Il capitalismo. Il sistema economico che caratterizza il periodo precedente il secolo
XIX° è fondato sul rapporto - personale e concreto - fra le parti che sono
protagoniste della singola negoziazione. Questo sistema economico viene
generalmente definito come economia diretta.
Per tutto il periodo in questione, riguardo ai modi della produzione, la
costante è quella della produzione di tipo artigianale. Con l'epoca
moderna ( a livello filosofico e scientifico ) accade che il razionalismo
prende il posto della tradizione. Sul piano politico: la Rivoluzione Francese
impone quasi dappertutto il trionfo del modo di governo liberale-borghese. E'
appunto la borghesia quella nuova classe sociale di cui gli avvenimenti del
1789 hanno favorito l'ascesa. Da quel momento in poi la società non risulta
più rigidamente divisa in due strati: da una parte i signori, la nobiltà, i
ceti privilegiati e gli artigiani, dall'altra la massa del popolo, i
contadini, i merciai ed i poveri. Adesso la classe borghese comincia a
estendere il suo potere e la sua influenza anche ai ceti superiori.
L'agricoltura, parallelamente, si libera dai suoi rapporti feudali. Una massa
sempre crescente di coloro che un tempo erano semplici coltivatori (
coloni e piccoli affittuari ) si trasforma ora in salariati. Costoro
non verranno più collegati in maniera schematica al possesso fondiario ( ed
all' autosufficienza economica ) ma saranno visti sempre di più come disponibili
ad intraprendere anche attività extragricole. Il possesso non verrà più ad
essere identificato con la terrà tout court; anche il denaro diventa un bene
ambito. Nello stesso momento, è dal secolo XVIII° che l'Inghilterra, come
nazione, ha un ruolo preminente nell'ambito del commercio coloniale. Il 1780
è approssimativamente l'anno in cui questa congiuntura muta in modo radicale.
Sinteticamente, il cambiamento più notevole ( quello che segnerà più
profondamente il successivo XIX° sec. ) si verifica ad un alto livello di
generalità. Una parte considerevole di tutta la vita economica del tempo
si sposta verso l'orbita della cosiddetta economia di mercato. Il rapporto
fra le parti, protagoniste di una contrattazione, è adesso impersonale. Il
denaro ( valore di scambio ) sostituisce definitivamente la proprietà
fondiaria quale simbolo immediato del valore sociale. L'impresa artigiana
perde il suo predominio per essere sostituita dalla fabbrica. L' economia
diretta non è più il sistema economico che caratterizza il periodo
storico. Interviene ( a mutare, in maniera irreversibile il corso della
storia ) una circostanza particolare di natura economica. A causa dell'aumento
della domanda ( situazione che ha avuto inizio già nel XVIII° sec. )
e dell'ulteriore intensificarsi dei commerci si verifica una crescita dei
costi di produzione. Ecco che diventa necessario effettuare un aumento
della stessa produzione. In sostanza: il mercato è in espansione.
Per rendere più duttile il lavoro ( più rapido e migliore ) è necessario escogitare
degli accorgimenti ( di natura tecnologica ) che allarghino la forza della
produzione. All'inizio del XIX° sec., in Inghilterra è, perciò, introdotta
sul mercato tutta una serie di macchine nuove. L'avvio del processo si
verifica nell'industria cotoniera. L'aumento della domanda dei manufatti di
cotone ( nella maggior parte dei casi provenienti, fino a quel momento,
dall'India ) stimola gli industriali inglesi a sostituire le merci indiane
con le proprie. L'asse della produzione si sposta così in Europa. A causa dei
decreti di recinzione delle terre pubbliche, i contadini vengono espulsi
dalle campagne. Si rende disponibile una elevata riserva di manodopera che
può essere impiegata utilmente nella produzione tessile in espansione. Queste
due sono le condizioni che Karl Marx individua come tipiche della cosiddetta
" accumulazione originaria del capitale ". Sta per nascere
l'industria moderna.
Nel 1733 John Kay inventa la " spoletta volante ". I telai
raddoppiano la capacità produttiva e soddisfano, così, la crescita della
domanda. L'industria cotoniera comincia a meccanizzarsi.
Nello stesso tempo, grazie all'invenzione di Thomas Newcomen, si introduce il
vapore come forza motrice al posto dell'energia idraulica. Nella siderurgia,
il carbone vegetale è sostituito dal carbon coke ( carbon fossile ). Aumenta
la produzione di ferro greggio negli altoforni. La funzione propulsiva della
vita economica non è più nella filatura e nella tessitura; il nuovo
baricentro saranno metallurgia ed industria meccanica. Tutta l'attività
produttiva si concentra adesso nelle fabbriche. Il XIX° sec. vede l'
ingresso, nella scena sociale, di una figura professionale del tutto nuova:
l'imprenditore.
Per lo più proveniente dalle file della borghesia, esso ha particolari
capacità personali e una forte predisposizione al rischio; la sua specifica
azione è la sostituzione ( scientifica ) del lavoro col capitale. I primi
" capitani d'industria " staranno al timone della neonata fabbrica
moderna. In una seconda fase del processo all'imprenditore ( figura concreta
di uomo in carne ed ossa ) si sostituiranno gli impersonali trusts e cartelli
di imprese. Saranno i finanzieri che, allora, assumeranno su se il ruolo che
era stato dei " capitani d'industria " degli inizi. La conquista
borghese dell'economia porterà una conseguenza ovvia. L'abbattimento del
sistema feudale di produzione trasforma i contadini in " liberi venditori
della propria forza lavoro " ( coloni, mezzadri e piccoli proprietari ).
Fa il suo ingresso così nella storia una classe sociale del tutto inedita.
Rovescio esatto di quella medaglia che effigia sul lato davanti il "
capitano d'industria" è, da questo momento in poi, la classe proletaria.
L'insieme di tutti questi fattori, considerati dal punto di vista della
storia economica, si concentra su un punto. Dalla somma di queste circostanze
storiche e ambientali nasce, adesso, un sistema economico nuovo. Esso sarà un
sistema economico animato dal principio acquisitivo, dal razionalismo
economico e filosofico e dall'industrialismo. Avocherà, inoltre, a se
un'economia di tipo libero e la proprietà privata dei mezzi di produzione.
Sarà basato su una rigida struttura di tipo aristocratico ( imprenditore da
una parte, proletario dall'altra ) e su un organizzazione professionale
aperta che produrrà per il mercato all'interno di aziende sociali impiegando
una tecnica che è scientifica, rivoluzionaria e inorganica. Max Weber dirà che
tale sistema economico trova la sua origine in uno specifico fatto culturale:
l'etica espressa dalle prime confessioni protestanti. Da Martin Lutero in
poi, una morale di tipo ascetico ha prescritto la ricerca del guadagno quale
comportamento consigliabile e preferibile nella società. Nel XIX° sec, si
sviluppa quindi in maniera definitiva il sistema economico del capitalismo.
Werner Sombart lo definirà come " un'organizzazione economica di
scambio, in cui collaborano, uniti dal mercato, due diversi gruppi di
popolazione, i proprietari dei mezzi di produzione, che contemporaneamente
hanno la direzione e costituiscono i soggetti economici, e i lavoratori
nullatenenti ( come oggetti economici ) , e che è dominata dal principio del
profitto e dal razionalismo economico" .
Il totale dei beni assume ora l'aspetto di merci; il valore di scambio ( il
denaro ) si sovrappone al vecchio valore d'uso ( dell'economia artigiana );
inizia un processo di progressiva spersonalizzazione nei rapporti fra i
singoli contraenti: un'insieme di norme, ordinamenti, convenzioni e accordi
regolano, adesso, i rapporti fra le parti. Il ritmo della vita è scandito
dall'ingresso di marchingegni di tipo meccanico nella produzione. La
razionalità ed il contratto ( caratteristiche tipiche della classe borghese )
sostituiscono tutti quegli scambi che erano fondati sui valori del passato
( il cosiddetto tradizionalismo ) nonché la bonaria " stretta
di mano " dell' economia diretta. La forza che determina tutto quanto è la
potenza del danaro. La società si divide, ora, in maniera diversa che
nel passato. Ai due estremi stanno adesso borghesi e proletari; la dialettica
fra queste due classi realizzerà tutte le dinamiche del sistema. La realtà
sociale nascente è costituita da disparità marcate. La ricchezza, che non è
più qualcosa di visibile ( come la proprietà fondiaria dell'economia feudale
), sarà regolata, nel suo flusso, da meccanismi che tenderanno a trascendere
i singoli esseri viventi. Il potere diventa invisibile, volatile, sfuggente. Il
capitalismo reca con se una tendenza che gli è subito propria: esso tende a
espandersi. E' nella sua natura il volere superare la
separazione che c'è fra le varie regioni del mondo. Le economie dei paesi più
lontani vengono ora incluse in un solo sistema economico globale
attraverso la creazione di una rete internazionale di scambi e comunicazioni
e di un rapporto organico fra le varie attività dei centri della
produzione più distanti fra loro; e ciò accade in misura molto maggiore di
quanto avveniva in passato. Si realizzerà presto una caratteristica non
facilmente eliminabile del capitalismo: lo " sviluppo ineguale "
dei vari paesi sui quali esso vige. Le funzioni e le possibilità dei diversi
settori della produzione sono spesso differenziate fra loro sia sotto
l'aspetto del tipo di produzione sia sotto l'aspetto del grado di
industrializzazione. Allo sviluppo dei mezzi di comunicazione si legherà,
quindi, la fase successiva dell'industrializzazione. Un ampliamento della
rete di strade carrozzabili, dei canali navigabili e delle vie fluviali darà
la stura al processo. Inaugurate dall'americano Robert Fulton fanno il loro
ingresso le prime navi a vapore. Nel 1807, Fulton, a bordo di un battello,
risale il corso del fiume Hudson. E' grazie ai nuovi mezzi di comunicazione
che verrà coperto un sempre più accresciuto bisogno di materie prime per le
fabbriche nonché l'assicurazione dei beni alimentari per i centri urbani ( in
cui si edificano le prime " zone industriali " ) ed, infine, i
prodotti industriali avranno sempre più larghi sbocchi di mercato.
Dall'Inghilterra del XIX° sec., il capitalismo nascente si prepara così ad
invadere il mondo. La ricerca del guadagno, del profitto, dell'interesse sta
per travolgere ogni altra modalità di comportamento sociale. Nell'economia e
nella società del XIX° sec. fa così il suo ingresso la stessa razionalità che
Cartesio e Newton avevano inaugurato due secoli prima. Sarà destinata a ridisegnare
completamente l'intero perimetro dell'agire umano. La società comincia a
definirsi come un mondo di cifre, di rendiconti, di " partite doppie
" in cui regnano incontrastate uniformità, necessità e unitarietà. Nuove
virtù borghesi, del tutto conseguenti a questo stato di cose, troneggiano:
parsimonia, la diligenza, la serietà. Dapprima la scienza moderna, inaugurata
da Galileo, aveva liberato le due dimensioni dello spazio e del tempo da
tutte quelle incrostazioni di tipo religioso e mistico in cui erano cadute
nel Medio Evo, la tecnica, poi, aveva accorciato gli spazi effettivi ed impresso
un nuovo ritmo al tempo del lavoro umano. Ancora nel periodo dell'inizio
dell'epoca moderna, la proprietà cui ciascuno aspirava era qualcosa di
spaziale ( la terra ). Col capitalismo e l'ingresso del mondo del denaro
nelle dinamiche sociali, quel qualcosa di spaziale si fa ogni giorno più
effimero. spazio scompare ed il corso della vita media subisce una
progressiva accelerazione.
Si attribuisce adesso un valore quasi assoluto alla sola dimensione temporale.
Il tempo è quello che conta e trionfa. " Time is money " è
la massima che si fa strada fra la gente. Il valore del tempo viene
eguagliato a quello del denaro: chi ha più tempo da impiegare nella
produzione possiede anche più danaro. Nessuno sembra più avere voglia e tempo
per perdere tempo.
La vita intera diventa il campo aperto per un'acquisizione quotidiana e
costante.
Da adesso in poi, il XIX° sec. sarà una specie di ingranaggio collettivo nel
quale ruoli, strategie e desideri sono orientati tutti alla continua ricerca
dell'utile. In ogni campo saranno determinanti attivismo, potere e interesse.
Quella che notoriamente è caratterizzata da questi stimoli è la sfera
vitale dell'individuo. Essa adesso si espande.
La vita intera si approssima ora ad uno scopo materiale.
Il viaggio di Colombo, che inaugura l'epoca moderna, fa giungere adesso in un
luogo dove l'esistenza singola dell'uomo ha un senso particolare: porsi
criticamente di fronte a cose e persone ai fini di trarne il maggiore
vantaggio possibile. La speculazione, la scienza, la tecnica, il sistema
economico dei moderni non faranno che dedurre ( consciamente o inconsciamente
) ogni più estrema conseguenza da ciò.
Il materiale delle scatole. All'interno del globo in cui
vivono ed agiscono gli uomini ( coi loro bisogni, le loro idee, le loro
capacità e le loro iniziative ) la politica, come ogni scienza al servizio
dell'essere umano, occupa uno spazio preciso.
Com'è noto, la politica è la scienza che regola i rapporti di ogni uomo con i
suoi simili considerati nel contesto delle società che essi ( volta
a volta ) tendono ad instaurare. A seconda dei diversi sistemi politici
dominanti nei vari casi, tale spazio può assumere una conformazione
di tipo differente. Secondo la ormai classica suddivisione aristotelica dei modelli
politici vi sono tre modi distinti nei quali può essere declinato il potere
politico a seconda dei casi: monarchia, aristocrazia e politia . Lo spazio
della politica, dunque, tenendo per ferma tale ripartizione, assume le
seguenti caratteristiche: è occupato da una sola entità politica
nella forma della monarchia, è suddiviso fra alcune delle
entità politiche presenti ( i " pochi "dice Aristotele ) in società
nell' aristocrazia ed, infine, è rappresentato da molte
entità politiche ( la " massa" ) nella forma della politia.
Ora, il sistema politico che domina in Europa dal XVI° sec. è quello
dello stato assoluto. Si tratta di una forma di monarchia
nella quale tutto il potere è nelle mani del sovrano il quale è il solo
rappresentante di quello stato di fronte al complesso dei cittadini e degli
altri stati. " L'Etat cet moi ", la celebre affermazione di Luigi
XIV° di Francia, sintetizza perfettamente il concetto che è alla
base di questo modello politico. Siamo quindi alla presenza di un sistema in
cui il complesso dello spazio politico è occupato da una sola entità
( monarchia ). La Rivoluzione Francese del 1789 fa subire un serio
contraccolpo al concetto di stato assoluto. Le rivendicazioni del
Terzo Stato fanno entrare sulla scena i prodromi di un processo che sarà
destinato, nei secoli a venire, ai più grandi sviluppi. Nell'alfabeto
politico ed istituzionale di ogni stato e delle future nazioni nascenti
entreranno, infatti, da allora i principi del liberalismo di stampo
classico. Per quello che concerne le tecniche di governo, il linguaggio della
politica e la società, considerata nel suo insieme, a causa della Rivoluzione
Francese accade un'altra circostanza che sarà destinata ad avere ampie
ripercussioni. Questa circostanza storica, a prima vista, potrebbe sembrare
non proprio centrale e persino irrilevante all'interno dell'economia
complessiva degli avvenimenti in questione.
All'Assemblea nazionale costituente del 1789 i fautori di un forte potere
monarchico presero tutti posto alla destra del presidente mentre i
rappresentanti delle correnti più avanzate, antimonarchiche e democratiche
sedettero alla sua sinistra.
Gli storici politici ma anche quelli della società, del costume e della
cultura furono concordi nel ritenere quella circostanza come paradigmatica
per la storia dell'umanità.
Da quella circostanza del tutto casuale, infatti, si fa derivare la nascita
di due entità politiche nuove. Esse prenderanno il nome da tale suddivisione
spaziale e saranno, rispettivamente, la destra e la sinistra.
Lo spazio della politica subisce ora una mutazione. Viene secato
in due parti. Una linea orizzontale separa due entità ( le quali, prese
assieme, impegnano la totalità della politica ). Da una parte di questa linea
c'è la destra, dall'altra la sinistra. Il filosofo torinese
Norberto Bobbio, nel 1994, ha pubblicato un agile volumetto dal titolo Destra
e sinistra per l'editore Donzelli. In quel libretto, Bobbio affrontava
la questione di quale fosse il nucleo originario che distingue
destra e sinistra.
Bobbio parte considerando le due entità della destra e della sinistra come
dei " tipi ideali " . Ovvero non come due nuclei sistematici
stabiliti una volta per tutte ( col consenso della maggioranza degli studiosi
) e neppure come delle formazioni storicamente date ( o da darsi ) che si
avvicendino e si affianchino lungo il corso degli avvenimenti umani. Una
volta fatto ciò, Bobbio nel capitolo IV dal titolo Alla ricerca di un
criterio di distinzione, offre un criterio terminologico per definire le
due parti. Egli afferma: " il criterio più frequentemente adottato per
distinguere la destra dalla sinistra è il diverso atteggiamento che gli
uomini viventi in società assumono di fronte all'ideale dell'eguaglianza ,
che è, insieme a quello della libertà e a quello della pace, uno dei fini
ultimi che si propongono di raggiungere e per i quali sono disposti a
battersi ". Ora, dunque, il concetto di uguaglianza è un concetto
relativo e non assoluto: si è uguali sempre rispetto a qualcosa e mai
singolarmente ( come, ad esempio, si è liberi ). Lungo il corso della loro
storia, gli esseri umani si sono imbattuti in un concetto che hanno chiamato
" uguaglianza " e si sono accorti che esso poteva rappresentare uno
dei fondamenti del vivere civile in ogni tempo e luogo.
Se vengono presi per se stessi o in rapporto alla totalità della natura o dei
loro simili gli uomini possono essere sia " uguali " che "
disuguali " ( in qualcosa ).
Sarà definibile come destra quel particolare programma politico che,
partendo dal dato di fatto che gli uomini sono sia uguali che disuguali,
giudica più importante ai fini della pacifica convivenza privilegiare ciò che
fa si che essi siano diversi rispetto a ciò che li rende uguali. Del pari,
partendo sempre dalla constatazione di fondo che gli uomini sono tanto uguali
che disuguali, la politica della sinistra è quella che mette in
evidenza in misura maggiore e ritiene più rilevante ciò che li accomuna
piuttosto che ciò che li separa. E fin qui Bobbio. Ma l'uguaglianza, in se un
qualcosa di sociale. Nel momento in cui gli esseri umani fra loro si
accorgono di essere " uguali " in una cosa e prendono atto di
questa situazione come di una possibilità d'arricchimento, essi,
politicamente, saranno portati ad attribuire un valore positivo al
principio di uguaglianza. L'esatto opposto succede quando essi si rendono
conto di essere " uguali " in alcune cose ma vedono come ad un
ostacolo ai loro fini. Naturalmente, in senso generale, " uguali "
e " diseguali " si può essere ( o definirsi ) in numerosi modi e per
motivi che sono i più diversi. Lo si può essere per natura o per cause
culturali. Per merito o per fortuna. Per scelta o per abitudine. La destra
e la sinistra ( viste sempre come " tipi ideali " )
trovano la loro ragion d'essere ( ed i principi ispiratori dei rispettivi
programmi ) nella constatazione per la quale esse considereranno, l'una, gli
uomini più disuguali che uguali e l'altra, più uguali che diseguali. La diade
e la frammentazione orizzontale destra-sinistra esaurisce, così, la totalità
dello spazio politico. Gli uomini, a seconda delle loro idee,
aspettative e motivazioni, aderiranno ad una sola delle due parti. E
del pari, al livello della ordinaria vita sociale, destra e sinistra sono
discriminanti. A fronteggiarsi non sono solo due fazioni politiche, ma due
diverse visioni del mondo, due atteggiamenti culturali e morali, due distinti
immaginari ( individuali o collettivi ). Dal 1789, la destra e la sinistra
costituiscono due luoghi della comune esperienza degli individui sulla
terra; due segni in cui, ogni giorno, ci si imbatte e su cui si
è chiamati a confrontarsi; due riferimenti culturali certi e diffusi. Queste
due entità ci sono state e ci sono, hanno avuto un significato e ce l'hanno
ancora. Costituisce un'esperienza quotidiana imbattersi in destra e sinistra
su titoli di giornali, manifesti, pubblicità, situazioni, discorsi, scelte e
atteggiamenti.
L'astrazione ha individuato un concetto che si fa opera concreta, effettuale,
reale.
E analogamente, l'opera reale conduce, di nuovo, al concetto attraverso la
strada dell'analisi e del ragionamento. Il principio di uguaglianza, nella
fattispecie, risulta essere quel grumo irriducibile ed ineliminabile
che è, allo stesso tempo, storico, ideale ed esistenziale. Esso identifica la
diade destra/sinistra al meglio e con la più grande autorità . I contrasti di
idee, che stanno alla base della distinzione fra destra e sinistra, portano,
volta per volta, queste due fazioni ad accentuare alcune istanze piuttosto
che altre. Ad esempio: per quel che riguarda i fattori della produzione, la
destra porrà più attenzione sul capitale che sul lavoro (
al contrario, la sinistra ). Nei rapporti fra le istituzioni: la destra
prediligerà il privato piuttosto che il pubblico, la
sinistra, sarà per il pubblico e non per il privato. Sui rapporti fra le
parti di una negoziazione economica: la destra porrà l'accento in misura
maggiore sul confronto, la sinistra, sulla cooperazione.
Per quanto riguarda le relazioni fra le diverse entità economiche: la destra
è a favore della concorrenza, la sinistra: è per la collaborazione.
E ( ancora nell'ordine del solo universo economico ), posizioni
diametralmente opposte destra e sinistra assumeranno riguardo a centinaia di
questioni. Politiche di diverso tipo esse avranno sui problemi relativi ai
gruppi sociali emergenti, alle richieste pacifiste, ai movimenti ecologisti,
alle rivendicazioni ambientaliste o animaliste, alle necessità fondamentali
della società ( salute, scuola, abitazione ), alla sensibilità ed amicizia
internazionale, alle aree povere, depresse, sottomesse, al piano culturale
sul quale si deve regolare ogni decisione di natura economica ( assunta da
una determinata istituzione o nazione o paese ), sui diritti dell'uomo, dell'infanzia,
della terza età, dei deboli, ecc. Su queste, come su innumerevoli altre
questioni, destra e sinistra prenderanno le loro rispettive posizioni
politiche ( che proporranno in sede di campagna elettorale ) e stabiliranno
le decisioni conseguenti ( una volta che l'una o l'altra avrà raggiunto
incarichi di governo ) in sede istituzionale. E faranno ciò sempre
regolandosi su quel loro grumo irriducibile: il principio di
uguaglianza. Nasceranno, così, politiche di tipo diverso che avranno fini
diversi, programmi diversi e atteggiamenti diversi. La destra proporrà
strategie che terranno più conto della diversità che dell'uguaglianza. La
sinistra sceglierà la similarità piuttosto che la differenza. Caso per caso
ed in maniere diverse, ovviamente. Le due porzioni dello spazio politico,
destra e sinistra, fondate, come sono, su un concetto di natura relativa,
a loro volta: saranno due porzioni relative. Estremismi e
moderatismi sono sempre possibili per ogni destra e per ogni sinistra e per
ogni ripartizione dello spazio politico in una destra ed in
una sinistra ( ne è un esempio la diffusione dei movimenti
extraparlamentari, che possono essere naturalmente sia di destra che di
sinistra, all'interno delle democrazie parlamentari di stampo occidentale ).
Ed inoltre, i due concetti di destra e sinistra, oltre che non essere
concetti assoluti, non sono neanche concetti sostantivi ( ontologici ). E
neppure sono delle qualità intrinseche dell'universo politico. Sono
solamente due porzioni di quello spazio ideale che ogni gruppo umano, nel
complesso delle attività che lo coinvolgono, destina alla politica.
Quella che si verifica, in questo caso, è una circostanza precisa. E' come se
fosse che ogni attività di cui sia protagonista l'uomo ( la politica
al pari della scienza, dell'economia, ecc. ) sia schematizzabile in un diagramma.
Alla politica ne spetterebbe uno diviso in due parti ( chiamate: destra e
sinistra ). Abbassando istituzioni, contatti, relazioni, idee, progetti,
ecc. di ogni società in un quadrato, ogni essere umano ed ogni gruppo sociale
potrà ritrovare in esso qualcosa che gli apparterrà. In sostanza,
ciascuno potrà dichiarare di farne o di non farne parte. E' chiaro che ogni
altra attività ( e sfera d'azione ) di ciascun individuo o gruppo sarà
intimamente connessa con quell'attività e sfera d'azione. Ogni quadrato con
ogni quadrato. Ed ogni quadrato, a sua volta, sarà suddiviso a secondo della
storia delle caratteristiche proprie di quella particolare sfera d'azione
che esso rappresenterà. In una, due o tante porzioni orizzontali. La somma
dei quadrati sarà un diagramma ( ancora orizzontale ) all'interno del quale
ogni spazio raffigura un particolare momento della storia (anche
culturale e morale ) di ciascuno all'interno di quella società. Ed, insieme,
la propria psicologia di soggetto insieme individuale,
sociale oltre che dotato di ragione.
Michele Salvati ha formulato un giudizio storico che può valere per
ogni suddivisone relativa ad ogni quadrato. Salvati, riferendosi alla
partizione dello spazio politico in una destra ed in una sinistra,
afferma che esse: " sono categorie centrali del " progetto
moderno" : la loro gestazione attraversa tutta l'età moderna e si
conclude nell'Illuminismo; il loro parto e la rivoluzione francese " .
In qualità di categorie centrali, destra e sinistra recano addosso (
dunque ) una loro specifica autorevolezza. Pure nel malaugurato caso (
ascrivibile a quella scuola di pensiero facente capo all'apodittica
affermazione di Jean Paul Sartre, il quale definì la destra e la sinistra
come " due scatole vuote ") dell'irrilevanza di questi due
concetti: rimane, egualmente, una considerazione obbiettivamente ineliminabile.
Siano esse del tutto vuote, rimangono pur sempre delle scatole. Da
qualche parte è esistito ( o forse esiste ) qualcosa che le ha
costituite. Anzi, è proprio questo qualcosa ciò che tuttoggi
rende esse due nozioni dotate di un senso proprio ( fondante e condiviso da
molti ). Per innumerevoli donne e per uomini di moltissimi paesi del mondo.
Ma da quel 1789 in cui destra e sinistra sono ( almeno formalmente ) nate,
qualcosa è cambiato in maniera definitiva nell'universo e nel dibattito
politico.
Destra e sinistra sono entrate nella storia ed hanno preso, fin da subito,
strade diverse. Anche lo stato assoluto del XVI° sec., che non era
già più lo stesso ai tempi della Rivoluzione Francese, con il XIX° sec. ( ed
il concetto di nazione arrivato a scompaginare la geografia politica
) divenne un'altra cosa. Per mutare in un'altra cosa ancora nel XX° sec. Ed
arrivare, così, di nuovo mutato, al tempo presente. Destra e sinistra, per
parte loro, sono mutate come quello stato assoluto del XVI° sec.
L'umanità ha conosciuto fenomeni complessi e proteiformi ( il capitalismo, il
socialismo, il comunismo, il fascismo, il nazismo, due guerre mondiali, la
guerra fredda, i due blocchi contrapposti, ecc. ) da quel fatidico 1789. La
destra e la sinistra, in qualche modo, hanno resistito a tutto
questo, anzi sono riuscite ad inglobare delle istanze volta per volta, e caso
per caso, diverse e vitali. E strada facendo, nel pensiero e nel discorso
della gente, sono diventate due luoghi del patrimonio culturale
condiviso. Anche questo testimonia della loro importanza. Più importante è la
circostanza che, nella storia, uomini e donne hanno intrapreso carriere
politiche, si sono interessati a problemi politici, hanno amministrato ( e
governato ) paesi, città o nazioni sulla base dei postulati teorici
appartenenti ora alla destra ora alla sinistra. Stati sovrani si sono
proclamati di destra o di sinistra. La storia del pensiero
politico moderno è stata interpetrata da studiosi ( i quali, a
seconda dei casi, si sono, o sono stati, essi stessi dichiarati di destra o
di sinistra ) che hanno utilizzato, sia pure come paragone o metafora, oppure
come codice d'accesso o ancora come semplici strumenti di lavoro, le due
categorie di destra e sinistra. Oggi, non c'è dibattito politico che non
ponga l'accento ( sia pure in modo trasversale ) ai due termini della diade.
E non esiste schema, che si possa fare, riferentesi alla conformazione
politica di qualsivoglia nazione, che non metta capo, al suo interno, anche
ai termini destra e sinistra. ( In Inghilterra: i conservatori sono
più vicini alla destra, i laburisti sono di sinistra; negli USA: i
repubblicani possono essere assimilati alla destra, i democratici
dovrebbero essere di sinistra; ecc. ).
Ma in verità ed in senso più generale, la suddivisione spaziale della
politica è solo un modo abbastanza utile per constatare che esistono maniere
differenti di vedere le cose. Di interpretare la società da parte della
politica. Ciò, del resto, è invitabile. I problemi sono complessi e
coinvolgono interessi, aspettative e ideologie che variano per come varia la
società. Raggruppare tali interessi in due sole categorie: è certo un fatto
comodo; ma è anche un modo molto raffinato che l'uomo ha a disposizione per
restituire dignità al proprio pensiero. E per capire meglio ogni problematica
che agiti la collettività. Gli uomini sono più uguali o più disuguali ? La
risposta è: dipende da quale punto di vista li si consideri. E' giusto questo
punto di vista che fa la differenza. Guardare ai fatti umani da una certa
angolazione vuol dire che, comunque, si è già stabilita un' angolazione. Tale
scelta sarà stata fatta in base a delle motivazioni. Le quali sono sempre di
natura razionale. Se è vero che c'è, sempre, una base emozionale per ogni
scelta e motivazione, è altresì vero che nessuno fa niente per niente o
calcolando niente. Quantomeno, costi e benefici si porranno sempre davanti a
ciascuno. Esiste un ragionamento logico che porta a far stare da una
tale parte. Nella politica, come nella vita di ogni giorno.
Dalla combinazione degli elementi emozionali e razionali si genera, in senso
lato, ogni scelta. Che attribuisce un punto di vista. Il quale fa la
differenza. Il cerchio è chiuso.
Da un certo punto di vista gli uomini appaiono meno uguali che disuguali. Da
un altro: meno disuguali che uguali.
Questo è un modo di vedere e di argomentare proprio ad ogni essere umano.
Anche di questo è fatta la distinzione fra destra e sinistra. ( E' il caso in
cui alle due parti non fossero stati assegnati storicamente i nomi che hanno;
ma, invece, le si considerasse come due diverse griglie interpretative
della realtà… ).
Destra e sinistra, in ogni caso, sono storicamente esistite ed esistono. Il
principio di uguaglianza è il loro grumo irriducibile. Se oggi
queste due scatole sono davvero vuote, ciò sarà stato dovuto al mutare dei
tempi e delle idee, agli inediti problemi che agitano la mente e il cuore
degli uomini, alle diverse condizioni ( oggettive e soggettive ) in cui si è
venuta a trovare , oggi, la società nel suo complesso.
Ma, in ogni caso, il materiale da cui sono composte queste due scatole esiste
anche oggi. E tale materiale è quel grumo irriducibile: il principio di
uguaglianza.
Globalizzazione. Le date della storia sono simboli. Nella concreta
realtà di quell'anno, poco o nulla del tutto avvenne nel 476 d.C. quando
Romolo Augustolo, fatto eleggere imperatore da Oreste contro Nepote, venne
deposto dal capo dei barbari Odoacre e mandato a vivere con una pensione di
6000 solidi nel Castro Luculliano. Furono gli storici, scrivendo la storia,
ad attribuire a quella data la caduta definitiva dell'Impero Romano
d'Occidente. Nella realtà concreta e vivente, invece, tutto è già in atto da
tempo quando si verifica quella circostanza particolare. Tutto è, in qualche
maniera, già avvenuto. Le date storiche sono soltanto dei mezzi che gli
esseri umani utilizzano per loro convenienza. Degli espedienti che servono a
fissare nella memoria un concetto che deve essere importante e la cui origine
può essere fatta risalire a quel determinato anno o a quel determinato giorno
o a quella particolare epoca storica. Il 1789 è la data storica della nascita
di destra e sinistra. Naturalmente, il processo che ha portato a quella
suddivisione era già in atto da tempo quando essa è avvenuta.
Un'altra data simbolica è il 1989. In quell'anno cadeva il muro di Berlino.
Dalla fine della seconda guerra mondiale la capitale della Germania era stata
divisa in due parti. La Repubblica Democratica Tedesca e la Repubblica
Federale Tedesca sorgevano, separate l'una dall'altra, ai due lati opposti
del muro. Tale separazione sanciva uno stato di fatto che aveva contraddistinto
non solo la storia della nazione tedesca per quarantaquattro anni ma anche
quella di tutta l'Europa e dell'intero Occidente.
Tale stato di fatto consisteva nella frammentazione della politica
planetaria nei due blocchi contrapposti: gli stati del cosiddetto
blocco occidentale ( con a capo gli Stati Uniti d'America ) stavano da una
parte, gli stati del blocco sovietico ( con a capo l'URSS ) erano dall'altra.
Dopo la fine del secondo conflitto mondiale, capitalismo e socialismo si
erano affermate come ideologie contrapposte all'interno dello
scacchiere mondiale. Dall'America alla Repubblica Federale Tedesca c'era
l'Occidente democratico e capitalista, dalla Russia, passando per i paesi
dell'Est fino alla Rdt stava il blocco comunista ( ad economia pianificata ).
Lo stesso termine di capitalismo è frutto della formulazione teorica
di Karl Marx. Il filosofo comunista lo usò infatti, per la prima volta, in
contrapposizione al termine socialismo. Ma ora il capitalismo ( ed i
suoi portati di natura non solo economica ) giunge alla cultura ed alla
storia della società contemporanea carico di rappresentazioni e valori che
trascendono la primigenia genesi marxista. Fedele alla sua originaria
vocazione di sistema onnincludente e onnipervasivo il capitalismo arriva, con
le sue logiche, a conquistare dopo il 1989 l'intero Mondo Occidentale.
Non solo il suo modus operandi viene imposto, ma dominano anche le sue
strutture concettuali, il suo abito di pensiero e la sua visione del mondo.
Nella visione teorica di Marx, il socialismo doveva nascere dalle
contraddizioni stesse del sistema capitalistico, ed era destinato a
superarlo. Per tutto il periodo della guerra fredda, invece, quello che
accade è che capitalismo e socialismo si dividono il pianeta in maniera
uniforme. Lontano dall'essere stato sorpassato dal socialismo ( come aveva
predetto Marx ), il capitalismo arriva vivo è vegeto alla caduta del muro di
Berlino. Ed, ora, trionfa su una parte molto consistente del globo. Ma le
date sono solamente simboli. Quel 1989, in cui cade il Muro di Berlino ( il
quale, aveva sancito, a sua volta a livello simbolico, la divisione nei due
blocchi ) è una data storica anch'essa. Che non sfugge a questa logica. La
frammentazione regolata dal muro non era solo quella fra le due Germanie, più
che altro era quella fra due sistemi economici, due stili di vita, due forme
di pensiero contrapposte. Quel muro separava in realtà capitalismo e
socialismo, ovvero: democrazia e comunismo. Il 1989 sarà dunque il simbolo
della fine del comunismo su scala planetaria. I processi storici della perestrojka
e della glasnost ( portati avanti da Michail Gorbaciov, eletto
segretario generale del PCUS nel 1984 ) in Russia servono a mettere in moto
dei piloti automatici che porteranno, di lì a poco, alla capitolazione del socialismo
reale non solo in Russia ma, anche, nei paesi dell'ex blocco sovietico .
Le nazioni dell'Est comunista seguiranno, infatti, a ruota il paese capofila.
Il capitalismo, rimasto unica ideologia in atto ( ed in virtù della vocazione
espansionistica che gli è propria ) da quel 1989 domina il panorama del mondo
intero. Il capitalismo ha trionfato. Ma, la destra e la sinistra dove sono
finite ? E quel capitalismo che trionfa, che tipo di capitalismo è ? Era
proprio inevitabile questo trionfo ? Il sistema del socialismo reale vigente
quasi dappertutto nei paesi del blocco sovietico aveva cominciato a mostrare,
negli ultimi anni, le sue crepe e le sue disfunzioni.
Il rallentamento dell'economia sovietica ( già dalla fine degli anni '70) era
palese. Anche gli indicatori sociali di base ( il tasso di mortalità, ad
esempio ) non miglioravano. Inoltre vi era, in tutti i paesi del blocco
sovietico ( URSS compresa ) un forte potenziale di degenerazione burocratica
e di corruzione ( specie nei quadri di partito ). A tutto ciò si aggiungano
tutti quei problemi derivanti dai mutamenti intervenuti nell'economia
mondiale del tempo. Il capitalismo, per parte sua, è mutato col tempo in
maniera distinta. Dal capitano d'industria degli esordi esso è transitato per
i grandi trusts e cartelli del periodo industriale, per giungere, nel periodo
post-guerra fredda, alle multinazionali. Il capitalismo ha infranto, dunque,
tutte quelle barriere d'ordine economico, sociale e culturale che, un tempo,
avevano diviso le economie dei diversi stati nazionali ( sovrani dentro il
loro territorio ). L'economia di mercato è divenuta, oggi, la sola forma di
economia che governa il mondo .
Le imprese multinazionali sono anche transnazionali; il concetto di nazione è
messo in discussione nel nuovo capitalismo globale e, forse, superato.
La proprietà fondiaria , che aveva passato il testimone al danaro ( come
unico bene desiderabile ) è, adesso, la merce. Tramite la pubblicità ed il
marketing questa merce ha invaso il mercato. Essa è la nuova caratteristica
che contraddistingue il possesso. I mezzi di comunicazione di massa hanno
raggiunto scala planetaria. Le distanze ( non solo quelle geografiche ) si
sono accorciate. Stili di vita, comportamenti e desideri tendono ad adeguarsi,
ora, ad uno spazio ogni giorno più ristretto. All'interno di tale spazio: il
business è diventato la regola, una regola oltre che economica, anche
culturale e morale. Lo spazio della proprietà fondiaria era un tempo
accelerato nell'epoca del primo capitalismo. Esso era il simbolo del possesso
e dell'acquisizione. Questo tempo, adesso, è divenuto un'altra cosa.
Centrale, oggi, è la terza variabile della famosa equazione , e cioè la
velocità. Il mondo che ha visto il trionfo del capitalismo globale è un mondo
che digita, che chatta, che si connette, che riceve e invia informazioni. E'
un mondo che è sempre presente. Che non ha più limiti di spazio ed in cui il
tempo è il tempo reale dell'ingresso di un file in una banca dati.
E' un mondo che accede alle reti, è un mondo che corre . Oggi,
possiede di più colui che più può accedere alle reti globali degli scambi
internazionali.
Per parte sua, anche la vecchia classe proletaria ha, nel frattempo, assunto
un volto nuovo. Un tempo il criterio generale per fare ( o meno ) parte di
essa era il possesso ( o meno ) di due braccia per lavorare. Adesso, invece,
si fa strada sempre più la competenza come fattore discriminante.
Nel mondo iper-specializzato del capitalismo planetario è la tecnica ad
occupare il posto di vera psicologia dell'azione ( sia essa individuale o
collettiva ). E si tratta di una tecnica che si sviluppa prevalentemente in
elettronica, informatica e cibernetica. Solamente l'elevato possesso delle
nozioni tecniche relative a queste discipline garantisce l'accesso all'elite
dei controllori dell'economia globale. Pur sembrando uno, il pianeta, dunque,
si trova oggi ancora diviso in due. Ma lo è in un modo nuovo. Infatti, un
terzo del totale dei suoi abitanti ha in mano le redini della ricchezza
complessiva, i rimanenti due terzi vivono alla giornata, spesse volte,
un'esistenza di pura sopravvivenza. In sostanza: il capitalismo ha trionfato
cristallizzando le economie di tutto il mondo intorno al libero mercato. Ogni
barriera dovuta a circostanze o ad ostacoli di natura geografica è stata
abbattuta. La storia comincia a segnare il passo, presa per com'è nel vortice
della velocità. Ma, nonostante ciò, il mondo non è diventato più vivibile o
più umano. Adesso, semplicemente: nel mondo reso più corto e stretto dalle
telecomunicazioni globali, il danaro dirige e regola ogni accadimento
attraverso una rete quasi inestricabile di relazioni, rapporti, contatti e
connessioni che fanno assumere all'intero edificio dell'economia i connotati
della fluidità, della leggerezza e della liquidità. Il danaro, nel libero
mercato, si fa possibilità di accesso in un meccanismo sempre più immateriale
in cui il soggetto economico ambisce a beni e servizi che non vede, spendendo
cifre di cui non possiede l'equivalente in possesso. Da un progetto militare
del Pentagono si sviluppa su tutto il pianeta Internet, la rete delle
reti. Può essere vista come il simbolo di tutto il processo. La new
economy, tipica della società dell'accesso, inaugura una nuova, inedita,
fase del capitalismo high-teach. Nuove industrie globali ( del divertimento,
dello spettacolo, del turismo ) invadono il pianeta con l'intento di offrire
beni e servizi che riescano a soddisfare, da parte del cliente, anche il
singolo piacere momentaneo, la sensazione, l'emozione . La fine delle
ideologie ha portato con se la scomparsa di valori e ideali forti in cui,
giusto o sbagliato che fosse, era possibile credere. La vita è diventata
terreno di conquista dell'effimero. Essere egoisticamente felici, adesso, è
una questione di sopravvivenza. Il mercato ( che dovrebbe essere globale solo
economicamente ) entra, invece, nei progetti di vita degli uomini. Grazie
all'ingegneria genetica ed alle bio-tecnologie viene commercializzata la
stessa vita umana. Ogni valore è fornito dalla rilevanza ( principalmente
economica ) delle esperienze individuali di ciascuno. Si vive per consumare
in fretta e tutto. Anche i rapporti umani si adeguano a ciò. Il capitalismo
high-teach trionfante stende dietro se, come una coltre indistinta, una massiccia
dose di utilitarismo e di cinismo collettivo. L' imperativo categorico è
bruciare in fretta ogni esperienza e merce possibile per certificare il
proprio solitario stare al mondo. La sostituzione, avvenuta in maniera
pressocché definitiva, del lavoro umano con quello delle macchine (
perfezionate dai progressi dell'elettronica e della cibernetica ), le nuove
conquiste ottenute nel campo dei mezzi di comunicazione di massa, i nuovi musts
del mercato globale ( in ordine sparso: centri commerciali, leasing, carte di
credito, griffe, design, joint-venture, franchising, industria culturale,
ecc. ) ed i mutati equilibri a livello internazionale tra stati e nazioni,
tutto ciò ha contribuito a sferrare un colpo, da alcuni giudicato definitivo,
a molte dei concetti cardine su cui , fino a questo momento, si era
strutturata la società umana.
" Quel secolo breve che va dal 1914 alla fine dell'Unione Sovietica
" ha visto non solo la fine del comunismo ma anche quella delle
ideologie e, per qualche studioso, quella della stessa storia .
Ma con la fine del millennio l'elenco delle fini sembra essersi
allungato. Jeremy Rifkin ha predetto, ad esempio, la fine del lavoro . E c'è
stato, anche, chi si è spinto a parlare di una fine del governo e della
stessa politica . In sostanza è accaduto che la fine della separazione fra le
due Germanie ed i processi politici tuttora in corso nell'est europeo hanno
fatto si che tramontasse, per sempre, l'ideologia comunista. Questa fine, ed
il fatto ormai certo che il capitalismo sia oggi, su scala planetaria,
l'unico sistema economico vigente hanno fatto maturare negli animi la
conclusione che , ( anche per via delle nuove istanze teoriche e sociali che
si sono fatte largo ) fosse finito il tempo del pensiero ideologico. Tale
tempo, però, aveva caratterizzato in qualche modo il corso totale della
storia fino a quel momento. Per cui si è ipotizzato che a finire sia stata
anche la stessa storia dell'uomo. Inoltre, a causa di recentissime istanze di
natura economica e tecnica, si sono manifestati alcuni problemi specifici
nelle società del periodo post- guerra fredda. La tecnologia diffuso nelle
case il computer e gli altri apparecchi dell'elettronica, della telefonia e
delle telecomunicazioni. La rete delle connessioni si è estesa
dappertutto. Lo spazio è stato sorpassato e doppiato. Inedite realtà globali
e transnazionali ( come Internet, ad esempio ) sono state create ed hanno
reso obsolete le vecchie tecniche di governo. Sono sorti dei nuovi
problemi di controllo delle reti. I governi ( che, per definizione,
sviluppano la propria sfera d'azione sempre all'interno di un singolo stato )
non sono, in qualche misura, più stati in grado di governare all'interno dei
loro confini nazionali. La fine del governo è da intendersi in questo senso. Questa
fine ha portato qualche studioso a teorizzare e prevedere una sua
conseguenza. La fine della stessa politica. Se c'è una determinata realtà
sociale che non può più essere controllata, nel suo divenire, coi
tradizionali mezzi politici, ciò vuole dire che tali mezzi non corrispondono
più agli scopi per i quali furono costruiti. Ma detti scopi erano, appunto,
le regole che gestivano tutto il sistema. Dunque: la politica è finita. La globalizzazzione
, col suo avvento, sembra aver fatto piazza pulita di moltissime cose . Per
metafora: è come se nella terra, ridotta ormai a deserto, si innalzasse solamente
in denaro in mucchi sempre più alti, intorno a tutto quanto ed a tutti
quanti. L'estensione del mercato a tutto il globo, con i suoi regolamenti e
il suo modello culturale, ha costretto ad una riformulazione di
obiettivi e aspettative. La vita quotidiana, e la psiche, di ogni uomo ne è
stata influenzata. Comportamenti, preferenze, gusti ed atteggiamenti sociali
cominciano a dipendere, sempre di più, dalla globalizzazione. Anche in questo
caso, il capitalismo si mostra con la sua faccia più aggressiva. Gli uomini,
ora, pensano, ragionano e provano emozioni secondo dinamiche economiche o,
comunque, privilegiando la soddisfazione di aspettative, attese e interessi.
La nuova società della produzione di massa ( il fordismo ), con i meccanismi
del marketing e della pubblicità che le sono propri, permea di se l'agire
dell'homo aeconomicus. La stessa sfera culturale ( editoria, cinema,
teatro, intrattenimento, divertimento, ecc.) diventa un' industria ; il
capitalismo invade settori che fino a poco tempo prima non gli appartenevano.
La logica del usa e getta si fa strada sul piano dei riferimenti
socio-antropologici. Ogni contratto e contatto ( di natura non solo economica
) che veda impegnato l'uomo tende ad adeguarsi. La tecnica si declina nella
telefonia mobile, nel fax, nei satelliti televisivi e nelle televisioni via
cavo. E soprattutto nel personal computer ( pc ) . E' l'era del bit, dell'
hardware, dello scanner e del modem. La forma dei rapporti umani e del
commercio globale si sviluppa nel ciberspazio. Ma, adesso che la stessa
politica sembra doversi destreggiare fra mille difficoltà ( che ne mettono in
forse anche la sua esistenza ) che ne è stato di destra e sinistra ? Dalla
fine della seconda guerra mondiale e per gli anni della guerra fredda,
l'esistenza e la distinzione di queste due categorie non fu mai messa in
discussione. Anzi, la destra trovava il suo alloggio da una parte determinata
del pianeta e la sinistra, per così dire, da un'altra.
Il fatto storico dell'esistenza delle ideologie e dei due blocchi
contrapposti rendeva persiono ozioso chiedersi, allora, cosa fossero la
destra e la sinistra.
Inoltre, queste due categorie facevano ordinariamente parte del kit ( non
solo dialettico ) di ogni uomo politico che appartenesse ad una delle due
parti in causa.
E ad ogni nazione.
Chiaramente i tempi erano del tutto cambiati rispetto al 1789 quando destra e
sinistra hanno visto, per la prima volta, la luce.
Così erano del tutto cambiati anche gli obiettivi politici, i programmi e le
rivendicazioni che, destra e sinistra, sostenevano rispetto alle questioni
del momento.
Dopo il 1989, destra e sinistra si sono trovate di fronte a degli inevitabili
problemi di ridefinizione e di riorganizazione. Quasi ovunque, la
globalizzazione cominciava a tessere le sue reti ora elettroniche,
ora digitali, ora virtuali. La destra e la sinistra sono, così, arrivate
all'appuntamento con la globalizzazione sempre con il principio di
uguaglianza come grumo irriducibile della loro distinzione.
Quel principio di uguaglianza, la cui diversa interpretazione le
divide, è rimasto immutato perché a rimanere immutato è stata il diverso modo
che gli uomini hanno mantenuto nel porsi criticamente di fronte alla società.
Ciò vale tuttora; anche nell'epoca della fine delle ideologie.
Problemi, vittorie, sconfitte e speranze esistono ancora: per tutti gli
uomini e per tutte le società. Delle risposte ( di destra o di sinistra )
possono, tuttora, essere delle buone risposte.
Indubitabile, inoltre, è che, ancora oggi, esistono governi che
dichiaratamente dicono di fare parte di una destra o di una sinistra.
Inconsci collettivi, culture condivise, articoli di giornali, discorsi di
gente comune, gli studi di specialisti del settore ed ogni altro elemento che
formi la radice ambientale e sociologica dell'immaginario collettivo sono,
tuttora, pieni di citazioni, rimandi e vere e proprie asserzioni ( a volte
scevre da alcun dubbio ) che mettono capo alle due categorie di destra e
sinistra.
In qualche maniera, la distinzione sembra sopravvivere anche oggi.
Certamente, essa è in attesa di una nuova formulazione.
Ora, l'essere giunto a circolare su di una scala globale non ha tolto al
capitalismo quella che era la sua natura: la ricerca del profitto.
Esiteranno, perciò, degli uomini per i quali tale ricerca del profitto
è qualcosa di positivo, ed altri che diranno che è una cosa da non
fare.
Destra e sinistra esisterebbero, così, anche solo in base a questo !
Gli uomini, poi, saranno sempre o uguali o disuguali se considerati in
relazione a tale ricerca del profitto. Ci sarà, cioè, chi avrà di più e chi
avrà di meno.
E' per questo motivo che ci saranno sempre uomini che difenderanno le ragioni
di chi avrà di più e degli altri uomini che si schiereranno con quelli cha
avranno meno.
Il progresso realizzato dalle nuove tecnologie e dalle telecomunicazioni è
qualcosa di reale.
Ci sarà, dunque, qualcuno che sarà favorevole ad esso e qualcun altro che lo
riterrà pericoloso.
Insomma, tutti le motivazioni culturali, sociali e storiche, che hanno
portato alla distinzione ( la destra da una parte, la sinistra dall'altra )
permangono, e anzi ( in alcuni casi ) sono vieppiù accentuate, ancora oggi.
Le disuguaglianze non hanno cessato di esistere affatto nelle società
moderne.
A tutto ciò si va naturalmente a sommare una serie di nuove problematiche
sorte dalle caratteristiche particolari della società high-teach.
Il debito dei paesi in via di sviluppo, la competitività, l'immigrazione
verso i paesi industrializzati, i conflitti etnici: destra e sinistra
formuleranno delle soluzioni precise anche per tali questioni. Ma la certezza
che queste due categorie politiche sussistono ancora, il fatto più evidente,
è data dalla constatazione che le discriminazioni, le ingiustizie e le
disuguaglianze non sono cessate affatto anche oggi. Anzi, tutt'altro. Esse si
sono ingrandite ed irrobustite.
Dietro le spalle di un terzo dell'umanità che produce e sta bene, vi sono due
terzi di sfruttati, emarginati e poveri. Il principio di uguaglianza, dunque,
è facilmente applicabile.
Per cui esso ( come matrice della diade destra-sinistra ) rimane certamente
vero ancora oggi.
E possiede una sua ragion d'essere che ha assunto dimensioni planetarie.
Ad un livello più particolare il principio di uguaglianza è applicabile, per
esempio, all'inedita situazione in cui si è venuto a trovare il lavoro.
Afferma Jeremy Rifkin: " per più di un secolo, gli economisti hanno
convenzionalmente accettato come un dato di fatto la teoria che afferma che
le nuove tecnologie fanno esplodere la produttività, abbassano i costi di
produzione e fanno aumentare l'offerta di beni a buon mercato; questo, in
conseguenza, migliora il potere d'acquisto , espande i mercati e genera più
occupazione. Tale assunto ha fornito il supporto razionale sul quale si sono
fondate le politiche economiche di tutte le nazioni industrializzate. Questa
logica sta conducendo a livelli mai registrati finora di disoccupazione
tecnologica" . A ciò si aggiungano le nuove caratteristiche di
flessibilità e mobilità che ha assunto il lavoro nell'era globale. Da tutto
quanto questo: nasce una nuova categorie sociali, i veri paria della
globalizzazione. Uomini senza un lavoro stabile, persone che vivono dei
sussidi della disoccupazione, lavoratori che non si radicano in nessun
tessuto sociale e culturale, gente che non è in possesso di nessuna
competenza particolare o, semplicemente, di quella richiesta dalla nuova
economia. Il principio di uguaglianza ha dunque, oggi, delle motivazioni
molto forti per esistere ancora. Non sono finite le disuguaglianze fra gli
uomini; destra e sinistra possono, dunque, fronteggiarsi ancora come una
volta.
Ma quali soluzioni esse forniranno alla realtà attuale ?
Come, destra e sinistra, interpreteranno il principio di uguaglianza oggi ?
Conclusione. Imprenditore, lavoro e capitale: i fattori della
produzione regolano l'accesso alla centrale operativa di ogni impresa
capitalista e forniscono al capitalismo stesso gli strumenti per la propria
espansione. Il muovo capitalismo globale si sviluppa tramite un reticolo
di nodi il cui accesso è regolato dall'immissione di un certo stock di
competenza. Con l'avvento della nuova figura sociale del tecnocrate ( alle
dipendenze del sistema informatizzato ) anche il ruolo classico
dell'imprenditore è cambiato. Il lavoro, per parte sua, muta ogni giorno in
quantità e qualità.
Il capitale, inoltre, va smaterializzandosi e va facendosi possibilità di
godere un servizio. Imprenditore, lavoro e capitale, cioè, nell'era
della globalizzazione non sono più gli stessi. Con i tre fattori della
produzione mutati, il capitalismo globale si trova di fronte anche,
ovviamente, una produzione del tutto diversa.
Essa sposta il suo asse dall'universo dei beni a quello dei servizi (
dapprima alle imprese e , poi, al consumatore ). " Sebbene "
servizi " sia una definizione imprecisa, sfuggente e aperta alle
interpretazioni più disparate, generalmente include le attività economiche
che non comportano la produzione o la costruzione di qualcosa di materiale,
che sono transitorie e consumate nel momento stesso in cui vengono prodotte,
fornendo un valore intangibile " afferma Rifkin. Che così continua:
" i servizi non si qualificano come proprietà. Sono immateriali e
intangibili; vengono eseguiti e somministrati, non prodotti; non possono
essere posseduti, accumulati e lasciati in eredità. I prodotti vengono
venduti, i servizi resi disponibili. In un'economia di servizi è il tempo a
essere trasformato in merce, non lo spazio o le cose " . La vita
economica e sociale dell'uomo appare, oggi, slegata da qualsiasi
considerazione geografica ( il nuovo capitalismo è molto più legato alla
possibilità di accesso a segmenti di esperienza che alla materialità delle
merci ). Che ragion d'essere ha dunque lo Stato oggi ? I governi di tutto il
mondo hanno cominciato una deregulation. Vendono ( al miglior
offerente ) le proprie infrastrutture di telecomunicazione e di trasmissione
via etere, lasciando che siano, poi, le leggi economiche a decidere chi sarà
connesso al ciberspazio degli scambi commerciali. Ma già a partire dalla fase
del capitalismo maturo si verificò, da parte degli Stati, un certo intervento
a sostegno dell'iniziativa privata.
Ciò non accadde nell'Inghilterra della Rivoluzione Industriale ma bensì in
Belgio, Francia, Stati Uniti e Germania. Il capitalismo, da sistema economico
emergente, venne inglobato dentro le istituzioni politiche di ogni stato.
Molte leggi si adeguarono ai suoi meccanismi. Molte norme, codici e
regolamenti nacquero a tutelare i soggetti economicamente più svantaggiati
del nuovo sistema.
Il capitalismo divenne, così, una faccenda quotidiana, una faccenda con la
quale milioni uomini e donne erano chiamati a misurarsi nel corso della loro
vita. Per via dell'ammontare degli stipendi, delle tasse da pagare, del
lavoro che ciascuno era chiamato a svolgere, del costo delle merci
acquistabili dai rivenditori, ciascuno era costretto a fare i conti col
capitalismo.
Nel corso del XIX° sec., gli Stati divennero nazioni. Le nazioni tentarono,
anch'esse, di inglobare dentro se il capitalismo, che era ormai quello dei
cartelli e dei trusts. Con la la globalizzazione il capitalismo è divenuto un
fenomeno sociale che coinvolge menti e interessi di ogni parte del mondo. Le
nazioni, per parte loro, non paiono più avere i mezzi per istituzionalizzare
questo capitalismo lanciato su orbite planetarie.
La destra e la sinistra hanno ancora il principio di uguaglianza.
Ma che ruolo possono assumere, oggi, nei confronti del sistema globale della
modernità ?
Per destra e sinistra avrà, comunque, un senso preciso porsi le tre domande
classiche che ciascuno si pone quando si tratta dell'uguaglianza.
Uguaglianza sì, ma: 1) tra chi ?, 2) in che cosa ? e 3) in base a quale
criterio ?
Dice Luciano Gallino: " Col termine di globalizzazione ci si
riferisce al fatto che negli ultimi decenni del Novecento lo spazio del
mercato sembra aver raggiunto i confini demografici e territoriali del
mondo" . Il mercato è per tutti e ovunque, oggi. Esso è
dominato dalle multinazionali. Che sono controllate da fattori di produzione
inediti. In base ai quali producono una determinata tipologia di beni.
Questi non sono più beni di consumo di massa ( cibo, vestiario, ecc. ) ma dei
servizi non strettamente necessari e comprensibili ( per quanto riguarda la
loro utilità immediata ).
Il capitalismo della globalizzazione ha come centro un mercato che è mutato
nella sua natura e che è più fluido rispetto al passato. I suoi meccanismi
sfuggono spesso a considerazioni di natura materiale o economica. La
modernità si presenta, oggi, sotto l'aspetto dell'immateriale.
Dunque oggi, per la destra e per la sinistra di ogni nazione, è più che
mai necessario un confronto ed una riflessione sul capitalismo di tipo
globale che è in atto. Ovvero: il mercato è ovunque, non si può sfuggire
al mercato: occorre, dunque, pensare in maniera nuova proprio questo
mercato.
Ma il mercato è uno spazio ideale. Esso non esiste fisicamente da qualche
parte. Riflettere sul mercato è, in una certa misura, riflettere
sull'immateriale cioè sull'invisibile, sull'astratto, su quello che non c'è.
Tale riflessione è necessaria. E' il fatto della globalizzazione stessa che
spinge a questa riflessione.
Ma altri fattori vi contribuiscono. Anzitutto: il mercato non è solo un
fatto economico. Esso stigmatizza forme di pensiero, strutture e
paradigmi che non sono solamente economici, ma che fanno parte del ( molto
più generale ) tipo di esistenza concreta condotta da ogni uomo. Oggi, il mercato
muove le coscienze. Ma le coscienze, a loro volta, muovono il mercato.
L'economia occupa ancora uno dei quadrati che racchiudono le diverse attività
umane. Ma prima dell'economia c'è lo stesso uomo. Che agisce,
produce, vive, sogna e spera realizzandosi nella stessa economia ( come nella
scienza, nell'arte, nella tecnica, ecc. ).
Esso, dunque, occupa tutti i quadrati.
" Mentre i nuovi movimenti migratori> ridefiniscono
continuamente la composizione delle cittadinanze, l'accelerazione della
circolazione dei simboli e delle informazioni nei circuiti delle
telecomunicazioni globali esercita una potente pressione in direzione dell'
omologazione dei comportamenti e degli "immaginari", ponendo in discussione
" identità " e " culture " consolidate. E lo
straordinario sviluppo della cibernetica e dell'informatica… determina la
formazione di nuovi spazi… potenzialmente ´ sconfinati ` , rendendo possibile
un'inedita libertà di comunicazione [e] modificando le forme stesse
dell'esperienza e della percezione " . Una riflessione sul nuovo
capitalismo globale ( che sovrintende a tutto questo processo ) deve, perciò,
essere fatta. L'economia deve, cioè, tornare ad essere centrale nel dibattito
politico. La destra e la sinistra hanno, oggi, questo compito storico. Con la
globalizzazzione si realizza un fatto prima di tutto spaziale che si muove
lungo direttrici di natura economica. Ma l'estensione spaziale di qualcosa
porta con se, anche, l'annichilimento delle caratteristiche particolari dei
luoghi a cui quella cosa si estende oltre che una maggiore vicinanza di tutto
con tutto. Il mondo si restringe e si uniforma. Il fatto che un capitalismo
di tipo nuovo faccia il suo ingresso in determinate nazioni, per la prima
volta nella loro storia, porta con se la necessità di una destra e di una
sinistra. Nelle nazioni dove già il capitalismo c'era, e che hanno visto
accelerarsi i suoi processi, destra e sinistra se lo ritrovano, ora, davanti
mutato per come è. Tutte le nazioni, inoltre, hanno una politica
internazionale. Che non potrà non tener conto dei processi di
globalizzazione.
Che esista un fenomeno planetario quale il capitalismo delle multinazionali è
motivo da affrontare in sede di dibattito politico internazionale. Trattandosi
di un fenomeno che interessa tutto il mondo, ogni governo nazionale se ne
dovrà occupare, quanto meno incidentalmente.
E ancora: le dinamiche dell'economia globale immettono sul mercato una stessa
merce X, dappertutto. La televisione annuncia a tutto il mondo i prodigi di
X. Milioni di persone acquistano X.
Ed instaurano, fra loro, determinate strategie comportamentali in cui sono
presenti ( ne sono, anzi, la causa ) quelle dinamiche globali.
Si sviluppa, poi, in tempo reale e quasi automaticamente un tam tam (
sociale, mediatico e globale ) fra tutte le persone che sono venute in
contatto con X.
Viene universalmente riconosciuto, dunque, che X è una merce davvero
prodigiosa.
La multinazionale che aveva messo X sul mercato, per soddisfare l'accresciuta
domanda, produce uno stock maggiormente grande di X. Così, tutto il processo
ha di nuovo inizio, in un cerchio che tende ad allargarsi ad ogni giro di
più.
Dunque, destra e sinistra si troveranno davanti una società in cui dei
meccanismi di questo tipo saranno fortemente presenti. L'estensione spaziale
di una cosa porta con se, inoltre, anche un mutamento dei concetti stessi di
spazialità e di spazio. Ma lo spazio è, e rimane, sempre il luogo in cui la
politica (al pari di ogni altra attività umana ) ha fissato le sue leggi.
Destra e sinistra ( entità spaziali per loro natura ) dovranno,
quindi, confrontarsi anche con questo nuovo spazio ristretto che avranno di
fronte.
Il capitalismo ovunque esteso non si risolve, comunque, solo in una mera
conquista di nuovi spazi. Esso diventa, anche, più potente in se e per se.
Destra e sinistra dovranno guadagnare a se anche questa particolare potenza.
L'Europa ed il mondo, in conclusione, hanno oggi un sistema economico solo:
esso è il capitalismo della globalizzazione .
Ogni destra e ogni sinistra devono cominciare a ragionarci sopra. E devono
saper proporre dei programmi politici ad hoc.
Oggi, tutta la produzione è cambiata. L'economia si attivizza sempre più.
Destra e sinistra devono studiare un approccio anche verso le acquisizioni di
questa nuova economia.
Il capitalismo è mutato.
Multinazionali, new economy, industria del divertimento, mass media, network,
reti, digitale, robotica, cibernetica, informatica, elettronica, servizi: la
scienza, precipitata nella tecnologia, descrive il perimetro intero della
società. Il quale si condensa in un microcircuito fatto di silicio.
Il razionalismo transita, ora, dalla sua fase definitoria e logico-formale
attraverso quella algebrico-matematica per arrivare a quella, attuale, di
tipo simbolico-astratto.
Ad ogni autostrada informatica viene veicolato un determinato scambio
simbolico che consente l'accesso alle reti. Più che mai astratto è il
mercato. Per definizione, astratte sono le reti ( delle relazioni, dei
contatti e dei rapporti ). Astratta è la new economy. E astratte sono le
comunicazioni fra i diversi nodi delle reti.
Ma, destra e sinistra si definiscono, esse stesse, sulla base di un assunto
del tutto ideale, cioè astratto.
Ovvero: sul principio di uguaglianza.
La destra dice che gli uomini sono più diseguali che uguali; il contrario
viene detto dalla sinistra. Ma, con il lavoro, divenuto oggi mobile e
flessibile, con le prestazioni ( sicurezza e sanità, ad esempio ) erogate dai
governi che devono sottostare a rigorosi vincoli finanziari, con le imprese
che sono costrette a compiere un poderoso sforzo di adattamento per rimanere
competitive in un mercato globale ( sforzo che richiede l'investimento di
nuove energie, frutto di uno studio attento dei fenomeni globali, ed uno
sforzo, sempre continuo, per rimanere al passo con i tempi ), con la
disoccupazione che diviene ogni giorno più elevata e con le istituzioni dello
stato che, ogni giorno, devono raggiungere nuovi livelli di efficienza e
capacità innovativa, le condizioni in cui si viene a trovare la società, nel
suo complesso, sono diverse rispetto a quelle del passato.
La globalizzazzione richiede, infatti, un mercato che si specializza ed un
lavoro che non è più stabile come una volta. A livello più generale, inoltre:
nascono nuove sacche di emarginazione, il tempo diviene una merce ambita per
ciascuno, la società si spettacolarizza, nuovi conflitti di natura etnica
bussano alle porte, l'omologazione a modelli acquisiti dall'alto si fa, ad
ogni ora, più pressante.
Destra e sinistra hanno, dunque, davanti un mondo in evoluzione.
E si tratta di un mondo dentro al quale queste due categorie mantengono un
proprio ruolo.
Ma esso è anche un mondo che si fa sempre più astratto e ( in alcuni casi )
incomprensibile.
Il capitalismo planetario lo sta conducendo, adesso, verso un futuro che
appare ogni istante più incerto.
Ma il grumo irriducibile ( da cui germogliarono destra e sinistra ) era un
principio del tutto astratto. Dunque, compito perspicuo della destra e della
sinistra ( una volta che si siano poste davanti alle dinamiche della
globalizzazione ) sarà quello di formulare una semplice domanda. Chi sono gli
uguali e chi i disuguali relativamente alle mutate condizioni in cui, oggi,
si è venuta a trovare la società ?
Per rispondere a tale domanda occorrerà ad esse, dunque, il più alto
livello di astrazione che sia loro possibile. Ossia: proprio quello
fornitogli dal principio di uguaglianza ( che le forma ).
Ogni caratteristica della società globale dovrà essere scandagliata.
Ecco alcuni esempi. 1) La logica universale del sistema capitalistico è,
anche nell'epoca della globalizzazione, quella di realizzare un profitto. Una
prima ( generalissima ) distinzione fra gli esseri umani della
globalizzazione potrebbe, quindi, essere quella fra chi, all'interno delle
dinamiche economiche, riesce a realizzare un profitto e chi non vi riesce. Il
principio di uguaglianza, a suddivisione avvenuta, potrà essere, dunque,
applicato a tali categorie.
Destra e sinistra difenderanno le ragioni ora degli uni ora degli altri.
La destra tenderà a privilegiare le ragioni dei ricchi e dei vincitori della
globalizzazione, la sinistra, verrà incontro alle problematiche dei poveri e
degli sconfitti. 2) Il libero mercato non risolve l'individuo in tutta la sua
complessità e personalità. Esiste una parte dell'esistenza di ognuno che
ognuno gestisce a suo modo e indipendentemente da dinamiche economiche. Di
fronte a ciò: la destra privilegerà le ragioni del libero mercato ( a scapito
di quelle dei singoli ), la sinistra, invece, porrà l'accento maggiormente
sul valore irriducibile della singola persona piuttosto che su paradigmi
economici. 3) Fra un compratore e un venditore, lo scambio di proprietà cede
il posto a un ingresso ( temporaneo ) che viene negoziato tra un client e un
server. In base a tale ingresso, ci sarà chi avrà di più ( in termini di
possesso ) e chi avrà di meno. La destra porterà avanti le ragioni di questi
nuovi proprietari dell'immateriale, la sinistra, quelle di coloro che non
avranno accesso a tale acquisizione. 4) La condizione per essere connessi
alle reti è il possesso o meno di una certa competenza. Ciò fa nascere una
suddivisione tra chi possiede e chi non possiede tale requisito. La destra
farà proprie le ragioni di coloro che avranno acquisito un surplus di
competenza, la sinistra starà dalla parte degli esclusi dal meccanismo
pedagogico dell'acculturazione . E così via . Il principio di uguaglianza
sarà declinato per tutte le situazioni in cui la globalizzazione genera
motivi di suddivisione, di risentimento e di rivendicazione. Destra e
sinistra dovranno solo fare proprie le ragioni degli uni o degli altri.
Il mercato, dunque, oggi è globale. C'è chi dice: " viva il mercato
", c'è chi dice: " a morte il mercato ". Per tutti la regola,
in ogni caso, è confrontarsi e comprendere i meccanismi del mercato.
Qualsiasi democrazia moderna deve avvertire, dentro se, l'obbligo ( anche
morale ) di fare i conti con un'economia che ha assunto il volto, sempre più
aggressivo, di un capitalismo ormai senza limiti che tende ad andare oltre
anche ai più antichi valori umani. Sembra che quella logica della ricerca del
profitto a tutti i costi ( propria già del primo capitalismo ) voglia
sorpassare non solo le norme dell'etica, ma anche i più comuni principi della
civile convivenza e, forse, anche della stessa vita. E' come se quello
slancio vitale che aveva caratterizzato, fin da subito, il primo capitalismo
si fosse, oggi, arrotolato su se stesso ed allargato a tal punto da minacciare
persino la sua origine e se stesso.
Pur di soddisfare un'emozione, la stessa natura viene manipolata e sconvolta.
Si potrebbe anche dire che con l'avvento del virtuale stia iniziando
a realizzarsi l'ultima di quelle fini che il millennio appena superato
ha portato con se. La fine della realtà.
Se il mercato è qualcosa di astratto, il principio di uguaglianza lo è pure.
Ma le condizioni sociali in cui viene a trovarsi ogni singola persona nella
globalizzazzione sono qualcosa di concreto. E' su di esse che si giocherà,
ancora una volta, la partita fra la destra e la sinistra.
Il capitalismo è divenuto immateriale nella globalizzazione. Se la
destra e la sinistra riusciranno a stargli dietro, sarà solo a causa di quel
loro grumo irriducibile, la cui diversa interpetrazione le divide.
Tale grumo è anch'esso astratto. I tipi ideali hanno raggiunto la catena di
montaggio; la politica si vuole misurare con i suoi archetipi. Ciò è accaduto
perché la fine delle ideologie non ha fatto finire per nulla le idee. La
sfida della modernità è, dunque quella fra chi, in futuro, sarà uguale nelle
possibilità di accesso e connessione alle reti della produzione e chi non lo
sarà. La stessa produzione ( col mutare dei tre fattori che la costituiscono
) ha reso difficile questo accesso.
Se destra e sinistra sapranno rispondere al meglio alla domanda posta da
questa rinnovata uguaglianza ( e disuguaglianza ) ecco che allora esse
potranno, in futuro, costituire un'alternativa possibile ed effettuale. La
riflessione sul capitalismo è certo necessaria ma non basta. La società può
anche essere vista olisticamente come un tutto, oppure come se fosse composta
di parti individuali ( alla maniera riduzionista). Conservazione e progresso,
poi, sono sempre alle porte… La destra e la sinistra dovranno anche fare,
perciò, i conti con il peso del loro passato e del loro avvenire. E con i
singoli uomini.
Ognuno di essi avrà le proprie particolarità. Ogni società, poi, fa storia a
se. Pure su questa storia, destra e sinistra, dovranno discutere. E con il
sistema delle relazioni internazionali.
Ma soprattutto dovranno decidere cosa fare ed agire senza stare a
pensarci due volte riguardo a tutti gli sconfitti della globalizzazione.
Essi spunteranno fuori, come funghi, dai moderni centri di stoccaggio delle
scorie industriali di ogni azienda ed impresa diffusa ( ormai ) per i quattro
angoli angoli del globo. Costoro saranno il problema più urgente che destra e
sinistra avranno da affrontare. Si tratta di una realtà che non ammette
deroghe. La sopravvivenza stessa dell'Occidente civile dipende dalla
soluzione del problema che questi uomini e queste donne pongono con la loro
stessa esistenza. Altrimenti: il prezzo da pagare sarà troppo alto. E' lo
stesso destino dell'ecosistema quello che, qui, è in gioco. Ancora una volta
il futuro dipenderà oltre che da un certo numero di nuove condizioni per le
uguali possibilità di ciascuno, anche da una maggiore ripartizione della
ricchezza.
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Gianfranco Cordì è dottorando di ricerca, Università degli studi di
Catania.
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