PICCOLI SPOSTAMENTI
( – brano
del libro Questi assurdi spostamenti del cuore – )
Giorgio Gaber
Interno di un piccolo bar
(l’attore, seduto a un tavolino, si rivolge al cameriere)
Una birra, per favore… Cosa c’ha? Sì, va bene quella lì, grazie! Sono un po’ in
anticipo. Meglio, così mi riordino le idee. E quando arriva lei… le dico tutto.
Chissà che faccia fa!... Secondo me non se l’aspetta. E sì, perché io con lei
mi sono sempre tirato un po’ indietro. Ha fatto tutto lei, fin dal primo
giorno. C’era anche Mario. Stava ancora con lui. Me la ricordo benissimo: i
suoi sguardi, anche un po’ troppo... coraggiosi, sfacciati. Io mi tiravo un po’
indietro... chissà, forse per Mario... forse perché era proprio una
ragazzina... Carina, molto carina, un po’ acerba, selvatica... Il mio genere.
Ma... forse ora... perché ho bisogno di freschezza... Certo... sono appena
uscito da una storia di quelle tremende... No, bella all’inizio... poi... ecco,
si faceva a gara a chi soffriva di più... Amor proprio, ricatti, bisogni
assurdi, litigi estenuanti, tragedie... Mamma mia! Che cosa assurda la cattiva
qualità dell’amore! Colpa mia... colpa tua... E l’angoscia che s’infila
dappertutto... ti penetra, ti distrugge... Appena è così bisogna scappare...
respirare, rinascere. E allora è chiaro che la ragazzina... sì, insomma...
sentire qualcosa, qualcosa di nuovo che sta per nascere... No, io all’inizio non
volevo mica. E anche quando ci s’incontrava da soli... sì, uno scherzo, una
carezza... Non ho mai voluto andare oltre. Mi bastava la sua presenza, anche
per quando non c’era. Sì, mi bastava sapere che esistesse. Sublimavo... E forse
qui ho sbagliato. “Perché vedi, Daniela...” le dicevo, “tu per me sei come un
distributorino di benzina. Ogni tre o quattro giorni ti vedo, faccio il pieno,
e sono a posto”.
Quest’immagine del distributore d’amore mi era piaciuta, perché era la prima
volta che mi capitava di gioire così naturalmente della bellezza di una donna.
Mi pareva bella anche da lontano, qualsiasi cosa facesse, e dovunque me
l’immaginassi: in casa tutta sola, a ridere in mezzo agli altri... o a letto
con Mario. Insomma, l’amavo... in sé, come se non sentissi nessun bisogno... di
averla. (Al cameriere) Un’altra birra, per favore!... Sì, come quella
di prima. Devo dire che però ultimamente il pieno... sì, il carburante... non
mi dura più di quattro giorni. Consumo di più: tre giorni, due giorni, un
giorno... Maledizione! Mi viene in mente spesso, ho voglia di vederla.
Com’è bella, la Daniela! Con quel corpo agile, così snello e dolce nelle sue
curve, la pelle sottile, e quei capelli lisci e biondi che ondeggiano al suo
muoversi. Non cammina, lei. Vola.
Vola tra tutti noi come un angelo... un angelo dolcissimo, ma con lo sguardo
ironico, furtivo, quasi perverso. Com’è bella! In me oscillano valori
sentimentali.... e anche viziosi. Sì, è vero, vorrei proprio sbatterla su un
prato, la troietta! Ma anche accarezzarle i capelli per delle ore con
sentimento di eternità.
Quand’è così, è l’amore.
(Con enfasi) Ma sì, Daniela: ti amo, ti amo. E anche tu lo so... hai
lasciato Mario per me. Mi ami, sono sicuro. D’altronde ci si doveva incontrare,
è il destino. NON SI VA contro il destino. Ti amo, ti amo. Ti vorrei sempre. Mi
manchi, e soffro, anche. Soffro quando non ti vedo, quando non so dove sei. (Con
enfasi crescente) L’amore è quest’ansia... perché certamente anche tu
quando non mi vedi sei in ansia, lo so. Ma sì, piccolina, è vero. È colpa mia
che non te l’ho mai detto, non ti ho mai detto “l’unica” parola che ti dovevo
dire. Ma ora è finita. Basta con le attese che dilaniano. Ora sono io che ho
deciso, che ti dico tutto... Ti amo, ti amo, ti amo.
(Al cameriere, continuando a gridare) Una birra, per Dio!
(Guarda l’orologio) Sono un po’ teso. Non arriva. È in ritardo. Sì,
perché lei non bada a queste cose. Non si sa mai che fa... se viene, se non
viene... Non le piacciono gli appuntamenti. Ha ragione, è fatta così. È anche
di questo che mi sono innamorato. L’orologio... lei non lo guarda nemmeno...
anzi, non ce l’ha. Bisogna che gliene regali uno, un orologio d’oro. No, per
carità, non è il suo genere. Si fa presto a sbagliare... Di plastica, sì, di
plastica... verdino chiaro. Eccola, sta arrivando. Lo sapevo. Non cammina.
Vola. Sono pronto, Daniela. Anche a me non mi ci vuole nulla a volare nel
sublime. È incredibile come le cose tanto attese, al momento in cui avvengono,
siano un po’ meno magiche. Non è facile parlare... degli sconvolgimenti del
cuore mentre lei inzuppa la brioche nel cappuccino. Si rischia di raccontare
delle brutte poesie. Ma non posso certo rimandare a un altro momento. Ecco, mi
concentro, aspetto un attimo di silenzio, e glielo dico semplicemente: – Ti
amo. Lei solleva la testa del cappuccino e con tutta naturalezza: – Io no. Non
ti amo. Credevo di amarti, ma non ti amo. Scusami, mi sono sbagliata.
Bel colpo. Un avvampo, un avvampo, un afflusso di sangue... Il cuore, che prima
era così dolce al suo posto giusto, ora si sposta un po’ verso l’alto, passa
rapido attraverso l’esofago, il mattone, e mi si ferma qui, alla gola.
(Al cameriere, deglutendo) Un’altra birra, per favore. Che vigliacca!
Fa di tutto per farmi innamorare. Mi cerca dovunque, la spudorata. Lascia Mario
per me... che anche lui, poveretto!... Ma chi se ne frega di Mario. Io ora che
faccio? Devo rimontare, lo so... Non è facile rimontare, ma bisogna provarci.
Ecco, le dico che non ha capito quanto lei sia importante per me. Mi sembra un
po’ freddina. Rincaro la dose. Le scaravento addosso una tale quantità d’amore
da far fondere un frigorifero. Niente, non va mica bene. Non fonde. Allora tiro
fuori anche la vecchia storia di mia madre che mi trascurava, quella funziona
sempre. Scivolo sempre più nella commiserazione. Nel patetico, nel pietismo più
spudorato. Non so se questa tirata fa effetto o se è ripugnante. Forse lei è
intenerita, forse schifata. Niente, solo un po’ distaccata. Siamo all’atto
finale: – Daniela, Daniela, non mi dirai mica che non mi vuoi almeno un po’ di
bene!... Restiamo amici... ecco, sì, due fratelli –. Neanche questa so se le è
piaciuta o no. Comunque ne approfitta: – Sì, volevo – volevo appunto
chiederti... sì, un piccolo prestito...
– Ma certo... – dico io, – ci mancherebbe.
– Ecco, solo due o trecentomila lire.
– Volentieri... con piacere!
E lei: – Grazie, lo sapevo che ci potevo contare.
– Sai... Devo andare qualche giorno in Sicilia... con Mario.
Quando si firma un assegno siamo già in un’altra dimensione. Più ridicola, ma
più vera. – A chi lo intesto?
– A Daniela Pistoni.
– Ah, già...
È come se di un colpo rientrassi nella misura normale delle cose. Ora il
sublime se n’è andato... ma automaticamente anche il dolore. Il mattone è
tornato al suo posto. L’amore, che invenzione! Possibile che sia solo questo
piccolo spostamento del cuore? Ora Daniela si alza, allegra come sempre. Mi
bacia, mi saluta e si allontana. Ma non vola. Cammina.
(Tratto
dal libro scritto da Gaber con Sandro Luporini Questi assurdi spostamenti del
cuore, Einaudi, Torino, 2004)