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Sagarana La Lavagna Del Sabato 18 Gennaio 2014

DALTON TREVISAN, UN VAMPIRO A CURITIBA



Francesco Cecchini


DALTON TREVISAN, UN VAMPIRO A CURITIBA



Dalton Trevisan

Anni fa presi un aereo da San Paolo, verso un sud vicino, a Curitiba, alla ricerca di un cognome, quello di mia nonna Margherita, Longhetto, nata in Brasile a fine del 800 da genitori che provenivano da Motta di Livenza. Come molti veneti che allora   si erano sparsi negli stati di São Paulo, del Paraná o di Rio Grande do Sul, forse avevano ancora dei discendenti. Allora non esistevano internet né tanto meno Facebook, le ricerche andavano fatte sul campo. A Curitiba trovai  una città ordinata e fredda, un centro senza automobili, molto verde, un brasiliano che capii meno di altri che si parlano in giro per questo paese, un Brasile diverso insomma. Ma nessuna traccia di Longhetto. Molti con il cognome della madre di mia moglie, Ravanello, ma i Longhetto, se mai vi erano stati, erano spariti. Preso dalla mia ricerca non mi accorsi nemmeno che Curitiba è la città di uno dei più grandi scrittori brasiliani, Dalton Trevisan, anche lui, dal cognome probabilmente discendente da veneti. Trevisan lo conobbi quest’ anno in quanto se ne parlò durante il mese del Brasile in Argentina. Molta musica e cinema brasiliano ed una mostra su cinquant’ anni di architettura di Oscar Nyemer. Ma saltò fuori  anche il nome di Dalton Trevisan, per lo meno il 15 settembre, Cristina Freira ne scrisse  su Pagina/12. Il titolo Un Salinger que no sale de Curitiba, catturò la mia attenzione, per la città che ricordai e per il cognome, Trevisan che lessi sotto il titolo. Un cognome diffuso in Veneto ed in Friuli Venezia Giulia. Vennì così a conoscenza dell’esistenza di questo scrittore. In Argentina, la casa editrice Mardulce ha tradotto e pubblicato quest’ anno un suo libro La trompeta del angel vengador dopo che ben 37 anni fa era stato tradotto Um vampiro a Curitiba.                                                                                                                                  

Cristina Freira mette in luce nel suo articoli alcuni aspetti dello scrittore brasiliano.                                                                                                      

Dalton Trevisan è il più importante scrittore brasiliano vivente nel 2012 ha vinto il Premio Camoes, il maggior premio letterario per autori che scrivono in portoghese. Quest’ anno è stato vinto da Mia Couto, precedentemente da José Saramago e Antonio Lobo Antunes.                                                                                                                                 

È un solitario non viaggia, sembra abbia vissuto tutti i suoi 87 anni a Curitiba. Dalton è enigmatico, schivo, allergico ai rapporti sociali. Una misantropia che deve essere interpretata come affermazione dell’autonomia della letteratura. Solo l’opera interessa non l’autore. Così scrive: “Il racconto è sempre meglio del narratore”.

È uno scrittore di racconti, non ha mai scritto un romanzo. In una intervista, sembra l’unica della sua vita dichiara i suoi intenti: « Esiste un pregiudizio che dopo racconti si debba scrivere romanzi. Il mio percorso sarà dal racconto al sonetto, all’haiku».                                                                                    

Possiede una scrittura folgorante, scrive ogni riga quasi fosse l’ultima.               

“ Banchetto frugale”, il racconto dell’inferno che vive una donna maltrattata è un esempio magistrale di incipit con un dialogo:                                                                                                                    

- Dottore, Giovanni ha bisogno di una cura.                                                                         

  –Che ha fatto?                                                                                                                       

 - Beve. Quasi non lavora. Non mi lascia in pace. Sporco, con barba e capelli lunghi. Perfino la bambina ha detto: “ Papà ora ha i capelli con ricci”.                                  

– Maria, lei beve?                                                                                                                 

- Bevo, ma dormo.                                                                                                     

Anche nel racconto  La Colomba rossa ed il Dragone , i protagonisti si chiamano Maria e Giovanni.                                                                                                                               

“ Mi uccisi per amore. Amo Maria e lei non mi ama. Inghiotii tre cucchiaiate di vetro macinato, ma non ebbe effetto. Allora mi impiccai. Solo ti chiedo, Maria, le mutandine di fiorellini azzurri che sono nel mio cassetto. Con odio, l’ultimo bacio.Govanni.”

Dopo aver letto l’articolo ed altre frasi che la giornalista riporta, scopro che Dalton Trevisan non è tradotto in Italia. È poco conosciuto anche in Europa, in Francia è stato tradotto Le vampire de Curitiba. Anche all’ultima Feria del Libro Francoforte dedicata al Brasile sembra non se ne abbia parlato. Lo cerco allora tra le nuvole, lo trovo e leggo, in Scribid o in altri siti, alcuni racconti tratti dalle varie raccolte che Trevisan ha scritto e pubblicato sempre con la stessa casa editrice brasiliana, Record: Cemeterio de Elefantes, O Vampiro de Curitiba, Novelas nada exemplares ed altre.Leggo molte cose che in Brasile hanno scritto su di lui e traduco anche in italiano dei racconti, più che altro per fare esercizio di portoghese.  Mi formo così alcune opinioni. Innanzitutto che il suo rapporto con Curitiba è essenziale. Il fatto che non si sia mai allontanato da questa città caratterizza il suo essere scrittore ed il suo narrare. Curitiba è la meno brasiliana delle città del Brasile, è la più fredda, non solo socialmente, a volte perfino nevica, l’ultima volta nel 1988. La sua popolazione discende da italiani, tedeschi, ucraini, giapponesi e è polacchi. Gente introversa, lavoratrice e provinciale Il Brasile africano ed anche Rio de Janeiro sono molto lontani, stanno più a nord. Un poeta concittadino di Trevisan Paulo Leminski così descrive Curitiba: “ Questa è una città nella quale la sessualità, l’Eros della vita è represso. Ed Eros coincide con la creatività. Non creiamo niente nel settore primario o in quello secondario né nell’ agricoltura, né nell’industria. Curitiba è quindi una città di amministratori e notai, dove si vive pienamente il determinismo economico della classe media”. Ma come Leminski esce da questa palude brasiliana e crea. Forse è quella stessa palude curitibiana che stimola la creatività. Dalton Trevisan fugge il provincialismo e crea, senza uscire dalla provincia.

La materia prima la trova dove vive: storie di adulterio, alcolismo, prostituzione, liti famigliari, storie dove quello che non succede  è importante come quello che succede, storie senza trama e senza finale, ripetute varie volte. Giovanni e Maria, per esempio appaiono infinite volte. Il suo modo di vedere la narrazione è racchiusa in questa frase “ Per scrivere il più breve dei racconti la vita intera è corta. Non termino mai una storia. Ogni volta che la rileggo, la riscrivo.”                                                                                                          

I suoi racconti sono poi rapide, le frasi sono dirette, sintetiche; verbi, aggettivi, pronomi ed avverbi sono tagliati dal coltello affilato dello scrittore.

Alcune notizie generali dello scrittore , vita ed opere, si possono trovare nel sito il cui link è il seguente:                                                         

 http://www.sitedoescritor.com.br/sitedoescritor_escritores_f0073_dtrevisan.html

Dalton Trevisan da Curitiba, di anni 87, non è certo alla ricerca di una casa editrice italiana. Forse qualche editore di casa nostra prima o dopo lo troverà, lo farà tradurre e lo pubblicherà come merita. Permettendo così che i lettori italiani abbiano accesso ad uno scrittore unico e a tutta una letteratura.

Per comunicare con lui vi sono due canali o la sua casa editrice, Record di San Paolo e Rio de Janeiro, o la libreria del suo Aramis Chain a Curitiba.

 






Francesco Cecchini: Ho avuto una nonna nata in Brasile, a San Paolo, figlia di due italiani che alla fine dell’ottocento dal Veneto erano andati laggiù. È forse questa la ragione perché il Brasile, che ho visitato in varie occasioni, è per me una terra speciale che non sento straniera. Sono nato a Roma nell’ ottobre del 1946. A Roma mi sono diplomato ed ho vissuto il 68. Dal 1967 al 1978 sono stato un militante a tempo quasi pieno. Ho frequentato le facoltà di sociologia a Trento e di Urbanistica a Treviso; le mie scelte sono state non in funzione degli studi, ma del lavoro politico. Nel marzo del 1978 ho interrotto la militanza politica, ma non le idee. Da allora al 2012 ho vissuto altrove lavorando dapprima in grandi cantieri di costruzioni poi dedicandomi alla contrattualistica ed alle ricerche di mercato del settore infrastrutture. Ho fatto analisi e ricerche di progetti infrastrutturali futuri in Algeria, India Nigeria, Argentina, Polonia e Marocco. Ho vissuto in molti paesi e città del mondo: Buenos Aires, Boston, Sai Gon, Lagos, Algeri, Bombay, Tangeri guardando, conoscendo gente ed imparando. Quest’ esperienza di vita è alla base di un progetto di scrittura: una trilogia di romanzi ambientati a Bombay, Algeri e Lagos. Ho scritto il primo Rosso Bombay, che si trova su Amazon in attesa di una pubblicazione da parte di qualche editore. Sto scrivendo il secondo e del terzo ho definito a grandi linee la trama. Ora scrivo a tempo pieno collaborando con blogs, siti ed un’ agenzia di notizie eritree per temi del Corno d’Africa. Traduco anche dalle lingue che conosco, innanzitutto come esercizio per imparare a scrivere. È tutto, o quasi.





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