IL SIGNIFICATO DELLA MUSICA
Alberto Chicayban
Il libro
L’Esperienza Estetica – Fondamenti Psicofisiologici per
un’educazione estetica, scritto dal professor Vezio Ruggieri, propone
un’interessante ipotesi secondo la quale l’emozione estetica sarebbe un
prodotto della corporalità umana. L’enfasi sull’importanza dei processi
fisiologici percettivi, e sul ruolo del corpo nel determinare una base
emotiva-concettuale nel contatto con l’opera d’arte, rende la teoria un
tassello molto importante nello sviluppo delle terapie che utilizzano l’arte.
L’aspetto nodale della
teoria del Professor Ruggieri è che “l’esperienza artistica nasce dall’incontro di una figura-stimolo (sia essa visiva, sonora,
etc.) con un osservatore” (op.cit p. 10). Insomma, l’arte esiste perché esiste
il corpo del soggetto e il suo vasto processo permanente d’elaborazione degli
stimoli che permette la ricostruzione del reale come immagine interna.
Il soggetto, anche
inconsapevolmente, secondo il professor Ruggieri, cercherebbe di mimare con il
corpo i segnali provenienti dall’opera artistica con la quale entra in
contatto. L’autore realizza un percorso analitico che parte dell’esame delle
diverse componenti di questa decodificazione
imitativa fino ad arrivare ad uno stadio detto protomentale. Questo
stadio protomentale sarebbe costituito dall’insieme di rilevamenti
ottenuti dai sensi organizzati in un livello primario di consapevolezza per
formare l’immagine del sé del soggetto e la sua rappresentazione del reale.
L’autore ritiene la
Musica “una delle più interessanti esperienze protomentali” ed afferma che
l’esperienza musicale “rappresenta se stessa”. “Essa” - dice Ruggieri – “ha la
sua logica in se stessa e non in rapporto ad “altro” come invece si verifica nel pensiero verbale. Qui il significante ed il
significato coincidono esattamente”(op. cit
p.35). È un’affermazione troppo categorica riguardo ad una questione complessa
sulla quale si è molto polemizzato fin dall’inizio del ‘900.
Questa affermazione del
professor Ruggieri, circa l’incapacità della Musica di significare qualcosa di
diverso dal suono stesso, necessita di una particolare
riflessione e di un dovuto approfondimento, proprio per l’importanza
dell’autore e della teoria esposta.
Come mai un linguaggio
che significa soltanto se stesso, un metalinguaggio, ha
potuto diventare fondamentale nella storia dell’umanità? Come è possibile che migliaia di culture nel corso di
migliaia d’anni abbiano utilizzato la Musica soltanto come un gioco delirando
sull’associazione dei segni musicali ai riti religiosi e sociali?
Siamo tutti in errore
quando mettiamo in relazione la Musica con i nostri affetti, con la nostra
storia personale? Se la Musica significa soltanto
l’immagine di se stessa, allora a cosa si devono i risultati della musicoterapia?
Al potere del suono? Al caso?
L’idea che la Musica sia incapace di significare qualcosa di diverso dalla pura
materialità del fenomeno sonoro è piuttosto antica, come detto poc’anzi, ed ha
tuttora pochi (molto pochi) sostenitori. Essi devono ad ogni costo negare alla
Musica il diritto di essere classificata come un linguaggio. Se
la Musica fosse riconosciuta come un linguaggio, una vera langue,
diventerebbe difficile sostenere un’assenza di significati oltre al
significante, in altre parole oltre al suono ascoltato. Un linguaggio deve
poter codificare qualcosa d’esterno per essere chiamato linguaggio. Altrimenti sarà un gioco o una curiosità
logico-matematica.
La Musica può trasmettere informazioni? Come?
Quando ascoltiamo per la
prima volta un pezzo musicale siamo in grado di
classificarlo come parte di uno stile qualsiasi anche se non abbiamo seguito
studi musicali approfonditi. E quasi sempre possiamo
dire qualcosa anche sulle altre categorie come il periodo, l’autore, la
funzione, gli strumenti utilizzati. Questo accade perché siamo in grado di
percepire a livello spontaneo le principali categorie musicali del pezzo
ascoltato. Se quel dato tema appartiene al nostro
orizzonte culturale o se utilizza determinate basi convenzionali che
l’esperienza o gli studi ci hanno insegnato a riconoscere, ci sarà possibile
capire anche i diversi livelli d’articolazione del pezzo. Riusciremo
probabilmente a percepire una divisione in parti, un’introduzione, una coda, un
assolo e un accompagnamento, le diverse voci degli strumenti che suonano le
stesse note oppure note diverse.
Se la Musica è un linguaggio essa deve partecipare anche dei meccanismi
d’acquisizione e sviluppo tipici del linguaggio. Quando parliamo d’educazione
musicale immediatamente pensiamo a corsi dove
s’insegnano le note, l’uso di uno strumento e la composizione. Ma la nostra prima educazione musicale, come nel caso del
linguaggio parlato, è, fin dalla nascita, una compagna di vita che ci permette
di esprimerci e di cogliere l’espressione altrui a livelli di crescente
complessità secondo il nostro interesse e le nostre possibilità.
Dunque, prima passiamo per un periodo
d’apprendistato e poi, con l’esperienza accumulata, cominceremo a produrre
musica. Troveremo allora una maniera personale di esprimerci, ma per farlo
dovremo adoperare un codice che appartiene alla nostra comunità e permette
anche di riconoscerla. Sembra simile a quello che accade con il linguaggio
parlato o no?
In qualunque sistema
musicale preso in considerazione (modale, tonale, atonale, pantonale o
dodecafonico) una determinata nota avrà un senso secondo il contesto
in cui si trova. La nota mi, per esempio, dentro l’accordo di do
maggiore rappresenta una cosa se viene dopo la tonica, ma sarà decisamente altro se la mettiamo come basso, cioè prima
della nota do. Lo stesso mi in un qualunque
modo, anche lontano dalla nostra tradizione occidentale, significa qualcosa di
molto diverso sull’ottava superiore o inferiore rispetto ad una data posizione nella
melodia o nell’accompagnamento. Ricorda ciò che accade con i fonemi nel
linguaggio parlato, o no?
Come il linguaggio umano,
la Musica possiede una Morfologia e una Sintassi. Sono quei livelli
d’organizzazione della Musica che ci rendono possibile distinguere, ad
esempio, un blues da una tarantella, un colo serbo da
un corrido messicano. Se ascoltiamo, invece, un taximi[1] oppure
un tema del cururu[2] probabilmente non riusciamo
a riconoscere niente oltre ai suoni, precisamente come accade quando sentiamo
qualcuno che parla in quechua o ungherese, lingue a noi
sconosciute. Ma chi ha l’orecchio allenato riuscirà a
distinguere anche un blues nello stile di New York di un altro con
l’accento di New Orleans e, sempre con l’esperienza e con l’abitudine all’ascolto
di un determinato tipo di musica, riuscirà ad individuare una tarantella
del Salento e un’altra della Sardegna. Secondo il tipo di specializzazione del
proprio orecchio l’ascoltatore sarà in grado di
distinguere un pezzo musicale del barocco italiano da uno del barocco tedesco.
Nel linguaggio umano
esistono dei componenti privi di significato, i fonemi,
che messi insieme formeranno i morfemi, i quali invece posseggono un
significato. I morfemi sono utilizzati per creare le parole e le frasi.
Nella Musica abbiamo le note che, isolate, sono prive di significato, ma
se associate tra loro danno luogo ad intervalli ed accordi che costituiscono la
base per costruire i temi e le frasi musicali.
A questo punto ci sembra
possibile affermare che:
Chi ha studiato
Linguistica Generale si ricorderà le funzioni del
linguaggio secondo Karl Buhler che, a distanza di anni, sono state riviste e
ampliate da Roman Jakobson. Le funzioni del linguaggio sono: a) funzione
referenziale; b) funzione appello; c) funzione fattiva; d) funzione
di esteriorizzazione psichica; e) funzione
metalinguistica; f) funzione poetica.
La funzione
referenziale o referenzialità riguarda la capacità del linguaggio di
codificare con precisione l’informazione che si riferisce al mondo esterno. Con
il linguaggio posso dire: quella ragazza è molto carina e cammina con un bel
portamento. Ma dire la stessa cosa soltanto con i
segni musicali diventa impossibile. Il linguaggio musicale non è adatto alla
trasmissione sistematica di dati informativi a catena ed è palese
quest’incapacità della Musica.
Probabilmente il
professor Ruggieri vede nella referenzialità l’unica funzione possibile
per il linguaggio parlato e ragiona nella stessa maniera riguardo alla Musica.
Peccato, mentre invece ci sono altre cinque funzioni per il linguaggio!
Aiutato dalla funzione
appello mi è possibile rivolgermi alla ragazza
carina dell’esempio precedente con l’espressione hei là. La funzione
appello concerne lo sforzo di richiamare l’attenzione dell’ascoltatore.
Credo che non ci sia nessun dubbio sulle capacità della Musica di coinvolgere
subitaneamente l’ascoltatore, di colpirlo fortemente, almeno in un primo
momento. Dopodiché l’ascoltatore rimarrà nell’attesa di quello che arriverà.
Alcuni compositori di
Musica Contemporanea sono grandi maestri nell’utilizzo della funzione
appello. John Cage, per esempio, ha prodotto un’opera sconcertante che fa
rimanere l’orchestra e il direttore in silenzio per tutta la durata del pezzo.
Molti pezzi musicali popolari o colti dispongono d’introduzioni strane o
curiose per risvegliare l’interesse degli ascoltatori oppure hanno
l’orchestrazione disposta in modo da richiamare la loro attenzione.
Un’altra funzione del
linguaggio, la funzione fattiva, ha il compito di controllare il canale
per capire se la comunicazione è efficace. Con il linguaggio parlato potrei
dire alla ragazza: mi capisce? Non credo che una tale funzione sia alla
portata del linguaggio musicale. Invece credo che dietro ogni
artista ci sia quest’aspirazione: chiedere agli altri se riescono a sentire,
vedere o capire quello che pensano di aver costruito. Chiedere la
conferma della condivisione del proprio universo. Ma
sfortunatamente non è detto che ci sia una risposta della ragazza ad una
domanda musicale di questo tipo.
Nel momento in cui la
ragazza non mi dà la risposta voluta, cado preda della frustrazione. Dal punto
di vista del linguaggio parlato posso operare una catarsi tramite la funzione
d’esteriorizzazione psichica. Grido: - Caspita!
Riesco a liberarmi delle tensioni fisiche e mentali causate dall’emozione
negativa ed è lo stesso meccanismo quando urliamo dovuto ad un dolore
improvviso. Nell’ambito del linguaggio musicale posso, per esempio, prendere la
chitarra o un tamburo e costruire un pezzo aggressivo o molto energico che
riesce a liberarmi dalle tensioni accumulate. Ecco un
significato molto importante per la Musica e per le terapie a base artistica.
Avete bisogno di altri esempi?
Nella funzione
metalinguistica rivolgo alla ragazza questa domanda: - Cosa significa la parola “ragazza”? Con il linguaggio
parlato è possibile dirigersi verso il proprio linguaggio, utilizzarlo per
spiegarne le strutture o la grammatica. I dizionari sono opere
metalinguistiche. Rispetto al linguaggio musicale, soprattutto nella musica
colta o intellettuale, la funzione metalinguistica è fondamentale.
Molte opere musicali sono veramente astratte, costruite per fare vedere una
struttura complessa e delicata come una scultura moderna. L’equilibrio, la
forma, la ricchezza delle soluzioni musicali rivolgono
all’ascoltatore il loro stesso corpo e chiedono soltanto di essere ammirate
senza collegarsi ad altro. Questo è principalmente il regno della musica colta
di radice europea. Ma possiamo dire di conoscere veramente
il significato di forma ed equilibrio nella strutturazione del suono allo
stesso modo di un aborigeno australiano o di un abitante del Sudan? La Musica
può significare se stessa, come dice il professor Ruggieri, però la funzione
metalinguistica non è l’unica funzione del discorso musicale.
La ragazza dei nostri
esempi è rimasta come stregata quando le ho recitato
questi versi di Dino Campana (dal libro Canti Orfici p.107):
Barche amorrate
…
Le vele le
vele le vele
Che schioccano e frustano al vento
Che gonfia di vane sequele
Le vele le vele le vele
Che tesson e tesson: lamento
Volubil che l’onda che ammorza
Ne l’onda volubile smorza…
Ne l’ultimo schianto crudele…
Le vele le vele le vele
La poesia di Dino Campana
è un bell’esempio della funzione poetica (che non appartiene soltanto alle forme poetiche, sia chiaro). Il senso del testo non è
afferrabile con facilità: immaginate che l’editore mette tre note a piè di
pagina per facilitarne la comprensione. Inoltre, la poesia è piena di
musicalità, con la consonante “l” a creare come una successione di onde, chiedendo l’abbandono del lettore (o
dell’ascoltatore) al flusso delle parole. Il significato, in casi di funzione
poetica del linguaggio, è materia dell’interpretazione, dell’ermeneutica.
Nella Musica accade molto
spesso di trovarci davanti alla dominante funzione poetica. Cercare i
significati musicali in un discorso strumentale richiede un indispensabile
esercizio interpretativo, lo stesso utilizzato nel caso della poesia.
La Musica sembra
possedere due universi significativi. Un primo livello, che possiamo chiamare “grammaticale” o “interno”,
in cui i segni hanno una significazione dentro il discorso. Pensiamo
alle formule ritmiche (tre quarti, nove ottavi, etc.), all’accentuazione
(accento nel secondo tempo), all’andamento (moderato, allegro, prestissimo),
alle ripetizioni, alle scale, al modo maggiore e minore, ai modi diversi, alla
tonalità, alla microtonalità, agli intervalli, ascendente e discendente,
carattere degli accordi, etc.
Un altro livello sarebbe
il livello di “significanza” (diversa dal concetto di significazione perché
richiede l’interpretazione) in cui i segni musicali, a causa della pura
convenzionalità (come accade nel caso delle parole), si associano a immagini della storia, della religiosità, della moralità,
degli affetti, delle emozioni, della corporalità. Una serie di convenzioni o
patti, lungo molti secoli, ha creato dei legami fra
fatti musicali e fatti del “mondo esterno alla musica”. Per esempio, quando
qualcuno intuitivamente attribuisce, e si emoziona secondo questa sorta di
sapere, al modo maggiore un profilo positivo, solare,
determinato, diretto, maschile e al modo minore la caratteristica sensibile,
lunare, delicato, indiretto, femminile, lo fa dovuto ad una convenzione, ad un
accordo che, attraverso i secoli, è stato mantenuto nell’Occidente e anche
esportato in altri angoli del pianeta. Altri esempi: i significati dei raga[3]
o della musica totemica; il significato dei ritmi destinati ad ottenere la trance nelle religioni africane e afroamericane[4].
L’Antropologia è una fonte inesauribile di associazioni
tradizionali del suono ad un significato molte volte di grande complessità, ma
sempre facilmente percettibile anche a livello corporale.
La musica intellettuale,
astratta – che significa se stessa – rappresenta una piccolissima parte della
produzione musicale del mondo. Pensiamo alla musica totemica, alla musica
religiosa, a quella appartenente a riti sociali, alle
diverse attività umane, ai significati corporali. Alcuni significati musicali
sono immediati, altri, invece, sono soggetti all’interpretazione (precisamente
come accade nella poesia).
La funzione poetica
del linguaggio musicale forse ci richiede un atteggiamento particolare per
svelarci i suoi segreti: la consapevolezza di non poter mai arrivare ad un
significato definitivo.
Alberto Chicayban è Compositore, musicista e
musicoterapeuta