CARLOS
DRUMMOND DE ANDRADE
- POESIE SCELTE -
(Traduzione dal portoghese e cura di Mirella Abriani)
Carlos Drummond de Andrade nasce a Itabira, nello Stato di Minas Gerais (Brasile), il 31 ottobre 1902.
Inizia la sua carriera nella capitale Belo Horizonte, stabilendosi in seguito a Rio de Janeiro, dove vivrà fino alla morte. Ricopre prima l’incarico di collaboratore del Ministro della Cultura, poi quello di direttore del Dipartimento del Patrimonio Storico e Artistico Nazionale.
Intensissima la sua produzione sia in prosa che in poesia, di grande interesse per lo studio del Modernismo brasiliano (1922).
Nel 1930 pubblica il suo libro d’esordio“Alguma poesia” (qualche poesia) e nel 1934 “Brejo das almas” (palude delle anime).
Nel 1940 pubblica “Sentimento do mundo” (sentimento del mondo); nel 1942 “José” in “Poesias”. Nel 1945, anno della pubblicazione di “Rosa do povo” (rosa del popolo), diventa condirettore del giornale <<Tribuna popular>>. Nel 1951 esce “Claro enigma” (chiaro enigma), nel 1955 “Fazendeiro do ar”(fazendeiro del cielo).
Dagli Anni Sessanta si dedica esclusivamente alla letteratura, pubblicando libri di poesia e racconti, fra gli altri: Lição de coisas (lezione di cose)-1962; Obra Completa (2 vol.- Aguilar-1965) che riunisce tutta la sua produzione letteraria; Versiprosa e Boitempo (buetempo)-1968 ; Menino antigo e Boitempo II ( bambino antico, buetempo II)– 1973; A visita (la visita)– 1977; O marginal Clorindo Gato (il marginale C.G.)-1978; Esquecer para lembrar (dimenticare per ricordare)–1978; A paixão medida ( la passione misurata)– 1980; Corpo- 1984.
Notevole anche la sua attività di traduttore (Mauriac, Laclos, Balzac, Proust, Maeterlink, Molière, Lorca e Hamsun) oltre che di autore di cronache.
Carlos Drummond de Andrade muore a Rio de Janeiro il 17 agosto 1987.
Fra le pubblicazioni postume: O amor natural (amore naturale)- 1992.
NOTE CRITICHE
Carlos Drummond De Andrade una voce simbolo nella vita letteraria brasiliana, poeta pubblico e sociale come pochi, pessimista ma partecipante, ritroso e umanissimo (Luciana Stegagno Picchio).
Il percorso esistenziale di Carlos Drummond De Andrade richiama alla mente quello di Fernando Pessoa: grigio, represso, schivo.
Nonostante l’indiscutibile rilevanza della sua prosa (cronache, racconti, articoli giornalistici), la fama di Carlos Drummond è legata alla poesia, delle più alte e limpide fra quante prodotte dal Modernismo brasiliano, di cui ne rappresenta in qualche modo l’evoluzione. Secondo alcuni critici, a partire dalla sua opera, ha inizio la produzione <<classica>> e più rappresentativa del nuovo spirito letterario brasiliano.
La forza verbale di Carlos Drummond, la semplicità delle scelte lessicali volutamente dimesse, coerenti con il relativismo formale modernista, e la contemporaneità tematica hanno fatto di lui il più apprezzato e discusso, e imitato, poeta del Modernismo..
Erudito, aperto al confronto sociale del mondo moderno, attento all’uomo qualunque, ha impregnato la sua opera di una visione partecipe con lo sguardo rivolto al futuro.
Da molti è considerato il poeta di José, l’uomo qualunque senza coscienza della propria identità di uomo, che sente il peso della sua pochezza, al quale il poeta si rivolge con linguaggio diretto. Personaggio che è <<tu>>, una parte di noi:
E ora, José
la festa è finita,
la luce è spenta
tutti se ne sono andati,
la notte si è fatta fredda
e ora, José?
e ora, tu?
tu che sei senza nome,
che ti burli degli altri,
tu che fai versi,
che ami, protesti?
e ora, José?
La sua opera attraversa varie fasi, o modi, che sono strati, livelli diversi della coscienza. Non è infatti possibile stabilire categorie nell’eterno divenire poetico di Carlos Drummond, nel suo evolversi coerente dal particolare all’universale, dall’individuo al sociale in cui va realizzando una poesia in linea ascendente, di irriducibile unità, anche quando riprende temi fondamentali, e allo stesso tempo di immersione nel quotidiano che la amplia armoniosamente in una rivelazione del mondo interiore del poeta, del sentimento del suo popolo e del suo paesaggio, senza nessuna restrizione del mondo interiore del poeta di impressionante contenuto universale. La sua poesia può essere considerata la più seria e meditata (ma <<senza enfasi>> come lui stesso direbbe) del Modernismo brasiliano.
Due linee di forza la caratterizzano: il quotidiano (con l’umore in esso implicito) e il trascendente (oltre la superficie opaca della realtà corrente) dove pessimismo e umorismo s’intersecano costantemente:
c’era una pietra nel mezzo del cammino
c’era una pietra
nel mezzo del cammino c’era una pietra.
Non dimenticherò mai questo avvenimento
nella vita delle mie retine così affaticate.
Non dimenticherò che nel mezzo del cammino
c’era una pietra
c’era una pietra nel mezzo del cammino
nel mezzo del cammino c’era una pietra.
Poesia dalla raffinata sensibilità prosodica, destinata a dargli la fama. In essa c’è già tutto. Rappresenta in modo esemplare le due tendenze: da un lato le espressioni nel mezzo del cammino e c’era una pietra attendono al suo estro per il quotidiano qualunque, mentre nell’altra, retine affaticate, c’è l’ascolto della tragedia della condizione umana. Il verso libero risponde ai propositi di rinnovamento instaurati dal Modernismo.
Ma poi al sasso ostacolo si sostituisce l’utopia umanistica: la sua visione è di questo mondo, di questo tempo.
Il tempo è la mia materia, il tempo presente, gli uomini presenti,
la vita presente.
Nel citato José sboccia la tematica politica dove il verso viene usato come un’arma a favore della causa sociale. Posso, senza armi, rivoltarmi?, si domanda il poeta. E, in Morte del lattaio, riflette:
all’alba in una città dove
abitualmente si uccide.
Non per ciò il suo lirismo è assente. Lo riscontriamo nell’emozione fraterna per la morte del ragazzo ignaro e innocente, emozione che si direbbe suggerita dalla sua vocazione per il trascendente:
La notte generale prosegue
la mattina ci mette ad arrivare,
ma il lattaio
steso per terra, al freddo della notte,
ha perso la fretta che aveva.
La grande preoccupazione della forma e del trattamento dei temi poetici portò Carlos Drummond de Andrade a scrivere <<vere professioni di fede>> in cui è evidente l’aspirazione alla forma rara, all’apprendimento del mistero della parola dove solo può esistere poesia.
Si rivolge quindi definitivamente alla ricerca del sentimento del mondo, alvo essenziale della sua poesia: cercando l’Uomo nell’uomo, il perenne nell’effimero, ha forgiato una cosmovisione in cui è possibile riconoscere l’occulto e il misterioso insiti nella realtà contingente.
questa alba
più notte della notte.
Va ancora notato che l’indagine trascendentale non ha reso sterile il flusso intimo, anzi lo ingloba. È la commozione personale e profonda impressa in Carta:
quando non c’è amore
da dare o da ricevere;
quando solo c’è un ricordo,
anche meno, polvere,
meno ancora, niente,
niente di niente in tutto,
in me più che in tutto
Afferma, col tempo, la vigile attitudine alla depurazione tematica, sfrondando ciò che gli pare transitorio o accidentale, per quanto proprio lì si trovi il fondamento della sua tematica preferita soprattutto quando esplora, come materia di poesia, ciò che può apparire prosaico, quotidiano. Ma il poeta non erige barriere al fluire della corrente emotiva, longeva come la sua stessa esistenza, e della memoria, più profonda di tutto. Dimostra di essere portato a considerare il passato, nel tentativo di riscrivere l’infanzia e di ridimensionare il problema della morte.
Ritornando indietro, il poeta chiude il ciclo iniziato in gioventù, ma non la ricerca, in un affanno che segnala la sua sensibilità ansiosa di perfezione, in un tutto coerente con l’altezza della sua ispirazione poetica.
Infine Carlos Drummond, ponendosi al di sopra di qualsiasi restrizione modernista, ha saputo affermare la legittimità delle attitudini e delle preferenze che confermano il carattere inconfondibile della sua opera, nello stile e nel trattamento dei temi al punto di poter attingere, in molte composizioni, la vera serenità e purezza classica.
Gli ultimi anni vedono la luce di versi improntati a un erotismo malizioso e sereno in cui l’uso della parola utilizza tutte le risorse poetiche dell’attualità. Citiamo il libro postumo di poesia “Vida natural” (vita naturale)- 1992.
Carlos Drummond De Andrade è stato tradotto in tutto il mondo. Attualmente in Italia sono disponibili: “La visita” (prosa) Librischeiwiller-1996 e “Cuore numeroso” – Donzelli poesia 2002.
La selezione di poesie che seguono, si pone lo scopo di offrire un esempio di ciò che segna la personalità di Carlos Drummond de Andrade e il posto che il poeta occupa nella letteratura di lingua portoghese del secolo scorso.
1) L’INDIVIDUO
POESIA DI SETTE FACCE
Quando nacqui, un angelo indisciplinato
di quelli che vivono nell’ombra
mi disse: Vai, Carlo, sii gauche nella vita.
Le case spiano gli uomini
che corrono dietro alle donne.
Se forse la sera fosse blu,
non ci sarebbero tante passioni.
Il tram passa pieno di gambe:
gambe bianche nere gialle.
Perché tanta gambe, mio Dio, domanda il mio cuore.
Però i miei occhi
non domandano niente.
L’uomo dietro i baffi
è serio, semplice e forte.
Quasi non parla.
Ha pochi, rari amici
l’uomo dietro gli occhiali e i baffi.
Mio Dio, perché mi abbandonasti
se sapevi che io non ero Dio,
se sapevi che ero debole.
Mondo mondo vasto mondo,
se mi chiamassi Raimondo
sarei una rima, non sarei una soluzione.
Mondo mondo vasto mondo,
più vasto è il mio cuore.
Io non dovrei dirtelo
ma questo cognac
ci commuovono come il diavolo.
POEMA DE SETE FACES - Quando nasci, um anjo torto / desses que vivem na sombra / disse: Vai, Carlos, ser gauche na vida .// As casas espiam os homens / que correm atrás de mulheres. / A tarde talvez fosse azul, / não houvesse tantos desejos. // O bonde passa cheio de pernas: / pernas brancas pretas amarelas. / Para que tanta perna, meu Deus, pergunta meu coração. // Porém meus olhos / não perguntam nada. // O homen atrás do bigode / é sério, simples e forte. / Quase não conversa. / Tem poucos, raros amigos / o homem atrãs dos óculos e do bigode. // Meu Deus, por que me abandonaste / se sabias que eu não era Deus, / se sabias que eu era fraco. // Mundo mundo vasto mundo, / se eu me chamasse Raimundo / seria uma rima, não seria uma solução. / Mundo mundo vasto mundo, / mais vasto é meu coração. // Eu não devia te dizer / mas essa lua / mas esse conhaque // botam a gente comovido como o diabo.
A Emil Farhat
di due milioni di abitanti,
sono solo nella stanza
sono solo in America.
Sarò proprio solo?
Ancora poco fa un rumore
annunciò la vita al mio fianco.
Certo non è vita umana,
ma è vita. E sento la strega
prigioniera nella zona della luce.
Di due milioni di abitanti!
E nemmeno avevo bisogno di tanto…
Avevo bisogno di un amico,
di quelli che tacciono, distanti,
che leggono versi di Orazio
ma segretamente influiscono
sulla vita, l’amore, la carne.
Sono solo, non ho un amico,
e in quest’ora tardiva
come cercare un amico?
E nemmeno avevo bisogno di tanto.
Avevo bisogno di una donna
che entrasse in questo istante,
ricevesse questo affetto,
salvasse dall’annichilimento
istante e affetto folli
che ho da offrire.
In due milioni di abitanti,
quante donne probabili
si interrogano allo specchio
misurando il tempo perduto
finché giunga la mattina
a portare latte, giornale e quiete.
Però in quest’ora vuota
come scoprire una donna?
Questa città di Rio!
Ho molte parole tenere,
conosco voci di animali,
so dei baci più violenti,
viaggiai, brigai, appresi.
Sono circondato da occhi,
da mani, affetti, domande.
Ma se tento di comunicare,
ciò che trovo è solo la notte
e un’impressionante solitudine.
Compagni, ascoltatemi!
La presenza agitata
che vuole rompere la notte
non è semplicemente la strega.
È prima il rivelare la confidenza
che esala da un uomo.
A BRUXA – A Emil Farhat - Nesta cidade do Rio, / de dois milhões de habitantes, / estou sozinho no quarto / estou sosznho na América. // Estarei mesmo sozinho? / Ainda há pouco um ruído / anunciou vida a meu lado. / Certo não é vida humana, / mas é vida. E sinto a bruxa / presa na zona de luz. // De dois milhões de habitantes! / E nem precisava tanto… / Precisava de um amigo, / desses calados, distantes, / que lêem versos de Horácio / mas secretamente influem / na vida, no amor, na carne. // Estou só, não tenho amigo, / e a essa hora tardia / como procurar amigo? // E nem precisava tanto. / Precisava de mulher / que entrasse nesse minuto, / recebesse este carinho, / salvasse do aniquilamento / um minuto e um carinho loucos / que tenho para oferecer. // Em dois milhões de habitantes, / quantas mulheres prováveis / interrogam-se no espelho / medindo o tempo perdido / até que venha a manhã / trazer leite, jornal e calma. / Porém a essa hora vazia / como descobrir mulher? // Esta cidade do Rio! / Tenho tanta palavra meiga, / conheço vozes de bichos, / sei os beijos mais violentos, / viajei, briguei, aprendi. / Estou cercado de olhos, / de mãos, afetos, procuras. // Mas se tento comunicar-me, / o que há é apenas a noite / e uma espantosa solidão. // Companheiros, escutai-me! / Essa presença agitada / querendo romper a noite / não é simplesmente a bruxa. / É antes a confidência / exalando-se de um homen.
la sua pesante mano. Rughe, denti, calvizie.
Una maggiore accettazione di tutto,
e la paura di nuove scoperte.
Scriverò sonetti della maturità?
Darò agli altri l’illusione della quiete?
Sarò sempre pazzo? sempre bugiardo?
Crederò ai miti? Mi farò gioco del mondo?
Da molto ho il sospetto del vecchio in me.
Già da bambino, mi tormentava.
Oggi sono solo. Nessun bambino salta
dalla mia vita, per restaurarla.
Ma se io potessi ricominciare il giorno!
Usare di nuovo la mia adorazione,
il mio grido, la mia fame… Vedo tutto
impossibile e nitido, nello spazio.
Là dove non è giunta la mia ironia,
fra idoli dal volto oppresso,
sei rimasta, spiegazione della mia vita,
come gli oggetti perduti per strada.
Le esperienze si moltiplicarono:
viaggi, furti, alte solitudini,
la disperazione, ora freddo cristallo,
la malinconia, amata e respinta,
e tanta indecisione fra due mari,
fra due donne, due abiti.
Tutta questa mano per fare un gesto
che da tanto è facile mai si modella,
e rimane inerte, zona di desiderio
sigillata da arbusti aggressivi.
(Un uomo si contempla senza amore,
si dissipa senza nessuna curiosità.)
Ma vengono il tempo e l’idea del passato
a farti visita sulla curva di un giardino.
Viene la rimembranza, e ti penetra
dentro un cinema, improvvisamente.
E le memorie scorrono dal collo,
dalla giacca, dalla guerra, dall’arcobaleno;
si srotolano nel sogno e ti inseguono,
alla ri cerca della pupilla che le rifletta.
E dopo le memorie viene il tempo
a portare un nuovo assortimento di memorie,
finché, affaticato, ti rifiuti
e non sai se la vita è o è stata.
Questa casa, che guardi di passaggio,
si troverà nell’Acre? in Argentina? in te?
che parola hai ascoltato? e dove, quando?
sarà stata indifferente o solidale?
Un pezzo di te fa breccia nella nebbia,
vola forse a Bahia e lascia
altri pezzi, dispersi nell’atlante,
nel Paese-del-Riso e sulla tua balia negra.
Che confusione di cose al crepuscolo!
Che ricchezza! senza utilità, è vero.
Sarebbe bello catturarle e metterle insieme
in un tutto saggio, posto che sia sensibile:
un ordine, una luce, un’allegria
che scende nel petto saccheggiato.
E non fu già il furore dei vent’anni
né la rinuncia alle cose che elesse,
ma la penetrazione nel tronco docile,
un’immersione in piscina, senza sforzo,
un incontro senza dolore, una fusione,
comprata con lacrime, rughe e capelli.
VERSOS Á BOCA DA NOITE – Sinto que o tempo sobre mim abate / sua mão pesada. Rugas, dentes, calva. / Uma aceitação maior de tudo, / e o medo de novas descubertas. // Escreverei sonetos de madureza? / Darei aos outros a ilusão de calma? / Serei sempre louco? sempre mentiroso? / Acreditarei em mitos? Zombarei do mundo? // Há muito suspeitei o velho em mim. / Ainda criança, já me atormentava. / Hoje estou só. Nenhum menino salta / de minha vida, para restaurá-la. // Mas se eu pudesse recomençar o dia! / Usar de novo minha adoração, / meu grito, minha fome…Vejo tudo / impossível e nítido, no espaço. // Lá onde não chegou minha ironia, / entre ídolos de rosto carregado, / ficaste, explicação de minha vida, / como os objetos perdidos na rua. // As experiências se multiplicaram: / viagens, furtos, altas solidões, / o desespero, agora cristal frio, / a melancolia, amada e repelida, // e tanta indecisão entre dois mares, / entre duas mulheres, duas roupas. / Toda essa mão para fazer um gesto / que de tão frágil nunca se modela, // e fica inerte, zona de desejo / selada por arbustos agressivos. ./ (Um homen se contempla sem amor, / se despe sem qualquer curiosidade.) // Mas vêm o tempo e a idéia de passado / visitar-te na curva de um jardim. / Vem a recordação, e te penetra / dentro de um cinema, subitamente. // E as memórias escorrem do pescoço, / do paletó, da guerra, do arco-íris; / enroscam-se no sonho e te perseguem, / à busca de pupíla que as reflita. // E depois das memórias vem o tempo / trazer novo sortimento de memórias, / até que, fatigado, te recuses / e não sabias se a vida é ou foi. // Esta casa, que miras de passagem, / estará no Acre? na Argentina? em ti? / que palavra escutaste, e onde, quando? / seria indiferente ou solidária? // Um pedaço di ti rompe a neblina, / voa talvez para a Bahia e deixa / outros pedaços, dissolvidos no atlas, / em País-do-Riso e em tua ama preta. // Que confusão de coisas ao crepúscolo! / Que riqueza! sem préstimo, é verdade. / Bom seria captá-las e compô-las / num todo sábio, posto que sensível: // uma ordem, uma luz, uma alegria / baixando sôbre o peito despojado. / E já não era o furor dos vinte anos / nem a renúncia às coisas que elegeu, // mas a penetração no lenho dócil, / um mergulho em piscína, sem esforço, / um achado sem dor, uma fusão, / tal uma inteligência do universo // comprada em sal, em rugas e cabelo.
MUSICA A BUON MERCATO
Paloma, Violetera, Feuilles Mortes.
Nostalgie di Matão e di che altro?
La musica a buon mercato mi visita
e mi conduce
per un povero nirvana alla mia immagine.
Valzer e canzoni nel cassetto
in un armadio che vibra nel custodirle,
nel vecchio armadio, cedro, pino o…?
(Lo stipettaio nel farlo ben sapeva
quanto questo legno avrebbe sofferto.)
Non voglio Handel per amico
né udire il vocio degli arcangeli.
Mi basta
quello che vedo della strada, senza messaggio,
e, come noi ci perdiamo,
si è perso.
A MÚSICA BARATA – Paloma, Violetera, Feuilles Mortes. / Saudades do Matão e de mais quem? / A música barata me visita / e me conduz / para um pobre nirvana à minha imagem. // Valsas e canções engavetadas / num armário que vibra de guardá-las, / no velho armário, cedro, pinho ou…? / O marceneiro ao fazê-lo bem sabia / quanto essa madeira sofreria.) // Não quero Handel para meu amigo / nem ouço a matinada dos arcanjos. / Basta-me / o que veio da rua, sem mensagem, / e, como nos perdemos, / se perdeu.
2) TERRA NATALE
UNA CITTADINA QUALSIASI
Case fra bananeti
donne fra aranceti
frutteto amore canti.
Un uomo va lentamente.
Un cane va lentamente.
Un asino va lentamente.
Lentamente… le finestre guardano.
Che vita da somaro, mio Dio.
CIDADEZINHA QUALQUER – Casas entre bananeiras / mulheres entre laranjeiras / pomar amor cantar. // Um homem vai devagar./Um cachorro vai devagar. / Um burro vai devagar. // Devagar… as janelas olham .// Esta vida besta, meu Deus.
PELLEGRINAGGIO
A Milton Campos
I pellegrini salgono la china
piena di spine, piena di pietre,
salgono la china che porta a Dio
e vanno lasciando colpe lungo il cammino.
Le campane suonano, chiamano i pellegrini:
Venite a lavare i vostri peccati.
Già siamo puri, campana, grazie,
ma portiamo fiori, offerte e preghiere.
Nell’alto del colle arriva la processione.
Un lebbroso col saio impugna lo stendardo.
Le cosce delle pellegrine giocano nel vento.
Gli uomini cantano, cantano senza fine.
Gesù sulla croce sospira afflitto.
Fa tanto caldo, c’è tanta gazzarra.
Negli occhi del santo c’è sangue che scorre.
Nessuno se ne accorge, il giorno è di festa.
Sul sagrato della chiesa c’è acquavite, caffè,
statuette, ex voto, carte da gioco, sigarette
e un sole immenso che macchia di oro
la polvere delle ferite e la polvere delle stampelle.
Mio Buon Gesù che tutto puoi,
umilmente imploro una grazia.
Guariscimi, Signore, ma non da questa lebbra,
dall’amore che io ho e che nessuno ha per me.
Signore, mio padrone, dammi del denaro,
tanto denaro per comperare
ciò che è caro ma è saporito
e nel mio paese nessuno mai ha avuto.
Gesù mio Dio crocifisso,
dammi coraggio per ammazzare
uno che mi importuna giorno e notte
e dice facezie alla mia donna.
Gesù Gesù pietà di me.
Ladro sono ma non sono cattivo no.
Perché mi perseguitano non posso dire.
Non voglio essere arrestato, o mio santo Gesù.
I pellegrini chiedono con gli occhi,
chiedono con la bocca, chiedono con le mani.
Gesù ormai stanco di tanto chiedere
dorme sognando un’altra umanità.
ROMARIA – A Milton Campos – Os romeiros sobem a ladeira / cheia de espinhos, cheia de pedras, / sobem a ladeira que leva a Deus / e vão deixando culpas no caminho. // Os sinos tocam, chamam os romeiros: / Vinde lavar os vossos pecados. / Já estamos puros, sino, obrigados, / mas trazemos flores, prendas e rezas. // No alto do morro chega a procissão. / Um leproso de opa empunha o estandarte. / As coxas das romeiras brincam no vento. / Os homens cantam, cantam sem parar. // Jesus no lenho expira magoado. / Faz tanto calor, há tanta algazarra. / Nos olhos do santo há sangue que escorre. / Ninguém não percebe, o dia é de festa. // No adro da igreja há pinga, café, / imagens, fenômenos, baralhos, cigarros / e um sol imenso que lambuza de ouro / o pó das feridas e o pó das muletas. // Meu Bom Jesus que tudo podeis, / humildemente te peço uma graça. / Sarai-me, Senhor, e não desta lepra, / do amor que eu tenho e que ninguém me tem. // Senhor, meu amo, dai-me dinheiro, / muito dinheiro para eu comprar / aquilo que é caro mas é gostoso / e na minha terra ninguém não possui. // Jesus meus Deus pregado na cruz, / me dá coragem pra eu matar / um que me amola de dia e de noite / e diz gracinhas à minha mulher. // Jesus Jesus piedade de mim. / Ladrão eu sou mas não sou ruim não. / Por que me perseguem não posso dizer. / Não quero ser preso, Jesus ó meu santo. // Os romeiros pedem com os olhos, / pedem com a boca, pedem com as mãos. / Jesus já cansado de tanto pedido / dorme sonhando com outra humanidade.
3) LA FAMIGLIA
FOTO DI FAMIGLIA
Questa foto di famiglia
è un po’ impolverata.
Ormai non si vede sul volto del papà
quanti soldi guadagnò.
Nelle mani degli zii non si percepiscono
i viaggi che i due fecero.
La nonna è sciupata, gialla,
senza ricordi della monarchia.
I bambini, come sono cambiati.
Il volto di Pietro è tranquillo,
si è servito dei sogni più belli.
E Giovanni non dice più bugie.
Il giardino è diventato irreale.
I fiori sono macchie grigiastre.
E la sabbia, sotto piedi estinti,
è un oceano di nebbia.
Nel semicerchio delle sedie
si nota un certo trambusto.
I bambini cambiano di posto,
ma senza far rumore: è una foto.
Venti anni è un grande tempo.
Modella qualsiasi immagine.
Se una figura va appassendo,
un’altra, sorridendo, si propone.
Questi strani tipi seduti,
miei parenti? Non credo.
Sono visite che si divertono
in una sala che si apre poco.
Sono rimaste tracce della famiglia
perse nell’atteggiamento dei corpi.
Abbastanza per suggerire
che un corpo è pieno di sorprese.
La cornice di questa foto
invano tiene prigionieri i suoi personaggi.
Stanno lì volontariamente,
saprebbero – se necessario – volare.
Potrebbero volatilizzarsi
nel chiaroscuro del salone,
andare a stare in fondo ai mobili
o nel taschino di vecchi panciotti.
La casa ha molti cassetti
e fogli, lunghe scale.
Chi conosce l’astuzia delle cose,
quando la sostanza si annoia?
La foto non mi risponde,
mi fissa e si contempla
nei miei occhi impolverati.
E nel cristallo si moltiplicano
i parenti morti e vivi.
Ormai non distinguo quelli che se ne sono andati
da quelli che restarono. Percepisco appena
la strana idea di famiglia
che viaggia attraverso la carne.
RETRATO DE FAMILIA – Este retrato de família / está um tanto empoeirado. / Já não se vê no rosto do pai / quanto dinheiro ele ganhou. // Nas mãos dos tios não se percebem / as viagens que ambos fizeram. / A avó ficou lisa, amarela, / sem memórias da monarquia. // Os meninos, como estão mudados. / O rosto de Pedro é tranqüilo, / usou os melhores sonhos. / E João não é mais mentiroso. // O jardim tornou-se fantástico. / As flores são placas cinzentas. / E a areia, sob pés extintos, / é um oceano de névoa. // No semicírculo de cadeiras / nota-se certo movimento. / As crianças trocam de lugar, / mas sem barulho: é um retrato. // Vinte anos é um grande tempo. / Modela qualquer imagem. / Se uma figura vai murchando, / outra, sorrindo, se propôe. // Esses estranhos assentados, / meus parentes? Não acredito. / São visitas se divertindo / numa sala que se abre pouco. // Ficam traços da família / perdidos no jeito dos corpos. / Bastante para sugerir / que um corpo é cheio de surpresas. // A moldura deste retrato / em vão prende suas personagens. / Estão ali voluntariamente, / saberiam – se preciso – voar. // Poderiam sutilizar-se / no claro-escuro do salão, / ir morar no fundo de moveis / ou no bolso de velhos coletes. // A casa tem muitas gavetas / e papéis, escadas compridas. / Quem sabe a malícia das coisas, / quando a matéria se aborrece? // O retrato não me responde, / ele me fita e se contempla / nos meus olhos empoeirados. / E no cristal se multiplicam // os parentes mortos e vivos. / Já não distingo os que se foram / dos que restaram. Percebo apenas / a estranha idéia de família // viajando através da carne.
LETTERA
Volevo ben scriverla
con parole erudite,
le stesse, usuali,
per quanto tremassero
a un tocco di passione.
Perforando gli scuri
canali di argilla e ombra,
essa andrebbe raccontando
che sto bene, e amo sempre
e amo sempre più
in questo mio modo
contorto e reticente,
e attendo una risposta,
ma che non tardi; e chiedo
un oggetto minuscolo
solo per far piacere
a chi può offrirlo;
direbbe del tempo
che fa da queste parti;
le piogge si sono ormai prosciugate,
i bambini studiano,
un’ultima invenzione
(ancora non è perfetta)
fa leggere nei cuori,
ma tutti speriamo
di rivederci molto presto.
Molto presto, no.
Sta diventando il tempo
stranamente lungo
man mano che si accorcia.
Ciò che ieri si lanciava lontano,
esuberante sauro,
oggi si paralizza
in sfinge di marmo,
e persino il sonno, il sonno
che era grato ed era assurdo
è un dormire sveglio
in una pianura grave.
Rapido è il sogno, appena,
che se ne va, nell’inviare
notizie amorose
quando non c’è amore
da dare o da ricevere;
quando solo c’è un ricordo,
anche meno, polvere,
meno ancora, niente,
niente di niente in tutto,
in me più che in tutto,
e non serve svegliare
chi per caso riposa
sulla collina senza alberi.
Tuttavia, questa è una lettera.
CARTA – Bem quisera escrevê-la / com palavras sabídas, / as mesmas, triviais, / embora estremecessem / a um toque de paixão. / Perfurando os obscuros / canais de argila e sombra, / ela iria contando / que vou bem, e amo sempre / e amo cada vez mais / a essa minha maneira / torcida e reticente, / e espero uma resposta, / mas que não tarde; e peço / um objeto minúscolo / só para dar prazer / a quem pode ofertá-lo; diria ela do tempo / que faz de nosso lado; / as chuvas já secaram, / as crianas estudam, / uma última invenção / (inda não é perfeita) / faz ler nos corações, / mas todos esperamos / rever-nos bem depressa ./ Muito depressa, não. / Vai-se tornando o tempo / estranhamente longo / á medida que encurta. / O que ontem disparava, / desbordado alazão, / hoje se paralisa / em esfinge de mármore, / e até o sono, o sono / que era grato e era absurdo / é um dormir acordado / numa planície grave. / Rápido é o sonho, apenas, / que se vai, de mandar / notícias amorosas / quando não há amor / a dar ou receber; / quando só há lembrança, / ainda menos, pó, / menos ainda, nada, / nada de nada em tudo, / em mim maie do que em tudo, / e não vale acordar / quem acaso repousa / na colina sem árvores. / Contudo, esta è uma carta.
ESSERE
Il figlio che non feci
oggi sarebbe un uomo.
Lui corre nella brezza,
senza carne, senza nome.
A volte lo incontro
in un incontro di nube.
Appoggia sulla mia spalla
la sua spalla nessuna.
Interrogo mio figlio,
oggetto di aria:
in quale grotta o conchiglia
ti trovi astratto?
Là dove io giacevo,
mi risponde l’alito,
non mi percepisti,
per quanto ti chiamassi
come ancora ti chiamo
(oltre, oltre l’amore)
dove nulla, tutto
aspira a crearsi.
Il figlio che non feci
si fa da se stesso.
SER – O filho que não fiz / hoje seria homem. / Ele corre na brisa, / sem carne, sem nome./ / Às vezes o encontro / num encontro de nuvem. / Apóia em meu ombro / seu ombro nenhum. // Interrogo meu filho, / objeto de ar: / em que gruta ou concha / quedas abstrato? // Lá onde eu jazia, / responde-me o hálito, / não me percebeste, / contudo chamava-te / como ainda te chamo / (além, além do amor) / onde nada, tudo / aspira a criar-se. // O filho que não fiz / faz-se por si mesmo.
4) GLI AMICI
VIAGGIO DI AMÉRICO FACÓ
Ombra mantovana, il poeta s’incammina
nell’inframondo deserto, dove la corolla
notturna dispiega il suo mistero
fatale ma trascendente: quei palazzi
tessuti di pavore e candida argilla,
dove l’amore si completa, spogliato
della cenere dei contatti. Da questa riva,
vedo da lontano, che si dilegua, la schiva barca,
e lo saluto: Gentile, gentile spirito,
sereno quanto forte, che mi insegni
l’arte di morire bene, fonte di vita,
unisti il raro al raro, e componesti
di umano disaccordo, libero, puro,
il tuo cantico sensuale, flauto celeste.
VIAGEM DE AMÉRICO FACÓ – Sombra mantuana, o poeta se encaminha / ao inframundo deserto, onde a corola / noturna desenrola seu mistério / fatal mas trascendente: àqueles paços // tecidos de pavor e argila cândida, / onde o amor se completa, despojado / da cinza dos contatos. Desta margem, / diviso, que se esfuma, a esquiva barca, / e aceno-lhe: Gentil, gentil espírito, / sereno quanto forte, que me ensinas / a arte de bem morrer, fonte de vida, // uniste o raro ao raro, e compuseste / de humano desacorde, isento, puro, / teu cântico sensual, flauta e celeste.
A FEDERICO GARCIA LORCA
Sul tuo corpo, che da dieci anni
si va trasfondendo in garofani
di rosso colore spagnolo,
qui sto per deporre
vergogna e lacrime.
Vergogna per tanto tempo
essere vissuto – se morte è vita –
sotto la terra dove gli sproni tintinnano
e calcano la più sottile erba
e il pensiero più fine
di amore, di giustizia e pace.
Lacrime di notturna rugiada,
non di amarezza disillusa,
lacrime che soltanto distillano
desiderio e ansia e certezza
di ciò che il giorno si farà alba.
(Si farà alba.)
Questo chiaro giorno spagnolo,
raccolto nell’ombra di oggi
sopra il tuo tumulo deve aprirsi,
mostrando gloriosamente
- al canto moltiplicato
di chitarra, gitano e gallo –
che per sempre vivranno
i poeti martitrizzati.
A FEDERICO GARCÍA LORCA – Sobre teu corpo, que há dez anos / se vem transfundindo em cravos / de rubra cor espanhola, / aqui estou para depositar / vergonha e lágrimas. // Vergonha de há tanto tempo / viveres – se morte é vida- / sob chão onde esporas tinem / e calcam a mais fina grama / e o pensamento mais fino / de amor, de justiça e paz. // Lágrimas de noturno orvalho, / não de mágoa desiludida, / lágrimas que tão-só destilam / desejo e ânsia e certeza / de que o dia amanhecerá. // (Amanhecerá.) // Esse claro dia espanhol, / composto na treva de hoje / sobre teu túmulo há de abrir-se, / mostrando gloriosamente / -ao canto multiplicado / de guitarra, gitano e galo - / que para sempre viverão // os poetas martirizados.
5) CONTRASTO SOCIALE
SENTIMENTO DEL MONDO
Ho due mani appena
e il sentimento del mondo,
ma sono pieno di schiavi,
i miei ricordi scorrono
e il corpo condiscende
nella convergenza dell’amore.
Quando mi alzerò, il cielo
sarà morto e saccheggiato,
io stesso sarò morto,
morto il mio desiderio, morto
il pantano senza poesia.
I compagni non dissero
che c’era una guerra
ed era necessario
portare fuoco e alimento.
Mi sento perso,
anteriore a frontiere,
umilmente vi chiedo
che mi perdoniate.
Quando i corpi passeranno,
io rimarrò solo
a disfare il ricordo
del campanaro, della vedova e del microscopista
che abitavano la baracca
a non furono trovati
all’alba
questa alba
più notte della notte.
SENTIMENTO DO MUNDO – Tenho apenas duas mãos / e o sentimento do mundo, / mas estou cheio de escravos, / minhas lembranças escorrem / e o corpo transige / na confluência do amor. // Quando me levantar, o céu / estará morto e saqueado, / eu mesmo estarei morto, / morto meu desejo, morto / o pantâno sem acordes. // Os camaradas não disseram / que havia uma guerra / e era necessário / trazer fogo e alimento. / Sinto-me disperso, / anterior a fronteiras, / humildemente vos peço / que me perdoeis. // Quando os corpos passarem, / eu ficarei sozinho / desfiando a recordação / do sineiro, da viúva e do microscopista / que habitavam a barraca / e não foram encontrados / ao amanhecer // esse amanhecer / mais noite que a noite.
MANO NELLA MANO
Non sarò il poeta di un mondo caduco.
Pure non canterò il mondo futuro.
Sono legato alla vita e guardo i miei compagni.
Sono taciturni ma nutrono grandi speranze.
In loro, considero l’enorme realtà.
Il presente è così grande, non separiamoci.
Non allontaniamoci molto, camminiamo mano nella mano.
Non sarò il cantore di una donna, di una storia,
non dirò dei sospiri all’imbrunire, del paesaggio visto dalla finestra,
non distribuirò stupefacenti o lettere di suicida,
non fuggirò in un’isola né sarò rapito dai serafini.
Il tempo è la mia materia, il tempo presente, gli uomini presenti,
la vita presente.
MÃOS DADAS – Não serei o poeta de um mundo caduco. / Também não cantarei o mundo futuro. / Estou preso à vida e olho meus companheiros. / Estão taciturnos mas nutrem grandes esperanças. / Entre eles, considero a enorme realidade. / O presente è tão grande, não nos afastemos. / Não nos afastemos muito, vamos de mãos dadas. // Não serei o cantor de uma mulher, de uma história, / não direi os suspiros ao anoitecer, a paisagem vista da janela, / não distribuirei entorpecentes ou cartas de suicida, / não fugirei para as ilhas nem serei raptado por serafins. / O tempo é a minha matéria, o tempo presente, os homens presentes, / a vida presente.
LA MORTE DEL LATTAIO
A Cyro Novais
C’è poco latte nel paese,
è necessario consegnarlo presto.
C’è molta sete nel paese,
è necessario consegnarlo presto.
Circola in paese una leggenda,
che un ladro si ammazza con uno sparo.
Intanto il ragazzo che è lattaio
all’alba con la sua latta
esce di corsa a distribuire
latte buono a gente cattiva.
La sua latta, le sue bottiglie
e le sue scarpe di gomma
vanno dicendo agli uomini nel sonno
che qualcuno si è svegliato prestino
ed è venuto dall’estrema periferia
a portare il latte più freddo
e più bianco della migliore vacca
per dare a tutti forza
nella lotta brava della città.
Nella mano la bottiglia bianca
non ha tempo di dire
le cose che gli attribuisco
né l’ignaro ragazzo lattaio,
abitante della Via Namur,
dipendente della centrale,
di 21 anni,
sa che cosa sia un impulso
di umana comprensione.
E poiché ha fretta, il corpo
va lasciando lungo le case
un po’ di merce.
E siccome la porta dei cortili
nasconderebbe pure gente
che aspira al poco latte
disponibile il tempi nostri,
avanziamo in questo vicoletto,
prendiamo la strettoia,
lasciamo il litro
senza fare rumore, è chiaro,
che il rumore nulla risolve.
Il mio lattaio così delicato
dal passo leggero e lieve,
scivola più che camminare.
È certo che qualche rumore
sempre si fa: un passo falso,
un vaso di fiori sul cammino,
un cane che abbaia per principio,
o un gatto stizzoso.
E c’è sempre uno che si sveglia,
brontola e torna a dormire.
Ma questo si svegliò in preda al panico
(dei ladri infestano il quartiere),
non volle sapere di niente.
La pistola dal cassetto
gli balzò in mano.
Un ladro? Si prende con uno sparo.
Gli spari all’alba
liquidarono il mio lattaio.
Se aveva una ragazza, se era vergine,
se era allegro, se era bravo,
non so,
è tardi per sapere.
Ma l’uomo ha perso il sonno
del tutto, e fugge in strada.
Mio Dio, ho ucciso un innocente.
Una pallottola che ammazza un ladruncolo
pure serve per rubare
la vita di un nostro fratello.
Chi vuole chiamare un medico,
la polizia non mette mano
in questo figlio di mio padre.
Salva è la proprietà.
La notte generale prosegue
la mattina ci mette ad arrivare,
ma il lattaio
steso per terra, al freddo della notte,
ha perso la fretta che aveva.
Dalla bottiglia in frantumi,
sulla strada già serena
scorre una cosa spessa
che è latte, sangue… non so.
Fra oggetti confusi,
appena redenti dalla notte,
due colori si cercano,
soavemente si toccano,
amorosamente si allacciano,
formando un terzo tono
che chiamiamo aurora.
MORTE DO LEITEIRO – A Cyro Novais - Há pouco leite no país, / é preciso entregá-lo cedo. / Há muita sede no país, / é preciso entregá-lo cedo. / Há no país uma legenda, / que ladrão se mata com tiro. / Então o moço que é leiteiro / de madrugada com sua lata / sai correndo e distribuindo / leite bom para gente ruim. / Sua lata, suas garrafas / e seus sapatos de borracha / vão dizendo aos homens no sono / que alguém acordou cedinho / e veio do último subúrbio / trazer o leite mais frio / e mais alvo da melhor vaca / para todos criarem força / na luta brava da cidade. // Na mão a garrafa branca / não tem tempo de dizer / as coisas que lhe atribuo / nem o moço leiteiro ignaro, / morador na Rua Namur, / empregado no entreposto, / com 21 anos de idade, / sabe lá o que seja impulso / de humana compreensão. / E já que tem pressa, o corpo / vai deixando à beira das casas / uma apenas mercadoria. // E como a porta dos fundos / também escondesse gente / que aspira ao pouco de leite / disponível em nosso tempo, / avancemos por esse beco, / peguemos o corredor, / depositemos o litro / sem fazer barulho, è claro, / que barulho nada resolve. // Meu leiteiro tão sutil / de passo maneiro e leve, / antes desliza que marcha ./ É certo que algum rumor / sempre se faz: passo errado, / vaso de flor no caminho, / cão latindo por princípio, / ou um gato quizilento. // E há sempre um senhor que acorda, / resmunga e torna a dormir. / Mas este acordou em pânico / (ladrões infestam o bairro), / não quis saber de mais nada. / O revólver da gaveta / saltou para sua mão. / Ladrão? Se pega com tiro. / Os tiros na madrugada / liquidaram meu leiteiro. / Se era noivo, se era virgem, / se era alegre, se era bom, / não sei, / è tarde para saber. // Mas o homem perdeu o sono / de todo, e foge pra rua. / Meus Deus, matei um inocente. / Bala que mata gatuno / também serve pra furtar / a vida de nosso irmão. / Quem quiser que chame médico, / polícia não bota a mão / neste filho de meu pai. / Está salva a propriedade. / A noite geral prossegue / a manhã custa a chegar, / mas o leiteiro / estatelado, ao relento, / perdeu a pressa que tinha. // Da garrafa estilhaçada, / no ladrilho já sereno / escorre uma coisa espessa / que é leite, sangue…não sei. / Por entre objetos confusos, / mal redimidos da noite, / duas cores se procuram, / suavemente se tocam, / amorosamente se enlaçam, / formando um terceiro tom / a que chamamos aurora.
6) LA CONOSCENZA DELL’AMORE
DIMORE
Amore? Amare? Voci che udii, ormai non ricordo
dove: forse fra grandi grate solenni, in un
incenerito e pungente luogo che annaffiammo di furia,
estasi, adorazione, timore. Forse nel minimo
territorio accovacciato fra la spuma e il gneiss, dove respira,
- ma quanto spaventato! un bambino appena. E che presagi
dai suoi capelli si sciolgono! Sì, udii di amore, in un’ora
infinita, benché sepolta nella più scricchiolante sabbia
che i piedi calpestano, calpestano, e a loro volta – è legge – scompaiono.
E udii di amare, come di un dono a pochi offerto; o di un crimine.
Di nuovo queste voci, ti prego: Nascondile con tono sobrio,
o se no, gridale in faccia agli uomini; sciogli i pietrificati; stordisci
gli steli nell’atto di crescere; ripeti: amore, amare.
L’aria s’increspa a forza di udirle; e oltre il tempo risuonano, remi
d’oro che battono l’acqua trasfigurata; correnti
cadono. In noi risorge l’antico; il nuovo; ciò che dal nulla
estrasse forma di vita; e non di fiducia, di turbamento si nutre.
Ecco che l’abolito potere in quello di oggi si riflette, si confondono,
e quanti di questo male un giorno (sono morti) singhiozzarono,
abitano nel nostro corpo riuniti e singhiozzano con noi.
ESTÂNCIA
– Amor? Amar? Vozes que ouvi, já não me lembro / onde: talvez entre grades
solenes, num / calcinado e pungitivo lugar que regamos de fúria, / êxtase,
adoração, temor. Talvez no mínimo / território acuado entre espuma e o gneiss, onde respira, / - mas que
assustada! uma criança apenas. E que presságios / de seus cabelos se
desenrolam! Sim, ouvi de amor, em hora / infinda, se bem que sepultada na mais
rangente areia / que os pés pisam, pisam, e por sua vez – é lei – desaparecem.
/ E ouvi de amar, como de um dom a poucos ofertado; ou de um crime. // De novo
essas vozes, peço-te: Esconde-as em tom sóbrio, / ou senão, grita-as à face dos
homens; desata os pietrificados; aturde/os caules no ato de crescer; repete:
amor, amar. / O ar se crispa , de ouvi-las; e para além do tempo ressoam, remos
/ de ouro batendo a água transfigurada; correntes / tombam. Em nós ressurge o
antigo; o novo; o que de nada / extrai forma de vida; e não de confiança, de
desassossego se nutre. / Eis que a posse abolida na de hoje se reflete,
confundem-se, / e quantos desse mal um dia (estão mortos) soluçaram, / habitam
nosso corpo reunido e soluçam conosco.
ISTANTE
Un seme ingravidava la sera.
Era il giorno che nasceva, invece della notte.
Perdeva amore il suo alito codardo,
e la vita, destriero rubro, tirava un calcio,
ma così delizioso, che la ferita
nel petto frastornato, acceso in festa,
risvegliava, incisione impazzita,
sul tempo senza stelo, una promessa.
La mattina sempre-sempre, e docilastuti
io cacciatori a correre, e le prede
in un felice consegnarsi, fra singhiozzi.
E che ancora, vita eterna, mi riservi?
Ciò che si risolse in un solo momento
non sta nell’infinito, ed è fuga e vento.
INSTANTE – Uma semente engravidava a tarde. / Era o dia nascendo, em vez da noite. / Perdia amor seu hálito covarde, / e a vida, corcel rubro, dava um coice, // mas tão delicioso, que a ferida / no peito transtornado, aceso em festa, / acordava, gravura enlouquecida, / sobre o tempo sem caule, uma promessa. // A manhã sempre-sempre, e dociastutos / eus caçadores a correr, e as presas / num feliz entregar-se, entre soluços. // E que mais, vida eterna, me planejas? / O que se desatou num só momento / não cabe no infinito, e é fuga e vento.
LA STANZA IN DISORDINE
Nella curva pericolosa dei cinquanta
scivolai in questo amore. Che dolore! che petalo
sensibile e segreto mi tormenta
e mi provoca per la sintesi del fiore
che non si sa come è fatto: amore,
nella quitessenza della parola, e muto
di naturale silenzio non gli spetta
in tanto gesto cogliere e amare
la nube che da ambigua si diluìsce
in questo oggetto più vago della nube
e più proibito, corpo! corpo, corpo,
verità così estrema, sete così varia,
e questo cavallo sciolto per il letto,
a spasso sul petto di chi ama.
O QUARTO EM DESORDEM – Na curva perigosa dos cinqüenta / derrapei neste amor. Que dor! que pétala / sensível e secreta me atormenta / e me provoca à síntese da flor // que não se sabe como é feita: amor, / na quinta-essência da palavra, e mudo / de natural silêncio já não cabe / em tanto gesto de colher e amar // a nuvem que de ambígua se delui / nesse objeto mais vago do que nuvem / e mai defeso, corpo! corpo, corpo, // verdade tão final, sede tão vária, /e esse cavalo solto pela cama, / a passear o peito de quem ama.
7) LA SUA POESIA
BRINDISI AL BANCHETTO DELLE MUSE
Poesia, tumulto e nausea,
poesia, canzone suicida,
poesia, che ricominci
da un altro mondo, in un’altra vita.
Ci hai lasciati più affamati,
poesia, cibo strano,
se nessun pane ti equivale:
la mosca ingoia il ragno.
Poesia, sui principi
e i vaghi doni dell’universo:
nel tuo grembo incestuoso,
il bel cancro del verso.
Blu, in fiamma, il tellurio
reintegra l’essenza del poeta,
e ciò che è perso si salva…
Poesia, morte segreta.
BRINDE NO BANQUETE DAS MUSAS – Poesia, marulho e náusea, / poesia, canção suicida, / poesia, que recomeças / de outro mundo, noutra vida. // Deixaste-nos mais famintos, / poesia, comida estranha, / se nenhum pão te equivale / a mosca deglute a aranha. // Poesia, sobre os princípios / e os vagos dons do universo: / em teu regaço incestuoso, / o belo câncer do verso. // Azul, em chama, o telúrio / reintegra a essência do poeta, / e o que é perdido se salva… / Poesia, morte secreta.
BOTTEGA IRRITATA
Io voglio comporre un sonetto duro
come mai poeta osò scrivere.
Io voglio dipingere un sonetto scuro,
secco, soffocato, difficile da leggere.
Voglio che il mio sonetto, in futuro,
non susciti in nessuno nessun piacere.
E che, nella sua maligna aria immatura,
allo stesso tempo sappia essere, non essere.
Questo mio verbo antipatico e impuro
deve pungere, deve far soffrire,
tendine di Venere sotto il pedicure.
Nessuno lo ricorderà: sparo sul muro,
cane che minge nel caos, mentre la stella Arturo,
chiaro enigma, si lascia sorprendere.
OFICINA IRRITADA – Eu quero compor um soneto duro / como poeta algum ousara escrever. / Eu quero pintar um soneto escuro, / seco, abafado, dificil de ler. // Quero que meu soneto, no futuro, / não desperde em ninguém nenhum prazer. / E que, no seu maligno ar imaturo, / ao mesmo tempo saiba ser, não ser. // Esse meu verbo antipático e impuro / há de pungir, há de fazer sofrer, / tendão de Vênus sob o pedicuro. // Ninguém o lembrará: tiro no muro, / cão mijando no caos, enquanto Arcturo, / claro enigma, se deixa surpreender.
8) ESERCIZI LUDICI
ORDINI DEL FISCHIETTO
Un fischio breve: Attenzione, proseguire.
Due fischi brevi: Alt.
Un fischio breve di notte: Accendere i fari.
Un fischio lungo: Rallentare.
Un fischio lungo e breve: Autisti in vettura.
(A questo segnale tutti gli autisti
prendono posto in macchina
per metterla in moto immediatamente.)
SINAL DE APITO – Um silvo breve: Atenção, siga. / Dois silvos breves: Pare. / Um silvo breve à noite: Acenda a lanterna. / Um silvo longo: Diminua a marcha.: / Um silvo longo e breve: Motoristas a posto. // (A este sinal todos os motoristas / tomam lugar nos seus veículos / para movimentá-los imediatamente.)
I MORTI IN PALANDRANA
C’era in un angolo della sala un album di fotografie insopportabili,
alto molti metri e vecchio di infiniti minuti,
su cui tutti si sporgevano
per la gioia di burlarsi dei morti in palandrana.
Una tarma incominciò a rodere le palandrane indifferenti
e rose le pagine, le dediche e persino la polvere delle foto.
Solo non rose l’immortale singhiozzo di vita che prorompeva
che prorompeva da quelle pagine.
OS MORTOS DE SOBRECASACA – Havia a um canto da sala um álbum de fotografias intoleráveis, / altos de muitos metros e velho de infinitos minutos, / em que todos se debruçavam / na alegria de zombar dos mortos de sobrecasaca. // Um verme principiou a roer as sobrecasacas indiferentes / e roeu as páginas, as dedicatórias e mesmo a poeria dos retratos. / Só não roeu o imortal soluço de vida que rebentava / que rebentava daquelas páginas.
9) UNA VISIONE, O TENTATIVO DI, DELL’ESISTENZA
GIARDINO
Nero giardino dove le viole suonano
e il male della vita in eco si disperde:
a caso una canzone avvolge i rami,
come la statua incerta si riflette
nel lago da lunghi anni abitato
da pesci, no, materia corruttibile,
ma da pallide conte di collane
che qualcuno va sfilando, occhi svuotati
e mani offerte e meccaniche,
di un vegetale segreto adorne,
mentre altre visioni si delineano
e subito si avvolgono: mascherata,
che so della tua essenza (o non ne hai),
giardino appena, petali, presagio.
JARDIM – Negro jardim onde violas soam / e o mal da vida em ecos se dispersa: / à toa uma canção envolve os ramos, / como a estátua indecisa se reflete // no lago há longos anos habitado / por peixes, não, matária putrescivel, / mas por pálidas contas de colares / que alguém vai desatando, olhos vazados // e mãos oferecidas e mecânicas, / de um vegetal segredo enfeitiçadas, / enquanto outras visões se delineiam // e logo se enovelam: mascarada, / que sei de sua essência (ou não a tem), / jardim apenas, pétalas; presságio.
COMPOSIZIONE
Ed è sempre la pioggia
nei deserti senza ombrello,
e la cicatrice, si percepisce, nel muro nudo.
E sono dissolti frammenti di stucco
e la polvere delle demolizioni di tutto
che ostruiscono il deforme paese futuro.
Debole, nel fogliame, il soccorso dell’imbu.
Una goccia, nel nudo campo disboscato,
Dove viviamo è acqua. Il sonno, umido,
in urne desolate. Già si riversano,
consumate, nella corrente, le cose amate
che erano pura delizia, oggi carbone.
Il resto è argilla, senza speranza di scultura.
COMPOSIÇÃO – E é sempre a chuva / nos desertos sem guarda-chuva, / e a cicatriz, percebe-se, no muro nu. // E são dissolvidos fragmentos de estuque / e o pó das demolições de tudo / que atravanca o disforme país futuro. / Débil, nas ramas, o socorro do imbu. / Pinga, no desarvorado campo nu. // Onde vivemos é água. O sono, úmido, / em urnas desoladas. Já se entornam, / fungidas, na corrente, as coisas caras / que eram pura delícia, hoje carvão. // O mais é barro, sem esperança de escultura.
CERAMICA
I cocci della vita, incollati, formano una strana tazzina.
Non usata,
ci spia dalla credenza.
CERÂMICA – Os cacos da vida, colados, formam uma estranha xícara. / Sem uso ,/ ela nos espia do aparador.
DOMICILIO
…L’appartamento apriva
finestre sul mondo. Bambini venivano
a cogliere nella risacca le notizie
della vita per vivere o della incosciente
nostalgia di noi stessi. La povertà
della terra era più grande fra i metalli
che la via mescolava a brutti corpi,
incerti, nella fretta. E dal terrazzo
in solitudine gli echi rifluivano
e ogni esilio in molti si trasformava
e un’altra città fuori dalla città
nell’artiglio di un amo andava sorgendo,
adunca pescagione, male diffuso,
problema di esistere, amore non usato.
DOMICÍLIO - …O apartamento abria / janelas para o mundo. Crianças vinham / colher na maresia essas notícias / da vida por viver ou da inconsciente // saudade de nós mesmos. A pobreza / da terra era maior entre os metais / que a rua misturava a feios corpos, / duvidosos, na pressa. E do terraço // em solitude os ecos refluíam / e cada exílio em muitos se tornava / e outra cidade fora da cidade // na garra de um azol ia subindo, / adunca pescaria, mal difuso, / problema de existir, amor sem uso.
CANTO SPONGIOSO
Bella
questa mattina senza carenza di miti
e miele sorbito senza blasfemia.
Bella
questa mattina o un’altra possibile,
questa vita o un’altra invenzione,
senza, nell’ombra, fantasmi.
L’umidità della sabbia aderisce al piede.
Ingoio il mare, che mi ingoia.
Valve, curvi pensieri, sfumature della luce
blu
completa
su forme costituite.
Bella,
al passaggio del corpo, la sua fusione
nel corpo generale del mondo.
Voglia di cantare. Ma così assoluta
che taccio, repleto.
CANTO ESPONJOSO – Bela / esta manhã sem carência de mito / e mel sorvido sem blasfêmia. // Bela / esta manhã ou outra possível, / esta vida ou outra invenção, / sem, na sombra, fantasmas. // Umidade de areia adere ao pé. / Engulo o mar, que me engole. / Valvas, curvos pensamentos, matizes da luz / azul / completa / sobre formas constituídas. // Bela, / a passagem do corpo, sua fusão / no corpo geral do mundo. / Vontade de cantar. Mas tão absoluta / que me calo, repleto.
L’ARCO
Che vuole l’angelo? chiamarlo.
Che vuole l’anima? perdersi.
Perdersi in rudi guianas
per mai più incontrarsi.
Che vuole la voce? incantarlo.
Che vuole l’udito? imbeversi
di grida sacrileghe
fino a rimanere stordito.
Che vuole la nuvola? rapirlo.
Che vuole il corpo? dissolversi,
distruggere memoria di vita
e quanto sia memoria.
Che vuole la passione? trattenerlo.
Che vuole il petto? chiudersi
contro i poteri del mondo
per nelle tenebre fondersi.
Che vuole la canzone? ergersi
ad arco sopra gli abissi.
Che vuole l’uomo? salvarsi,
con il premio di una canzone.
O ARCO – Que quer o anjo? chamá-lo. / Que quer a alma? perder-se. / Perder-se em rudes guianas / para jamais encontrar-se. // Que quer a voz? encantá-lo. / Que quer o ouvido? embeber-se / de gritos blasfematórios / até quedar aturditdo. // Que quer a nuvem? raptá-lo. / Que quer o corpo? solver-se, / delir memória de vida / e quanto seja memória. // Que quer a paixão? detê-lo. / Que quer o peito? fechar-se / contra os poderes do mundo / para na treva fundir-se. // Que quer a canção? erguer-se / em arco sobre os abismos. / Que quer o homem? salvar-se, / ao prêmio de uma canção.
SCOPERTA
Il dente morde la frutta avvelenata
la frutta morde il dente avvelenato
il veleno morde la fruttta e morde il dente
il dente, mordendosi, ormai scopre
la polpa deliziosissima del nulla.
DESCOBERTA – O dente morde a fruta envenenada / a fruta morde o dente envenenado / o veneno morde a fruta e morde o dente / o dente, se mordendo, já descobre / a polpa deliciosíssima do nada.
SEGRETO
La poesia è incomunicabile.
Stattene in disparte nel tuo angolo.
Non amare.
Sento dire che c’è una sparatoria
a tiro del nostro corpo.
È la rivoluzione? l’amore?
Non dire niente.
Tutto è possibile, solo io impossibile.
Il mare trabocca di pesci.
Ci sono uomini che camminano in mare
come se camminassero per strada.
Non raccontare.
Supponi che un angelo di fuoco
spazzi la faccia della terra
e gli uomini sacrificati
chiedano perdono.
Non chiedere.
SEGREDO – A poesia é incomunicável. / Fique torto no seu canto. / Não ame. // Ouço dizer que há tiroteio / ao alance do nosso corpo. / É a revolução? o amor? / Não diga nada. // Tudo é possível, só eu impossível. / O mar transborda de peixes: / Há homens que andam no mar / como se andassem na rua. / Não conte. // Suponha que um anjo de fogo / varresse a face da terra / e os homens sacrificados / pedissem perdão. / Não peça.
ACQUA-COLORE
Il Paese del Colore è liquido e si rivela
nell’anilina dei vasi della farmacia.
Basta guardare, e fluttuo sul verde
non verde bosco, il verde-oltre-il-verde.
E il blu è un’insenatura nella campana di vetro.
Avrei voluto nascere là, sto nascendo.
Trapasso la laguna di oro del giallo.
Il colore è l’esistente; il resto, fallacia.
ÁGUA-COR – O País da Cor é líquido e revela-se / na anilina dos vasos de farmácia. / Basta olhar, e flutuo sobre o verde / não verde-mata, o verde-além-do-verde. // E o azul é uma enseada na redoma. / Quisera nescer lá, estou nascendo. / Varo a laguna de ouro do amarelo. / A cor é o existente; o mais, falácia.
(Tratto dalla rivista Smerilliana – Semestrale di civiltà poetiche 2004 – n° 3, Casta Diva edizioni, Roma, direzione letteraria di Enrico D’Angelo)