All’inizio della settimana
ho trascorso due giorni a San Paolo. In solo due ore, né più né meno, mi sono
accorto che esiste veramente un profondo abisso tra il carioca e il paolista.
Mentre pranzavo ho capito tutta la verità. Immaginate che sono entrato in
quello che forse è il miglior ristorante della città. Tutti i tavoli erano
occupati, gente persino sui lampadari. Ho mangiato il mio buon filetto. Poi, ho
scelto il dessert: melone. Poiché il cameriere andava e veniva, mi sono alzato
e sono entrato di là. Quando sono tornato, ho guardato e non ho visto nessuno,
se non solo i camerieri e le mosche vagabonde.
Mi
sono creduto vittima di un’allucinazione. Quando è tornato il cameriere con il
melone, gli ho chiesto, irritato: “Cosa è successo alle persone che erano qui
prima? Questo posto non era pieno?” Il cameriere ha posato il piatto sul
tavolo: “ Certo”. Ed io: “ Non c’è più nessuno, perché?”. Prima di rispondere,
ha indagato: “ Il signore è di Rio?” Ero di Rio. Così mi ha dato una
spiegazione succinta e lapidare: “Qui si lavora”.
Quello
che, evidentemente, non si fa a Rio. A Rio, tre amici che vanno insieme in un
ristorante escono quattro ore dopo. Come minimo, come minimo. Ah, le nostre
chiacchiere non finiscono mai. Diciamo molte bugie, perché non c’è una lunga
conversazione senza un bel repertorio di bugie. E perché lavora, il paolista è
triste, si, è taciturno. Invece il nostro orizzonte è luminoso e profondo,
mentre San Paolo non ha orizzonte, semplicemente non c’è l’ha. O meglio:
l’orizzonte Paolista sta a cinque metri da chi l’osserva, ed è un muro. Nelle
48 ore trascorse a San Paolo, sentivo l’insopportabile mancanza di qualcosa. Di
qualcosa che non sapevo cosa fosse. Sarà della cravatta, o delle scarpe, o del bastone?
Ma il bastone non lo porto, e la cravatta e le scarpe erano al loro posto.
E
tutto ad un tratto scopro: quello che mi mancava era il paesaggio. Ho un amico
carioca, radicato in San Paolo, che, a volte, prende la macchina e viene a Rio,
con una velocità media di 180 chilometri orari. Uno psicanalista lo ha già
avvertito: “Ragazzo tu vuoi morire”.
Lui
viene a Rio semplicemente per vedere il tramonto sulla spiaggia di Leblon. La
mancanza che io sentivo, più di qualsiasi paesaggio, era quella del tramonto a
Leblon. San Paolo non ha tramonti.
(Estratto dalla
cronaca “Un paesaggio senza Paolisti”, dal libro “Il Reazionario:Memorie e
Confessioni” [Ed. Record, Rio de Janeiro, 1977], traduzione di Samanta
Catastini.)
Nelson Rodrigues (1912-1980) è il più
importante drammaturgo brasiliano del Ventesimo secolo.