A
proposito del Canto Sospeso di Luigi Nono
La storia di 50 anni fa è storia remota. E se qualcuno certe volte la ricorda
ai giovani è per negarla, per dire che non è successo nulla. Ci sono su
Internet almeno quindici siti ispirati al revisionismo e al negazionismo che
negano, con immagini e argomenti, la realtà dell'Olocausto. E perché i
giovani non dovrebbero credere a questo? Vedono ogni giorno come con la
televisione, con una camera portatile, con un programma software come Corel
Draw si possono truccare le immagini. Così la storia che molti di noi
ricordano di aver vissuto alle giovani generazioni si presenta come una
leggenda hollywoodiana in cui si confondono il generale Custer, Buffalo Bill,
Indiana Jones, Hitler e Mussolini. È più vero Auschwitz o la città di Blade
Runner?
Ecco, e allora là dove la storia non riesce più a convincerci e si confonde
con la leggenda, talora l'arte può dire la verità. Vorrei che Il canto
sospeso fosse mostrato in tutte le scuole e forse i giovani del mondo
capirebbero che quello che hanno visto e sentito sullo schermo è avvenuto
davvero e forse proverebbero la nostra stessa inquietudine, il nostro stesso
timore che ciò possa succedere ancora. E imparerebbero a guardarsi intorno
per riconoscere i nuovi segni dell'intolleranza, del fanatismo, della
brutalità, della bestialità, perché il nuovo nemico non si presenta
necessariamente con la testa rasata, la camicia nera o bruna e la svastica
sulla manica, quello è solo triste e tristo folclore. Il nuovo nemico è
travestito. Talora in doppiopetto, talora non parla il linguaggio dei
Nibelunghi ma quello della Coca-Cola, non digrigna i denti ma sorride, non ci
invita alla guerra ma alla felicità, eppure ci invita lo stesso a essere
spietati, a odiare il diverso, a odiare la ragione, a odiare attraverso il
rumore che espande anche la virtù del silenzio. Ecco, e allora per essere
pronti a parlare, e a gridare, ogni qualvolta sia necessario, oggi e in
futuro, vi invito a osservare con me in piedi pochi secondi di silenzio per
essere poi pronti a parlare come Il canto sospeso ci ha insegnato.
(Discorso tenuto a Bonn,
Bundeskunsthalle, marzo 1996.)
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