La Lavagna Del Sabato 18 MAggio 2013 LA VITA È UNA GUERRA FREDDA Maurizio Bardoni
Da qualche tempo mi appassiona la lettura del manuale del colonnellissimo Feliciano Alves Da Paz, detto anche il Sun Tzu brasiliano, il quale si vanta di non aver mai combattuto, almeno nella maniera comunemente intesa.
La vita è una guerra fredda, ci spiega poi, se vogliamo essere efficaci, le nostre regole personali saranno dettate da un principio fondamentale: mantenere il mistero il più possibile e con esso, di conseguenza, la pace intorno a noi.
Da Paz dichiara anche cose a prima vista divertenti, per un lettore distratto o attratto più che altro dalla curiosità, cose che però spesso hanno un profondo senso, almeno per me, considerata la mia storia personale.
Non fa che confermare le mie idee sulla routine, m’insegna a comportarmi in ogni tipo di situazione, dice che la società è una convenzione idiota, ma necessaria, che si basa su regole profondamente stupide, spesso niente affatto piacevoli, né logiche, né utili.
Per esempio quella di dire la verità, di pagare le tasse, in buona sostanza di non tradire principi non scelti da noi, ma impostici da sempre e poi continuamente traditi dalla società stessa, dalle persone che la dirigono.
Il colonnello non ne fa un mistero: il mistero è la base della nostra vita, senza di quello anche la speranza è fottuta.
“Non fare capire tutto di te stesso a nessuno, anche tua moglie più ti considererà misterioso e più si attaccherà a te, ovviamente deve capire i tuoi bisogni naturali, mai il principio su cui sono fondati, oltre il tuo essere umano, sotto ogni tuo istinto.”
Non me ne vergogno, ho sempre avuto l’abitudine di non dire a nessuno il mestiere che facevo, perché alla gente sapere che vive a lato di un segugio professionale, non farebbe piacere.
Per la società sono stato un rappresentante di medicinali, mestiere che ora sta cadendo in disuso con l’internet e i nuovi tipi di distribuzione.
Mia moglie ed i miei figli generosamente si accontentano di una mezza verità, non sanno che ho lavorato a livelli internazionali e che per stare qui ora ho dovuto prendere le mie precauzioni.
Ho diversi amici, tutti di lunga data, ma non vivono a Porto Alegre.
Ci scriviamo spesso e-mail, facciamo lunghe video conferenze con Skype.
Lateralmente direi che con i miei vicini di casa non so ancora se ho avuto fortuna o no, anche se a destra ho un uomo di grande compagnia, a parlare con lui si impara e ci si diverte, si manifesta nella sua umiltà, nel non citare mai nessun pensatore, senza darsi importanza.
Ho capito dalle sue frasi, però, che conosce il libro del colonnello.
È molto controllato nelle sue mosse, non dice mai una frase d’impulso, questo mi ha confermato quello che pensavo prima.
La sua simpatia ed affabilità non si esprimono col consueto ipocrita sorriso, ma nel dire cose da scompisciarsi in perfetta serietà.
Chi sta leggendo ora penserà che però la sua vita non sarà così limpida, visto che tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, oppure tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino.
Il primo riflesso dell’essere umano è trovare il difetto in tutto e il secondo è cercare incessantemente l’improbabile perfezione, riuscendo così a rendere matematicamente frustrata la propria esistenza.
Il compito di ogni buona teoria di vita, invece, dovrebbe essere trovare la maniera migliore d’interpretare la pratica del giorno per giorno, per riuscire ad attraversarla nel modo più efficace, magari con dentro perfino delle gioie e anche qualche soddisfazione.
Insomma stare bene e far star bene chi ci è vicino, secondo anche le illuminate parole del colonnello Da Paz.
Terza cosa, ecco il materialismo: l’interlocutore chiederà che lavoro fa, quarta se è sposato.
Evaristo è vedovo, sua moglie è morta in un incidente insieme a sua figlia, travolti dal solito ubriaco che non si accontentava di distruggere la sua vita e ha voluto, senza coscientemente volerlo, trascinare via qualcun altro.
Tagliando corto, Evaristo era impiegato alle poste, ma ha cambiato lavoro, ora uccide la gente a pagamento.
Ho ascoltato per caso, ma non troppo, un paio di sue conversazioni al cellulare fatte di caratteristiche mezze frasi, poi ho notato che, ogni volta che se ne andava, la televisione annunciava morti ammazzati, personaggi di spicco, in genere, negli stati di S.Paulo, Minas Gerais, Rio de Janeiro, Bahia, Distretto Federale e Goiàs.
Lui non sa che io so, approfitto di questo vantaggio per cercare di capirne il meccanismo.
La sua passata carriera militare, interrotta dal matrimonio, deve avergli dato i fondamenti necessari, la freddezza deve avercela sempre avuta, la disperazione acquisita poi deve aver fatto il resto.
L’interlocutore ideale chiederà, a questo punto, se Evaristo sta bene, di cervello, risponderò senz’altro di sì, che è lucido e determinato, sta accettando il suo destino in maniera spensierata e mi chiedo come fa.
Forse una compensazione.
Essendo io sposato coi figli adulti e già avviati per la loro vita, con mia moglie mi dedico al giardinaggio e a qualche piccola gita, buone letture in poltrona, dentro e fuori casa.
Da qualche tempo spio Evaristo Bottecchia Guitierrez, cercando di non farmi vedere da lui e nemmeno da mia moglie.
A volte, quando è in casa, la sera ci fermiamo a parlare sotto il suo portico o il mio, ma non troppo spesso.
Si capisce: sia io che il colonnello, magari anche Evaristo, pensiamo che tutti i piaceri cessano di essere tali quando diventano regolari abitudini.
Il mio vicino poi sparisce per giorni, abbastanza spesso, anche se non gli ho mai chiesto dove va, lui ha spiegato più volte che è per visita parenti.
Però io so che non ne ha, le mie fonti non permettono dubbi.
Il colonnello Alves dice che quando uno si è preparato una scusa plausibile, del quale si sente soddisfatto, poi ci rimane male se nessuno gli chiede niente, allora non resiste e si giustifica.
Prima però stavo dicendo che non so se ho avuto fortuna coi miei vicini di casa.
Non lo so.
Dal lato destro Evaristo mi piace, l’ho già detto, il suo mestiere non mi disturba più di tanto, dato il mio passato e la mentalità che ne è derivata.
Sul lato sinistro c’è una coppia di trentenni, con una figlia piccola, brava gente, abbastanza convenzionale, non disturbano, se non fossero i loro cani che abbaiano un po’ troppo, ma mi ci sono già abituato e mia moglie Adinha anche.
Davanti a noi però c’è una madame piena di siliconi che vive da sola e di notte si ubriaca e poi mette sempre la musica alta, da’ spesso feste che terminano al mattino senza far dormire nessuno.
Pur ricevendo le proteste di tutti continua imperterrita, approfittando della legge brasiliana che dal punto di vista della quiete pubblica non protegge il cittadino e favorisce il sopruso.
Non contenta ci sfida e ci prende anche in giro con dei sorrisini che cantano una vittoria che secondo me non ha ancora raggiunto.
Anche Evaristo è d’accordo con me, ha ammesso addirittura che lui sarebbe disposto a dare una lezione a quella donna impossibile.
Appena entrati nell’argomento ci siamo trovati a domandarci materialmente come.
Ammazzarla non valeva la pena, abbiamo pensato tutti e due, senza dire niente, non perché non se lo meriti, oltretutto sarebbe anche una liberazione per lei stessa, ma sarebbe una rottura di scatole per tutti.
Mi sono convinto che anche Evaristo sappia chi sono io, perché nello svolgersi del nostro piano mi sono accorto che dava per scontate alcune determinate cose, magari sa anche che io so di lui.
Alves Da Paz dice sempre che uno scambio di silenzi è possibile e auspicabile, se e quando non si hanno interessi contrari.
Nel nostro caso sono piuttosto comuni, diva plastificata a parte, c’è la nostra saltuaria ma assai piacevole conversazione sotto i rispettivi portici e ci sono i taciti ma preziosi insegnamenti del colonnello Feliciano.
Abbiamo escogitato di nascondere in camera da letto, della cosiddetta signora, degli altoparlanti speciali a distanza, senza filo e piccolissimi, ma anche assai potenti, collegati ad un amplificatore a 400 watt nel mio garage.
Non sapevamo dove nasconderli, ma Evaristo, che si è sobbarcato volentieri l’entrata e l’ispezione nella casa, ha detto che la testiera del letto, un finto relitto di mare, si è rivelata ideale.
La massiccia e scolorita struttura di legno, pacchiana e gigantesca, è bucherellata e piena di rientranze e cavità che a volerle esaminare tutte ci vorrebbero delle ore.
Il grande vantaggio oltre a questo è che assai vicina alle orecchie della nostra bellezza di altri tempi.
Di notte ad ore differenti, con un timer, la facciamo saltare su con il Requiem di Verdi, poi musiche dei Popol Vuh dal film Nosferatu e Carmina Burana di Orff ad altissimo volume.
Solo per pochi secondi, a distanza di qualche ora, in maniera che poi, tornato il silenzio, lei pensi di essere impazzita, ubriaca di sicuro lo è sempre, insomma crederà di esserselo immaginato.
Il colonnello Feliciano Alves Da Paz assicura che chi abbia sofferto di tali torture musicali poi raramente ascolterà di nuovo, con piacere, la musica ad alto volume.
Abbiamo continuato il nostro trattamento, per la scheletrica di fronte, poco più di due settimane, il risultato è che lei è scomparsa, niente più musica, niente feste.
Abbiamo pensato che fosse morta d’infarto, chi lo sa, di notte Evaristo è andato a controllare e/o a riprendersi gli altoparlanti, la casa pareva abbandonata.
Dopo un mese ci si sono stabiliti i nuovi vicini, una famiglia, abbiamo saputo che avevano comprato a un buon prezzo.
Noi abbiamo festeggiato il successo dell’operazione, forse proprio da quel momento è nata la nostra amicizia.
Un giorno però alla televisione mi sono trovato davanti la faccia minacciosa dell’ex vicina, prima però era secca come un chiodo, in pochi mesi era diventata grassissima.
Una facciona senza trucco, un corpaccione enorme, vestita con un camicione lungo viola di tipo indiano, invece che con pantaloni di pelle e giacche firmate.
Ho chiamato mia moglie ed Evaristo:
“Ho strappato alle forze del male ancora un altro giorno, un giorno in più per poter vivere ed apprezzare questa vita meravigliosa, fratelli unitevi a me e ringraziamo il nostro Dio per averci donato ancora una porzione di vita...”
Ci ha copiato Carmina Burana come sottofondo, che più che un celestiale paradiso dipinge un inferno a forti tinte, cogli occhi spalancati e deliranti guardava verso di noi e snocciolava le regole della sua nuova religione, I Figli del Nuovo Giorno.
Gente che non usa il computer, non guarda la televisione, non beve alcolici, non mangia carne, non fuma, non usa droghe, non fa un infinità di cose che prima dovevano essere parte integrante della sua giornata.
Insomma gente che prega ogni giorno per averne un altro, anche uno solo per continuare a vivere, come se fosse una sfida all’universo, alle leggi della natura e della fisica.
Su una rivista mia moglie ha trovato un’intervista interessante, dove lei dice di aver avuto l’illuminazione attraverso la musica, di notte, le ha fatto capire che stava sbagliando che non era così che poteva risolvere i suoi problemi, che nessuno può farlo, al mondo.
Allora ha capito che doveva aiutare gli altri, quelli come lei e per farlo meglio, per finanziare le sue illuminate idee, entrare nella sua religione costava dei bei soldoni.
Il colonnello Da Paz garantisce che non esiste una specie così intelligente e al tempo stesso tanto idiota come la specie umana, disposta ad inventarsi ogni giorno una nuova giustificazione dei propri atti, invece di cercare di capire qualcosa, magari di migliorare un po’.
Anche se l’uomo è la forma intermedia tra lo spirito e la materia, come ha detto qualcuno, non riusciremo mai a sormontare il nostro limite.
Il mistero fa parte di noi, dice il colonnello, quella pazzia che ci fa fare un passo avanti e due indietro e lui aggiunge anche: meno male che c’è.
Evaristo ed io non eravamo d’accordo su questo ultimo punto, allora mia moglie ha dichiarato che, ogni tanto, anche noi tre saggi antropologi dovremmo guardarci un po’ allo specchio, che magari non ci farebbe male.
Poi, quando se ne è andata in cucina, il Bottecchia-Guitierrez mi ha detto che ha ragione di credere che lei sappia tutto di noi. Maurizio Bardoni è un professore d'italiano che vive e lavora, il meno possibile, a Porto Alegre, nel sud del Brasile. Nato a Lucca, nel giugno del 1959, se ne è scappato appena se ne è accorto. Padre neuro-psichiatra, morto d’infarto nel 1996, madre insegnante elementare in pensione, un fratello designer, l’altro commercialista, entrambi più giovani di lui. Ha viaggiato abbastanza per convincersi che vuole viaggiare ancora. Conosce diverse lingue, ma alcune solo di vista. Secondo una delle sue bizzarre teorie, la lingua sarebbe uno dei modi più usati dagli umani per comunicare. Vive dal novembre del 1994 nel Rio Grande do Sul, e anche qui ha percorso in lungo e in largo lo stato per dare lezioni della sua prima lingua. La sua storia è stata densa di spostamenti e viaggi, pendolarismi di vario tipo, con ogni mezzo di trasporto, ma raramente in elicottero. Ha vissuto due anni a Berlino, gli ultimi del Muro, il quale poi è crollato, magari per caso, ma proprio quando lui se n'è tornato in Italia. Insomma la sua storia è quella di un emigrante alternativo, cioè uno di quelli usciti dall'Italia non solo per mancanza di soldi, forse più per rendersi conto di quello che c’era fuori. home |