Risposta ad una ragazza 50 anni dopo

 

Arnaldo Jabor

 

L'altro giorno, quando ho scritto del mio passato, ho parlato di una bambina del quartiere di Urca che, da lontano, io consideravo la mia fidanzatina, Silvinha, morettina dagli occhi verdi.
Qualche giorno dopo, ho ricevuto un e-mail che diceva così:

Arnaldo, amico mio,
Sono rimasta lusingata, nel leggere la sua colonna del 29 corrente mese, nella quale mi sono trovata menzionata tra le sue reminiscenze.
Oggi, dopo 46 anni di matrimonio, con due figli e due nipoti, mi rattrista pensare che la gioventù d'oggi non può più avere l'infanzia libera e spensierata che abbiamo avuto noi e pertanto non avrà neanche i ricordi delle peripezie proprie di ogni fase. Oh che bei tempi!
Ringraziando per la citazione le porgo un nostalgico saluto.
Oggi sono una "cinerina" dagli occhi verdi.
Silvinha

Sono rimasto colpito dall'e-mail e adesso rispondo.

Cara Silvinha,
Oggi, più di 50 anni dopo, dirò ciò che provavo per te. Tu sei stata quello che io immaginavo fosse una fidanzata. Risvegliasti in me un fremito nuovo, la prima emozione che poi seppi chiamarsi amore. Era un pomeriggio uggioso, davanti al cancello di casa tua sentii un'allegria indimenticabile come se tutto lì si trovasse in un ordine perfetto: la brezza leggera della sera, la pace della strada, il silenzio senza uccelli e tu appoggiata al cancello marrone del giardino e, non so perché sentii una felicità insopportabile come se stessi ascoltando il calmo funzionamento del mondo. Mi resi conto che lì, nel tuo sorriso, negli occhi, sulla bocca, c'era la spiegazione del sole filtrato a strisce fra le foglie dell'albero e la perfezione del suono acuto che estrassi dalla foglia di ficus arrotolata come un piccolo flauto vegetale, strumento che oggi i ragazzi non conoscono più. Questo è stato un momento che mi è rimasto impresso negli ultimi 50 anni. Ed un gioco dimenticato anch'esso: "matrimonio giapponese", dove si sceglieva una ragazza e le si chiedeva: "Pera, uva o mela?"; tu dicesti "uva" ed io ti baciai timidamente il viso, sentendomi, di conseguenza, come se stessi volando sopra il tuo giardino, guardando le case dell'Urca là in basso.
E, così, tu rimanesti la fidanzata ufficiale della mia fanciullezza fantastica.
Non capisco perché, Silvinha, sono sempre stato affascinato dalle ragazze che mi lasciavano allo stesso tempo senza fiato e impaurito; le ragazze dalle quali ero attratto mi sembravano irraggiungibili, eteree, come se fossero promesse ad altri e non a me…e questa impossibilità aumentava la mia attrazione da pierrot.
A proposito, oggi devo confessarti, dopo 50 anni, che non sei stata l'unica.
Màrcia andava in bicicletta sulla piazzetta e aveva occhi solo per Porcolino e guardava con un sorridente sdegno i miei tentativi di raggiungerla, e vedevo le sue gambe sotto la gonna che svolazzava e la bicicletta sembrava lasciare la scia della cometa di Màrcia; inoltre, più tardi, sempre senza dimenticarti, confesso che mi innamorai di Ciomara, che, accorgendosi del mio timido interesse, si impegnò nell' umiliarmi con cattiveria, avendo sofferto molto vedendola cantare con provocazione "Vivo attendendo e cercando Cervantes nel mio giardino", una versione della canzone "Four-leaf lover", che all'epoca aveva successo, che lei adattò per conquistare Cervantes, il bel mediano della squadra dell'Arsenal.
Ciomara mi fece soffrire, vedendola mano nella mano con un altro ancora, per far dispetto a Cervantes, non a me, sotto ai flamboyants carichi di fiori rossi.
Devo dire anche che, una volta cresciuto, persi la testa, con un sentimento più carnale, per una ragazza più grande, Isadora dalle belle gambe con il costume color porpora della Catalina, chiara, dalla bocca rossa per il tanto rossetto.


Da lì in poi, Silvinha, ormai adolescente, iniziai le mie incursioni nel mondo del peccato, sempre istruito dal mio maestro di porcherie, il rimpianto Benè venditore di pop-corn, che tu avrai sicuramente conosciuto, egli mi iniziava alle più peccaminose azioni solitarie, dandomi rivistine di donne nude, ancora ingenue, come "Salute e Nudismo", piene di ragazze azzurre sdraiate su spiagge remote. In quel periodo io abitavo già a Copacabana, nella casa di mio nonno, dove avevo più libertà piuttosto che sotto gli ordini di mia madre. Là al Posto Sei, nell'oscurità dei cinema, le prime fidanzatine si ritorcevano e si ritraevano all'assedio dei loro desiderati piccoli seni, lasciandomi esasperato ed ingarbugliato in intricati reggiseni pieni di gancetti ed elastici che mi impedivano di arrivare alla tenerezza dei seni occulti, mentre sparatorie si susseguivano sulla tela ed io mi intrappolavo nelle terribili ragnatele di bretelle da dove uscivo sfinito con mal di reni dal tanto ardore insoddisfatto.
Dopo, Silvinha, continuai il mio percorso per i sentieri che si aprivano per i giovani solitari di quei tempi: le case chiuse del Catete, i famosi rendez-vous, ciò che ci fece dividere le donne in "sante" e "prostitute", e, mentre le sante come te restavano nella nostra memoria illuminata, le altre erano fonte di errori e sofferenze. Tutte, comunque, sia sante che streghe, erano irraggiungibili, tutte erano impossibili. Vedi come imparavano l'amore i giovani degli anni 50.
Non abbiamo mai parlato, Silvinha, non hai neanche saputo di essere la mia fidanzata segreta ed abbiamo vissuto questo mezzo secolo in mondi diversi. Tu devi essere stata felice, con figli e nipoti, seguendo il sentiero naturale che usciva dal tuo giardino, mentre io ho percorso un cammino più tortuoso forse, sempre un po' al di fuori delle cose che vedevo accadere.
Provo invidia per le strade larghe e sane e forse sarei stato più felice se avessi fatto l'Accademia Navale come voleva mio padre e oggi sarei stato un fiero ammiraglio comandante di incrociatori per i mari del mio Brasile.
Ma non posso lamentarmi di niente: mi sono sposato diverse volte, ho avuto due figlie ed un figlio meravigliosi, ho pianto tante volte di mal di corna e di malintesi, ma non posso lamentarmi poiché, al di là di ciò che ho vissuto, vedo oggi che i ricordi che di solito svaniscono più velocemente, sono tanto solidi quanto le realtà.

Sebbene non ricordi neanche il tuo viso, sei rimasta in me come la prima sensazione di ciò che si chiama amore. E come dice il poeta"…le cose finte sono ancora più belle e così resteranno…"

Un bacio tardivo,
da Jabor


 

(Pubblicato dal quotidiano "O Globo" di Rio de Janeiro il 13 luglio 2004)

 



(Traduzione di Julio Monteiro Martins insieme ai suoi allievi dell'Università di Pisa Sara Barboni, Milena Modigliani, Anna Pericci, Martina Pierini e Chiara Zucconi)

 

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