L’umanità si è sempre rivolta alla religione
per cercare le risposte a due delle grandi domande legate all'esistenza: da
dove veniamo? Come dobbiamo vivere? Per quanto riguarda la questione delle
origini, tutte le religioni hanno torto, molto semplicemente. L'universo non
fu creato in sei giorni da una forza superiore che al settimo giorno si riposò.
Né fu creato dal nulla da un dio celeste con uno sconvolgimento immane. Per
quanto riguarda l'interrogativo sulla vita sociale, poi, la semplice verità è
che quale che sia la religione ai posti di comando di una società ne sboccia
sempre e soltanto una tirannia. Ne nasce l'Inquisizione, ne spuntano fuori i
Talebani.
Ciò nonostante, le religioni persistono a
sostenere di poter assicurare un accesso del tutto privilegiato alle verità
morali e di conseguenza di meritare un trattamento speciale e protezione. Le
religioni continuano a emergere dall'ambito della sfera privata — alla quale
del resto appartengono, tanto quanto molte altre cose che sono pienamente
accettabili quando fatte in privato tra adulti consenzienti e che diventano
del tutto inaccettabili sulla pubblica piazza — per candidarsi al potere. Non
è il caso di ripercorrere qui in che modo è andato affermandosi l'islam
radicale, tuttavia la rinascita della fede è sicuramente un argomento più vasto
di cui occorre parlare.
Negli Stati Uniti oggi pressoché chiunque —
donne, gay, afro-americani, ebrei — può candidarsi ed essere eletto a qualche
alta carica politica. Tuttavia, chiunque invece si dovesse professare ateo,
non avrebbe neppure una chance di vittoria candidandosi a vendere popcorn
all'inferno. Da qui la natura quanto mai ipocrita di gran parte del dibattito
politico americano: secondo Bob Woodward l'attuale presidente si considera un
"messaggero" che adempie alla "volontà del Signore" e i
"valori morali" sono diventati una sorta di frase in codice per i
bigotti anti-gay e anti-aborto. Anche gli sconfitti Democratici paiono
affrettarsi verso questo stesso tipo di basso livello, disperando forse di
poter mai tornare a vincere un'elezione in altro modo.
Stando a quanto afferma Jacques Delors, ex
presidente della Commissione europea, "negli anni a venire lo scontro tra
coloro che credono e coloro che non credono diverrà un aspetto primario e dominante
delle relazioni tra Stati Uniti ed Europa". Gli attentati a una stazione
ferroviaria di Madrid e l'omicidio del regista olandese Theo van Gogh in Europa
sono considerati alla stregua di altrettanti segnali d'allarme, che invitano a
difendere e rafforzare i principi laici alla base di qualunque democrazia
umanista. Ancor prima che questi terribili eventi avessero luogo,la decisione
francese di mettere al bando capi di vestiario aventi una connotazione
religiosa, come il velo islamico, aveva ottenuto il pieno avallo di tutto lo
spettro politico. Le richieste degli islamisti di istituire nelle scuole
classi riservate e distinte nonché intervalli per la preghiera erano state
respinte. Pochi europei oggi si dicono osservanti: soltanto i121 percento,
secondo un recente studio intitolato "I valori europei", a fronte di
una percentuale del 59 per cento rilevata tra gli americani dal Pew Forum. In
Europa l'Illuminismo rappresentò una via di salvezza dal potere che aveva la
religione di apporre al pensiero dei confini precisi, mentre in America
rappresentò la via di fuga nella libertà religiosa del Nuovo Mondo, un
avvicinamento alla fede, più che un allontanamento da essa. Molti europei oggi
reputano allarmante la fusione americana di religione e nazionalismo.
L'eccezione al laicismo europeo la si rinviene
in Gran Bretagna, o quanto meno nel governo di Tony Blair — devotamente
cristiano e sempre più autoritario — che sta cercando di far approvare a tutti
i costi al Parlamento una legge contro "l'istigazione all'intolleranza
religiosa", nel cinico tentativo di accalappiare dei voti per placare i
sostenitori dei musulmani britannici, alle cui orecchie suona offensiva
qualsiasi critica dell'islam. Giornalisti, avvocati e un lungo elenco di
personaggi pubblici hanno messo in guardia contro le conseguenze di questa
legge, che potrebbe ostacolare in modo radicale la libertà di parola venendo
inoltre meno al proprio scopo, e che potrebbe amplificare il putiferio
religioso, invece di mitigarlo. Il governo di Blair pare contemplare l'intera
questione delle libertà civili con arroganza: quanto potranno mai contare le
libertà — per quanto a caro prezzo conquistate e a lungo salvaguardate — a fronte delle esigenze di un governo che
punta alla rielezione?
Ciò nondimeno, la politica blairiana
deli'appeasement deve essere messa fuori gioco. La Camera dei Lord forse farà
quello che i Common hanno evitato di fare, e getterà questa pessima legge nel
mucchio di quelle abortite. E forse — cosa tuttavia più difficile — i
Democratici americani perverranno a comprendere che oggi, in un'America
spaccata esattamente a metà, avranno maggiormente da guadagnare opponendosi
alla Christian Coalition e ai suoi adepti, e impedendo che la visione del mondo
di Mel Gibson plasmi la politica sociale e la politica americana. Se tutto ciò
non dovesse accadere, se America e Gran Bretagna consentissero alla fede religiosa
di controllare e dominare addirittura il dibattito pubblico, allora l'Alleanza
Occidentale si troverebbe assoggettata a ulteriori e quanto mai crescenti
tensioni, mentre gli altri baciapile, quelli contro i quali si suppone che noi
ci si debba battere, avranno davvero di che esultare.
Victor Hugo scrisse: “In ogni villaggio c'è una
fiamma, il maestro di scuola, e c'è un estintore, il curato”. Nelle nostre vite
abbiamo bisogno di più insegnanti e di meno sacerdoti, perché come disse una
volta James Joyce: “Non vi è eresia né filosofia tanto aborrita dalla Chiesa
quanto l'essere umano”. Forse, chi propugna il laicismo meglio di tutti è il
grande avvocato americano Clarence Darrow che ha detto: “Non credo in Dio
perché non credo in Mamma Oca”.
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(Sul giornale La Reppublica, del 15 marzo 2005. Traduzione di
Anna Bissanti)