(...) In quel momento
la porta si aprì, e sulla soglia, preceduti dal maggiordomo, apparvero
quattro valletti in livrea recando al modo antico, sopra una specie di
barella ricoperta di un magnifico broccato rosso dallo stemma dei Duchi di
Toledo, un enorme pesce adagiato in un immenso vassoio d'argento massiccio.
Un "oh!" di gioia e di ammirazione corse lungo la tavola, ed
esclamando "Ecco la Sirena!" il Generale Cork si volse a Mrs. Flat,
e s'inchinò.
Il maggiordomo, aiutato dai valletti, depose il vassoio in mezzo alla tavola,
davanti al Generale Cork e a Mrs. Flat, e si ritrasse di alcuni passi.
Tutti guardammo il pesce, e allibimmo. Un debole grido d'orrore sfuggì dalle
labbra di Mrs. Flat, e il Generale Cork impallidì.
Una bambina, qualcosa che assomigliava a una bambina, era distesa sulla
schiena in mezzo al vassoio, sopra un letto di verdi foglie di lattuga, entro
una grande ghirlanda di rosei rami di corallo. Aveva gli occhi aperti, le
labbra socchiuse: e mirava con uno sguardo di meraviglia il Trionfo di Venere
dipinto nel soffitto da Luca Giordano. Era nuda: ma la pelle scura, lucida,
dello stesso color viola del vestito di Mrs. Flat, modellava, proprio come un
vestito attillato, le sue forme ancora acerbe e già armoniose, la dolce curva
dei fianchi, la lieve sporgenza del ventre, i piccoli seni virginei, le
spalle larghe e piene.
Poteva avere non più di otto o dieci anni, sebbene a prima vista, tanto era
precoce, di forme già donnesche, ne paresse quindici. Qua e là strappata, o
spappolata dalla cottura, specie sulle spalle e sui fianchi, la pelle
lasciava intravedere per gli spacchi e le incrinature la carne tenera, dove
argentea, dove dorata: talché sembrava vestita di viola e di giallo, proprio
come Mrs. Flat. E come Mrs. Flat aveva il viso (che l'ardore dell'acqua
bollente aveva fatto schizzar fuori della pelle come un frutto troppo maturo
fuor della sua scorza) simile a una lucente maschera di porcellana antica, e
le labbra sporgenti, la fronte alta e stretta, gli occhi tondi e verdi. Le
braccia aveva corte, una specie di pinne terminanti a punta, in forma di mano
senza dita. Un ciuffo di setole le spuntava al sommo del capo, che parevan
capelli, e rade scendevano ai lati del piccolo viso, tutto raccolto, e come aggrumato,
in una specie di smorfia simile a un sorriso, intorno alla bocca. I fianchi,
lunghi e snelli, finivano, proprio come dice Ovidio, in piscem, in
coda di pesce. Giaceva quella bambina nella sua bara d'argento, e pareva
dormisse. Ma, per un'imperdonabile dimenticanza del cuoco, dormiva come
dormono i morti cui nessuno ha avuto la pietosa cura di abbassar le palpebre:
ad occhi aperti. E mirava i tritoni di Luca Giordano soffiar nelle loro
conche marine, e i delfini, attaccati al cocchio di Venere, galoppar sulle
onde, e Venere nuda seduta nell'aureo cocchio, e il bianco e roseo corteo
delle sue Ninfe, e Nettuno, col tridente in pugno, correr sul mare trainato
dalla foga dei suoi bianchi cavalli, assetati ancora dell'innocente sangue
d'Ippolito. Mirava il Trionfo di Venere dipinto nel soffitto, quel turchino
mare, quegli argentei pesci, quei verdi mostri marini, quelle bianche nuvole
erranti in fondo all'orizzonte, e sorrideva estatica: era quello il suo mare,
era quella la sua patria perduta, il paese dei suoi sogni, il felice regno
delle Sirene.
Era la prima volta che vedevo una bambina cotta, una bambina bollita: e
tacevo, stretto da un timor sacro. Tutti, intorno alla tavola, erano pallidi
d'orrore.
Il Generale Cork alzò gli occhi in viso ai commensali, e con voce tremante
esclamò: "Ma non è un pesce!... E una bambina!".
"No" dissi "è un pesce."
"Siete sicuro che sia un pesce, un vero pesce?" disse il Generale
Cork passandosi la mano sulla fronte madida di freddo sudore.
"E un pesce" dissi "è la famosa Sirena dell'Acquario."
Dopo la liberazione di Napoli, gli Alleati avevano, per ragioni militari,
proibita la pesca nel golfo: tra Sorrento e Capri, fra Capri e Ischia, il
mare era sbarrato da campi di mine e percorso da mine vaganti, che facevan
pericolosa la pesca. Né gli Alleati, specialmente gli inglesi, si fidavano di
lasciare i pescatori uscire al largo, per timore che portassero informazioni
ai sottomarini tedeschi, o li rifornissero di nafta, o mettessero comunque in
pericolo le centinaia e centinaia di navi da guerra, di trasporti militari,
di Liberty-ships, ancorate nel golfo. Diffidar dei pescatori
napoletani! Crederli capaci di simili delitti! Ma tant'è: la pesca era
proibita.
In tutta Napoli era impossibile trovare non dico un pesce, ma una lisca di
pesce: non una sardella, non uno scorfano, non un'aragosta, una triglia, un
polpetiello, niente. Talché il Generale Cork, quando offriva un pranzo a
qualche alto ufficiale alleato, a un Maresciallo Alexander, a un Generale
Juin, a un Generale Anders, o a qualche importante uomo politico, a un
Churchill, a un Wishinski, a un Bogomolov, o a qualche Commissione di
Senatori americani, venuti in aereo da Washington per raccogliere le critiche
dei soldati della V Armata ai loro generali, e le loro opinioni, i loro
consigli sui più gravi problemi della guerra, aveva preso l'abitudine di far
pescare il pesce per la sua tavola nell'Acquario di Napoli: che, dopo quello
di Monaco, è forse il più importante d'Europa.
Ai pranzi del Generale Cork il pesce era, perciò, sempre freschissimo, e di
specie rara. Al pranzo ch'egli aveva dato in onore del Generale Eisenhower,
avevamo mangiato il famoso "polipo gigante", offerto all'Acquario
di Napoli dall'Imperatore di Germania Guglielmo II. I celebri pesci giapponesi,
chiamati "dragoni", dono dell'Imperatore del Giappone Hiro Hito,
erano stati sacrificati sulla tavola del Generale Cork in onore di un gruppo
di Senatori americani. L'enorme bocca di questi mostruosi pesci, le branchie
gialle, le pinne nere e vermiglie, simili ad ali di pipistrello, la coda
verde e oro, la fronte irta di punte, e crestata come l'elmo di Achille,
avevano profondamente depresso l'animo dei Senatori, già preoccupati
dell'andamento della guerra contro il Giappone. Ma il Generale Cork, che alle
virtù militari accompagna le qualità del perfetto diplomatico, aveva
risollevato il morale dei suoi ospiti intonando il "Johnny got a
zero", la famosa canzone degli aviatori americani del Pacifico, che
tutti avevano cantato in coro.
Nei primi tempi, il Generale Cork aveva fatto pescare il pesce per la sua
tavola nei vivai del Lago di Lucrino, celebre per le feroci e squisite murene
che Lucullo, il quale aveva la sua villa nei pressi di Lucrino, nutriva con
la carne dei suoi schiavi. Ma i giornali americani, che non perdevano nessuna
occasione per muovere aspre critiche all'Alto Comando dell'U.S. Army, avevano
accusato il Generale Cork di mental cruelty, per aver egli obbligato i suoi
ospiti, "rispettabili cittadini americani", a mangiare le murene di
Lucullo. "Può dirci il Generale Cork" avevano osato stampare alcuni
giornali "con quale carne egli nutre le sue murene?"
Fu in seguito a tale accusa che il Generale Cork aveva dato ordine di pescare
d'ora innanzi il pesce per la sua tavola nell'Acquario di Napoli. Così, ad
uno ad uno, tutti i pesci più rari, e più famosi, dell'Acquario erano stati
sacrificati alla mental cruelty del Generale Cork: perfino l'eroico
pescespada, dono di Mussolini (che era stato servito lesso, con contorno di
patate bollite), e il bellissimo tonno, dono di Sua Maestà Vittorio Emanuele
III, e le aragoste dell'isola di Wight, grazioso dono di Sua Maestà
Britannica Giorgio V.
Le preziose ostriche perlifere che S.A. il Duca d'Aosta, Viceré d'Etiopia,
aveva inviato in dono all'Acquario di Napoli (erano ostriche perlifere delle
coste d'Arabia, di fronte a Massaua), avevano allietato il pranzo che il
Generale Cork aveva offerto a Wishinski, Vice Commissario sovietico per gli
Affari Esteri, allora rappresentante dell'URSS nella Commissione Alleata in
Italia. Wishinski era rimasto molto meravigliato di trovare, in ciascuna
delle sue ostriche, una perla rosea, del color della luna nascente. E aveva
alzato gli occhi dal piatto, guardando in viso il Generale Cork con lo stesso
sguardo col quale avrebbe guardato l'Emiro di Bagdad a un pranzo delle Mille
e una notte.
"Non sputate il nocciolo" gli aveva detto il Generale Cork "è
delizioso."
"Ma è una perla!" aveva esclamato Wishinski.
"Of course, it is a pearl! Don't you like
it?"
Wishinski aveva
ingoiato la perla mormorando fra i denti in russo: "Questi marci
capitalisti!".
E non meno meravigliato apparve Churchill quando, invitato a pranzo dal
Generale Cork, si trovò nel piatto uno strano pesce, rotondo e sottile, dal
color dell'acciaio, simile al disco degli antichi discoboli.
"Che cos'è?" domandò Churchill.
"A fish, un pesce" rispose il Generale Cork.
"A fish?" disse Churchill osservando attentamente quello
stranissimo pesce.
"Come si chiama questo pesce?" domandò il Generale Cork al
maggiordomo.
"È una torpedine" rispose il maggiordomo.
"What?" disse Churchill.
"A
torpedo" disse il Generale Cork.
"A torpedo?" disse Churchill.
"Yes, of course, a torpedo" disse il Generale Cork, e volgendosi al
maggiordomo gli domandò che cosa fosse una torpedine.
"Un pesce elettrico" rispose il maggiordomo.
"Ah, yes, of course, un pesce elettrico!" disse il Generale Cork
rivolto a Churchill: e tutti e due si guardarono in viso, sorridendo, con le
posate da pesce sollevate a mezz'aria, senza osar di toccare la
"torpedine".
"Siete sicuro che non sia pericoloso?" domandò Churchill dopo
alcuni istanti di silenzio.
Il Generale Cork si volse al maggiordomo: "Credete che sia pericoloso
toccarlo? È carico di elettricità".
"L'elettricità" rispose il maggiordomo nel suo inglese pronunciato
alla napoletana "è pericolosa quando è cruda: cotta, non fa male."
"Ah!" esclamarono a una voce Churchill e il Generale Cork: e
traendo un sospiro di sollievo toccarono il pesce elettrico con la punta
della forchetta.
Ma un bel giorno i pesci dell'Acquario eran finiti: non restava che la famosa
Sirena (un esemplare assai raro di quella specie di "sirenoidi"
che, per la loro forma quasi umana, hanno dato origine all'antica leggenda
delle Sirene), e alcuni meravigliosi rami di corallo.
Il Generale Cork, che aveva la lodevole abitudine di occuparsi personalmente
delle minime cose, aveva domandato al maggiordomo che qualità di pesce si
sarebbe potuta pescare nell'Acquario per il pranzo in onore di Mrs. Flat.
"C'è rimasto ben poco" aveva risposto il maggiordomo "una
Sirena e alcuni rami di corallo."
"E un buon pesce, la Sirena?"
"Eccellente!" aveva risposto il maggiordomo senza batter ciglio.
"E i coralli?" aveva domandato il Generale Cork che quando si
occupava dei suoi pranzi era particolarmente meticoloso "son buoni da
mangiare?"
"No, i coralli no. Sono un po' indigesti."
"Allora, niente coralli."
"Li possiamo mettere per contorno" aveva suggerito, imperturbabile,
il maggiordomo.
"That's fine!"
E il maggiordomo aveva scritto sulla lista del pranzo: "Sirena alla
maionese con contorno di coralli".
E ora tutti guardavano allibiti, muti per la sorpresa e per l'orrore, quella
povera bambina morta, distesa a occhi aperti nel vassoio d'argento, su un
letto di verdi foglie di lattuga, in mezzo a una ghirlanda di rosei rami di
corallo.
Accade spesso, percorrendo i miserabili vicoli di Napoli, d'intravedere in
qualche "basso", per la porta spalancata, un morto disteso sul
letto, in mezzo a una ghirlanda di fiori. E non è raro vedere una bambina
morta. Ma non avevo mai visto una bambina morta distesa in mezzo a una
ghirlanda di coralli. Quante povere madri napoletane avrebbero augurato per i
loro piccoli morti una così meravigliosa ghirlanda di coralli! I coralli son
simili ai rami di pesco in fiore, danno gioia a guardarli, donano un che di
lieto, di primaverile, ai cadaveri di bambini. Io guardavo quella povera
bambina bollita, e tremavo di pietà e di orgoglio dentro di me. Meraviglioso
paese, l'Italia! pensavo. Quale altro popolo al mondo si può permettere il
lusso di offrire a un esercito straniero, che ha distrutto e invaso la sua
patria, una Sirena alla maionese con contorno di coralli? Ah! metteva conto
di perder la guerra, sol per vedere quegli ufficiali americani,
quell'orgogliosa donna americana, seder pallidi e sbigottiti d'orrore intorno
a una Sirena, a una deità marina distesa morta in un vassoio d'argento, sulla
tavola di un generale americano!
"Disgusting!" esclamò Mrs. Flat coprendosi gli occhi con le mani.
"Yes... I mean... yes..." balbettava pallido e tremante il Generale
Cork.
"Togliete via, togliete via questa cosa orrenda!" gridò Mrs. Flat.
"Perché?" dissi "è un pesce eccellente."
"Ma dev'essere uno sbaglio! I beg pardon... but... dev'essere uno
sbaglio... I beg pardon..." balbettò, con un lamento di dolore, il
povero Generale Cork.
"Vi assicuro che è un pesce eccellente" dissi.
"Ma non possiamo mangiare that... quella bambina... that poor
girl!" disse il colonnello Eliot.
"Non è una bambina" dissi "è un pesce."
"Generale" disse Mrs. Flat con voce severa "spero che non mi
obbligherete a mangiare thas... this... that poor girl!"
"Ma è un pesce!" disse il Generale Cork "è un ottimo pesce!
Malaparte dice che è eccellente. He knows..."
"Non sono venuta in Europa perché il vostro amico Malaparte, and you, mi
obblighiate a mangiare la carne umana" disse Mrs. Flat con voce tremante
di sdegno "lasciamo a questo barbarous Italian people to eat children at
dinner. I refuse. I am an honest american woman. I don't eat
Italian children!"
"I'm sorry,
I'm terribly sorry" disse il Generale Cork asciugandosi la fronte madida
di sudore "ma tutti, a Napoli, mangiano questa specie di bambini...
yes... I mean... no... I mean... that sort of fish!... Non
è vero, Malaparte, che that sort of children... of fish... is
excellent?"
"È un pesce
eccellente" risposi "e che importa se ha l'aspetto di una bambina?
È un pesce. In Europa, i pesci non sono obbligati ad assomigliare a un
pesce..."
"Nemmeno in America!" disse il Generale Cork, lieto di trovar
finalmente qualcuno che prendeva le sue difese. "What?"
gridò Mrs. Flat.
"In
Europa" dissi "i pesci sono liberi, almeno i pesci! Nessuno
proibisce a un pesce di assomigliare, che so, a un uomo, a una bambina, a una
donna. E questo è un pesce, anche se... Del resto" aggiunsi "che
cosa credevate di venire a mangiare, in Italia? Il cadavere di
Mussolini?"
"Ah! ah! ah! funny!" gridò il Generale Cork con un riso troppo
stridente per esser sincero "ah! ah! ah!" E tutti gli altri gli
fecero coro, con una risata dove lo sbigottimento, il dubbio, e l'allegria,
stranamente si contendevano. Io non ho mai amato gli americani, non amerò mai
gli americani, come quella sera, a quella tavola, davanti a quell'orribile
pesce.
"Non pretenderete, spero" disse Mrs. Flat, pallida d'ira e di
orrore "non pretenderete di farmi mangiare quell'orribile cosa! Voi
dimenticate che sono un'americana! Che cosa direbbero a Washington, Generale,
che cosa direbbero al War Department, se sapessero che ai vostri pranzi si
mangiano le bambine bollite... boiled girls?"
"I mean... yes... of course..." balbettò il Generale Cork
rivolgendomi uno sguardo supplichevole.
"Boiled girls with maionese!" aggiunse
Mrs. Flat con voce gelida.
"Voi
dimenticate il contorno di coralli" dissi, quasi volessi, con quelle
parole, giustificare il Generale Cork.
"I don't forget corals! non dimentico i coralli!" disse Mrs. Flat
fulminandomi con gli occhi.
"Get out!" gridò all'improvviso il Generale Cork al maggiordomo,
indicandogli col dito la Sirena "get out that thing!"
"General, wait a moment, please" disse il colonnello Brown, il
cappellano del Quartier Generale "we must bury that... that poor
fellow."
"What?" esclamò Mrs. Flat.
"Bisogna
seppellire questo... questa... I mean..." disse il cappellano.
"Do you mean..." disse il Generale Cork.
"Yes, I mean
bury" disse il cappellano.
"But... it's a fish..." disse il Generale Cork.
"Può darsi che sia un pesce" disse il cappellano "ma ha
piuttosto l'aria di una bambina... Permettetemi d'insistere: è nostro dovere
seppellire questa bambina... I mean, that fish. We are
christian. Non
siamo forse cristiani?"
"Ne dubito!" disse Mrs. Flat fissando il Generale Cork con un
freddo sguardo di disprezzo.
"Yes, I suppose..." rispose il Generale Cork.
"We must bury it" disse il Colonnello
Brand.
"All
right" disse il Generale Cork "ma dove dobbiamo seppellirlo? Io
direi di buttarlo nella spazzatura. Mi par la cosa più semplice."
"No" disse il cappellano "non si sa mai. Non è affatto sicuro
che sia un vero pesce. Bisogna dargli una sepoltura più decente."
"Ma a Napoli non ci sono i cimiteri per i pesci?" disse il Generale
Cork volgendosi a me.
"Non credo che ce ne siano" dissi "i napoletani non
seppelliscono i pesci, li mangiano."
"Potremmo seppellirlo nel giardino" disse il cappellano.
"Questa è una buona idea" disse il Generale Cork rischiarandosi in
viso "possiamo seppellirlo nel giardino." E voltosi al maggiordomo,
aggiunse: "Vi prego, andate a seppellire questa cosa... questo povero
pesce nel giardino".
"Sì, signor Generale" disse il maggiordomo inchinandosi, mentre i
valletti sollevavano la lucida bara d'argento massiccio, dove giaceva la
povera Sirena morta, e la deponevano sulla barella.
"Ho detto di seppellirlo" disse il Generale Cork "vi proibisco
di mangiarvelo in cucina!"
"Sì, signor Generale" disse il maggiordomo "ma è un peccato!
Un pesce così buono!"
"Non è sicuro che sia un pesce" disse il Generale Cork "e vi
proibisco di mangiarlo!"
Il maggiordomo s'inchinò, i valletti si avviarono verso la porta recando
sulla barella la lucida bara d'argento, e tutti seguimmo con uno sguardo
triste quello strano corteo funebre.
"Sarà bene" disse il cappellano alzandosi "che io vada a
sorvegliare la sepoltura. Non voglio aver nulla sulla coscienza."
"Thank you, father" disse il Generale Cork asciugandosi la fronte,
e con un sospiro di sollievo guardò timidamente Mrs. Flat.
"Oh Lord!" esclamò Mrs. Flat alzando gli occhi al cielo.
Era pallida, e le lacrime le brillavano negli occhi. Mi fece piacere che
fosse commossa, le fui profondamente grato di quelle sue lacrime. L'avevo
giudicata male: Mrs. Flat era una donna di cuore. Se piangeva per un pesce,
ella avrebbe certo finito, un giorno o l'altro, per aver pietà anche del
popolo italiano, per piangere anche dei lutti e delle sofferenze del mio
povero popolo.
(Brano tratto dal romanzo La pelle, Mondadori, Milano, 1978.)
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