La Lavagna Del Sabato 10 Luglio 2010 DENTRO IL LABORINTUS DI SANGUINETI Guido Monte
alla memoria di Edoardo Sanguineti
È in sogno che riusciamo a intravedere le sembianze ‘labirintiche’ della realtà.
Entità corporee, vittime-artefici di un misterioso senso cosmico-lunare sono Laszo, Ellie, Ruben, lambda (λ), protagonisti del Laborintus di Sanguineti, “frammenti che costellano il notturno giardino” (sez.2, vv.10-11; cit. da E. Risso, Laborintus di Edoardo Sanguineti, Manni 2006), in viaggio verso il fondo più fondo degli archetipi-radice dell’uomo. “Laborintus” è il mondo infernale degli uomini, ma anche le sue vie d’uscita.
Laszo è l’autore-protagonista-narratore, Ellie è la prima guida-profetessa destinata a svanire, Ruben è un nuovo Tiresia; se Ellie è Virgilio, lambda è Beatrice, visiting-angel della terra-madre generatrice. Ripetono l’eco antica della Genesi e di Eliot: “Desert and void. Desert and void”. Se stanno viaggiando, si tratta di un viaggio dantesco verso l’interno, in interiore homine.
Nel deserto la loro vita e la loro morte, un solo spazio indecifrabile e un solo tempo, dove l’autore-narratore si chiede: “che cosa può trovare chi non ha avuto niente? ‘tutto; and archetypal ideas’ ” (sez.23, vv.31-33).
Ma adesso è tempo che Laszo compia il suo viaggio, la palude Palus Putredinis lo aspetta. In fondo egli vive quando dorme (sez.4, v.10), e la sua trasformazione è prossima, quando il suo sole incontrerà nella rinascita la luna; finalmente il maschile e il femminile, nell’unico vaso all’ombra di Tiresia (insieme a te dunque, visionario Ruben) saranno coniunctio oppositorum, là dove tutto si ricostituisce. E Laszo ascolta il suono dell’acqua, perché è al suono dell’acqua che “il dormiente scende nella profondità del suo essere” (Jung). Un tempo impreciso segna “il barometro nel dubbio”, in un unico magma per “noi les objets à réaction poétique” (sez.4, v.16).
Questi oggetti-corpi sono pulsanti di vita, nella Terra Pacis Terra-Luna; superando la “rigida paralisi” dell’orizzonte cosmico, segnano l’exaltatio dei quattro elementi della natura, aquae, terrae, aeris, ignis. E il narratore sa che il suo discorso “non est simplex sensus” (sez.5, v.5), ma nel muoversi sente che l’amore compie il suo atto in Ellie, anima mundi, guida, “chiaro globo estensione chiara ed espansione sottile”(sez.6, v.21), sente che la sua ossessione dal caos ha origine. Ma ora che ha visto la Palus Putredinis, soltanto un grido: “wir wollen nicht sterben” (sez.6, v.23), e va verso il suo destino senza rassegnazione.
Dentro i cicli vita/morte/rinascita, un nuovo ‘significato’ della vita: gli archetipi.
Il Lacus Somniorum, il “cronometro sepolto”: Laszo cerca di superare il tempo convulso con Ellie, che conosce l’esatto tempo e la topografia lunare, l’hic et nunc rigenerato per chi partorirà,in questa terra post-atomica, perfectiones intelligibiles (sez.10, v.28). Laszo vede il passato e il futuro quando l’assurdo è reale, e ora che ciò che non pareva unibileè congiunto, Ruben-Tiresia ‘tende la sua mano’: infatti il pezzo di strada insieme con Ellie è finito, si richiede un’altra realtà, nell’insistenza “des nombres”: “Elle me remontre enfin qu’Elle mourra si je ne veux l’aimer” (sez.22, vv.17-18).
Un nuovo e ultimo archetipo femminile fa il suo ingresso: lambda. Lei si muove nella Palus putredinis, esoltanto lei può guidare Laszo, solo la sua Ombra-corpo può salvarlo, e svelare ciò che ‘non basta’ in Ellie; ma è sempre e soltanto una creatura archetipica femminile a poter ‘salvare’.
Laszo non è uomo ‘prudente’, non vuole sfuggire il bene. Oltre ogni partecipazione “j’y mis du raisonnement e non basta et du pathétique e non basta” (sez.23, v.5), la fine del non senso è nelle “alPhabetical notions” (sez.23, v.23), le forme inconsce universali.
C’è una vita originaria nella “Livida Palus”, e tu, lambda, sei “lividissima mater”, “tua essenza amore identica” (sez.26,v.15), tu puoi generare; il tuo principio è acqua palpabile, in questa complessa terra, espressione di “tutta la creazione che geme e soffre nella doglie del parto” (Rm 8). Sullo sfondo di un deserto atomico (o del “deserto atomico” della globalizzazione, ricorda Risso), la stessa palude ci ha però generati e trasformati attraverso un cammino interiore: lambda, “maximus fetus; luce!” (sez.27, v.3).
Ora con Jung e Sanguineti guardiamo nell’acqua la nostra immagine, siamo di nuovo abitatori del profondo. Guido Monte vive in Italia ma scrive e collabora soprattutto con riviste statunitensi, in particolare sulle forme del linguistic blending e del cosmopolitan multilingualism, attraverso cui cerca di dimostrare l'intrinseca unità archetipico-emozionale di fondo delle letterature e culture del mondo. home |