TRA PASSATO E FUTURO
- Il
movimento dei movimenti -
Bonaventura de
Sousa Santos
Dopo Mumbai il movimento
dei movimenti non sarà più la stessa cosa. Lo dicono, eccitati dall'invasione
di moltitudini inusitate e diverse nei recinti del Quarto Forum sociale
mondiale, i cronisti che riportano le notizie di questi primi giorni di
apertura, che coincidono, purtroppo, con quelli della chiusura di questo
fascicolo. Scriverne non a caldo sarà forse un vantaggio perché la riflessione
sul dopo Mumbai sarà lunga, non facile, e difficilmente unanime. Già ora i
primi commenti raccolti fra chi è a Mumbai lo dicono: ripetere la formula dei
Forum mondiali ed europei così come l'abbiamo finora, pur felicemente,
sperimentata, non sarà più possibile. La critica al sistema si è imposta, la
strategia per il cambiamento resta latitante e spesso nemmeno cercata.
Ma è così proprio perché quello che si sta verificando è il contrario di quanto
le tante cassandre avevano previsto: il grande moto che ha investito con così
straordinaria carica critica il presente assetto del mondo, non è in crisi, non
retrocede, ma anzi si ingigantisce e mette radici in altri continenti, porta
alla scoperto una straordinaria latente energia alternativa, spinge in campo
soggetti mai prima considerati: la testa dell'immenso corteo entrato nella
spianata di Goreagon, alla periferia orientale di Mumbai, composta dagli
intoccabili, e poi la loro assemblea, la prima in un incontro internazionale;
l'indù e il maharati che diventano lingue maggioritarie (e a buon diritto visto
le moltitudini che le parlano) sono solo un simbolo di quanto grande sia la
finestra che a Mumbai si è spalancata davanti agli occhi di una sinistra che
pur terzomondista a intermittenza, resta ancora, come da sempre,
occidentocentrica.
Il torrente che ha investito i reduci di Porto Alegre non ha prodotto solo uno
spaesamento geografico. Ha mutato i connotati sociali del movimento. Proprio in
questi giorni Cândido Grybowsky, presidente del Forum, ha reso noti i dati di
uno studio condotto dalla IBASE di Rio de Janeiro sui partecipanti ai tre
precedenti raduni mondiali brasiliani: il 73,4% sono risultati studenti
universitari. In India — un paese che da solo conta il doppio della popolazione
di tutta l'America Latina e dei Caraibi — quello che ha colpito tutti è che la
maggioranza di coloro che hanno popolato Goreagon sono gli strati più poveri di
un paese poverissimo, dove il 35% della popolazione vive con meno di un dollaro
al giorno.
Il lavoro condotto in questi anni dai costruttori del Forum è comunque
risultato prezioso; e ottimo si è rivelato quello condotto dal comitato
indiano, che sembra aver saputo superare — pochi ci speravano — storiche
divisioni. La quantità di conferenze e seminari — una media di 500 al giorno —
c'è sempre, come a Porto Alegre; così gli intellettuali di grido, e gestiti con
grande equilibrio: due diversissimi premi Nobel, l 'l'avvocatessa iraniana e
militante dei diritti umani Shirin Ebadi e l'economista Joseph Stiglitz, la
scrittrice indiana Arundati Roy e il rappresentante della resistenza non
violenta irachena, un'ex presidente dell'Irlanda, Joan Robinson, e un ex
ministro israeliano, Yossi Beilin; ma qui anche vietnamiti, coreani,
indonesiani che mai avevamo sentito. E poi tutta la schiera di chi è ormai
veterano degli altri Forum. Anche le simbologie sono perfette ed efficaci:
innanzi tutto l'idea di aver fatto aprire i lavori dal suono di un gruppo
musicale pakistano, a segnare l'arrivo di 400 nemici passati — primi da decenni
— attraverso la frontiera del Kashmir. Ma quel che conta sembra essere
soprattutto lo spazio esterno, dove si intrecciano musica di ogni parte del
mondo, teatro di strada, incontri, reciproche conoscenze: Goreagon è un immenso
altoparlante che ha permesso di aprire larghe brecce nel muro che ha reso mute
per secoli maggioranze umane.
Certo, i canali di comunicazione che si sono aperti fra il movimento e le
istituzioni in America Latina, l'impatto anche elettorale che essi hanno avuto,
sono incommensurabilmente più larghi. Qui in Asia le istituzioni sono lontane,
anzi lontanissime: in Brasile c'è Lula, in India c’è Atal Bihari Vajpajee, il
governo più di destra della storia dell’India indipendente.
Se e come l'altoparlante saprà tradurre le voci cui ha dato forza in movimento
stabile, in impatto politico; se questa potente iniezione asiatica saprà
segnare permanentemente il suo modo di essere e come, lo vedremo.
L'affascinante esperienza indiana dovrà innescarsi su un movimento che comunque
aveva già, nel bene e nel male, consolidato una sua fisionomia. Bonaventura de
Sousa Santos, sociologo e militante dei Forum, docente all'Università di Coimbra
e del Wisconsin, ce ne dà in questo saggio l'analisi più attenta e aggiornata,
che, pur scritta prima di Mumbai, resta preziosa per decifrarne gli
interrogativi (21 gennaio 2004).
Introduzione
Negli ultimi mesi il
problema del futuro del Forum sociale mondiale (FSM) è stato sollevato in
numerose occasioni e discusso in quasi tutti i più importanti raduni del
movimento di globalizzazione alternativa, che gli hanno dedicato workshops e
seminari. Come mai questo tema è diventato così ricorrente? Questa insistenza
deve essere interpretata come un segnale positivo o negativo da quanti sono
impegnati nel FSM? Più avanti tenterò di dare una risposta a questi
interrogativi, ma prima occorre fare alcune precisazioni.
Per quanto riguarda la prima domanda, interrogarsi sul futuro del FSM
presuppone ovviamente che il FSM abbia un passato, un patrimonio, ma anche che
vi siano delle difficoltà nell'affrontare questo passato, in particolare nel
valutarlo. A mio avviso, su quest'ultimo punto il problema è duplice. Da un
lato, i movimenti e le organizzazioni che partecipano al FSM sono consapevoli
di avere una storia e un patrimonio, ma non sanno in cosa consistano
esattamente. Dall'altro, di qualunque passato si tratti, sono indecisi su come
trasferirlo costruttivamente nel futuro. Mi occuperò in seguito di queste
diverse incertezze.
Anche a proposito della seconda domanda – se interrogarsi sul futuro del FSM
sia un bene o un male – sono necessarie alcune precisazioni. La questione può
essere posta in due modi. Il primo consiste nel chiedersi se il FSM abbia un
futuro senza dare per scontato che esso duri nel tempo, anzi dubitandone. Il
FSM potrebbe continuare indefinitamente oppure, in alternativa, essere solo un
passaggio di un processo storico più vasto, una fase che forse sta per
concludersi, lasciando spazio a periodi nuovi, con altre caratteristiche, altre
iniziative. Il secondo modo presume che il FSM viva ancora a lungo, ma implica
la necessità di soddisfare alcune condizioni affinché ciò accada.
Il presente del passato
Comincerò esponendo la
mia concezione del patrimonio del FSM. Il FSM è un fenomeno sociale e politico
nuovo; il fatto che abbia dei precedenti non diminuisce la sua carica di
novità, tutt'altro. E indiscutibilmente il primo grande movimento internazionale
progressista dopo la ripresa neoliberista dell'inizio degli anni Ottanta. Il
problema che si pone con i fenomeni sociali e politici inediti è che per
affrontarli correttamente occorrono nuove teorie sociali e nuove categorie di
analisi. Poiché né le une, né le altre emergono facilmente dall'inerzia delle
discipline, il rischio che essi vengano sottovalutati e non siano oggetto di
studi adeguati è considerevole, e diventa ancor più serio se si considera il
fatto che il FSM, proprio per la sua ampiezza e diversificazione interna, non
solo contesta le varie discipline delle scienze sociali tradizionali, ma anche
la conoscenza scientifica occidentale quale unica fonte di razionalità sociale
politica.
Ritengo che fra gli elementi costitutivi del FSM vi siano i seguenti caratteri
di novità:
1. Una nuova
utopia critica
Viviamo in un'epoca di
utopie conservatrici, la cui qualità utopistica risiede nella radicale
negazione di alternative alla realtà attuale; la possibilità di alternative viene
screditata proprio in quanto utopica, idealistica, non realistica. La
dimensione utopica del FSM consiste nel rivendicare l'esistenza di alternative.
Il FSM rappresenta la rinascita di una utopia critica, cioè della critica
radicale alla realtà attuale e dell'aspirazione a una società migliore. La
specificità di questa nuova utopia critica – se confrontata con quelle
predominanti alla fine del XIX e all'inizio del XX secolo – risiede nel suo
carattere negativo. In un contesto nel quale l'utopia conservatrice è
assolutamente dominante, è meglio affermare la possibilità di alternative
piuttosto che definirle. La dimensione utopica del FSM consiste nel sostenere
la possibilità di una globalizzazione anti-egemonica; in altre parole, l'utopia
del FSM si afferma molto più come negatività (la definizione di ciò che
critica) che come positività (la definizione di ciò cui aspira). Il FSM è la
prima utopia critica del XXI secolo e mira a rompere con la tradizione delle
utopie critiche della modernità occidentale, molte delle quali si sono
trasformate in utopie conservatrici: dalla rivendicazione di alternative
utopistiche alla negazione di alternative, con il pretesto che la realizzazione
dell'utopia è in atto. L'ampiezza della dimensione utopica del FSM rappresenta
il suo tentativo di sfuggire a questa perversione; l'affermazione di
alternative si accompagna all'affermazione dell'esistenza di alternative alle
alternative. L'altro mondo possibile è una aspirazione utopistica che comprende
molti mondi possibili; l'altro mondo possibile può essere molte cose, ma mai un
mondo privo di alternative.
Questo progetto utopistico – fondato sulla negazione del presente piuttosto che
sulla definizione del futuro, concentrato sui processi di interazione fra i
movimenti piuttosto che sulla valutazione del contenuto politico dei movimenti
– è il maggior fattore di coesione del FSM. Esso aiuta ad accrescere ciò che
unisce e a ridurre ciò che divide; a premiare le buone relazioni anziché le
dispute per il potere; a garantire una presenza forte piuttosto che un
programma; a collegare le fasi d'avvio con gli obiettivi finali.
2. Una nuova
ecologia delle conoscenze
La moderna scienza
occidentale è doppiamente al servizio della globalizzazione egemonica, sia
quando la promuove o la legittima, sia quando scredita, nasconde o sminuisce la
globalizzazione anti-egemonica. Screditare, nascondere o sminuire la
globalizzazione anti-egemonica sono azioni cui molto spesso si accompagna la
denigrazione, l'occultamento e la banalizzazione delle conoscenze che informano
le esperienze e gli attivisti anti-egemonici. Posta di fronte a conoscenze
antagonistiche, la conoscenza scientifica egemonica o le trasforma in nozioni
rudimentali (come nel caso dei saperi degli indigeni o dei contadini riguardo
alla biodiversità) oppure le respinge come false e inefficaci, secondo i
criteri egemonici di verità ed efficacia.
L'alternativa epistemologica proposta dal FSM è che non esiste una giustizia
sociale mondiale senza una giustizia cognitiva mondiale. Poiché tutte le
culture e le conoscenze sono incomplete — essendo in ciò l'inesauribile
diversità del mondo – nessuna singola cultura o conoscenza può rivendicare il
monopolio del concetto di bellezza, bontà o verità. L'alternativa al monopolio
non è il relativismo, ma la condivisioni di criteri che identifichino le idee e
le conoscenze più idonee a promuovere la giustizia sociale in tutto il mondo.
L'impegno del FSM è dimostrare che i concetti di razionalità ed efficienza che
presiedono alla conoscenza egemonica tecnico-scientifica sono troppo
restrittivi per comprendere tutta la ricchezza e la diversità dell'esperienza
sociale del mondo, e in particolare discriminano le pratiche di resistenza e la
creazione di alternative anti-egemoniche. L'alternativa proposta dal FSM si
fonda su due idee di fondo. In primo luogo, se l'oggettività della scienza non
comporta neutralità, anche la scienza e la tecnologia possono essere poste al
servizio delle attività anti-egemoniche. La misura in cui la scienza viene
utilizzata può essere, in generale, discussa all'interno dei movimenti, e
variare secondo le circostanze e le specifiche attività. In secondo luogo, in
qualsiasi misura si ricorra alla scienza, le attività anti-egemoniche impiegano
principalmente conoscenze non scientifiche, pratiche, spesso tacite, che devono
essere rese credibili affinché le situazioni in cui vengono applicate
acquistino a loro volta credibilità.
3. Una pluralità
di soggetti di trasformazione
Anche se il FSM non
rivendica per sé un ruolo di attore sociale mondiale, punta a dar vita a
numerosi attori di questo tipo. La pluralità di soggetti della trasformazione è
basata sulle seguenti idee:
3.1 Un concetto molto
ampio di potere e oppressione. La globalizzazione neoliberista ha dimostrato
che lo sfruttamento è legato a molte altre forme di oppressione, che colpiscono
le donne, le minoranze (e talora le maggioranze) etniche, le popolazioni
indigene, i contadini, i disoccupati, i lavoratori irregolari, gli immigrati
legali e illegali, gli emarginati, i gay e le lesbiche, i bambini e i giovani,
creando in ogni caso esclusione. Nessuna di tali categorie attribuisce
priorità, in astratto, al principio che ‘un altro mondo è possibile’. Le
priorità politiche sono sempre collegate a una situazione e a un contesto. Dipendono
dalle condizioni concrete in cui si trova una regione o un paese in un dato
momento storico. Per reagire a tali condizioni e ai possibili cambiamenti, i
movimenti e le organizzazioni devono dare priorità al coordinamento fra loro.
Ciò spiega sostanzialmente la novità organizzativa di un FSM senza leader, il
suo rifiuto delle gerarchie e l'importanza dei network in Internet.
3.2 Equivalenza tra il
principio di uguaglianza e il principio di riconoscimento della differenza. Le
società in cui viviamo sono vergognosamente inique, e tuttavia l'uguaglianza
come ideale di emancipazione è assente. L'uguaglianza, intesa come parità fra
eguali, finisce con l'escludere ciò che è diverso; tutto quel che inizialmente
risulta omogeneo tende alla fine a trasformarsi in violenza escludente.
L'emancipazione sociale deve fondarsi su due principi: il principio di
uguaglianza e il principio di rispetto della differenza. La lotta per l'uno
deve essere coordinata alla lotta per l'altro, poiché l'affermazione dell'uno è
condizione per l'affermazione dell'altro. Qui sta il fondamento della novità
politica e organizzativa cui ho accennato sopra.
3.3 Privilegiare la
ribellione e il nonconformismo a detrimento della rivoluzione. Non esiste una
teoria unica per guidare strategicamente i movimenti, poiché l'obiettivo non è
tanto conquistare il potere, quanto piuttosto cambiare le molte facce con cui
il potere si presenta nelle istituzioni e nella società; fra l'altro, anche
coloro che considerano prioritaria la conquista del potere sono divisi rispetto
alla strategia da seguire. Alcuni propendono per rotture drastiche, che
determinino un nuovo ordine (rivoluzione), mentre altri privilegiano i
cambiamenti graduali, attraverso l'impegno e il dialogo con il nemico
(riforma). A questo livello, la novità consiste nell'affermazione della
diversità e del pluralismo, della sperimentazione e della democrazia radicale.
4. Un nuovo stile
dell'organizzazione
Questo concetto di
trasformazione sociale è coerente con la struttura e lo stile dell'organizzazione.
Contrariamente a quanto è avvenuto nel pensiero e nella prassi della sinistra
nella modernità capitalista occidentale, il FSM è riuscito a creare uno stile e
un clima di inclusione e di rispetto delle divergenze, che ha reso molto
difficile ai diversi gruppi politici di autoescludersi in partenza adducendo il
pretesto di essere stati esclusi. A ciò ha contribuito in modo decisivo il
programma ‘minimalista’del FSM definito nella sua Carta dei principi: forte
affermazione del rispetto per la diversità; scarsissime restrizioni all'accesso
(sono esclusi i movimenti o i gruppi che propugnano la violenza politica);
divieto per il Forum di votare o deliberare in quanto tale; impossibilità per
le singole associazioni di intervenire a nome del Forum. È quasi una tabula
rasa, in cui possono aver luogo tutte le forme di lotta contro il neoliberismo
e per una società più giusta; di fronte a una simile apertura, coloro che
scelgono di autoescludersi trovano difficile definire da che cosa esattamente
si autoescludono. Tutto ciò ha contribuito a rendere la forza di attrazione del
FSM più potente della sua capacità di respingere.
Il futuro del
presente
Considerando tutte queste
novità e il generale consenso che evidentemente riscuotono all'interno del FSM,
ci si potrebbe chiedere come mai la questione del futuro del FSM sia diventata
così ricorrente e sia stata posta all'attenzione con tale urgenza. A mio
avviso, ciò accade perché le novità in questione hanno risolto molti problemi,
ma altrettanti ne hanno creati. I nuovi problemi derivano da un'ambiguità nella
valutazione del passato e dall'incertezza nei confronti del futuro, e possono
essere riassunti in alcuni temi-chiave.
1. La questione
dell efficacia.
Si tratta di uno dei
problemi che creano maggiori divisioni, poiché l'efficacia si può misurare con
criteri diversi e non esiste un consenso intorno ai parametri da adottare.
Nella valutazione sull'efficacia del FSM emerge maggiormente il contrasto fra
nuove e vecchie concezioni di trasformazione sociale. Dal punto di vista delle
vecchie idee, il FSM non può che essere giudicato negativamente. Esso appare
come un luogo dove si parla soltanto, nel quale i problemi concreti di
esclusione o discriminazione vengono soltanto sfiorati e non realmente
affrontati; un movimento culturale senza radici sociali, e quindi tollerato e
soggetto a facili cooptazioni da parte delle classi dominanti; un movimento
privo di attivisti o rappresentanti ben definiti, poiché in fondo neppure i
suoi nemici sono ben definiti; la sua inclusività è l'altra faccia della sua
inefficacia; la sua efficacia – a parte gli effetti sulla retorica dei discorsi
egemonici – è stata minima, poiché non ha prodotto alcun cambiamento nelle
politiche concrete, né ha migliorato i problemi dell'esclusione e della
discriminazione.
D'altro canto, se giudichiamo il FSM secondo le nuove idee di trasformazione
sociale sostenute dallo stesso FSM – idee nelle quali i tempi dell'azione di
trasformazione sono molteplici, dall'immediatezza delle proteste di massa alla
longue durée dell'utopia, e in cui la dimensione locale, nazionale e mondiale
dell'azione si mescolano – la valutazione del FSM non può non essere positiva.
Affermando e rendendo credibile l'esistenza della globalizzazione
anti-egemonica, il FSM ha contribuito a creare una consapevolezza mondiale nei
diversi movimenti e ONG, a prescindere dal loro raggio d'azione. Questa
coscienza internazionale è stata decisiva per la creazione di una certa
simmetria di scala tra la globalizzazione egemonica e i movimenti e le ONG che
la combattono. Prima del FSM, i movimenti e le ONG lottavano contro la
globalizzazione egemonica senza essere coscienti della propria globalità.
L'importanza fondamentale di tale consapevolezza chiarisce come mai il FSM,
dopo averla acquisita, si impegni a fondo per preservarla. Ciò spiega, in
ultima analisi, perché i fattori di attrazione e di aggregazione prevalgano su
quelli di allontanamento e disaggregazione. D'altra parte il fatto che le lotte
riconducibili al FSM avvengano su dimensioni diverse, testimonia come la sua
efficienza non possa essere valutata esclusivamente in termini di cambiamenti a
livello mondiale. Considerando tutti i livelli coinvolti, la valutazione
dell'efficacia del FSM è indubbiamente più complessa, ma proprio per questo non
sono consentiti giudizi affrettati.
Oggi il FSM rappresenta una utopia molto più realistica di quando è apparso
sulla scena. Tuttavia l'accresciuto realismo ha lanciato sfide importanti
all'utopia stessa, come l'acquisizione di una maggiore consistenza politica
senza perdita di integrità sul piano utopistico ed epistemologico.
2. La questione
della rappresentanza e della organizzazione
La novità del FSM è
attribuita generalmente all'assenza di leader e di strutture gerarchiche,
all'importanza delle reti nel cyberspazio, al suo ideale di democrazia
partecipativa e alla flessibilità e alla rapidità dimostrate nelle
sperimentazioni. Ma naturalmente la realtà è assai più complessa. Sul problema
della rappresentanza, la Carta dei Principi contiene una duplice dichiarazione:
primo, il FSM non sostiene di essere il rappresentante della globalizzazione
anti-egemonica; secondo, il FSM non ha rappresentanti e nessuno può parlare a
suo nome. Tale dichiarazione è stata oggetto di molte discussioni, una delle
quali a proposito dei limiti della dimensione mondiale del FSM. In tutte le
edizioni del FSM, i movimenti e le organizzazioni provenienti dall'America
Latina hanno partecipato in misura superiore a quelli di altri continenti.
L'assenza di Africa e Asia è stata criticata e ha posto il problema
dell'esistenza di un circolo vizioso: i movimenti africani e asiatici non
prendono parte al FSM perché i temi che a loro interessano maggiormente non
vengono affrontati, e quei temi sono assenti proprio a causa della scarsa partecipazione
di africani ed asiatici. Ma anche se la partecipazione a livello mondiale
diventasse più rilevante in termini quantitativi e più diversificata, la
questione della rappresentanza rimarrebbe comunque aperta, fino a quando i
criteri di scelta non saranno più trasparenti e democratici. Inoltre, a parte
la questione geografica, sono stati sollevati altri due problemi relativi alla
rappresentanza: la rappresentanza di strategie e obiettivi politici differenti,
e la rappresentanza di temi o programmi differenti.
Riguardo al complesso rapporto fra rappresentanza e organizzazione, sia
l'Organizing Committee (Oc, Comitato organizzativo, ora International
Secretariat, Segretariato internazionale) che l'International Committee (Ic,
Comitato internazionale) sono stati formati per cooptazione. La loro
legittimità deriva dall'aver organizzato con un certo successo il FSM. Sono
composti di membri che non sono stati eletti, né sono responsabili di fronte ad
alcuna giurisdizione. I'Oc ha mantenuto la sua struttura iniziale mentre l'Ic
si è progressivamente allargato, al fine di consolidare la propria dimensione
internazionale e bilanciare la rappresentanza regionale e tematica. Sebbene
secondo la Carta dei principi nessuno rappresenti il FSM, sul piano pratico l'Oc
si è assunto gradualmente questa competenza, e ciò è stato fonte di tensioni.
In ogni caso, resta il fatto che l'Oc è ancora in massima parte brasiliano,
mentre il FSM punta a essere internazionale. In effetti l'Ic era stato creato
per occuparsi di questi problemi, secondo una linea che tendeva a rafforzare il
ruolo dell'Ic nel rapporto fra quest'ultimo e I'Oc. Le relazioni fra I'Oc e
I'Ic non sono state facili; a un certo punto si è percepito chiaramente un
clima teso, con reciproche accuse di mancanza di trasparenza e responsabilità.
Sebbene nessuno di questi comitati sia stato eletto dai movimenti e dalle
organizzazioni che fanno parte del FSM, nei fatti I'lc ha assunto la funzione
di organismo più rappresentativo del FSM e promotore di democrazia interna.
L'Ic inoltre ha svolto un ruolo decisivo per il rafforzamento di una concezione
ampia del FSM, trasformando lo stesso FSM in un processo permanente e favorendo
la continuità fra le sue molte iniziative, così da trasformarlo in un «processo
ininterrotto di apprendimento e crescita collettivi», come è scritto nelle
risoluzioni adottate nelle riunioni dell'Ic durante il FSM 2003.
Ma il rafforzamento del ruolo dell'IC: non risolve il problema, poiché il
dibattito è incentrato sulla natura democratica della sua composizione.
L'utopia del FSM riguarda la democrazia emancipatrice. Dal momento che il FSM
pretende di essere un vasto processo collettivo per lo sviluppo della
democrazia, non stupisce che la questione della democrazia interna sia
diventata sempre più pressante. Negli anni a venire, la credibilità del FSM
nella lotta per la democrazia nella società dipenderà sempre di più dalla
credibilità della sua democrazia interna.
3. La questione
di come associare l'affermazione della diversità con la costruzione di un forte
consenso generale, in vista di un'azione collettiva
L'affermazione della
diversità è una delle caratteristiche più apprezzate del FSM. Ho descritto
altrove alcune delle divergenze fra i movimenti e le organizzazioni sociali,
spiegando come mai – secondo il mio punto di vista – nonostante tali divisioni,
la forza aggregante del FSM sia rimasta intatta. Le divisioni da me individuate
riguardano, fra gli altri, i seguenti temi: riforme versus socialismo; l'ordine
di priorità da assegnare alle lotte locali, nazionali e mondiali; la concezione
dello Stato come nemico oppure come potenziale alleato; il valore dell'azione
diretta e dell'azione istituzionale; le relazioni tra i partiti, i movimenti
sociali e le ONG; il significato dell'azione non violenta; il rapporto fra la
democrazia partecipativa e la democrazia rappresentativa; il primato del
principio di uguaglianza o del principio del riconoscimento della differenza;
le forme dell'impegno, o del disimpegno, verso le istituzioni della
globalizzazione neoliberista.
La specificità del FSM consiste nel fatto che tutte queste divisioni coesistono
al suo interno senza indebolirne la forza aggregante. A mio avviso, ciò è
dovuto principalmente a due fattori. In primo luogo, le varie divergenze hanno
un'importanza differente per i diversi movimenti e organizzazioni, e nessuna di
esse è rintracciabile nelle attività o nei discorsi di tutti i movimenti e le
organizzazioni. In tal modo tutti, nello stesso momento in cui tendono verso la
faziosità, hanno la possibilità di produrre consenso. Ciò equivale a dire che
tutti i movimenti e le organizzazioni hanno spazio per sviluppare azioni e
discorsi sui quali trovarsi d'accordo con tutti gli altri movimenti e
organizzazioni, a prescindere dalle divergenze esistenti. In secondo luogo,
nessuna istanza tattica o strategica ha finora voluto approfondire le divisioni
radicalizzando le posizioni; al contrario, le divergenze hanno mantenuto una
carica d'intensità piuttosto bassa. In generale, per i movimenti e le organizzazioni
gli elementi che uniscono sono più importanti di quelli che dividono: nel
valutare l'unità e la separazione, i vantaggi della prima hanno finora superato
i vantaggi della seconda.
(Non) Conclusioni
Da questa situazione
apparentemente ideale emergono numerosi problemi:
1. Attraverso l'affermazione della diversità e la sua forza aggregante, il FSM
è riuscito a liberare una energia eccezionale. Sta utilizzando questa energia
nel modo migliore? E possibile che il processo da cui è scaturita tale energia
possa anche impedirgli di tenere il passo con i cambiamenti prodotti
dall'energia stessa?
2. Poiché l'aggregazione di movimenti e organizzazioni non è un valore in sé,
qual è l'obiettivo politico? Possiamo costruire un consenso forte e
generalizzato sulla base dell'affermazione della diversità? E se sì, cosa fare
di tale consenso?
3. Essendo stato in origine un fenomeno squisitamente politico, il FSM sta
rinnovando e consolidando il suo potenziale politico o non si sta invece
trasformando in un ombrello di incerto colore politico, utile per forme di
azione collettiva più o meno spoliticizzate?
Questi problemi rivelano secondo me l'attuale vitalità del FSM e non vi è
alcuna ragione per ritenere che esso non reagirà positivamente alle sfide con
cui è chiamato a confrontarsi. Appare chiaro, tuttavia, che per far ciò il FSM
dovrà intraprendere un impegnativo percorso di auto-apprendimento che dovrà
affrontare, fra gli altri, i seguenti punti:
- assunzione di tutti provvedimenti utili a rendere davvero mondiale il FSM,
come indica il suo nome;
- attuazione di profondi cambiamenti organizzativi, all'insegna di quella
stessa idea di democrazia partecipativa che il FSM propugna per la società nel
suo insieme;
- sviluppo di ‘scuole’ interne di conoscenza di sé e auto-training, a livello
mondiale, finalizzate ad accrescere la reciproca conoscenza fra i movimenti e
le organizzazioni;
- costruzione di fasce di forte consenso settoriale, capaci di sostenere lotte
di dimensione mondiale e azioni durevoli ed efficaci.
(Tratto dalla “Rivista del manifesto” n° 47,
febbraio 2004. Traduzione di Tiziana Antonelli)