ALLA LINGUA E AI TESTI

 

Massimo Sannelli

 

1.
Il commento del padre (“Tanto è una donna: basta che sa fare la firma sua”) ha già bruciato ogni possibilità della bambina di credere alla prima famiglia; e al primo dialetto. Crescendo, questa donna rimane fuori dell’italiano parlato fino al matrimonio, quando si trasferisce in una zona il cui dialetto appartiene alla koiné dell’Italia centrale.

2.
Nella memoria di mia madre oggi conta solo la regione (collinare, agricola, verdissima) in cui ha acquisito (imparato) la lingua, con una nuova famiglia.
L’italiano del figlio si è formato ricalcando il lessico e la pronuncia della madre: mentre la scuola fornirà, più tardi, una base scientifica dell’italiano, come nel Medioevo offriva lo strumento maschile del latino a chi possedeva il volgare come madrelingua (cfr. Luisa Muraro, Lingua materna scienza divina. Scritti sulla filosofia mistica di Margherita Porete, D’Auria, 1995, pp. 78-79: “[…] la lingua detta molto giustamente lingua materna perché s’impara venendo al mondo e, di solito, da chi al mondo ci mette, era solo parlata […] e viveva indipendente dalla lingua scritta, il latino. […] Questo doppio regime linguistico formava un vero e proprio ordine simbolico e, come tale, governava il senso stesso della realtà”).

3.
Nei primi sei mesi del 2003 sono maturati, quasi in sinossi, tre libri iniziati prima: le poesie di Antivedere (Quaderni di Cantarena, con un saggio di Marco Giovenale), i saggi della Femmina dell’impero (Eeditrice.com) e l’esperimento di renga (con studenti di una Scuola Media, amici, amici-scrittori) e di prosimetrum dell’Esperienza (La Finestra).
Antivedere ragiona su non-vedere (antí: contro) e pre-vedere (ante: prima), quindi su chiusura e apertura, grazie ad uno slancio meno devozionale e meno intimo rispetto ad esperienze simili del passato. Slancio positivo (pre-vedere) che può di nuovo, perché è umano, precipitare nella clausura della cecità interiore; quindi oltre la sicurezza, e nello stesso tempo con la possibilità di un abbandono protettivo, poi descritto in un doppio diario, surreale, “fasciando di letizia / e di seta morbida la testa, / e inanellandola, che protegge l’uomo…”.
Nella Femmina dell’impero affiora, per tentativi di avvicinamento, una proposta di critica letteraria ‘antropologica’ e ‘religiosa’, dedicata a tópoi appunto antropologici e religiosi: quelli che mettono in primo piano il corpo come mezzo di conoscenza e destinatario della scomposizione e dell’autodistruzione. Quindi oltre la retorica, se “la poesia è un dato” e “di conseguenza, si può parlare della poesia”.
L’esperienza segue l’esperienza della fusione di sé in un coro di coautori, o semplicemente voci, collegati in una struttura unitaria che dovrebbe essere, se possibile, poetica e metapoetica. L’unione attraverso raccordi discorsivi e forme ritmiche corrisponde ad un progetto espresso da Carmelo Bene: riformulare è il gesto autoriale che copia i testi esistenti ed esce dai limiti della mímesis.

4.
Alcune volontà di dire fluide possono derivare da un percorso più o meno aggressivo all’interno del proprio passato, da rompere come l’“ordine simbolico” latino-volgare (cfr. Muraro, cit., pp. 79-81). E’ lo stadio intimo che ha scelto il titolo del libro-Femmina, con la mediazione del Tao-teh-ching (II 61) tradotto da Girolamo Mancuso: “Un grande Stato è alla foce del fiume. E’ il punto d’incontro dell’impero. E’ la femmina dell’impero. Con la calma, la femmina vince sempre il maschio; con la calma, si tiene in basso”.
In termini critici: “Le parler-femme, c’est donc un langage symbolique de la proximité sans violence, sans unicité et sans aucune forme d’appropriation. C’est une présence en soi de la transcendence sensible” (Catherine M. Müller, Marguerite Porete et Marguerite d’Oingt de l’autre côté du miroir, Lang, 1999, p. 8, all’interno di un discorso su Irigaray).
La volontà di dire non è separabile dall’esperienza di una lingua, in questo caso materna e nuova, perché non possiede una tradizione familiare anteriore al 1960. Schematizzando, queste ultime scritture, critica e poesia, esistono come viatici per appartenere ad altro, con calma: “Proprio dell’uomo è il riposo e lo slancio…”, secondo l’incipit dell’Esperienza, trovato da Alessandra Greco.

5 (riassunto).
Non tanto dall’ignoranza alla cultura quanto da niente a qualcosa. Valga lo stesso anche per l’intimità: prima costruirla, perché non esiste, poi nutrirla.
“ Venuta alla scrittura” (cfr. Hélène Cixous, in “Studi di estetica”, 17 [1998], pp. 7-53, e Müller, cit., p. 6) e invasione della lingua; inversione e “résistance à la norme”. “I maschi più intensamente impegnati nella vita religiosa si vedono come donne, mentre le donne di fede bruciante si percepiscono e trasformano in cibo. […] Quelle si vedono come ostie e sognano di essere divorate; l’uomo si fa donna per sempre continuare a parlare di sé e della sua salvezza” (Jacques Dalarun, Francesco: un passaggio. Donna e donne negli scritti e nelle leggende di Francesco d’Assisi, Viella, 1994, p. 107).
Risarcire la madre nella sua nuova lingua. Non detto, ma implicito: orientare l’uomo interiore verso qualcosa di nuovo, e puro, dove il calore non mancherà. La sovrapposizione delle scritture pubblicate come coincidenza fortuita e segno di un possibile inizio. Per il passato, “le opere fatte non sono un tributo puro”.
“ La purezza assoluta consiste nell’assenza di qualsiasi contatto con la forza. L’immagine della purezza consiste in un equilibrio di forze. La purezza assoluta sta nel non subire né esercitare la forza” (Simone Weil, Quaderni, III, a c. di G. Gaeta, Adelphi 1995, p. 195). Ma dichiarare se stessi presuppone un uso, almeno linguistico, della forza.

Riformulare, per non ripetere.

Massimo Sannelli (1973) vive tra Genova e Firenze. Ha pubblicato tre raccolte di poesia - "O" (Cantarena, Genova 2001); "Due sequenze" (Zona, Arezzo 2002); "Antivedere" (Cantarena, Genova 2003) - e tre libri in prosa: "Il prâgma. Testi per Amelia Rosselli" (Dedalus, Napoli 2000); "La femmina dell'impero. Scritti per un seminario sulla «vera, contemporanea poesia»" (EEditrice.com, Genova 2003); "L'esperienza. Poesia e didattica della poesia" (La Finestra, Trento 2003).

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