La nuova scienza non
cancella ragione e utilità nel proprio approccio alla natura, ma rende questi
valori parzialmente subordinati all'empatia e al valore intrinseco. Ciò è
particolarmente evidente nell'approccio europeo agli altri esseri viventi:
Gandhi disse una volta che "la grandezza di una nazione e il suo
progresso morale possono essere giudicati dal modo in cui tratta gli
animali". La sua visione è in netto contrasto con quella di Cartesio,
convinto che gli animali fossero "automi privi di anima", risorse
da far lavorare o da consumare, con poca considerazione per il loro
benessere. La condizione delle creature terrestri è poco cambiata da allora e
secondo alcuni il loro destino è addirittura peggiorato. Per quanto sia
difficile da immaginare, i nostri scienziati ci dicono che dopo milioni di
anni di vita sulla terra ci stiamo avvicinando alla fine della "natura
selvaggia": in meno di un secolo non sarà rimasto più niente di
selvaggio, al di fuori dei parchi.
Se il pensiero della perdita della natura selvaggia è triste, quello
dell'estinzione di moltissime specie viventi è ancor più inquietante: secondo
uno studio condotto da un gruppo internazionale di scienziati e pubblicato
nel 2004 dalla rivista "Nature", entro il 2050 fra il 15 e il 37%
delle specie animali e vegetali superstiti sulla terra è destinato
all'estinzione. Le specie si stanno estinguendo a un ritmo impressionante: da
cento a mille volte più rapidamente che in passato. E questa volta è l'uomo,
non un meteorite proveniente dallo spazio esterno o un'eruzione vulcanica, a
essere responsabile del massacro: infatti, secondo gli scienziati che hanno
condotto lo studio, la prima causa dell'aumento del tasso di estinzione è il
riscaldamento globale.
Ma se gli animali selvatici e i loro habitat naturali si stanno riducendo a
una velocità impressionante, gli animali destinati alla ricerca e quelli di
allevamento si confrontano probabilmente con la peggiore esistenza possibile
sulla terra: soggetti a barbari esperimenti nei laboratori, allevati in
condizioni terribili nelle fattorie industriali, questi animali patiscono un
destino crudele.
Ora, l'Unione europea e i suoi paesi membri si sono impegnati in una serie di
iniziative tese a creare un ambiente migliore per gli animali selvatici e per
quelli utilizzati in esperimenti scientifici o allevati per il consumo: il
nuovo programma europeo estende - almeno in via sperimentale - l'idea di
diritti universali a tutte le creature, secondo modalità che solo una decina
di anni fa sarebbero state inconcepibili in provvedimenti legislativi.
Da lungo tempo i paesi industriali avanzati hanno statuti legislativi che
proteggono il benessere degli animali e garantiscono loro un trattamento
degno, ma sfortunatamente tali dispositivi sono sempre stati, nel migliore
dei casi, mal congegnati e poco applicati nella pratica. Questo sta
cominciando a cambiare, nell'UE. La grande innovazione nel pensiero è venuta
con l'inclusione di due parole in un protocollo sul benessere degli animali
allegato al Trattato di Amsterdam: gli Stati membri dell'UE hanno dichiarato
che "per garantire più protezione e rispetto per il benessere degli
animali, in quanto esseri senzienti" si accordavano per "dare la
massima attenzione alle condizioni che favoriscono il benessere degli
animali". Le due parole chiave sono "esseri senzienti": mai in
passato un governo aveva riconosciuto agli animali un simile status di esseri
dotati di sentimenti e coscienza. Poi, nel marzo 2002, il Bundestag tedesco
ha scioccato la comunità internazionale inserendo nella propria Costituzione,
primo Parlamento al mondo, la tutela dei diritti degli animali: con una
schiacciante maggioranza di 543 voti favorevoli e 15 contrari, i legislatori
tedeschi hanno aggiunto gli animali al testo di un articolo che impegna il
governo a rispettare e proteggere la dignità delll'uomo. La nuova versione
recita: "Lo Stato si assume la responsabilità di proteggere le basi
naturali della vita e gli animali, nell'interesse delle future
generazioni". La nuova legge impone al governo tedesco di valutare anche
i diritti degli animali insieme ad altri, come quello alla ricerca e alla
pratica della fede religiosa (molte religioni, per esempio, richiedono la
macellazione rituale di animali nelle proprie cerimonie).
La sola idea di estendere i diritti fondamentali dall'uomo agli animali
sarebbe salutata con sconcerto nei circoli politici americani. Gli europei
hanno perso la testa? Questa è la domanda che si sente formulare in America,
soprattutto fra i ricercatori e i rappresentanti del settore agroalimentare.
Eppure, per quanto possa sembrare strano, i nuovi studi sul comportamento, condotti
da scienziati, tendono ad avvalorare l'ipotesi che le creature terrestri
siano realmente esseri senzienti e meritevoli del rispetto e della protezione
dei propri diritti fondamentali nella legislazione. Ed è ancor più strano
scoprire che molte di queste nuove ricerche sul comportamento animale sono
sponsorizzate da aziende come McDonalds, Burger King, KFC e altre catene di
ristorazione fast food.
Sotto la pressione degli attivisti per i diritti degli animali e del
crescente sostegno dell'opinione pubblica a un trattamento migliore degli
animali, queste aziende hanno finanziato ricerche, fra l'altro, su temi quali
gli stati emotivi, mentali e comportamentali degli animali. Le scoperte dei
ricercatori sono state sconcertanti: sembra che gli animali siano molto più
simili a noi di quanto ci si aspettasse. Sentono dolore, soffrono, patiscono
lo stress, provano affetto, eccitazione e persino amore. Studi sul
comportamento sociale dei maiali, alla Purdue University negli Stati Uniti,
hanno portato alla scoperta che i suini sono desiderosi di affetto e cadono
facilmente in depressione se isolati o privati del tempo per giocare fra
loro: la mancanza di stimoli mentali o fisici può portare a un deterioramento
delle loro condizioni di salute e all'aumento dell'incidenza di svariate
malattie. L'Unione europea ha preso in considerazione questi studi e
dichiarato fuori legge, a partire dal 2012, l'uso dei recinti di isolamento
negli allevamenti di maiali, da sostituire con recinti all'aria aperta. Il
governo tedesco incentiva gli allevatori a concedere a ogni maiale 20 secondi
al giorno di contatto con l'uomo e a dare loro due o tre giocattoli, per
impedire che diventino aggressivi fra loro.
Questo studio sui maiali non è che un minimo assaggio di quanto sta accadendo
nel nuovo campo, in grande espansione, della ricerca sulle emozioni e le
capacità cognitive degli animali. Recentemente i ricercatori sono stati
stupiti dalla pubblicazione di un articolo su "Science", in cui si
riferivano le abilità concettuali riscontrate nei corvi della Nuova
Caledonia: in esperimenti controllati, gli scienziati della Oxford University
hanno rilevato che due uccelli, battezzati Betty e Abel, di fronte alla
scelta fra due utensili, un filo di ferro dritto e uno ricurvo, per estrarre un
pezzo di carne da un tubo, sceglievano sempre il ferro ricurvo. Ma,
inaspettatamente, Abel, maschio dominante, ha sottratto a Betty il suo ferro
ricurvo, lasciandole solo quello dritto. Per niente preoccupata, Betty ha
usato il becco per incastrare il ferro dritto in una fessura e piegarlo,
foggiando un uncino come quello che le era stato rubato, con cui ha poi
estratto la carne dal tubo: i ricercatori hanno ripetuto l'esperimento per
altre dieci volte, dandole solo ferri dritti, e in nove occasioni l'uccello
ha dimostrato di saper costruire un uncino, dando così prova di una
sofisticata abilità nella costruzione di utensili.
C'è poi la vicenda di Alex, il pappagallo grigio africano in grado di
eseguire azioni in passato ritenute esclusive dell'uomo: Alex può
identificare più di quaranta oggetti e sette colori, creando e scomponendo
categorie; può anche apprendere concetti astratti, come "uguale" e
"diverso", e risolvere problemi sulla base delle informazioni che
gli vengono fornite.
Altrettanto impressionante è Koko, un gorilla di 135 chili a cui è stato
insegnato il linguaggio dei segni e che oggi riesce a usare più di mille
segni e a capire più di duemila parole di lingua inglese: nei test per il
quoziente d'intelligenza che si applicano normalmente all'uomo, raggiunge un
punteggio compreso fra 70 e 95, classificandosi nella categoria degli
individui di lento apprendimento, ma non ritardati.
Le capacità di fabbricare strumenti e di elaborare un linguaggio complesso
sono solo due fra i molti attributi che ritenevamo esclusivi della nostra
specie. La coscienza di sé è un'ulteriore caratteristica umana: a lungo,
filosofi e studiosi del comportamento animale hanno affermato che gli
animali, mancando del senso dell'individualità, non hanno coscienza di sé.
Secondo una serie di nuovi studi, invece, non è così: al Washington National
Zoo, gli oranghi a cui viene dato uno specchio imparano a esplorare, mediante
il suo uso, parti del corpo che normalmente non possono vedere, dimostrando
di avere un senso del sé. Un orango di nome Chantek, che vive all'Atlanta
Zoo, ha dimostrato una notevole consapevolezza di sé: usa lo specchio per
curarsi i denti e aggiustarsi gli occhiali da sole come riferisce il suo
addestratore.
Gli scienziati ritengono da tempo che ciò che distingue l'uomo dalle altre
creature sia, in ultima istanza, il compianto dei morti: gli altri animali
non hanno coscienza della morte e della propria condizione di mortalità. Ma
questo non è necessariamente vero. Sembra infatti che gli animali provino
dolore: spesso gli elefanti sostano accanto al cadavere di un compagno per
giorni, in silenzio, toccandolo occasionalmente con la proboscide. Secondo il
biologo keniota Joyce Poole, che studia gli elefanti da 25 anni, il
comportamento di questi animali nei confronti dei compagni morti "lascia
pochi dubbi circa il fatto che sperimentino una profonda emozione e abbiano
consapevolezza di cosa è la morte".
Sappiamo anche che quasi tutti gli animali giocano, soprattutto da cuccioli,
e chiunque abbia osservato il comportamento di cagnolini, gattini e orsetti
non può che notare le somiglianze dei loro giochi con quelli dei bambini.
Studi recenti sulla chimica del cervello dei ratti hanno dimostrato che,
durante il gioco, il cervello rilascia massicce dosi di dopamina, un agente
chimico neurologico associato anche negli uomini al piacere e
all'eccitazione.
Notando la straordinaria somiglianza dell'anatomia e della chimica del
cervello fra l'uomo e gli altri animali, Steven Siviy, scienziato del
comportamento del Gettysburg College in Pennsylvania, si pone una domanda
sempre più frequente fra i ricercatori: "Se si crede nell'evoluzione per
selezione naturale, come si può credere che i sentimenti siano apparsi
improvvisamente, dal nulla, con l'uomo?".
Le nuove scoperte dei ricercatori sono lontanissime dai dogmi della scienza
ortodossa. Ancora recentemente gli scienziati continuavano ad affermare che
la maggior parte delle creature agivano semplicemente per istinto, e che ciò
che appariva come comportamento appreso non fosse che un'attività trasmessa
geneticamente: oggi invece sappiamo che le oche devono insegnare ai propri
piccoli le vie di migrazione. Anzi, sappiamo che l'apprendimento dai genitori
è molto più comune di quanto si credesse, e che la maggior parte degli
animali impara attraverso l'esperienza, con processi continui di
sperimentazione e di soluzione di problemi per tentativi ed errori.
Ma tutto questo cosa implica rispetto al modo in cui trattiamo le altre
creature? E rispetto alle migliaia di animali sottoposti ogni anno a dolorosi
esperimenti scientifici? O ai milioni di animali domestici allevati nelle
condizioni più disumane e destinati alla macellazione e al nostro consumo?
Dovremmo proibire le trappole e scoraggiare la compravendita di pellicce? E
cosa dire dell'uccisione degli animali per divertimento, come nella caccia
alla volpe nelle campagne inglesi, nella corrida in Spagna, nei combattimenti
di galli in Messico? O del loro utilizzo per divertire e intrattenere? Si
dovrebbe vietare di tenere i leoni in gabbia negli zoo e di far eseguire
esercizi agli elefanti nei circhi?
Queste domande cominciano a essere sollevate nelle aule di giustizia e in
quelle dei parlamenti di tutto il mondo. Oggi, Harvard e venticinque altre
facoltà di legge americane hanno introdotto corsi sui diritti degli animali,
e nel sistema giudiziario si presentano sempre più spesso casi legati ai
diritti degli animali.
Ma è in Europa che la causa degli animali ha compiuto i maggiori progressi:
nel giugno 2003 la Camera dei Comuni inglese ha bandito a schiacciante
maggioranza l'antica tradizione della caccia alla volpe. La legge trova
ancora una feroce opposizione presso la Camera dei Lords, i cui membri
aristocratici considerano questo sport il passatempo storico delle famiglie
reali. Tuttavia, secondo gli osservatori, perfino la regina Elisabetta
comincia ad avere qualche dubbio: il quotidiano "The Mirror"
afferma che avrebbe chiesto a suo figlio, il principe Carlo, di abbandonare
questo sport per evitare ulteriore pubblicità controproducente sui media, e
sentimenti negativi nell'opinione pubblica.
Il crescente interesse dell'Unione europea per le sofferenze degli animali
non è che la logica conseguenza dell'impegno per uno sviluppo sostenibile e
per la tutela dell'ambiente globale: proteggere la biosfera significa anche
prendersi cura di tutte le creature che condividono il pianeta con noi, e se
tutte le reti di comunità viventi che costituiscono la nostra biosfera comune
sono effettivamente connesse e integrate in una miriade di relazioni simbiotiche,
il danno a una qualunque specie probabilmente ha ripercussioni negative su
tutte le altre, inclusa quella umana. Certamente è stato questo il caso di
alcuni trattamenti inflitti dall'uomo agli animali d'allevamento: fra questi,
un esempio è l'epidemia di BSE innescata dal diffuso utilizzo di mangimi di
origine animale per nutrire altri animali, al fine di abbattere i costi.
Nutrire i bovini, vegetariani, con i resti trattati di altri bovini, in una
sorta di perverso cannibalismo animale, ha sicuramente provocato la malattia;
e, alla fine, gli uomini che mangiavano la carne di animali contaminati
rischiavano la morte per la sindrome di Creutzfeldt-Jakob, una malattia
degenerativa del cervello.
Tuttavia, il miglior esempio corrente del concetto che ciò che fa male agli
animali fa male anche a noi è legato all'uso eccessivo di antibiotici. Dato
che bovini, suini, pollame e altri animali sono allevati negli spazi
ristretti e affollati delle fattorie industriali, lo stress a cui sono
sottoposti indebolisce le loro difese immunitarie e li rende più esposti alle
malattie. In ambienti simili, ogni malattia si diffonde rapidamente, e per
questa ragione si somministrano agli animali dosi massicce di antibiotici.
L'aumento dell'uso di antibiotici ha portato all'evoluzione di specie di
batteri più resistenti, rendendo gli antibiotici meno efficaci nei
trattamenti. Oggi la nostra specie, secondo gli ufficiali sanitari, si trova
a fronteggiare un grave pericolo per la salute, poiché gli antibiotici
comunemente usati sono meno efficaci nello sconfiggere i batteri mortali.
Così, esistono nuove famiglie di batteri praticamente immuni a qualunque
antibiotico conosciuto sul mercato, con il rischio dell'esplosione di
pandemie a livello globale.
Il concetto di connessione e integrazione della vita sulla terra, dunque, sta
diventando chiarissimo nel caso della trasmissione delle malattie degli
animali all'uomo. Molta parte della nuova legislazione UE a protezione degli
animali è tesa a creare un circolo virtuoso fra animali e uomo, nella
convinzione che se un animale si ammala per causa nostra gli effetti possono
ritorcersi contro la nostra salute, come spesso avviene.
Si consideri, per esempio, il caso del pollame: la stragrande maggioranza -
quattro miliardi e settecento milioni - delle galline ovaiole allevate nel
mondo sono tenute in minuscole gabbie in batteria, così minuscole che non
possono neppure sbattere le ali né tantomeno avere un nido in cui deporre le
uova. Agli spazi ristretti va addebitata l'estrema fragilità delle ossa, che
spesso si spezzano al minimo urto. Il crudele trattamento riservato alle
galline ovaiole nelle fattorie industriali causa periodiche esplosioni di
salmonella e Cnmpylobacter jejuni nelle uova e nel pollame, con il
conseguente avvelenamento dei consumatori. L'Unione europea, secondo
produttore mondiale di uova, dopo la Cina, ha stabilito che a partire dal
2012 le gabbie in batteria saranno proibite. Negli Stati Uniti non è ancora
stata approvata una legge del genere, e le probabilità che lo sia sono
minime.
Ma forse nessun ambito dei diritti degli animali stimola un dibattito più
acceso di quello inerente all'uso degli animali nella sperimentazione
scientifica: questo perché, nella mente degli scienziati e di gran parte del
pubblico, la questione viene spesso interpretata come una lotta fra diritti
degli animali e diritti degli uomini. I ricercatori clinici affermano che se
non fossero in grado di sperimentare nuovi farmaci e procedure chirurgiche
sugli animali, le cure per molte serie malattie dell'uomo non potrebbero
essere scoperte in tempo, con l'inevitabile perdita di vite umane. Gli
attivisti per i diritti degli animali, invece, sostengono che si sacrificano
sull'altare della scienza molti più animali del necessario, e che spesso i
risultati dei tentativi di estrapolare dalla sperimentazione sugli animali
informazioni utili per l'uomo sono insoddisfacenti; e anche nel caso in cui
una sperimentazione su animali produca un'innovazione medica, essa non
giustifica il sacrificio, per esempio, della vita di uno scimpanzé in cambio
di quella di un uomo. Inoltre, oggi esistono alternative alla sperimentazione
sugli animali, soprattutto grazie a sofisticati sistemi informatici di
simulazione, che rendono antiquata e inutile quella barbara prassi.
L'Unione europea è stata la prima a emettere una direttiva in cui si
stabilisce che "deve essere verificata ogni possibilità di sostituire la
sperimentazione animale con altri metodi di sperimentazione". Dove non
sono disponibili metodi alternativi, la Commissione europea impegna i
ricercatori a scegliere "fra i possibili esperimenti, quelli che usano
il minimo numero di animali, li coinvolgono al minimo livello di sensibilità
neurofisiologica, causano meno dolore, sofferenza o danno duraturo, e hanno
la maggiore probabilità di condurre a risultati soddisfacenti". La
Commissione suggerisce anche parametri e scadenze per sostituire il 50% degli
esperimenti su animali con esperimenti alternativi. I parametri di
riferimento non sono ancora stati accettati, ma il solo fatto di averli
proposti mette l'UE all'avanguardia, rispetto agli Stati Uniti, quanto a
consapevolezza politica pubblica della materia.
L'Unione europea ha già messo al bando gli esperimenti su animali per
prodotti cosmetici, cosa per cui in America gli animalisti si battono senza
successo da anni: il bando dell'UE non copre soltanto i test nell'ambito
degli Stati membri, ma proibisce la vendita di cosmetici che siano stati
testati su animali, anche se provenienti da paesi non membri dell'Unione.
Queste coraggiose iniziative, pensate per promuovere gli interessi di tutte
le creature viventi e stabilire un rapporto ecologicamente più equilibrato
fra uomini e animali, non sono prive di costi e l'Unione europea teme che le
sue politiche progressiste sui diritti degli animali possano mettere gli
Stati membri in condizioni di svantaggio rispetto ad altri paesi, privi di
normative o con regole meno restrittive: per esempio, l'UE stima che
l'eliminazione dei recinti singoli per i maiali possa avere un costo compreso
fra 0,006 e 0,02 euro per chilogrammo di carcassa suina; e nella produzione
di uova, si stima che l'obbligo di creare maggiori spazi entro il 2012 possa
far aumentare i costi del 16%.76 Per rispondere a questo problema, l'UE sta
cercando di sensibilizzare i propri partner commerciali sui diritti degli
animali, nella speranza che sforzi bilaterali contribuiscano a promuovere
riforme analoghe in altri paesi. L'UE sta anche attivamente perseguendo una
politica di etichettatura, in modo che i consumatori possano essere informati
su ciò che acquistano. L'etichettatura delle uova è già stata messa in atto.
In un comunicato pubblicato nel novembre 2002 la Commissione europea ha
chiarito che la politica agricola comunitaria è concentrata sempre più
"sulla qualità che sulla quantità". Per l'UE, "approccio
qualitativo" significa pensare a come ottimizzare l'intero reticolo di
relazioni di cui è composto il sistema alimentare. La Commissione definisce
la qualità come un concetto che "abbraccia un'ampia gamma di priorità,
incluso il miglioramento della sicurezza degli alimenti, la protezione
ambientale, lo sviluppo delle aree rurali, la conservazione del paesaggio e
il benessere degli animali". Negli Stati Uniti tali considerazioni,
legate a un approccio aperto e sistemico che integra tutte queste sfere in un
unico network di interessi reciproci, non hanno alcun seguito presso la
classe politica.
L'estensione del concetto di empatia umana, fino a includere considerazioni
sull'integrità delle altre creature viventi, segna uno spartiacque nella
politica: se tutti gli esseri sono realmente connessi in un'indivisibile rete
della vita, raccolta nella fascia della biosfera, riconoscere e salvaguardare
questi rapporti è essenziale per realizzare una nuova visione scientifica più
olistica, oltre che per promuovere uno sviluppo sostenibile e una coscienza
veramente globale.
(Tratto
da Il sogno europeo, Oscar Mondadori edizioni, Milano, 2005,
traduzione di Paolo Canton.)
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