I DIRITTI DEGLI ANIMALI

Jeremy Rifkin

La nuova scienza non cancella ragione e utilità nel proprio approccio alla natura, ma rende questi valori parzialmente subordinati all'empatia e al valore intrinseco. Ciò è particolarmente evidente nell'approccio europeo agli altri esseri viventi: Gandhi disse una volta che "la grandezza di una nazione e il suo progresso morale possono essere giudicati dal modo in cui tratta gli animali". La sua visione è in netto contrasto con quella di Cartesio, convinto che gli animali fossero "automi privi di anima", risorse da far lavorare o da consumare, con poca considerazione per il loro benessere. La condizione delle creature terrestri è poco cambiata da allora e secondo alcuni il loro destino è addirittura peggiorato. Per quanto sia difficile da immaginare, i nostri scienziati ci dicono che dopo milioni di anni di vita sulla terra ci stiamo avvicinando alla fine della "natura selvaggia": in meno di un secolo non sarà rimasto più niente di selvaggio, al di fuori dei parchi.
Se il pensiero della perdita della natura selvaggia è triste, quello dell'estinzione di moltissime specie viventi è ancor più inquietante: secondo uno studio condotto da un gruppo internazionale di scienziati e pubblicato nel 2004 dalla rivista "Nature", entro il 2050 fra il 15 e il 37% delle specie animali e vegetali superstiti sulla terra è destinato all'estinzione. Le specie si stanno estinguendo a un ritmo impressionante: da cento a mille volte più rapidamente che in passato. E questa volta è l'uomo, non un meteorite proveniente dallo spazio esterno o un'eruzione vulcanica, a essere responsabile del massacro: infatti, secondo gli scienziati che hanno condotto lo studio, la prima causa dell'aumento del tasso di estinzione è il riscaldamento globale.
Ma se gli animali selvatici e i loro habitat naturali si stanno riducendo a una velocità impressionante, gli animali destinati alla ricerca e quelli di allevamento si confrontano probabilmente con la peggiore esistenza possibile sulla terra: soggetti a barbari esperimenti nei laboratori, allevati in condizioni terribili nelle fattorie industriali, questi animali patiscono un destino crudele.
Ora, l'Unione europea e i suoi paesi membri si sono impegnati in una serie di iniziative tese a creare un ambiente migliore per gli animali selvatici e per quelli utilizzati in esperimenti scientifici o allevati per il consumo: il nuovo programma europeo estende - almeno in via sperimentale - l'idea di diritti universali a tutte le creature, secondo modalità che solo una decina di anni fa sarebbero state inconcepibili in provvedimenti legislativi.
Da lungo tempo i paesi industriali avanzati hanno statuti legislativi che proteggono il benessere degli animali e garantiscono loro un trattamento degno, ma sfortunatamente tali dispositivi sono sempre stati, nel migliore dei casi, mal congegnati e poco applicati nella pratica. Questo sta cominciando a cambiare, nell'UE. La grande innovazione nel pensiero è venuta con l'inclusione di due parole in un protocollo sul benessere degli animali allegato al Trattato di Amsterdam: gli Stati membri dell'UE hanno dichiarato che "per garantire più protezione e rispetto per il benessere degli animali, in quanto esseri senzienti" si accordavano per "dare la massima attenzione alle condizioni che favoriscono il benessere degli animali". Le due parole chiave sono "esseri senzienti": mai in passato un governo aveva riconosciuto agli animali un simile status di esseri dotati di sentimenti e coscienza. Poi, nel marzo 2002, il Bundestag tedesco ha scioccato la comunità internazionale inserendo nella propria Costituzione, primo Parlamento al mondo, la tutela dei diritti degli animali: con una schiacciante maggioranza di 543 voti favorevoli e 15 contrari, i legislatori tedeschi hanno aggiunto gli animali al testo di un articolo che impegna il governo a rispettare e proteggere la dignità delll'uomo. La nuova versione recita: "Lo Stato si assume la responsabilità di proteggere le basi naturali della vita e gli animali, nell'interesse delle future generazioni". La nuova legge impone al governo tedesco di valutare anche i diritti degli animali insieme ad altri, come quello alla ricerca e alla pratica della fede religiosa (molte religioni, per esempio, richiedono la macellazione rituale di animali nelle proprie cerimonie).
La sola idea di estendere i diritti fondamentali dall'uomo agli animali sarebbe salutata con sconcerto nei circoli politici americani. Gli europei hanno perso la testa? Questa è la domanda che si sente formulare in America, soprattutto fra i ricercatori e i rappresentanti del settore agroalimentare. Eppure, per quanto possa sembrare strano, i nuovi studi sul comportamento, condotti da scienziati, tendono ad avvalorare l'ipotesi che le creature terrestri siano realmente esseri senzienti e meritevoli del rispetto e della protezione dei propri diritti fondamentali nella legislazione. Ed è ancor più strano scoprire che molte di queste nuove ricerche sul comportamento animale sono sponsorizzate da aziende come McDonalds, Burger King, KFC e altre catene di ristorazione fast food.
Sotto la pressione degli attivisti per i diritti degli animali e del crescente sostegno dell'opinione pubblica a un trattamento migliore degli animali, queste aziende hanno finanziato ricerche, fra l'altro, su temi quali gli stati emotivi, mentali e comportamentali degli animali. Le scoperte dei ricercatori sono state sconcertanti: sembra che gli animali siano molto più simili a noi di quanto ci si aspettasse. Sentono dolore, soffrono, patiscono lo stress, provano affetto, eccitazione e persino amore. Studi sul comportamento sociale dei maiali, alla Purdue University negli Stati Uniti, hanno portato alla scoperta che i suini sono desiderosi di affetto e cadono facilmente in depressione se isolati o privati del tempo per giocare fra loro: la mancanza di stimoli mentali o fisici può portare a un deterioramento delle loro condizioni di salute e all'aumento dell'incidenza di svariate malattie. L'Unione europea ha preso in considerazione questi studi e dichiarato fuori legge, a partire dal 2012, l'uso dei recinti di isolamento negli allevamenti di maiali, da sostituire con recinti all'aria aperta. Il governo tedesco incentiva gli allevatori a concedere a ogni maiale 20 secondi al giorno di contatto con l'uomo e a dare loro due o tre giocattoli, per impedire che diventino aggressivi fra loro.
Questo studio sui maiali non è che un minimo assaggio di quanto sta accadendo nel nuovo campo, in grande espansione, della ricerca sulle emozioni e le capacità cognitive degli animali. Recentemente i ricercatori sono stati stupiti dalla pubblicazione di un articolo su "Science", in cui si riferivano le abilità concettuali riscontrate nei corvi della Nuova Caledonia: in esperimenti controllati, gli scienziati della Oxford University hanno rilevato che due uccelli, battezzati Betty e Abel, di fronte alla scelta fra due utensili, un filo di ferro dritto e uno ricurvo, per estrarre un pezzo di carne da un tubo, sceglievano sempre il ferro ricurvo. Ma, inaspettatamente, Abel, maschio dominante, ha sottratto a Betty il suo ferro ricurvo, lasciandole solo quello dritto. Per niente preoccupata, Betty ha usato il becco per incastrare il ferro dritto in una fessura e piegarlo, foggiando un uncino come quello che le era stato rubato, con cui ha poi estratto la carne dal tubo: i ricercatori hanno ripetuto l'esperimento per altre dieci volte, dandole solo ferri dritti, e in nove occasioni l'uccello ha dimostrato di saper costruire un uncino, dando così prova di una sofisticata abilità nella costruzione di utensili.
C'è poi la vicenda di Alex, il pappagallo grigio africano in grado di eseguire azioni in passato ritenute esclusive dell'uomo: Alex può identificare più di quaranta oggetti e sette colori, creando e scomponendo categorie; può anche apprendere concetti astratti, come "uguale" e "diverso", e risolvere problemi sulla base delle informazioni che gli vengono fornite.
Altrettanto impressionante è Koko, un gorilla di 135 chili a cui è stato insegnato il linguaggio dei segni e che oggi riesce a usare più di mille segni e a capire più di duemila parole di lingua inglese: nei test per il quoziente d'intelligenza che si applicano normalmente all'uomo, raggiunge un punteggio compreso fra 70 e 95, classificandosi nella categoria degli individui di lento apprendimento, ma non ritardati.
Le capacità di fabbricare strumenti e di elaborare un linguaggio complesso sono solo due fra i molti attributi che ritenevamo esclusivi della nostra specie. La coscienza di sé è un'ulteriore caratteristica umana: a lungo, filosofi e studiosi del comportamento animale hanno affermato che gli animali, mancando del senso dell'individualità, non hanno coscienza di sé. Secondo una serie di nuovi studi, invece, non è così: al Washington National Zoo, gli oranghi a cui viene dato uno specchio imparano a esplorare, mediante il suo uso, parti del corpo che normalmente non possono vedere, dimostrando di avere un senso del sé. Un orango di nome Chantek, che vive all'Atlanta Zoo, ha dimostrato una notevole consapevolezza di sé: usa lo specchio per curarsi i denti e aggiustarsi gli occhiali da sole come riferisce il suo addestratore.
Gli scienziati ritengono da tempo che ciò che distingue l'uomo dalle altre creature sia, in ultima istanza, il compianto dei morti: gli altri animali non hanno coscienza della morte e della propria condizione di mortalità. Ma questo non è necessariamente vero. Sembra infatti che gli animali provino dolore: spesso gli elefanti sostano accanto al cadavere di un compagno per giorni, in silenzio, toccandolo occasionalmente con la proboscide. Secondo il biologo keniota Joyce Poole, che studia gli elefanti da 25 anni, il comportamento di questi animali nei confronti dei compagni morti "lascia pochi dubbi circa il fatto che sperimentino una profonda emozione e abbiano consapevolezza di cosa è la morte".
Sappiamo anche che quasi tutti gli animali giocano, soprattutto da cuccioli, e chiunque abbia osservato il comportamento di cagnolini, gattini e orsetti non può che notare le somiglianze dei loro giochi con quelli dei bambini. Studi recenti sulla chimica del cervello dei ratti hanno dimostrato che, durante il gioco, il cervello rilascia massicce dosi di dopamina, un agente chimico neurologico associato anche negli uomini al piacere e all'eccitazione.
Notando la straordinaria somiglianza dell'anatomia e della chimica del cervello fra l'uomo e gli altri animali, Steven Siviy, scienziato del comportamento del Gettysburg College in Pennsylvania, si pone una domanda sempre più frequente fra i ricercatori: "Se si crede nell'evoluzione per selezione naturale, come si può credere che i sentimenti siano apparsi improvvisamente, dal nulla, con l'uomo?".
Le nuove scoperte dei ricercatori sono lontanissime dai dogmi della scienza ortodossa. Ancora recentemente gli scienziati continuavano ad affermare che la maggior parte delle creature agivano semplicemente per istinto, e che ciò che appariva come comportamento appreso non fosse che un'attività trasmessa geneticamente: oggi invece sappiamo che le oche devono insegnare ai propri piccoli le vie di migrazione. Anzi, sappiamo che l'apprendimento dai genitori è molto più comune di quanto si credesse, e che la maggior parte degli animali impara attraverso l'esperienza, con processi continui di sperimentazione e di soluzione di problemi per tentativi ed errori.
Ma tutto questo cosa implica rispetto al modo in cui trattiamo le altre creature? E rispetto alle migliaia di animali sottoposti ogni anno a dolorosi esperimenti scientifici? O ai milioni di animali domestici allevati nelle condizioni più disumane e destinati alla macellazione e al nostro consumo? Dovremmo proibire le trappole e scoraggiare la compravendita di pellicce? E cosa dire dell'uccisione degli animali per divertimento, come nella caccia alla volpe nelle campagne inglesi, nella corrida in Spagna, nei combattimenti di galli in Messico? O del loro utilizzo per divertire e intrattenere? Si dovrebbe vietare di tenere i leoni in gabbia negli zoo e di far eseguire esercizi agli elefanti nei circhi?
Queste domande cominciano a essere sollevate nelle aule di giustizia e in quelle dei parlamenti di tutto il mondo. Oggi, Harvard e venticinque altre facoltà di legge americane hanno introdotto corsi sui diritti degli animali, e nel sistema giudiziario si presentano sempre più spesso casi legati ai diritti degli animali.
Ma è in Europa che la causa degli animali ha compiuto i maggiori progressi: nel giugno 2003 la Camera dei Comuni inglese ha bandito a schiacciante maggioranza l'antica tradizione della caccia alla volpe. La legge trova ancora una feroce opposizione presso la Camera dei Lords, i cui membri aristocratici considerano questo sport il passatempo storico delle famiglie reali. Tuttavia, secondo gli osservatori, perfino la regina Elisabetta comincia ad avere qualche dubbio: il quotidiano "The Mirror" afferma che avrebbe chiesto a suo figlio, il principe Carlo, di abbandonare questo sport per evitare ulteriore pubblicità controproducente sui media, e sentimenti negativi nell'opinione pubblica.
Il crescente interesse dell'Unione europea per le sofferenze degli animali non è che la logica conseguenza dell'impegno per uno sviluppo sostenibile e per la tutela dell'ambiente globale: proteggere la biosfera significa anche prendersi cura di tutte le creature che condividono il pianeta con noi, e se tutte le reti di comunità viventi che costituiscono la nostra biosfera comune sono effettivamente connesse e integrate in una miriade di relazioni simbiotiche, il danno a una qualunque specie probabilmente ha ripercussioni negative su tutte le altre, inclusa quella umana. Certamente è stato questo il caso di alcuni trattamenti inflitti dall'uomo agli animali d'allevamento: fra questi, un esempio è l'epidemia di BSE innescata dal diffuso utilizzo di mangimi di origine animale per nutrire altri animali, al fine di abbattere i costi. Nutrire i bovini, vegetariani, con i resti trattati di altri bovini, in una sorta di perverso cannibalismo animale, ha sicuramente provocato la malattia; e, alla fine, gli uomini che mangiavano la carne di animali contaminati rischiavano la morte per la sindrome di Creutzfeldt-Jakob, una malattia degenerativa del cervello.
Tuttavia, il miglior esempio corrente del concetto che ciò che fa male agli animali fa male anche a noi è legato all'uso eccessivo di antibiotici. Dato che bovini, suini, pollame e altri animali sono allevati negli spazi ristretti e affollati delle fattorie industriali, lo stress a cui sono sottoposti indebolisce le loro difese immunitarie e li rende più esposti alle malattie. In ambienti simili, ogni malattia si diffonde rapidamente, e per questa ragione si somministrano agli animali dosi massicce di antibiotici. L'aumento dell'uso di antibiotici ha portato all'evoluzione di specie di batteri più resistenti, rendendo gli antibiotici meno efficaci nei trattamenti. Oggi la nostra specie, secondo gli ufficiali sanitari, si trova a fronteggiare un grave pericolo per la salute, poiché gli antibiotici comunemente usati sono meno efficaci nello sconfiggere i batteri mortali. Così, esistono nuove famiglie di batteri praticamente immuni a qualunque antibiotico conosciuto sul mercato, con il rischio dell'esplosione di pandemie a livello globale.
Il concetto di connessione e integrazione della vita sulla terra, dunque, sta diventando chiarissimo nel caso della trasmissione delle malattie degli animali all'uomo. Molta parte della nuova legislazione UE a protezione degli animali è tesa a creare un circolo virtuoso fra animali e uomo, nella convinzione che se un animale si ammala per causa nostra gli effetti possono ritorcersi contro la nostra salute, come spesso avviene.
Si consideri, per esempio, il caso del pollame: la stragrande maggioranza - quattro miliardi e settecento milioni - delle galline ovaiole allevate nel mondo sono tenute in minuscole gabbie in batteria, così minuscole che non possono neppure sbattere le ali né tantomeno avere un nido in cui deporre le uova. Agli spazi ristretti va addebitata l'estrema fragilità delle ossa, che spesso si spezzano al minimo urto. Il crudele trattamento riservato alle galline ovaiole nelle fattorie industriali causa periodiche esplosioni di salmonella e Cnmpylobacter jejuni nelle uova e nel pollame, con il conseguente avvelenamento dei consumatori. L'Unione europea, secondo produttore mondiale di uova, dopo la Cina, ha stabilito che a partire dal 2012 le gabbie in batteria saranno proibite. Negli Stati Uniti non è ancora stata approvata una legge del genere, e le probabilità che lo sia sono minime.
Ma forse nessun ambito dei diritti degli animali stimola un dibattito più acceso di quello inerente all'uso degli animali nella sperimentazione scientifica: questo perché, nella mente degli scienziati e di gran parte del pubblico, la questione viene spesso interpretata come una lotta fra diritti degli animali e diritti degli uomini. I ricercatori clinici affermano che se non fossero in grado di sperimentare nuovi farmaci e procedure chirurgiche sugli animali, le cure per molte serie malattie dell'uomo non potrebbero essere scoperte in tempo, con l'inevitabile perdita di vite umane. Gli attivisti per i diritti degli animali, invece, sostengono che si sacrificano sull'altare della scienza molti più animali del necessario, e che spesso i risultati dei tentativi di estrapolare dalla sperimentazione sugli animali informazioni utili per l'uomo sono insoddisfacenti; e anche nel caso in cui una sperimentazione su animali produca un'innovazione medica, essa non giustifica il sacrificio, per esempio, della vita di uno scimpanzé in cambio di quella di un uomo. Inoltre, oggi esistono alternative alla sperimentazione sugli animali, soprattutto grazie a sofisticati sistemi informatici di simulazione, che rendono antiquata e inutile quella barbara prassi.
L'Unione europea è stata la prima a emettere una direttiva in cui si stabilisce che "deve essere verificata ogni possibilità di sostituire la sperimentazione animale con altri metodi di sperimentazione". Dove non sono disponibili metodi alternativi, la Commissione europea impegna i ricercatori a scegliere "fra i possibili esperimenti, quelli che usano il minimo numero di animali, li coinvolgono al minimo livello di sensibilità neurofisiologica, causano meno dolore, sofferenza o danno duraturo, e hanno la maggiore probabilità di condurre a risultati soddisfacenti". La Commissione suggerisce anche parametri e scadenze per sostituire il 50% degli esperimenti su animali con esperimenti alternativi. I parametri di riferimento non sono ancora stati accettati, ma il solo fatto di averli proposti mette l'UE all'avanguardia, rispetto agli Stati Uniti, quanto a consapevolezza politica pubblica della materia.
L'Unione europea ha già messo al bando gli esperimenti su animali per prodotti cosmetici, cosa per cui in America gli animalisti si battono senza successo da anni: il bando dell'UE non copre soltanto i test nell'ambito degli Stati membri, ma proibisce la vendita di cosmetici che siano stati testati su animali, anche se provenienti da paesi non membri dell'Unione.
Queste coraggiose iniziative, pensate per promuovere gli interessi di tutte le creature viventi e stabilire un rapporto ecologicamente più equilibrato fra uomini e animali, non sono prive di costi e l'Unione europea teme che le sue politiche progressiste sui diritti degli animali possano mettere gli Stati membri in condizioni di svantaggio rispetto ad altri paesi, privi di normative o con regole meno restrittive: per esempio, l'UE stima che l'eliminazione dei recinti singoli per i maiali possa avere un costo compreso fra 0,006 e 0,02 euro per chilogrammo di carcassa suina; e nella produzione di uova, si stima che l'obbligo di creare maggiori spazi entro il 2012 possa far aumentare i costi del 16%.76 Per rispondere a questo problema, l'UE sta cercando di sensibilizzare i propri partner commerciali sui diritti degli animali, nella speranza che sforzi bilaterali contribuiscano a promuovere riforme analoghe in altri paesi. L'UE sta anche attivamente perseguendo una politica di etichettatura, in modo che i consumatori possano essere informati su ciò che acquistano. L'etichettatura delle uova è già stata messa in atto.
In un comunicato pubblicato nel novembre 2002 la Commissione europea ha chiarito che la politica agricola comunitaria è concentrata sempre più "sulla qualità che sulla quantità". Per l'UE, "approccio qualitativo" significa pensare a come ottimizzare l'intero reticolo di relazioni di cui è composto il sistema alimentare. La Commissione definisce la qualità come un concetto che "abbraccia un'ampia gamma di priorità, incluso il miglioramento della sicurezza degli alimenti, la protezione ambientale, lo sviluppo delle aree rurali, la conservazione del paesaggio e il benessere degli animali". Negli Stati Uniti tali considerazioni, legate a un approccio aperto e sistemico che integra tutte queste sfere in un unico network di interessi reciproci, non hanno alcun seguito presso la classe politica.
L'estensione del concetto di empatia umana, fino a includere considerazioni sull'integrità delle altre creature viventi, segna uno spartiacque nella politica: se tutti gli esseri sono realmente connessi in un'indivisibile rete della vita, raccolta nella fascia della biosfera, riconoscere e salvaguardare questi rapporti è essenziale per realizzare una nuova visione scientifica più olistica, oltre che per promuovere uno sviluppo sostenibile e una coscienza veramente globale.

(Tratto da Il sogno europeo, Oscar Mondadori edizioni, Milano, 2005, traduzione di Paolo Canton.)

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