio! Quelli del partito le hanno portate via.»
Amadeu è morto, dunque, di morte naturale, come se l'altro ieri il suo corpo avesse superato, senza drammi, la data di scadenza. A Porto, tuttavia, questo è sufficiente perché una morte senza storia si trasformi in un caso di polizia. O di spionaggio internazionale.
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Manuel Jorge Marmelo è nato a Porto nel 1971. Giornalista dal 1989, ha esordito come
scrittore nel 1996 con O Homem que Julgou
Morrer de Amor. Successivamente ha pubblicato altri sei romanzi, tra cui si
segnalano As mulheres deviam vir com
livro de instruções e Os fantasmas de
Pessoa. Ha riunito i propri racconti, pubblicati su riviste portoghesi,
brasiliane e francesi in due raccolte Oito
cidades e uma carta de amor, apparsa nel 2003, e O Silêncio de um Homem Só per il quale, nel 2004, gli è stato
attribuito il Premio "Camilo Castelo Branco".
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(I1 racconto La morte di Amadeu, il comunista de Francos
è tratto dalla raccolta O Silêncio de um
Homem Só pubblicata in Portogallo
dalla casa editrice Campo das Letras. La traduzione italiana, fatta da
Francesca Di Giuseppe, è stata pubblicata nell’antologia Lusofônioca – La nuova narrativa in lingua portoghese, a cura di
Giorgio de Marchis, casa editrice la Nuova Frontiera, Roma, 2007)