Il portoghese
brasiliano è una lingua a parte, frutto dell'incontro tra il portoghese
lusitano con tutte le tradizioni e i registri linguistici scritti e orali in
uso in Brasile. Si è affermata gradualmente ed è l'unica in grado di
rappresentare la realtà dinamica e multiforme di questo esteso Paese. Il
portoghese del Brasile è una lingua piuttosto differente da quella
originaria; ne è prova il fatto che fino a oggi i testi brasiliani pubblicati
in Portogallo sono stati quasi sempre "tradotti", cioè riportati
alle regole ortografiche, sintattiche e grammaticali della lingua madre.
Ultimamente però alcune case editrici portoghesi preferiscono pubblicare
opere brasiliane nel rispetto del testo originale, arricchendolo di note a
pié di pagina. Questo perché si sta facendo strada l'idea che il portoghese
del Brasile sia una lingua a parte e non, come a volte gli stessi brasiliani
sostengono con molto umorismo e una punta di imbarazzo, un portoghese
"sbagliato".
L'handicap di un paese multiculturale e giovane come il Brasile è stato per
anni quello di essere troppe cose allo stesso tempo, il che rendeva difficile
capire la sua vera identità. Ma il Brasile è un paese colonizzato che invece
di soccombere alle culture dei colonizzatori le ha continuamente divorate,
digerite e trasformate ogni volta in qualcosa di diverso. Da quando nel 1500
gli indios brasiliani Tupi divorarono alcuni esploratori portoghesi appena
sbarcati pensando così di appropriarsi delle loro qualità, la tendenza
antropofagica è rimasta l'attitudine culturale del Brasile. Il concetto di
divorare per ri-creare, teorizzato dal poeta Oswald de Andrade nel suo
Manifesto antropofago del 1922, ripreso dal Tropicalismo di Caetano Veloso
e Gilberto Gil alla fine degli anni 60, è il modello tipicamente
brasiliano di creazione attraverso la metabolizzazione dell'altro e la
contaminazione fra i generi. E sta facendo scuola nel mondo intero: la
diversità è una ricchezza e peggio per chi non se ne accorge.
Un altro de Andrade,
Mario, nello stesso periodo fu figura leader del Modernismo, movimento
parallelo che apportò nuova linfa alla cultura brasiliana, nato in risposta
alla profonda crisi che imperversava nel paese in via di trasformazione. Si
era alla ricerca di uno spirito che fosse veramente in grado di rappresentare
la nazione. A partire da questa prospettiva ebbe inizio un rinnovamento
nell'arte brasiliana e nelle lettere. Non soltanto per via della
sperimentazione utilizzata nel dialogo tra poesia e arte grafica, ma anche
per quel che riguarda il portoghese scritto utilizzato fino a quel momento,
inadatto a rappresentare la variegata realtà brasiliana.
Come disse ironicamente
Mario de Andrade: "Scrivo in "brasiliano" perché il Brasile è
una nazione contraddistinta dall'uso di una sola lingua. Questa lingua non le
è imposta.
a. È una lingua che è andata affermandosi gradualmente ed incoscientemente nel
popolo di questa nazione. È la lingua di cui tutti i brasiliani devono
servirsi, se vogliono essere compresi dall'intera nazione. È la lingua che
rappresenta intellettualmente il Brasile nella comunione universale". E
ancora: "Nessuno di noi ha la pretesa di creare una lingua che un
portoghese non sia in grado di capire. Non si tratta di inventare un modo di
parlare di origine brasiliense e inconfondibilmente originale. Si tratta solo
di liberarci dalle leggi linguistiche portoghesi, le quali pur essendo
legittime in Portogallo qui in Brasile diventano preconcetti eruditi, in
quanto non corrispondono a nessuna realtà e a nessuna effettiva entità
brasiliana".
Origini dello
sperimentalismo e identità culturale
La ricerca della tradizione, origine e fondamento del progetto di identità
culturale, fu la missione della generazione modernista. L'opera principale
dello scrittore Mario de Andrade, "Macunaíma", del 1928,
raccogliendo fatti, personaggi, modi di parlare e miti della tradizione
popolare brasiliana, sintetizzò quelli che per il suo autore erano i tratti
in grado di dare ad un'opera un'identità culturale nazionale. L'identità
culturale è ciò che definisce quello che siamo e che ci differenzia gli uni
dagli altri. Una nazione, così come una persona, ha una sua propria identità
culturale. Non è solo la cultura della nazione in cui nasciamo a
rappresentare la nostra identità culturale; non bisogna dimenticare il
patrimonio culturale della famiglia da cui proveniamo.
L'identità nazionale di un popolo, o di un paese, è la sua propria
caratteristica identificativa. La formazione di una cultura nazionale
generalizza un'unica lingua dominante in tutta la nazione, creando una
cultura omogenea. Una cultura nazionale costituisce un sistema
rappresentativo dell'identità nazionale.
Come dichiarò De Andrade un'intervista concessa al quotidiano "A
Noite", nel 1925: "Saremo veramente una razza il giorno in cui ci
tradizionalizzeremo integralmente, e saremo una nazione quando arricchiremo
l'umanità con un apporto originale e nazionale di cultura". E ancora, in
una lettera a Manuel Bandeira, nel giugno del 1925: "La mia idea
esatta è che soltanto essendo brasiliani potremo universalizzarci, perché
allora potremo partecipare apportando un nuovo assemblaggio di caratteri
psichici per l'arricchimento dell'universo umano".
In
"Macunaíma" ritroviamo il miscuglio di registri linguistici: orale,
popolare, regionale, uso di neologismi e della lingua erudita. I vocaboli
appartengono alla parlata di varie zone del paese. Nella punteggiatura le
virgole sono assenti. I paragrafi iniziano, contro ogni regola ortografica,
con la lettera minuscola. Un'inversione di rotta rispetto a tutto ciò che era
stato fatto fino ad allora. Macunaíma inaugurò la corrente letteraria alla
quale si sono abbeverati gli autori brasiliani dei quali si occupa spesso la
mia rubrica. Opere difficili da tradurre, per le quali la conoscenza
accademica della lingua portoghese non è assolutamente sufficiente. Per
riuscire a raffigurare in un'altra lingua la realtà brasiliana, fatta di
mille razze e mille culture, con parlate diverse a seconda dell'appartenenza
a un determinato strato sociale o ad un certo microcosmo, bisogna senz'altro
averci vissuto.
Pensate alla parlata di un criminale in galera; di un surfista carioca; di un
pãe-de-santo in un terreiro di macumba. E ancora: di una
famiglia discendente da immigrati dalla Germania stabilitisi nel Rio Grande
do Sul; di una giovane intellettuale ebrea, o giapponese, cresciuta
amalgamandosi al crogiuolo di razze di São Paulo; di un discendente di
italiani insediatisi nell'entroterra di Minas Gerais. E ancora; di un
musicista di hip-hop carioca cresciuto nelle favelas, con un gergo
parallelo a quello di un suo omologo afroamericano; di una giovane nata nel
Nordeste e immigrata in una grande città, che lavora nel terziario; di una
signora del jet-set, che abita un mondo scintillante e frivolo, in cui
imperano gli status-symbol e i luoghi comuni della "buona
società"…
Tradurre i nuovi
autori
È impossibile conoscere e capire tutti i modi di dire, i gerghi e i
neologismi brasiliani grazie agli studi accademici. Il vocabolario per
tradurre queste espressioni dal portoghese brasiliano all'italiano non
esiste. I vocabolari normalmente in commercio, perlomeno in Italia, traducono
dal - e al - portoghese erudito. Spesso non citano le espressioni idiomatiche
regionali o di alcune "tribù" urbane (surfisti, galeotti,
spacciatori, studenti), quelle derivanti dalla lingua africana (che si
riferiscono all'universo del candomblé o della capoeira, eredità della lingue
parlate dagli schiavi), dalle lingue degli indios, dall'arabo, dall'italiano.
Né le deformazioni scritte della lingua inglese e francese, storpiate nella
grafia per renderne accessibile la lettura a tutti (come per la parola picape,
deformazione dell'inglese pick up, o sutià, reggiseno, derivato
dal francese soutien-gorge).
Senza parlare dei fantasiosi neologismi cari ad alcuni autori… Per mettere
insieme tutte queste parole servono: conoscenza delle radici e dei territori;
conoscenza di base di altre lingue (fondamentale il latino); una certa dose
di intuito; molta fantasia; molta musicalità e - ovviamente - dizionari
portoghesi (recenti!) e vocabolari dal portoghese ad altre lingue. L'intuito
e la musicalità diventano indispensabili quando la punteggiatura viene usata
in maniera anticonvenzionale. E per intuito intendo sensibilità
cinematografica, senso del ritmo, visione d'insieme, psicologia spiccia.
Capire chi dice che cosa quando non viene mai specificato può mettere a dura prova
la vostra pazienza…
Evoluzione dello sperimentalismo e dialogo fra mezzi di espressione,
come letteratura, grafica e cinema
Fino a tempi recenti i modelli di cultura stranieri hanno incentivato un tipo
di letteratura brasiliana prevalentemente tradizionale ed
"esotica". Ma gli scrittori brasiliani ne hanno abbastanza di
essere valutati secondo quegli stereotipi. Ultimamente stiamo assistendo
all'affermarsi di una nuova generazione di scrittori urbani, globalizzati,
spesso orientati verso il genere racconto. Questi scrittori desiderano
dimostrare al mondo la loro indipendenza dai modelli europei e statunitensi,
e la loro capacità di produrre qualcosa di assolutamente diverso. Desiderano
stupire, creando qualcosa di nuovo, al di fuori degli schemi che li hanno
inquadrati finora; e allo stesso tempo sono alla ricerca di quell'identità
nazionale, di quel linguaggio che li rappresenti, che faccia di loro degli
scrittori "brasiliani" e non solamente di lingua portoghese. Hanno
metabolizzato la loro brasilianità, ora stanno fagocitando il mondo.
Navigando su internet, viaggiando (cosa che in passato era possibile solo ai
ceti più abbienti), leggendo le traduzioni di libri prima censurati dal
sistema. A volte alcuni di loro peccano per eccesso, ma è il prezzo da pagare
per la ricerca dell'originalità. Prima o poi troveranno la giusta misura. La
strada della sperimentazione non è mai una strada facile e soprattutto non
paga. Lo sanno bene gli indici di ascolto delle trasmissioni televisive, i
risultati dei film al botteghino, le classifiche di dischi. La gente non
sempre ama essere messa alla prova.
La principale qualità di una forma di comunicazione dovrebbe essere la
facilità di comprensione; soprattutto se si desiderano raggiungere risultati
economici. Ma tutto ciò a questi giovani autori non interessa; la ricerca di
uno stile che li contraddistingua come brasiliani, inimitabile, un marchio di
fabbrica, è il loro desiderio più forte. Questo risultato passa attraverso
l'utilizzo di una lingua - il portoghese parlato - che fagocita e metabolizza
tutti i registri della lingua brasiliana; erudito, popolare, regionale,
gergale. E il racconto diventa, in un'epoca in cui il tempo sembra essere
diventato un lusso per tutti, uno strumento ideale: una forma diretta, incisiva,
cool e soprattutto rapida di comunicare per iscritto. Memori
dell'esempio modernista di Mario de Andrade, questi scrittori metabolizzano
il mondo giovanile imitando l'andamento non lineare e allucinato del pensiero
di chi è sotto l'effetto di stupefacenti. Descrivendo performance
sessuali senza regole, riproducendo con tecniche narrative o tipografiche il
montaggio serrato, le luci torbide e le atmosfere non patinate di film come
`Fight Club`, `Amores Perros`, `21 Grammi`, la violenza surreale di un film
di Quentin Tarantino o le inquadrature aggressive e distorte di un
videoclip di un qualche gruppo di tendenza. E tutto ciò che di rutilante e
fantasmagorico vi si può trovare, effetti speciali compresi. Un modo di
scrivere cinematografico, un cocktail esplosivo per stomaci forti. Come nel
vortice del racconto "Y", di Ronaldo Bressane (che ho
recentemente tradotto e che fa parte dell'antologia di racconti
"Lusofonica", edizioni Nuova Frontiera), che unisce il desiderio di
evasione dalla alienante noia della routine a quello di creare
qualcosa in grado di coinvolgere il lettore. In questa narrazione intricata,
a metà strada tra l`onirico e il reale, i paragrafi lunghissimi e
l'abolizione delle maiuscole sottolineano la ripetitività dei gesti.
Un'altro esempio di questa scrittura in dialogo costante con altri mezzi di
espressione è quella di Luiz Ruffato, figlio del proletariato, vissuto
in mezzo alla povertà più assoluta, a cui avevo già dedicato l'uscita di
settembre. Autore radicale, sperimentatore eccelso, pubblicato in Portogallo,
Italia, Francia e presto anche in Germania e Messico, nel 2005 si è
aggiudicato il 4° posto tra i 125 libri più importanti scritti in Brasile
negli ultimi 15 anni con il suo "Eles eram muitos cavalos" (che nel
2001 ha vinto il premio Machado de Assis per il miglior romanzo brasiliano, e
il premio Casas de Las Americas). In quest'opera, da me tradotta e pubblicata
in Italia nel 2003 dall'editore Bevivino con il titolo "Come tanti
cavalli", Ruffato ci mostra attraverso settanta testi diversi una
giornata qualsiasi - il 9 maggio del 2000 - nella città di São Paulo. Come
nell'Ulisse di Joyce, tutto si svolge in una giornata; come nell'Ulisse di
Joyce, ogni frammento è scritto in uno stile diverso. Ma protagonista del
libro di Ruffato non è un essere umano ma una città, la città di São Paulo,
vista attraverso gli occhi di alcuni tra i milioni di abitanti di questa
megalopoli tentacolare, che, "come tanti cavalli", vivono,
soffrono, amano e muoiono, con coraggio, violenza, paura, miseria, corruzione
e sogno.
Come tanti cavalli è un romanzo polifonico che si ispira alla visione
realista di alcuni grandi autori, come Guimarães Rosa in Brasile, e
altrove Cechov, Dostojevski, Faulkner e Pirandello.
Un realismo mediato dallo sguardo, anch'esso chiamato realista, del cinema;
un realismo frammentario, in perfetta sintonia con il caos del nostro mondo
contemporaneo. Ruffato però va oltre il realismo puro semplice. Grande amante
del nostro cinema dal `Ladri di Biciclette` di De Sica a Nanni
Moretti, e del realismo imperante nel nuovo cinema brasiliano, per
catturare la realtà che si trova di fronte si serve di uno sperimentalismo
scritto che dialoga con il modernismo e il linguaggio cinematografico. Le 70 frazioni
di Come tanti cavalli, che è difficile chiamare capitoli (non mancano
previsioni del tempo, liste di oggetti, oroscopi e orazioni a santi),
richiamano alla mente sequenze o flash di cinema. Ruffato usa la sua penna
come una cinepresa, l'andamento sembra quasi una trasposizione su carta di un
montaggio cinematografico: a volte le frasi si interrompono a metà, passando
bruscamente da un primo piano a un campo lungo. A volte i frammenti di
pensieri vanno in dissolvenza, o flashback si sovrappongono al tempo
reale. Nell'impaginazione dei suoi testi il neretto, il corsivo, la
disposizione del testo e i diversi caratteri sottolineano il passaggio da uno
stato mentale all'altro - sogno, coscienza e memoria - e da una persona
all'altra. In posizione strategica l'orecchio dello scrittore - come l'occhio
dello spettatore di un film - ruba stralci di discorsi della gente che passa:
nel leggerlo sembra quasi di trovarsi lì e di sentire le loro voci apparire
dal nulla, avvicinarsi, sovrapporsi, e scomparire in direzioni opposte.
Dicevo che ho avuto l'onore e la gioia di tradurre Ruffato. È stata per me
un'esperienza quasi mistica. Quando ho preso in carico il lavoro ero un po'
sconcertata, non era certo un testo nella norma; ma mi sono fatta coraggio,
perché per tradurre Ruffato non era necessario tanto un titolo accademico
(che io non possiedo) quanto una certa dose di sensibilità - il così detto
"intuito" -, in grado di aiutarmi a entrare nei personaggi e capire
quello che stavano provando; cosa che, grazie ai miei trascorsi di musicista,
non mi fa certo difetto. Perché quando le frasi si interrompono oppure non vi
è alcuna punteggiatura a dividere i pensieri per intere pagine (e la seconda
e la terza persona del verbo, singolare o plurale, in brasiliano, non sono
distinguibili se non viene specificato il soggetto), quando ti trovi davanti
certi ostacoli solo la psicologia, la musicalità e l'immaginazione visiva
possono venirti incontro.
A volte ho tradotto le parole con termini ostici, ma era il risultato che mi
proponevo. Non si tratta di una facile lettura: i neologismi si sprecano,
viene dispiegata l'intera tavolozza dei dialetti e dei gerghi parlati in
Brasile. La punteggiatura "creativa" e l'assenza di maiuscole
suggeriscono un flusso di pensieri inarrestabile e sembrano sottolineare il
disordine mentale di chi parla. Ma non sono velleità, c'è un motivo più
profondo che spiega queste scelte: "Sono figlio di genitori
semianalfabeti. Ho sempre pensato che, se un giorno fossi diventato
scrittore, avrei testimoniato la condizione della mia classe sociale, quasi
assente nella letteratura brasiliana. Ma non volevo parlare del proletariato
urbano usando il romanzo, espressione del punto di vista della borghesia… Il
mio stile è un tentativo di trovare una strada per esprimere questo mondo. La
sovrapposizione di voci è un modo di rappresentare il modo in cui i suoi
protagonisti si esprimono: caoticamente, cambiando argomento, saltando di
palo in frasca, senza riuscire a portare fino in fondo un ragionamento,
perdendo il filo del proprio pensiero, sovrapponendosi gli uni agli
altri".
(Tratto dalla rivista Musibrasil on-line, del
Maggio 2006.)
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