Due libri insigniti con il più prestigioso premio
letterario brasiliano, il Prêmio Jabuti, categoria traduzione, nel 2003 e nel
2004, sono italiani: De Urna Estrela à Outra, una raccolta di poesie
di Ungaretti, e una traduzione dell'Orlando Furioso. Sempre nel
2003, la Biennale del libro - la maggiore fiera del libro del paese che si
alterna tra San Paolo e Rio de Janeiro - è stata dedicata all'Italia.
L'interesse per la letteratura italiana non è una novità in Brasile; a occhi
attenti, però, non sfugge il fatto che né la letteratura né la saggistica
italiane hanno la diffusione o le dimensioni che ci si potrebbe aspettare
considerando il fortissimo influsso della cultura italiana sulla cultura
brasiliana.
Facciamo l'esempio di San Paolo, la più grande ed importante città del paese.
Da 300 a 400 vocaboli di uso corrente del portoghese parlato in Brasile
provengono dall'italiano; l'accento di San Paolo - lo dicono i linguisti - è
stato fortemente condizionato dalla pronuncia italiana: la città oggi conta
circa 6 milioni di italiani e discendenti (se contiamo tutto lo stato di San
Paolo il numero raddoppia), dopo essere stata per decenni meta di buona parte
dell'emigrazione italiana in Brasile. Per avere un'idea delle dimensioni del
fenomeno, nel periodo di maggior flusso migratorio, dal 1870 al 1920, su tre
milioni di immigranti provenienti da tutto il mondo, circa la metà erano
italiani. Poi tra le due guerre, altro flusso importante, così come dopo la
fine della seconda guerra mondiale. Anche la pittura, l'architettura, il
teatro, il cinema, la musica, l'industria, il cibo hanno o hanno avuto un
forte accento italiano. Qualunque buon paulistano è pronto a giurare che la
migliore pizza del mondo si mangia nella sua città, anche se alcune
combinazioni di gusti e farciture non convincono troppo i palati italiani più
tradizionalisti. II primo grande grattacielo della città, oggi una delle
"cartoline" più famose di San Paolo, è stato eretto da Giuseppe
Martinelli. Altro simbolo, il Museo di arte di San Paolo (MASP), il più importante
museo latinoamericano, è stato costruito su un progetto dell'architetta
italiana Lina Bo Bardi. E tante altre pietre miliari dell'architettura,
sculture famose e monumenti sparsi per le strade e le piazze, sono firmati da
italiani. Nel 2004, in occasione dei festeggiamenti del 450° anniversario
della città, la camera di commercio italo-brasiliana ha inaugurato un city
tour per far conoscere l'Italia senza uscire da San Paolo; una passeggiata
ammirando l'architettura italiana della città. Tutto esaurito.
Ma torniamo ai libri. II mercato editoriale brasiliano si è rinnovato
completamente dopo la caduta del regime militare nel 1985. A parte i grandi
classici della letteratura italiana (che poco a poco vengono tradotti
novamente), per la traduzione la svolta è stata la fine dell'accordo di
cessione comune Portogallo-Brasile, a causa della quale, per decenni, ciò che
era tradotto da uno dei paesi aveva l'esclusiva dei diritti per la
circolazione anche nell'altro. Ma le due lingue sono ormai abbastanza lontane
tra loro, e quindi a volte le traduzioni portoghesi risultano poco leggibili
per il pubblico brasiliano. Oltre, naturalmente, ad una ovvia differenza
culturale rispetto alle scelte dei libri da tradurre. La fine del regime
militare rappresenta, ovviamente, anche una ventata d'aria fresca nelle
scelte editoriali. Molti titoli ed autori nuovi cominciano così ad entrare
nel paese e ad essere tradotti.
Tra gli anni '80 e '90, ad esempio, assistiamo a un forte boom editoriale dei
libri di Umberto Eco e Italo Calvino. Eco penetra nel paese, particolarmente
via Rio de Janeiro, portatovi dai concretisti e dai ricercatori, con
l'espansione degli studi di semiotica, e sarà già conosciuto ed apprezzato
quando giunge anche la sua narrativa. Calvino conta una nutrita schiera di
lettori affezionati: tradotta quasi tutta la sua narrativa, un tantino
indietro la saggistica, la casa editrice che cura la sua opera in portoghese
lancia almeno un suo titolo l'anno. Non vi è un brasiliano amante della
letteratura che non conosca e ami Se una notte d'inverno un viaggiatore,
o che ignori Lezioni americane. Da allora si allarga la schiera
degli autori italiani tradotti, dai più famosi ai meno, ma a parte pochissime
eccezioni, senza una continuità editoriale: sembrano per lo più iniziative
sporadiche concentrate su questo o quell'autore. E se consideriamo le
dimensioni del fenomeno saggistico italiano, è sorprendente che in così pochi
arrivino a essere tradotti in portoghese.
In questo mix di autori italiani tradotti vi è di tutto un poco: da Tabucchi
alla Tamaro, da Baricco a Manganelli, da Primo Levi a Castiglione, da Del
Giudice a Fenoglio, da Svevo a Pirandello, da Leopardi a Montale, Moravia,
Natalia Ginsburg, Buzzati, Pavese, Pasolini, Magris, Vittorini, passando per
Busi, Brancati, Bufalino, e altro ancora, per arrivare ai recentissimi, come
Camilleri, Ammaniti e Veronesi. Ma pochi titoli di ognuno, una specie di
"campione", quasi sempre da allargare. Tra i saggisti, spiccano per
lo più i classici impossibili da ignorare: Gramsci, Bobbio, Argan, Croce, De
Sanctis, Abbagnano, Calasso, Citati, Carlo Ginzburg. Certo, ci sono anche
esempi emblematici, ma sempre frutto di passione, erudizione o sforzo
personale. Da segnalare lo sforzo filologico per la nuova traduzione dei Quaderni
dal carcere di Gramsci portata avanti da Carlos Nelson Coutinho, il più
importante studioso gramsciano del paese. O la recente traduzione della Divina
Commedia, del 1998, opera di una vita di dedizione passionale da parte
del suo traduttore, Italo Eugênio Mauro. O la forte e costante divulgazione
(anche se frammentaria, poiché sempre inserita nel più vasto universo della
poesia mondiale) della poesia italiana da parte di alcuni poeti brasiliani,
come i fratelli Campos, Nelson Ascher, ed altri ancora.
Non che non vi sia nessuna iniziativa. Ma certamente la traduzione di autori
italiani non è al centro dell'interesse delle case editrici brasiliane,
troppo dipendenti, per ovvi motivi, dalle leggi del "signor mercato'.
Certo, esiste un incentivo del ministero degli Affari esteri per la
traduzione di opere italiane all'estero, ma per un paese di forte presenza
italiana come il Brasile è ancora poco. Perché se è vero che tradizionalmente
il Brasile si ricollega intellettualmente alla Francia, paese in cui da sempre
i figli dei ceti alti erano inviati a studiare, è anche vero, però, che nella
formazione dell'intellettualità brasiliana vi è una forte componente
italiana. Un esempio per tutti: quando venne creata la Universiade de São
Paulo (USP) - la maggiore università del Brasile e del Sudamerica, il più
forte centro d'eccellenza per la ricerca nel paese - accanto ai professori
francesi vi fu anche una spiccata presenza italiana. Ad esempio, Ungaretti fu
qui professore di letteratura italiana; un istituto di fisica è intitolato
all'italiano Gleb Wataghin, proveniente dall'Università di Torino e fondatore
degli studi di fisica in Brasile.
Sarà perché l'invio di docenti italiani a quei tempi può essere a tratti
ricollegato ad un desiderio di espansione ideologica del fascismo, sarà
perché vi è (stata?) una forte e prolungata timidezza da parte della nostra
rappresentanza culturale. II fatto è che tra tutti i paesi la cui cultura sia
significativa per il Brasile, l'Italia è quello che meno si fa presente.
Manca una politica di collaborazione e interscambio intensivo chiara e
costante nel tempo. A differenza di altri paesi, l'Italia ha, in Brasile,
un'immagine spesso stereotipata, e certamente gli sforzi fatti dal governo
italiano per sostenere la cultura italiana all'estero qui sono largamente
insufficienti. Appena una decina di università brasiliane, sparse su tutto il
territorio nazionale, hanno dipartimenti di italianistica, o un corso di
laurea in lettere moderne-italiano. A parte la pur importante presenza dei lettori
inviati dall'Italia, non vi è una sola cattedra finanziata dal governo
italiano. Se consideriamo l'eccellente ricezione che qualsiasi cosa che
riguardi l'Italia trova in Brasile, è chiaro che questo dialogo non solo va
mantenuto ma intensificato e, se possibile, trasformato in sapere.
(Articolo tratto dall'antologia Favelas
e grattacieli, L'Unità, Roma, 2005, a cura di Maurizio Chierici.)
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