La Lavagna Del Sabato 09 Novembre 2013
GREENWALD VERSUS KELLER: OMETTERE EQUIVALE A DISINFORMARE
Tiziano Toniutti
Le parole chiave del giornalismo ci sono tutte: notizie, verifiche, fatti, opinioni. Ma se ne aggiungono altre che arrivano ad avere la stessa importanza: "internet", "integrità", "corporativismo", "establishment". Termini che compaiono spesso nel confronto tra Bill Keller, ex direttore e ora opinionista del New York Times, e Glenn Greenwald, il giornalista del Guardian che ha aperto il vaso di Pandora del caso Nsa, attraverso le informazioni dell'agente Edward Snowden. Milioni e milioni di comunicazioni intercettate, al telefono, sul web, cittadini comuni, capi di Stato. Così lo scambio di lettere tra i due giornalisti, ospitato sul sito del Nyt, diventa uno strumento per provare a capire le possibili evoluzioni del giornalismo al tempo del mondo iperconnesso.
Lo scambio tra Keller e Greenwald, titolato "E' Greenwald il futuro del giornalismo?", è lungo diverse pagine. Il primo difende il modello di giornalismo istituzionale, in cui "è il lettore che si forma un'opinione leggendo i fatti". Ma che per il secondo è giornalismo "codardo, che non prende posizione", sottraendo risorse informative al lettore. Uno scontro duro con attacchi pesanti, da scena madre. Ma nell'arena della pagina web c'è un terzo elemento, importante quanto e forse più dei duellanti: i lettori.
I lettori, che con la tecnologia cambiano proprio come i giornali, diventano elementi interattivi, parte di un rinnovato codice genetico dell'informazione. Commenti che prendono posizioni nette, e individuano con precisione il pensiero di chi l'informazione la recepisce. E che però nel mondo di internet ha gli strumenti per cercare, confrontare, ampliare i temi. La sostanza dello scontro tra i due reporter sta nel modo in cui lo scandalo Nsa è arrivato alla stampa: non dalla redazione attraverso una notizia in pagina, ma dalle colonne di un editorialista sul Guardian. Una contestazione nel metodo ma anche nel merito, che però ai lettori non sembra interessare più di tanto: dai commenti emerge la visione del giornale come un organismo complesso ma unico, in cui le notizie arrivano da chi le porta, previa verifica, al lettore. In questo scenario non importa se l'ufficio centrale del quotidiano abbia deciso dopo una riunione se pubblicare la notizia, o se sia arrivata a un giornalista in grado di verificarla e riportarla. Un approccio che ridefinisce il modello di fruizione e che passa dalla mutazione dei giornali, il cui Dna ha integrato ormai completamente gli elementi dei blog e del fact-checking documentale, con tanto di Pdf da scaricare, indispensabili in un tempo e un'informazione che si vive sempre in diretta, ventiquattro ore al giorno.
Così i commenti dei lettori entrano nel profondo del merito: "I giornalisti devono chiedersi quanto siano funzionali al potere e quanto ne siano il cane da guardia", si legge. Trovare un punto di incontro tra i due sembra essere la missione di chi commenta. "Non mi piace trovare opinioni personali nelle notizie", commenta un utente, "ma allo stesso tempo non amo affogare nei comunicati stampa e nei virgolettati senza analisi". Molti non nascondono di non apprezzare il modo in cui i giornali informano, perché "omettere equivale a disinformare". Ma emerge anche un altro idem sentire: c'è bisogno sia di Keller che di Greenwald: "Leggo il Nyt, mi fido del giornale. Ma siamo circondati dalla propaganda. E quindi una sola fonte di informazione oggi non è assolutamente sufficiente". I lettori scrivono sulle pagine del giornale, solo un po' più in basso in pagina rispetto ai giornalisti. Chiedono i fatti e le opinioni, la verifica e la trasparenza. Lo fanno attraverso la Rete. Con una forza che i lettori, e quindi anche i giornali, non hanno mai avuto prima.
E il giornalismo in tutto questo? Il quadro dipinto dallo scontro Keller-Greenwald appare come uno dei più espressivi nella definizione dello stato dell'arte della professione. E per estensione anche ai giornali. Che al tempo del web appaiono sempre meno un prodotto e sempre più come un servizio, un riferimento di pensiero e di discussione, un'identità se non un brand culturale. Uno scenario in cui il la distinzione tra carta e web appartiene già al passato, e in cui i contrasti come quelli tra Keller e Greenwald diventano un'opportunità per ampliare gli orizzonti, dentro le redazioni oltre che all'esterno. Attenendosi ai capisaldi, senza timore di esplorare, mantenendo l'equilibrio necessario per valutare e verificare le notizie e l'equidistanza che rinnova il ruolo di watchdog del potere. E in questo contesto, proteggendo la libertà di pensiero e di espressione, necessità primaria dei giornalisti e richiesta prioritaria dei lettori
Tratto da La Repubblica - Tecnologia
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