La Lavagna Del Sabato 11 Dicembre 2010 STRAGI NAZISTE, A GIUDIZIO SESSANTACINQUE ANNI DOPO Armadio della vergogna: trucidati 356 donne, bambini e anziani dell'appennino tosco-emiliano. Sette militari tedeschi alla sbarra, tutti facevano parte della divisione corazzata Goering. Il procuratore De Paolis ha concluso le indagini sugli eccidi nazisti, vere e proprie 'azioni punitive' verso popolazione inerme. Ora i parenti di quelle centinaia di bambini, donne e anziani avranno forse giustizia Claudia Fusani
La Storia non fa sconti e prima o poi presenta il conto. Dopo 65 anni la
Storia bussa alla porta di Gustav Brandt, Helmut Odenwald, Fritz Olberg,
Ferdinand Osterhaus, Hans Georg Winkler, Gunther Heinroth, Wilhelm Stark.
Sono i sette ex gerarchi nazisti, tutti con funzioni di comando, che hanno
organizzato e pianificato l'eccidio, la tortura, la morte di 156 persone nei
paesi dell'Appennino in provincia di Modena e di Reggio Emilia. E poi di
altre duecento persone, un mese dopo, nei paesini aggrappati al Monte
Falterona. Morti, per lo piu' bambini, donne e anziani, per cui figli e
parenti non hanno mai smesso di pretendere giustizia. Vittime delle stragi
naziste. Se lo dice una sentenza e' meglio.
Il procuratore militare Marco De Paolis ha concluso le indagini sugli eccidi
di Monchio, Susano, Costrignano, Civago, Cervarolo, Villa Minozzo (fronte
emiliano dell'Appennino) avvenute tra il 18 e il 20 marzo del 1944. La
Divisione corazzata Hermann Goering, chiamata dai podesta' dei vari paesi
"in soccorso e in difesa dall'assedio dei ribelli" che sarebbero stati i
partigiani, comincio' proprio a Monchio il suo percorso di sangue e torture
lungo la Linea Gotica che attraversa l'Italia da Massa a Forli' dividendola
tra le truppe alleate a sud, tedeschi e Repubblica di Salo' a nord, i
partigiani in mezzo. A fine del '44 il bilancio solo in Toscana e' di 3.622
vittime. Tra Emilia e Romagna ne vengono uccise negli stessi mesi altre
migliaia, 770 solo a Marzabotto.
Tra il 13 e il 18 aprile la Divisione Goering lascia la direzione della
Linea Gotica, si addentra nell'Aretino fino al Monte Falterona dove uccide
altre 200 persone tra gli abitati di Vallucciole, Stia, Pratovecchio,
Moscaio, Castagno d'Andrea, Badia a Prataglia, Caprese Michelangelo, S.
Maria Serelli. Anche per questa strage il procuratore De Paolis ha chiuso le
indagini chiedendo il giudizio per quei sette gerarchi a cui la Storia e'
arrivata oggi a presentare il conto.
L'accusa per tutti, secondo il codice militare di guerra, e' di "concorso in
violenza con omicidio contro privati nemici pluriaggravata e continuata".
Nessuno di loro, il più anziano è del 1914 e il più giovane è del 1925,
durante gli interrogatori ha ammesso qualche responsabilità. Tutti, come
quasi sempre in queste inchieste, hanno negato ogni partecipazione alla
ricostruzione dei fatti e dei delitti. Con sprezzo, la linea degli indagati
è sempre la stessa: "Eravamo in guerra, eseguivamo ordini superiori".
La vede in modo opposto il procuratore De Paolis che parla di vere e proprie
"azioni punitive". Nell'avviso di chiusura indagini si parla di "azioni
esecutive di un medesimo disegno criminoso in parte in ossequio alle
direttive del comando di appartenenza ma anche di propria iniziativa sempre
e comunque aderendo al programma criminale, senza necessità e senza
giustificato motivo, per cause estranee alla guerra e anzi nell'ambito e con
finalità di ampie operazioni punitive contro i partigiani e la popolazione
civile che a quelli si mostrava solidale". Tutto questo "cagionava la morte
di numerosi privati cittadini italiani che non prendevano parte alle
operazioni militari fra cui donne, anziani e bambini inermi, agendo con
crudelta' e premeditazione". Bisogna dare il giusto valore alle parole.
Aiuta anche la lettura della lista delle circostanze aggravanti contestate
che vanno dal "grado rivestito" ad aver commesso i fatti "per motivi
abietti, con sevizie e crudeltà verso le vittime e con premeditazione".
Anche le stragi di Monchio e del Monte Falterona escono dal sottoscala della
procura militare di Roma e dagli schedari dell'armadio delle vergogna
rimasti sigillati e nascosti dal 1950 al 1994. Ragion di stato, di equilibri
postbellici nell'ambito Nato fu la motivazione. Fogli di carta ingialliti
che rischiavano di sbriciolarsi nel tempo senza verità e giustizia. Ancora
una volta e' stata la pervicacia dei parenti delle vittime e della procura
militare a toglierli dalla polvere e a farli parlare.
Fin qui la cronaca giudiziaria. Il resto lo raccontano gli archivi
dell'Anpi. A Monchio, per esempio, fu il commissario prefettizio di
Montefiorino Francesco Bocchi a chiedere l'intervento dei nazisti. "La
popolazione " scriveva " e' estremamente ostile alle nuove istituzioni (la
Repubblica di Salò - ndr) e il clero è con la popolazione". A Vallucciole
gli archivi dell'Anpi raccontano di "intere famiglie sterminate", case
bruciate con dentro persone vive, tra le vittime 12 bambini "tra i 4 e i 12
anni", un neonato di tre mesi e quattro ragazzini "tra i 14 e i 17 anni". Il
resto lo fanno certe immagini di corpi impiccati agli alberi. Adesso il
processo. Per non dimenticare più. (Tratto dal quotidiano "L'Unità'" del 5 marzo 2009.) Claudia Fusani home |