All'improvviso, il figlio del
carrettiere Elpidio comincia a perdere sangue dal naso. Ha poco meno di tre
anni e, vedendo la sua maglietta bianca macchiata di sangue, comincia a
piangere a squarciagola. È domenica e la famiglia pranza sotto la tettoia
dell'orto.
Maria si alza tenendo in braccio il bambino in lacrime. La pozza è proprio
dietro il tavolo. Bagna i polsi del bambino, la nuca, la fronte e prende un
panno per fermare l'emorragia.
In un minuto il panno si inzuppa letteralmente di sangue. E il bambino,
davanti al sangue che continua a scorrere incessantemente dal naso, continua
a piangere, gli occhi pieni di paura.
- L'acqua non credo che sia buona - dice Elpidio, lasciando la forchetta e
alzandosi. Prende in braccio il bambino: -Cerca del cotone con aceto e sale
-.
La donna volta dalla loro baracca con dei pezzi di cotone.
Tappato il naso, il sangue trova il cammino della gola e il bambino sputa un
fiotto di sangue rosso sul pavimento non rivestito del piccolo patio.
-Aspetta -. Elpidio passa il figlio alla moglie. Si è ricordato di un trucco
che aveva l'abitudine di usare nel gioco con i galli da combattimento: un
panno bruciato. Bastava posarlo sul gargarozzo tagliato del gallo e
l'emorragia passa di colpo.
È peggio. Il bambino quasi si strozza col suo stesso pianto, dà un colpo di
tosse e il sangue comincia a scorrere in libertà, bagnando di rosso il
vestito verde-chiaro della moglie .
-Non c'è niente da fare- riconosce Elpidio -dobbiamo portar Zé
all'ambulatorio pubblico.
-Ma oggi è domenica.-
-Non importa. Gli ambulatori non chiudono. Prendi di corsa un panno per il
sangue. Prendo i documenti e un po' di soldi -. E mette proprio in basso alla
cintura la pesciera che sempre usa quando esce di casa.
Abbandonano metà del cibo sul tavolo, chiudono la porta della baracca, e
Elpidio, con il bambino in lacrime e tirando su con il naso, Maria incaricata
di asciugare il sangue, scendono in fretta la montagna.
L'ambulatorio, per fortuna, è aperto e vuoto, non dovranno aspettare. Elpidio
parla, facendo una confusione dannata con la ragazza nella sala d'attesa.
Ce ne mette di tempo per alzare, e senza fretta, la faccia tutta truccata. I
medici sono a pranzo.
-Ma guarda il bambino, signorina-. Elpidio mostra sua figlio coperto di
sangue. -Il sangue non vuole smettere di uscire.
-Devono essere alla fine- dice la ragazza, dando una spiata al bambino. E
sprofonda di nuovo nella lettura della rivista di fumetti.
Elpidio sta già per replicare quando la moglie gli tira il braccio. Si
avviano verso banco accostato alla parete. Lui si siede con il bambino in
braccio, il cui pianto si è trasformato in un gemito intermittente, Maria
resta in piedi, davanti a lui, fermando il sangue con un panno.
Trascorsi pochi istanti, il panno è già inzuppato di sangue. Il bambino
smette di gemere e chiude gli occhi. Elpidio tira fuori della tasca un fazzoletto
incardito e Maria non sa cosa fare con il panno intriso di sangue.
-Signorina-, Elpidio alza la voce, -sta perdendo molto sangue. Il bambino è
già debolissimo. Parlate con il medico, per l'amor di Dio. Non si può
aspettare. La ragazza chiude la rivista, come in trance, e si dirige
all'interno dell'ambulatorio. Maria guarda il bambino e mormora: -Mio Dio del
cielo", con voce bassa, quasi ingoiando le parole.
-Devono ancora aspettare un momentino solamente- dice la ragazza tornando. I
medici non avrebbero ritardato. Hanno già mangiato.
Elpidio alza la testa agitato. Il bambino è debolissimo tra le sue braccia.
Maria lo guarda, spaventata.
-Il medico ci deve ricevere adesso, non importa cosa- Elpidio spinge con
forza la porticina ed entra nel corridoio, seguito dalla moglie e dalla
ragazza.
Nella prima stanza non c'è nessuno. Nella seconda sala trova due uomini
vestiti da medico, seduti in poltrona, mentre guardano una partita di calcio
alla televisione.
Dice soltanto: -Per l'amor di Dio-.
La ragazza riceve un richiamo da uno dei due medici: -Devono aspettare lá
fuori, che diavolo!-.
In questo esatto momento il bambino emette come un grugnito e si abbandona
tra le braccia di Elpido. Maria grida, scuote il bambino. La sua testa
ciondola all'indietro. Elpidio guarda i medici seduto in poltrona e non ci
pensa due volte. Passa il cadavere del bambino alla moglie, apre la camicia,
prende il coltellaccio da pesce e comincia a sanguinare.
(Racconto tratto dalla rivista on-line Musibrasil, edizione di Settembre
2006, traduzione di Francesca Felici.)
Wander Piroli, scrittore brasiliano recentemente scomparso, è
nato a Minas Gerais, in Brasile, e per molti anni ha lavorato come
giornalista nel giornale O Estado de Minas, di Belo Horizonte. Negli
anni '60 e '70 ha avuto grande successo come autore di racconti brevissimi,
quelli presenti nelle raccolte A mãe e o filho da mãe, A máquina de fazer
amor e Minha bela putana, veri classici di quel periodo, conosciuto nella
storia letteraria brasiliana come il Boom literário brasileiro. La sua
opera dimostra una profonda tenerezza verso la sensibilità del popolo più
umile, e dei lavoratori, creando piccoli "ritratti" dei soprusi e
delle ingiustizie che colpiscono i brasiliani più poveri nel loro quotidiano,
mentre i sentimenti più puri dell'amore, della solidarietà spontanea,
dell'amicizia e della generosità servono da riscatto a queste umiliazioni.
Piroli è anche autore di libri per bambini molto popolari, come O menino e
o pinto do menino e Os rios morren de sede.
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