Come abbiamo visto, terrorismo è un termine che, in questo secolo,
dall'inizio di questo secolo, dopo l'11 settembre è diventato un termine
molto pervasivo, che semplifica una serie di situazioni molto complicate.
Avevamo detto la scorsa settimana, anche, che la cultura della sinistra ha un
problema di fronte a questo tema, ed al terrorismo come categoria politica
che deriva in parte dalla sua storia, e questo l'abbiamo cercato di
inquadrare nella scorsa conversazione.
Il terrorismo di stato è invece un concetto che è nato quasi come risposta
nell'ambito della cultura della sinistra di fronte alla tendenza da parte di
altre culture, quella di destra ma anche quella liberal-conservatrice,
soprattutto negli ultimi anni, di definire terrorismo quasi tutte le iniziative
volte ad unificare la situazione esistente, o a promuovere movimenti di
ribellione per fini specifici di indipendenza nazionale ed altro (questo sarà
il tema della prossima lezione di Calchi Novati). E allora, però, anche in
questo caso, bisogna evitare le semplificazioni: io credo che la cultura
della sinistra debba affrontare i problemi, e con grande determinazione debba
tener conto delle sue difficoltà, ma debba rifuggire dalle semplificazioni
che in questo momento soprattutto in Italia sono molto usate da due culture
che si intrecciano nel panorama sociale, nel suo panorama culturale ed anche
nella maggioranza di governo; cioè una cultura di tipo liberal-liberista ed
una cultura che invece fa un riferimento esplicito o implicito alle tradizioni
culturali della destra. Questo tipo di cultura è orientata a semplificare le
analisi delle situazioni così come la sinistra italiana, anche per la sua
particolare storia, in buona parte la storia del partito comunista, è
diventata molto problematica e in qualche caso dubbiosa. Teniamo conto di
tutti questi elementi quando cerchiamo di vedere come si può definire la
categoria semplificata nel termine "terrorismo di stato", che non
deve essere una risposta semplificatrice alle semplificazioni della cultura non
di sinistra, ma deve essere, per quanto è possibile, una riflessione più
approfondita. In realtà nella pratica si tende a dire, da parte di una certa
cultura della sinistra, che il terrorismo di stato è una risposta alle lotte
di liberazione o a qualsiasi lotta. L'altro giorno si era parlato del periodo
della lotta armata in Italia, ad un certo punto le Brigate Rosse rispondevano
all'accusa di essere terroristi dicendo che in realtà il terrorista era
Pirelli, ed in uno dei loro comunicati, quando incendiarono dei camion sulla
pista di Lainate, o addirittura durante il sequestro Sossi definirono il
ministro degli interni di allora Taviani, il terrorista di stato Taviani.
Ora, si tratta di semplificazioni che possono essere usate in un contesto
propagandistico, ma credo che non siano molto utili ad approfondire le
questioni che si presentano. Così oggi la resistenza palestinese definisce
terrorismo di stato il comportamento di Israele, del resto le immagini le
vediamo quasi tutte le sere in televisione, e anche Samir Amin vede negli
Stati Uniti un terrorismo di stato. Io credo che invece il concetto vada
esaminato sotto due profili: uno riguarda le democrazie rappresentative
moderne, cioè il tipo di società e di cultura politica alla quale ci troviamo
di fronte come egemoni in occidente, che ha il problema di come far
coesistere la democrazia rappresentativa che - per usare le parole di
Norberto Bobbio, filosofo scomparso che tutti conosciamo - dovrebbe essere
una "casa di vetro", cioè un sistema di organizzazione del potere
sotto gli occhi dei cittadini nel suo processo decisionale e costantemente
controllato dai cittadini, col problema della sicurezza che viene talvolta
enfatizzato, ma che senza dubbio esiste. Cioè la democrazia rappresentativa
ha problemi di sicurezza sia nella gestione interna, per esempio nelle
società moderne ha un grandissimo peso il crimine organizzato. In Italia
abbiamo poi abbiamo una plurisecolare esperienza del crimine organizzato
dalla camorra, dalla mafia, dalla n'drangheta in Calabria, dalla Corona Unita
in Puglia; quindi c'è un problema di sicurezza interna, che investe
soprattutto la sicurezza del singolo cittadino. Pensiamo alla mafia
siciliana: erano dei mercenari, dei latifondisti oltre ad altre cose, e
adesso è una multinazionale finanziaria. Di fronte a questo problema la
democrazia rappresentativa non ha saputo inventare un comportamento che sia
in sintonia con l'essere una "casa di vetro", cioè un potere
esercitato secondo regole precise e controllato da parte dei cittadini, ha
dovuto istituire dei servizi di sicurezza che per definizione sono segreti.
Questo già sul piano interno. La situazione è molto più complessa sul piano
internazionale, quando la nascita dello stato moderno si è accompagnata ai
conflitti dello stato stesso, per rappresentare il quale uno dei teologi
della sua nascita, il filosofo inglese Thomas Hobbes, aveva escogitato la
celebre figura del Leviatano, cioè di un mostro biblico dotato di enorme
potenza (una figura del libro di Giobbe). Gli stati moderni da un lato hanno
garantito un miglioramento diffuso del tenore di vita, hanno garantito
diritti politici e civili, le moderne democrazie rappresentative, ma
dall'altro si sono impegnati in una serie di competizioni a livello
internazionale a partire dall'epoca dell'impero inglese, che è il luogo dove
con la rivoluzione del 1640/1648 nasce lo stato di diritto, la moderna
rappresentanza democratica, il parlamento con potere legislativo. Ma, nello
stesso tempo, è il primo grande impero dei tempi moderni, retto in forma di
democrazia rappresentativa; c'era la competizione con la Spagna dove non
c'era la democrazia rappresentativa, ed è il primo di una serie di
istituzioni per le quali anche nazioni nuove, liberal-democratiche, che
nascono anche da situazioni rivoluzionarie, come gli Stati Uniti nel 1776 e
poi la Francia nel 1789, diventano rapidamente degli imperi, e su questa via
li seguirà la Germania alla metà del XIX secolo e persino l'Italia, che non è
mai stata una grande potenza, ha tuttavia perseguito una sua politica di
espansione imperiale che ha toccato il culmine ed il disastro col fascismo ma
che era cominciata prima, era cominciata con il partito rivoluzionario di
Francesco Crispi. Quindi questi grandi stati in competizione tra loro, hanno
tra gli strumenti della competizione, oltre l'organizzazione, i servizi di
sicurezza, che non devono più proteggere il cittadino rispetto ai rischi che
possono nascere all'interno dello stato per resistenza del crimine
organizzato, ma che derivano dalla competizione internazionale tra stati. E
tutti gli stati moderni, a partire addirittura dall'Inghilterra
prerivoluzionaria, dall'Inghilterra della regina Elisabetta, hanno costruito
dei sistemi che accompagnavano l'espansione imperiale, come il servirsi in un
primo tempo dei sistemi di spionaggio per poter essere messi al corrente
delle mosse degli altri concorrenti e per potere prendere le misura adeguate,
e che poi col passare dei secoli, due o tre, sono diventate quelle che adesso
sono definite intelligence. E' scontato che i servizi di sicurezza, queste
polizie che diventano degli stati nello stato, ci sono anche nei regimi
autoritari. Abbiamo degli esempi chiarissimi, il ruolo del KGB nella storia
russa, il ruolo della Gestapo nei 12 anni hitleriani e per esempio, per
quanto riguarda il regime fascista, la celebre Ovra. Però, in questo momento,
e per il discorso che ci riguarda, l'attenzione va posta soprattutto sugli
stati liberal-democratici, anche se nella scena mondiale il peso di questi
apparati di sicurezza o intelligence, se così li vogliamo chiamare, ha un
ruolo importante in tutti gli stati anche autoritari o che non hanno
l'esperienza della liberal-democrazia. In questo ambito nasce la questione di
quello che si può chiamare terrorismo di stato, perché questi apparati di
sicurezza via via che si sono sviluppati e che sono diventati dei veri e
propri stati nello stato, conducono una sorta di guerra permanente contro i
concorrenti, una guerra nella quale la democrazia non funziona più come
"casa di vetro", non controlla l'operato dei servizi in molti casi
e questi servizi ragionano secondo una loro logica che è l'opposto della
logica della democrazia rappresentativa. Da un lato ci deve essere
l'evidenza, la chiarezza della "casa di vetro", e dall'altro ci
deve essere la riservatezza, il segreto, perché altrimenti questi servizi non
potrebbero operare. Questa è una questione di fondo, secondo me, della
moderna democrazia rappresentativa - per questo Kant ne aveva intuito
l'importanza sin da quando parlava del lavoro delle spie come di armi
infernali - e poi, nel frattempo, non abbiamo più il lavoro delle spie,
abbiamo delle vere e proprie organizzazioni che, stati nello stato,
gestiscono la sicurezza con criteri e con una logica che è diversa e qualche
volta opposta alla logica delle democrazie rappresentative. E' in questo
contesto che molto spesso questi servizi svolgono la loro funzione, prendono
iniziative, e c'è un termine, dirty plays, un termine inventato dalle intelligence
community degli Stati uniti: giochi sporchi. Dirty plays che molto
spesso hanno qualcosa di simile all'attività che viene definita terrorismo:
infiltrazione, organizzazione di attentati, o di stragi. E questa è una
situazione nella quale, al di là delle semplificazioni, e al di là dell'usare
il termine terrorismo da parte della sinistra come una sorta di risposta
polemica all'uso del termine terrorismo da parte della destra, non ci
troviamo di fronte alla competizione tra due impostazioni propagandistiche
semplificate, ci troviamo di fronte ad un problema di fondo della democrazia
rappresentativa che, da un lato tenta di operare come "casa di
vetro" e sottopone il potere formalmente ad un costante controllo dei
cittadini, alle consultazioni periodiche, alle competizioni fra i partiti, la
libertà di stampa e di opinione con tutti i limiti che ci possono essere, ma
sto parlando dei principi della democrazia rappresentativa. Quindi da un lato
i sistemi politici nei quali viviamo sono questi. In questi sistemi politici
esistono poi apparati di sicurezza la cui logica è, come dicevo, tutta
diversa, e molto spesso li porta a compiere iniziative che sono speculari a
quelle di una lotta armata, talvolta definita terrorismo. E' questo uno dei
due grandi problemi che ha la democrazia rappresentativa, e che ha in
particolare la sinistra nella misura in cui vorrebbe proporre una democrazia
rappresentativa con maggiore partecipazione e con maggior controllo effettivo
da parte dei cittadini. Naturalmente ci sono, per ottenere questo risultato,
una maggiore partecipazione da parte dei cittadini, ci sono varie altre
importanti questioni. Nella cultura marxista è importantissima la separazione
tra potere politico e potere economico con un potere economico che non deriva
da nessuna investitura popolare ma da altri fattori. E d'altro canto nelle
società moderne è importantissimo il ruolo dei mezzi di educazione di massa
(in Italia ne abbiamo un esempio clamoroso) che può distorcere il corretto
funzionamento della democrazia rappresentativa. Quindi abbiamo, in questa
fase di passaggio tra il XX ed il XXI secolo, problemi di vario tipo
concernenti il buon funzionamento della democrazia rappresentativa, tra
questi problemi c'è anche quello dell'esistenza di corpi (in Italia definiti
talvolta "corpi separati" ma che in realtà sono strutture
istituzionali) il cui comportamento e la cui logica possono essere paragonati
a quelli di attività che vengono definite terroristiche. E questa è una prima
questione. La seconda questione è invece quel fenomeno non di terrorismo di
"elite", potremmo dire, ma di terrorismo di massa, che sono le
guerre moderne e soprattutto le guerre aeree iniziate nel XX secolo. Questo
particolare tipo di guerra naturalmente si può ritenere che provochi
spavento, paura, terrore, si può dire in generale che ogni guerra può essere
una guerra terroristica nella misura in cui provoca terrore. E a questo
momento si pongono vari problemi di tipo filosofico, tipo "da dove nasce
il male", o come il male è presente nella natura umana in ciascuno di noi
e nelle varie forme di organizzazioni sociali, dagli antichi imperi asiatici
sino appunto alle moderne democrazie rappresentative. E' un discorso generale
di come la guerra è entrata nel cammino dell'umanità. Però la riflessione che
voglio fare è specifica, e riguarda la situazione nella quale ci siamo
trovati di fronte negli ultimi decenni, non alla guerra in genere, ma ad un
particolare tipo di guerra il cui scopo dichiarato è di diffondere il
terrore; ne abbiamo fatto un accenno anche nella scorsa settimana e adesso
voglio precisare, che quando si parla di terrorismo di stato, da un lato si
può pensare all'operato dei servizi segreti, le cui iniziative e le cui
azioni possono corrispondere a quelle dei terroristi, ma dall'altro
soprattutto al carattere che ha assunto la guerra moderna, che come obiettivo
di terrorizzare la popolazione e soprattutto di terrorizzarla mediante
bombardamenti indiscriminati dall'alto. In Italia abbiamo una storia
interessante a questo proposito. Sul piano pratico il primo uso di aerei militari
in operazioni di guerra è avvenuto in Libia durante la guerra italo-turca del
1911; però era un uso ancora nei limiti di una guerra tra combattenti. Il
primo aereo Italiano che venne utilizzato per un'azione bellica mitragliava i
libici, gli arabo turchi che combattevano sul terreno. Però la presenza
italiana in questa vicenda è anche più ampia, perché abbiamo avuto. si può
dire, in Italia, il generale Giulio Douhet che è stato il primo teorico della
guerra aerea con due valutazioni molto diverse: la prima anteriore alla prima
guerra mondiale, e la seconda valutazione posteriore alla prima guerra
mondiale. Nel primo libro Douhet, con un'intuizione geniale, immaginava che
la guerra aerea avrebbe potuto rivoluzionare i tradizionali concetti della
guerra: le potenze che per prime avessero visto questa utilità avrebbero
conseguito un vantaggio strategico nella conduzione della guerra futura.
Vediamo che questa idea dell'arma aerea come decisiva nasceva più o meno
sempre attorno alla prima guerra mondiale, con l'idea del primo uso del carro
armato e delle forze corazzate; e che questo uso dell'aereo e l'uso del carro
armato sarebbero stati i due elementi decisivi nelle guerre future venne
confermato proprio all'inizio della seconda guerra mondiale con la prima
esperienza della guerra lampo hitleriana, dove l'arma aerea aveva preso il
posto della vecchia artiglieria, e le divisioni corazzate avevano preso il
posto della vecchia cavalleria per unire una grande potenza di fuoco ad una
grande capacità di movimento. E in questo primo libro Douhet, in questo
ambito di riflessione sul pensiero militare era ancora legato al concetto di
forze armate, di forze combattenti. La guerra aerea aveva un ruolo importante
e sarebbe forse stata decisiva, ma in questo ambito. Dopo la prima guerra
mondiale lui ha scritto un secondo libro dove cambia completamente idea, ed è
uno dei primo a dire che in realtà l'arma aerea può essere ancora più
decisiva rispetto al suo uso in battaglie tra combattenti; può essere
decisiva nel far venir meno la volontà di combattere dell'avversario
attraverso l'uso indiscriminato del bombardamento aereo anche sulla
popolazione civile. Questo è un salto, secondo me, e con questo salto si può
arrivare alla seconda e più pericolosa dimensione di quello che si può
chiamare terrorismo di stato, proprio nel senso che lo stato per vincere una
guerra deve terrorizzare la popolazione civile del nemico. Ecco, in questo
senso, il termine terrore è usato in modo esplicito e dichiarato. E' in
questo senso che possiamo pensare al terrorismo di stato: Douhet ha intuito
il futuro perché effettivamente la seconda guerra mondiale fu dominata da
questo concetto applicato da tutti i combattenti ad eccezione dell'URSS (non
per una scelta ideale, ma per il fatto che l'URSS diede il suo grande
contributo alla sconfitta della coalizione hitleriana sviluppando una delle
due componenti della guerra moderna, non l'aereo ma il carro armato). L'arma
aerea ebbe un ruolo decisivo nella guerra in occidente. Questo uso comincia
con la prima grande battaglia aerea con queste caratteristiche, che fu quella
che venne chiamata la grande battaglia d'Inghilterra (agosto-sett. 1940) nel
quale l'aviazione di Goering colpì le città inglesi nella speranza di
preparare un eventuale sbarco in Inghilterra: l'operazione che nei piani
dello stato maggiore tedesco venne definita "Leone marino". Una
guerra dall'alto con massicce distruzioni (la più nota è la città di
Coventry, un centro industriale inglese che i tedeschi rasero completamente al
suolo), e nei primi mesi dell'estate-autunno del 1940 della seconda guerra
mondiale venne molto usato anche dalla propaganda fascista in Italia il verbo
coventrizzare, che significava distruggere una città per terrorizzare la
popolazione civile. Ma non era una caratteristica della sola Germania
hitleriana, perché questa stessa strategia divenne centrale per gli alleati:
prima l'Inghilterra, anzi forse il primo bombardamento di obiettivi civili e
non militari contemporaneo alla battaglia d'Inghilterra fu un audace raid di
bombardieri inglesi su Berlino, perché nella prima fase della battaglia
d'Inghilterra, che avrebbe dovuto preparare lo sbarco in questa prima fase,
cercò di colpire obiettivi militari e, senza riuscirci, di neutralizzare il
sistema radar che era un'invenzione inglese. Però rapidamente da questa prima
fase si passa alla seconda fase, che è quella di colpire la popolazione
civile per minarne il morale e preparare le condizioni per una possibile
vittoria militare. Questa strategia fu fatta immediatamente propria dagli
Inglesi prima e poi dagli Stati Uniti. Ho ricordato anche la scorsa settimana
che c'è stata qui a Milano una bella mostra sui bombardamenti di Milano,
soprattutto quelli dell'estate del '43 in cui praticamente furono distrutte
il 70% delle case. In quella mostra oltre ad altri aspetti interessanti c'era
la dichiarazione teorica del maresciallo dell'aria Harris, il condottiero
della Raf (Royal Air Force), che appunto teorizzava la necessità di colpire
la popolazione civile per spaventarla, per terrorizzarla, per minarne il
morale e creare così le condizioni per la sconfitta dell'Italia e soprattutto
della Germania. Adesso anche la storiografia inglese mette in luce quelli che
furono i risultati: nel 1944, quando divenne ministro degli armamenti Albert
Speer, il famoso architetto amico di Hitler, la produzione bellica tedesca
raggiunse il massimo, quindi i bombardamenti non intaccarono la capacità
tedesca di produrre armi per la guerra, anzi furono prodotti in quel periodo
alcuni dei mezzi bellici più innovativi, ma furono distrutte l'80% delle
città tedesche con centinaia di migliaia di morti tra la popolazione civile.
E questo fu teorizzato come obiettivo dichiarato della guerra moderna, ed in
questo senso credo che il termine terrorismo di stato può essere usato non
come una metafora o uno strumento di semplificazione propagandistica, ma
proprio per individuare una modalità che poi ha continuato a caratterizzare
la strategia delle grandi potenze e soprattutto quella degli Stati Uniti.
Questo è il passaggio. Io non se e quanto siano forti gli argomenti che usa
Samir Amin per parlare degli Stati Uniti come stato terrorista, probabilmente
una parte di questi argomenti possono non essere convincenti, però, da un
lato, a sostenerli c'è certamente la situazione che ho ricordato prima dei
servizi segreti come arma fondamentale degli stati moderni e della politica
moderna, e dall'altra c'è il fatto che gli Stati Uniti hanno teorizzato la
guerra aerea per terrorizzare la popolazione civile come l'arma decisiva
nella strategia complessiva degli Stati Uniti. Abbiamo degli esempi tanto
nella conduzione che ho detto della seconda guerra mondiale, quanto nel primo
e per fortuna sinora unico uso della bomba atomica che venne fatto sulle
città giapponesi, che non venne usata nel corso di una battaglia tra forze
combattenti, ma in un'occasione a Hiroshima e poi a Nagasaki per terrorizzare
il Giappone; tra l'altro in una fase nella quale il Giappone era già
rassegnato alla sconfitta ed alla resa. Su questo anche la recente
storiografia degli Stati Uniti tende ad eliminare gli ultimi dubbi. Certo
c'era nello stato maggiore giapponese questa vocazione al suicidio eroico.
Adesso si chiamano impropriamente kamikaze quelli che sarebbe più giusto
definire bombe umane, ma il kamikaze vento divino, il termine giapponese che
significa vento divino, nasce dalla cultura militarista giapponese. Il vento
divino è nella storia del Giappone una tempesta naturale non provocata
dall'uomo, uno dei grandi tifoni che caratterizzano i mari dell'estremo
oriente che distrussero la flotta tartara che si preparava all'invasione del
Giappone( parliamo del 1100- 1200). Questo venne interpretato nella cultura
religiosa scintoista del Giappone come il segno che il Giappone era protetto
dagli dei e che il vento divino contribuiva a sconfiggere i nemici
dell'imperatore. Sulla base di questa tradizione culturale vennero inventati
i piloti suicidi, cosiddetti kamikaze, che presero il nome divino e che
avrebbero dovuto colpire nell'unico modo possibile la flotta americana. Fu un
grandioso successo e il fior fiore dei giovani giapponesi morirono. Ormai lo
strapotere americano era tale che non c'era alcuna capacità di
contrapposizione da parte del Giappone. L'ultima grande battaglia
navale-aerea finì con la quasi totale distruzione della flotta giapponese. E
certamente nella primavera del 45 c'era ancora nello stato maggiore
dell'esercito e nella marina una minoranza che preferiva il suicidio
collettivo alla sconfitta ed alla resa. Ma in realtà già nella primavera del
1945 attraverso l'ambasciata del Giappone a Bernail, il governo giapponese
era presieduto da un generale che poi venne impiccato come criminale di
guerra, nonostante la resistenza di questi circoli della tradizione militare
votata al suicidio piuttosto che alla resa, avevano preso contatto con gli
alleati, specificamente con gli Stati Uniti per trattare la resa del
Giappone; quindi le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki non poterono avere
la giustificazione che ebbero inizialmente. La giustificazione iniziale fu
quella che un'invasione del Giappone, secondo i calcoli che aveva effettuato
il Pentagono, sarebbe costata agli stati uniti 5-600mila morti. Erano dei
calcoli del tutto inesatti perchè erano basati sull'usare come parametro le
perdite subite nelle isole periferiche del Giappone, come Okinaua, che poi
sono diventate celebri, avrete visto tante volte quella foto dei marines che
alzano la bandiera degli Stati Uniti. Non è che furono elevatissimi, ci
furono decina di morti per conquistare queste piccole isole, e questo fu
usato come parametro per stabilire quante perdite invece sarebbe costata la
conquista delle isole principali del Giappone. Ma questo calcolo era stato
fatto quando il Giappone aveva ancora una capacità combattiva, quando disponeva
ancora di una flotta e quando aveva ancora un'arma aerea. Nell'estate, già
nel giugno-luglio, dopo la distruzione della flotta giapponese nella
battaglia di Leida al largo delle Filippine, il Giappone non aveva
praticamente più flotta e gli ultimi piloti che aveva gli usava come kamikaze
senza nessun risultato, cadevano a centinaia per danneggiare una nave
americana, quindi usare come parametro Okinaua era del tutto errato; la
giustificazione era che così si sarebbero salvate 600mila vite americane era
del tutto infondata e l'invasione del Giappone avrebbe potuto avvenire con
perdite molto minori; ed in ogni caso il Giappone poi si arrese ancora prima
dell'invasione. Quindi io credo, anche gli storici americani adesso sono
arrivati sostanzialmente a sostenere questo, che queste bombe atomiche furono
sganciate in base alla logica che ho detto prima: la guerra odierna si vince
terrorizzando la popolazione civile; ed anche come monito all'Unione
Sovietica. Così come per quanto riguarda invece gli inglesi, l'inutile
bombardamento di Dresda che causò 100-120mila vittime quando ormai la
Germania era ormai allo stremo e non era più in grado di imporre una efficace
resistenza militare. E anche questo agisce come un monito nei confronti
dell'Unione Sovietica le cui truppe stavano per arrivare appunto a Dresda.
Ecco questa logica della guerra aerea come guerra del terrore, che appunto
anche a Milano abbiamo abbondantemente sperimentato 60 anni fa, è diventata
paura logica fondamentale nella strategia degli Stati Uniti. Per questo, in
questo senso si può ritenere che è stata sistematica e ricordiamo che, sia
pure senza ottenere risultati decisivi, fu un'arma ritenuta risolutiva per la
guerra del Vietnam, paese che fu praticamente devastato da massicci e
ripetuti bombardamenti, ma lo stato maggiore americano disse che in realtà
non era stata decisiva perchè si sarebbe dovuto bombardare ancora di più, e
quindi non venne ritenuta una prova dell'insufficienza della guerra aerea del
terrore dal cielo per vincere la guerra. L'interpretazione americana fu che
non era stata decisiva perché non era stata usata abbastanza spietatezza, non
si era, si potrebbe dire, proiettato sufficiente terrore per piegare il Nord
Vietnam anche perché ci fu una diffusa reazione dell'opinione pubblica
americana. Questo è comunque, dicevo, il ruolo dell'arma aerea per colpire la
popolazione civile e rimane tuttora un aspetto decisivo della strategia degli
Stati Uniti. Già adesso, se si legge la stampa americana di questi giorni,
continuano i bombardamenti aerei sulle città occupate dalla guerriglia
irachena, Falluja, poi si immagina che subito dopo le elezioni questo sarà lo
strumento decisivo per tentare di riconquistare queste città. Quindi la lunga
storia che in parte è cominciata anche in Italia con le teorie del generale
Douhet è purtroppo cronaca di questi giorni in Irak. Io credo che questi
siano i due aspetti sotto i quali, al di là di informazioni propagandistiche
o di ritorsioni di propaganda o di polemica, si possono vedere i problemi che
oggi abbiamo di fronte a quello che si può considerare, può essere definito
terrorismo di stato, pur con tutte le cautele che abbiamo visto, l'uso
onnicomprensivo del termine terrorismo e le semplificazioni che non aiutano a
capire la complessità dei problemi che il mondo, che tutti abbiamo di fronte
agli inizi del XXI secolo. Quindi bisogna, ripeto, evitare le semplificazioni
ma nello stesso tempo cercare di illustrare le ragioni per le quali ci
troviamo di fronte a questo problema che possiamo definire con la categoria
politica del terrorismo di stato, le guerre sporche condotte dai servizi
segreti delle grandi potenze da un lato, e l'uso sistematico dell'arma aerea
per terrorizzare la popolazione civile dall'altro.
Giorgio Galli è storico e studioso della
politica.
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