Il Presidente degli
Stati Uniti d'America entrò nell'auto, circondato dagli agenti. Prese posto
sul sedile posteriore. Era una mattina anonima e scura. Nessuno parlò.
Filarono via, e i pneumatici si fecero sentire sulla strada ancora bagnata
dalla pioggia della notte precedente. C'era un silenzio molto strano, come
mai lo era stato prima.
Andarono per un po' e ad un certo punto il Presidente disse:
"Senti, questa non è la strada per l'aeroporto".
I suoi agenti non risposero. Era stata programmata una vacanza. Due settimane
nella sua residenza privata. L'aereo lo attendeva all'aeroporto.
Cominciò a piovigginare. Sembrava che dovesse piovere ancora. Gli uomini,
compreso il Presidente, indossavano pesanti soprabiti; cappelli; tutto ciò
faceva sembrare l'auto strapiena. Fuori c'era un vento freddo e insistente.
"Autista", disse il Presidente, "ritengo che stia andando per
la direzione sbagliata".
Il conducente non rispose. Gli altri agenti non batterono ciglio.
"Sentite", disse il Presidente, "qualcuno vuol riferire a
quell'uomo la via esatta per l'aeroporto?".
"Non andiamo all'aeroporto", disse l'agente alla sinistra del
Presidente.
"Non stiamo andando all'aeroporto?" domandò il Presidente.
Gli agenti rimasero indifferenti. La pioggerella diventò pioggia. Il
conducente azionò i tergicristalli.
"Sentite, che c'è?" chiese il Presidente. "Che succede
qui?"
"Piove da settimane", disse l'agente accanto all'autista.
"Deprime. Come sarò contento di godermi un po' di sole."
"Sicuro, anch'io", disse l'autista.
"C'è qualcosa che non quadra", disse il Presidente, "esigo
sapere… "
"Non sei più nella condizione di esigere", disse l'agente alla
destra del Presidente.
"Vuoi dire?… "
"Vogliamo dire!" disse l'agente.
"È un assassinio?" chiese il Presidente.
"Andiamo… è fuori moda."
"E allora cosa… "
"Per favore. Abbiamo l'ordine di non discutere con lei."
Viaggiarono per alcune ore. Continuava a piovere. Nessuno parlò.
"Ora", disse l'agente alla sinistra del Presidente, "fai un
altro giro, e poi svolta all'interno. Così non verremo seguiti. La pioggia ci
è stata di grande aiuto".
L'auto tratteggiò l'area suggerita, quindi svoltò in una piccola strada
sterrata. Era molto fangosa e i pneumatici ogni tanto giravano, slittavano,
poi facevano di nuovo presa e l'auto procedeva. Un uomo con un impermeabile
giallo, impugnando una torcia, li diresse all'interno di un garage aperto. Si
trattava di un'area isolata, con molti alberi. Alla sinistra del garage c'era
una piccola casa di campagna. Gli agenti aprirono le portiere.
"Fuori", dissero al Presidente. Il Presidente obbedì. Gli agenti
stavano intorno al Presidente con circospezione, sebbene per miglia non ci
fosse essere umano, eccetto l'uomo con la torcia e l'impermeabile giallo.
"Non vedo perché non avremmo potuto sistemare la faccenda qui",
disse l'uomo con l'impermeabile giallo. "Sembra certamente più rischioso
nell'altro modo."
"Ordini", fece uno degli agenti. "Lo sai com'è. Ha sempre
agito secondo intuito. E così anche adesso, più che mai."
"Fa molto freddo. Avete tempo per una tazza di caffè? È già
pronto."
"Molto gentile, grazie. È stato un lungo viaggio. Presumo che l'altra
auto sia già pronta."
"Certo. È stata controllata più volte. Comunque abbiamo dieci minuti di
anticipo sul programma. È per questo che ho suggerito il caffè. Lo sai come
la pensa sulla precisione."
"O.K. Allora, entriamo."
Entrarono nella casa di campagna, tenendo con molta attenzione il Presidente
tra di loro.
"Tu siediti là"‚ disse uno degli agenti al Presidente.
"È un ottimo caffè", disse l'uomo con l'impermeabile giallo,
"macinato a mano".
Fece il giro con la caffettiera. Ne versò uno per sé, si sedette, con
l'impermeabile giallo ancora indosso e il cappuccio gettato sulla stufa.
"Ah, veramente buono", disse uno degli agenti.
"Panna e zucchero?" domandò un altro al Presidente.
"Va bene", rispose…
Non c'era molto spazio nella vecchia macchina, ma fecero in modo di entrare
con il Presidente di nuovo sul sedile posteriore… La vecchia auto slittò
nelle grosse buche e sul fango, ma riuscì a tornare sulla strada. Fu di nuovo
per la maggior parte un viaggio silenzioso. Uno degli agenti si accese una
sigaretta.
"Maledizione, non riesco proprio a smettere!"
"Beh, è difficile, tutto lì. Non preoccuparti."
"Non sono preoccupato. Solo disgustato."
"Senti, non pensarci. Questo è un gran giorno per la Storia."
"Eccome!" fece quello con la sigaretta.
Quindi, aspirò…
Parcheggiarono nei pressi di una vecchia pensione. Continuava a piovere.
Rimasero lì alcuni istanti.
"Ora", disse l'agente di fianco all'autista, "fatelo uscire. È
sgombro. Nessuno in giro".
Camminarono con il Presidente in mezzo a loro, prima attraverso la porta di
ingresso, quindi su per tre piani di scale, sempre tenendo il Presidente in
mezzo a loro. Si fermarono e bussarono alla 306. Il segnale: battuta, pausa,
tre battute, pausa, due battute…
La porta fu aperta e gli uomini spinsero dentro il Presidente. La porta fu
poi chiusa a chiave e sprangata. Dentro attendevano tre uomini. Due avevano
una cinquantina d'anni. L'altro era vestito con una vecchia camicia da
manovale, pantaloni di seconda mano molto larghi e scarpe da dieci dollari
scalcagnate e sporche. Stava seduto al centro della stanza su una sedia a
dondolo. Poteva avere una ottantina d'anni, sorrideva… e gli occhi erano gli
stessi; naso, mento, fronte non erano molto cambiati.
"Benvenuto, Signor Presidente. Ho aspettato molto la Storia, la Scienza
e Voi; siete arrivati tutti secondo i piani, oggi… "
Il Presidente guardò il vecchio sulla sedia a dondolo. "Mio Dio! Tu sei…
tu sei… "
"Mi hai riconosciuto! Altri tuoi concittadini hanno scherzato sulla
somiglianza! Troppo stupidi per rendersi conto che io ero… "
"Ma fu provato che… "
"Certo che fu provato. I bunker: 30 aprile 1945. Abbiamo voluto così.
Sono stato paziente. La Scienza era con noi ma a volte ho dovuto accelerare
la Storia. Volevamo l'uomo giusto. Tu sei l'uomo giusto. Era impossibile per
gli altri - troppo lontani dalla mia filosofia politica… tu sei l'ideale.
Adoperando te sarà più facile ma come ti ho detto dovevo accelerare un po' il
percorso della Storia… la mia età… ho dovuto… "
"Vuoi dire…?"
"Sì, io ho fatto assassinare il tuo presidente Kennedy. E poi, suo
fratello… "
"Ma perché il secondo assassinio?"
"Ci avevano informati che quell'uomo avrebbe vinto le elezioni
presidenziali."
"Ma che ne farete di me? Mi è stato detto che non mi avreste
assassinato… "
"Posso presentarti i dottori Graf e Voelker?"
I due uomini salutarono il Presidente con un cenno del capo e sorrisero.
"Ma allora cosa succederà?" chiese il Presidente.
"Scusa un attimo. Devo chiedere ai miei uomini; Karl, com'è andata con
il Doppione?"
"Bene. Abbiamo telefonato dalla fattoria. Il Doppione è arrivato all'aeroporto
come previsto. Il Doppione ha annunciato che, viste le condizioni del tempo,
avrebbe annullato il volo fino al giorno dopo. Quindi ha annunciato che
avrebbe fatto un giro in macchina… che gli piaceva essere accompagnato in
giro sotto la pioggia… "
"E poi?" chiese il vecchio.
"Il Doppione è morto."
"Bene. Andiamo avanti. Storia e Scienza sono arrivate alla loro
ora."
Gli agenti fecero andare il Presidente verso uno dei due tavoli operatori.
Gli dissero di spogliarsi. Il vecchio andò verso l'altro tavolo. I dottori
Graf e Voelker indossarono i camici e si prepararono per l'incarico…
L'uomo dall'aspetto più giovane si alzò da uno dei due tavoli operatori. Si
vestì con gli abiti del Presidente, poi andò verso il grande specchio sul
muro a nord. Stette lì per buoni cinque minuti. Poi si girò.
"Miracoloso! Neanche una cicatrice… niente riabilitazione.
Congratulazioni, signori! Come fate?"
"Sì, Adolf", rispose uno dei due dottori, "abbiamo fatto molta
strada da quando… ".
"Aspetta! Non voglio mai più sentire il nome Adolf… fino al momento
giusto, finché non lo dico IO!… Sino ad allora non si parlerà più tedesco…
ORA sono il Presidente degli Stati Uniti d'America!"
"Sì, Signor Presidente!"
Poi si toccò sopra il labbro superiore:
"Mi mancano i miei vecchi baffi!".
Sorrisero.
Quindi egli chiese:
"E il vecchio?".
"L'abbiamo messo a letto. Non si sveglierà per ventiquattro ore. In
questo momento… ogni cosa… tutte le prove dell'operazione sono state
distrutte, dissolte. Tutto quel che dobbiamo fare è uscire di qui",
disse il dottor Graf. "Ma… Signor Presidente, quest'uomo… io suggerirei…
"
"No, ti dico, è indifeso! Lascialo soffrire come ho sofferto io!"
Andò verso il letto e guardò l'uomo. Un vecchio di ottant'anni con i capelli
bianchi.
"Domani sarò nella sua residenza privata. Chissà se a sua moglie piacerà
il mio modo di fare l'amore." Fece una risatina.
"Sono sicuro, mein Führer… oh, mi scusi! Sono sicuro, Signor Presidente,
che le piacerà moltissimo il suo modo di fare l'amore."
"Lasciamo questo posto, allora. Prima i dottori, per la loro strada. Poi
noi… uno o due alla volta… una comitiva di auto, quindi una buona dormita
alla Casa Bianca."
Il vecchio con i capelli bianchi si alzò. Era solo nella stanza. Poteva
fuggire. Uscì dal letto in cerca dei suoi vestiti e come attraversò la
stanza, vide un vecchio in un grosso specchio.
No, pensò, oh mio dio, no!
Alzò un braccio. Il vecchio nello specchio alzò un braccio. Si mosse in
avanti. Il vecchio nello specchio si ingrandì. Guardò le sue mani -
aggrinzite, non erano le sue mani! Guardò i suoi piedi! Non erano i suoi
piedi! Non era il suo corpo!
"Dio mio!" disse ad alta voce. "O MIO DIO!"
Allora sentì la sua voce. Neanche la voce era la sua. Avevano anche scambiato
le corde vocali. Si toccò la gola, la testa. Nessuna cicatrice! Nessuna
cicatrice da nessuna parte. Si mise gli abiti del vecchio e scese le scale.
Bussò alla prima porta, c'era scritto "Proprietaria".
La porta si aprì. Una donna anziana.
"Sì, signor Tilson?" chiese.
"Signor Tilson? Signora, io sono il Presidente degli Stati Uniti
d'America! È un'emergenza!"
"Oh, signor Tilson, siete così divertente!"
"Senta, dov'è il telefono?"
"Proprio dove è sempre stato, signor Tilson, alla destra della porta
d'ingresso."
Si frugò nelle tasche. Gli avevano lasciato qualche spicciolo. Guardò nel
portafoglio. Diciotto dollari. Mise una moneta nel telefono.
"Signora, qual è l'indirizzo qui?"
"Signor Tilson, voi SAPETE l'indirizzo. Vivete qui da anni! Vi
comportate molto stranamente oggi, signor Tilson. E vi dirò di più!"
"Sì, sì… cosa?"
"Vi ricordo che l'affitto scade proprio oggi!"
"Oh, signora, per favore mi dica questo indirizzo!"
"Come se non lo sapesse! È 2435 Shoreham Drive."
"Sì",
disse al telefono, "tassì? Voglio un tassì al 2435 di Shoreham Drive.
Aspetterò al primo piano. Il mio nome? Il mio nome? Va bene, il mio nome è
Tilson… ".
È inutile andare alla Casa Bianca, pensò, hanno quella copertura… Andrò dal
più grosso giornale. Glielo dirò. Dirò tutto all'editore. Tutto quel che è
accaduto…
Gli altri pazienti
risero di lui. "Vedi quel tipo? Che somiglia un po' a quel tizio, quel
dittatore, comesichiama, solo molto più vecchio. Comunque, quando venne qui
un mese fa, pretendeva di essere il Presidente degli Stati Uniti d'America.
Questo un mese fa. Adesso non lo dice più tanto. Ma di sicuro gli piace
leggere il giornale. Non ho mai visto uno così ansioso di leggere un
giornale. Bisogna dire che se ne intende di politica, però. Penso sia quello
che l'ha fatto impazzire. Troppa politica."
Suonò la campana della cena. Tutti i pazienti se ne accorsero. Eccetto uno.
Un infermiere andò verso di lui.
"Signor Tilson?"
Non ci fu risposta.
"SIGNOR TILSON!"
"Oh… sì?"
"È ora di
cena, signor Tilson!"
Il vecchio con i capelli bianchi si alzò e andò lentamente verso il
refettorio.
Charles Bukowski
(Traduzione di Raffaelo Gramegna.)
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