IL MASSACRO DI CANDELÁRIA: UNDICI ANNI DOPO
– Undici Anni
Dopo Il Misfatto, Solo Due Testimoni Sono Sopravvissuti –
Marco Antônio
Martins
Nel 1993, più di 60
giovani vagabondavano per le strade del centro della città e si riunivano per
dormire intorno alla Chiesa della Candelora, nel Centro di Rio de Janeiro.
Nella notte del 23 luglio di quell’anno, otto di loro furono uccisi dai
poliziotti. Undici anni dopo, quattro uomini della Polizia Militare sono stati
condannati e ci sono ancora dei ragazzini che dormono sotto i loggiati della
chiesa. Dei testimoni citati nel processo, soltanto due sono vivi. Peggio:
nonostante tutta la mobilitazione e la ripercussione internazionale sul caso,
mancano progetti sociali per togliere questi minori dalle strade di Rio.
– La violenza della polizia e dei narcotrafficanti porta questi bambini in
strada. Nell’ultima guerriglia nella favela di Maré, 10 famiglie lasciarono la
comunità. Loro e i loro figli sono qua in giro. Quel che manca è la prevenzione
– ha detto l’artista plastica Yvone Bezerra de Melo, che fino al 2001 ha
seguito la vita dei bambini che dormivano nella Candolora e ha scoperto che,
tra i 62 giovani che vivevano vicino alla chiesa, 39 sono morti di morte
violenta, 18 sono scomparsi e soltanto cinque di loro si tengono ancora in
contatto con l’artista.
Secondo lei, nemmeno il tanto divulgato progetto Zona Sul Legal risolve il
problema, nonostante tolga quotidianamente una trentina di persone dalle strade
della Zona Sul e dal Centro della città,.
– Qualche giorno fa, 45 ragazzini si drogavano nel quartiere di Lapa. Un
poliziotto passò da me e disse che la soluzione sarebbe stata quella di sparare
addosso a tutti. Sono passati dieci anni e la pratica non è cambiata – avverte
Yvone.
La stessa polizia è stata usata per togliere i minori dali ricoveri messi a
disposizione dal Comune. All’arrivo dell’ambulanza alla Praça da Bandeira, i
giovani volevano spaccare il locale. Secondo i funzionari, non c’erano
strutture per accoglierli.
– Non è il momento di commemorare. È una data di protesta su una questione
permanente. La polizia di Rio è quella che uccide di più nel Paese ed è quella
che raccoglie i giovani.
Ancora una volta,
iniziamo un secolo e la polizia è il braccio dello Stato utilizzato per
risolvere i problemi sociali. Non si vede una legge applicata ai bambini –
contesta lo storico Marcelo Freixo, dell’Organizzazione non–governativa
Giustizia Globale.
Tra i 10 giovani citati come testimoni del caso, alcuni esempi illustrano la
loro storia. Si sa che Michel morì di overdose. Beth è stata vista mentre veniva
caricata nel portabagagli di un automobile e poi trovata morta, la stessa sorte
toccata a Barão, nel 1997. I cognomi delle vittime sono sconosciuti, così come
i responsabili delle loro morti.
Uno dei sopravvissuti è Rogerinho, che vive nascosto in una favela di Rio.
L’altro, Wagner dos Santos, è arrivato giovedì in città e in una riunione, il
24, con rappresentanti della Segreteria Nazionale dei Diritti Umani tenterà,
finalmente, di trovare un accordo per il pagamento dell’indenizzo da parte
dello Stato.
– Sto combattendo per i miei diritti. Non sto chiedendo l’elemosina. Non ho mai
rinunciato alla vita – rivela il ragazzo trentaduenne che vive in Svizzera e
soffre di saturnismo, malattia causata dallo sprigionamento nel sangue del
piombo del proiettele che gli è rimasto conficcato nel corpo. Una caduta, poco
più di un mese fa, durante una partita di calcio, ha compromesso i suoi
movimenti e il linguaggio– fatto questo, che costringe Wagner a convivere
quotidianamente con la fisioterapia.
Protetto da poliziotti federali, Wagner è tornato a Candelora una volta sola in
questi dieci anni.
– Lo Stato ha perso il controllo della situazione. È difficile scampare a tutto
questo. Wagner è un sopravvissuto e merita rispetto – dichiara l’avvocatessa
Cristina Leonardo, che segue il caso da 10 anni.
(traduzione dal
Portoghese di Chiara Zucconi)