La Lavagna Del Sabato 02 Marzo 2013 L’INDIFFERENZA: IL PEGGIOR ATTEGGIAMENTO Stéphane Hessel
È vero, le ragioni di indignazione possono sembrare meno evidenti oggi, con un mondo troppo complesso. Chi controlla, chi decide? Non è sempre facile distinguere tra tutte le correnti che ci governano. Non abbiamo più a che fare con una piccola élite di cui capiamo chiaramente le azioni.
È un mondo grande, e capiamo quanto sia interdipendente.
Viviamo in una interconnettività come mai ne sia esistita una. Ma in questo mondo, ci sono cose insopportabili. Ma per vederle dobbiamo guardare bene, cercare. Dico ai giovani: cercate un po‟, troverete. L'atteggiamento peggiore è l'indifferenza, dire “ non posso farci nulla, mi arrangio."
Dicendo questo, si perde una componente chiave, quella che ci rende umani. Una componente indispensabile: la facoltà di indignazione e l'impegno che ne consegue.
Possiamo già individuare due grandi sfide:
1. L'enorme divario che esiste tra i molto poveri e i molto ricchi e che continua a crescere. Questa è una novità del ventesimo e ventunesimo secolo. I più poveri nel mondo di oggi guadagnano meno di due dollari al giorno. Non possiamo permettere che il divario si ampli ulteriormente. Questo fatto da solo dovrebbe suscitare un impegno.
2. I diritti dell‟uomo e lo stato del pianeta. Ho avuto la possibilità dopo la Liberazione di essere coinvolto nella stesura della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani adottata dalle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, a Parigi, presso il Palais de Chaillot. Come capo di gabinetto di Henri Laugier, Segretario Generale Aggiunto del‟ONU, e Segretario della Commissione dei diritti dell'uomo nella quale, con gli altri, ho partecipato alla stesura di questa dichiarazione. Non posso dimenticare, nella suaelaborazione, il ruolo di René Cassin, commissario nazionale alla Giustizia e all‟Educazione del governo della Francia Libera a Londra nel 1941, che è stato premio Nobel per la Pace nel 1968, né Pierre Mendes France nella sede del Consiglio economico e sociale al quale sottoponevamo i testi elaborati prima di essere esaminati dalla Terza commissione dell‟assemblea generale, incaricata degli aspetti sociali, umanitari e culturali del Comitato.
Contava all‟epoca cinquantaquattro Stati membri delle Nazioni Unite, e assumevo la segreteria.
Dobbiamo a Rene Cassin il termine "universale" dei diritti e non "internazionale" come proponevano i nostri amici anglosassoni. Perché lì era la scommessa alla fine della seconda guerra mondiale: emanciparsi dalle minacce che il totalitarismo aveva fatto pesare sull‟umanità.
Per liberarsene bisogna che gli Stati membri dell‟ONU si impegnino a rispettare tali diritti universali. Si tratta di un modo per contrastare la piena sovranità che uno Stato può far valere quando si lascia andare a crimini contro l'umanità sul suo suolo. È stato il caso di Hitler, che pensava di essere padrone a casa sua e autorizzato a provocare un genocidio. La Dichiarazione universale deve molto alla repulsione universale contro il nazismo, il fascismo, il totalitarismo e anche, con la nostra presenza, allo spirito della Resistenza. Sentivo che bisognava agire in fretta,
non farsi ingannare dall‟ipocrisia che c‟era nell‟adesione proclamata dai vincitori a questi valori che non tutti avevano intenzione di promuovere con lealtà, ma che tentavamo di imporre.
Non posso resistere alla tentazione di citare il paragrafo 15 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo: “Ogni individuo ha diritto ad una cittadinanza", capitolo 22:" Ogni individuo, in quanto membro della società, ha diritto alla sicurezza sociale nonché alla realizzazione dei diritti
economici, sociali e culturali indispensabili alla sua dignità ed al libero sviluppo della sua personalità, grazie allo sforzo di cooperazione nazionale e internazionale, tenendo conto dell'organizzazione e delle risorse di ciascun paese.” E se questa affermazione ha una portata
dichiarativa, non giuridica, essa ha comunque svolto un ruolo potente fin dal 1948; abbiamo visto appropriarsene i popoli colonizzati nella loro lotta per l'indipendenza; ha influenzato le loro menti nella lotta per la libertà.Noto con piacere che negli ultimi decenni sono aumentate le organizzazioni non governative, i movimenti sociali, come Attac (Associazione per la Tassazione delle Transazioni finanziarie), FIDH (Federazione Internazionale dei Diritti dell'Uomo), Amnesty .. . che agiscono bene e sono efficienti. Èchiaro che per essere efficaci oggi, dobbiamo agire in rete, utilizzare tutti i moderni mezzi di comunicazione.
Ai giovani dico: guardatevi intorno, troverete tutte le tematiche che giustificano la vostra indignazione, il trattamento fatto agli immigrati, ai privi di documenti, ai Rom. Troverete situazioni concrete che vi porteranno ad una forte azione di cittadinanza.
Cercate e troverete! Stéphane Hessel nacque a Berlino nel 1917 da un padre ebreo scrittore, traduttore, Franz Hessel, e una madre pittrice, amante della musica, Helen Grund, anche lei scrittrice. I suoi genitori si stabilirono a Parigi nel 1924 con i due figli, Ulrich, primogenito, e Stéphane. Grazie all‟ambiente familiare, entrambi frequentano l‟avanguardia parigina, tra cui il dadaista Marcel Duchamp e lo scultore americano Alexander Calder. Stéphane si iscrive all'École Normale Supérieure in rue d'Ulm nel 1939, ma la guerra interrompe i suoi studi. Naturalizzato francese dal 1937, viene mobilitato e conosce la strana guerra, vede il maresciallo Pétain svendere la sovranità francese. Nel maggio del 1941, si unì alla Francia Libera del generale de Gaulle, a Londra. Lavora presso l'Ufficio di contro-spionaggio, di informazione e azione (BCRA). nella notte di fine marzo 1944, sbarca clandestinamente in Francia con il nome in codice "Greco" con la missione di entrare in contatto con le varie reti parigine, di trovare nuovi luoghi di emittenti radio per fare passare a Londra le informazioni raccolte in vista dello sbarco alleato. Il 10 luglio 1944, fu arrestato dalla Gestapo a Parigi, su denuncia: "Noi non perseguire qualcuno che ha parlato sotto tortura", ha scritto in un libro di memorie, “Danse avec le siècle” nel 1997. Dopo gli interrogatori sotto tortura - tra cui la prova della vasca, ma destabilizza suoi torturatori parlando in tedesco, la sua lingua madre - fu inviato a Buchenwald, in Germania, 8 agosto 1944, dopo solo pochi giorni dalla liberazione di Parigi. Alla vigilia di essere impiccato, fu in grado, in extremis, di sostituire la propria identità con quella di un francese morto di tifo nel campo. Sotto il suo nuovo nome, Michel Boitel, molitore di mestiere, fu trasferito al campo di Rottleberode, nei pressi della fabbrica dei carrelli di atterraggio dei bombardieri tedeschi, gli Junkers 52, ma per fortuna - la sua fortuna eterna – viene inviato al servizio contabilità. Evade. Catturato, fu trasferito al campo di Dora, dove costruivano i V-l e V-2, i razzi con i quali i nazisti speravano ancora di vincere la guerra. Assegnato alla compagnia disciplinare, fuggì di nuovo e questa volta per sempre; le truppe alleate si avvicinano a Dora. Infine, ritrova a Parigi, sua moglie Vitia - la madre dei suoi tre figli, due ragazzi e una ragazza. "Questa vita restituita doveva essere impegnata", ha scritto l'ex della Francia Libera, nelle sue memorie. Nel 1946, dopo aver superato l'esame di ammissione al Ministero degli Affari Esteri, Stéphane Hessel diventa un diplomatico. Il suo primo lavoro fu presso le Nazioni Unite, dove, in quell'anno, Henri Laugier, Assistente Segretario Generale delle Nazioni Unite e segretario della Commissione dei Diritti dell'uomo, gli offrì di essere suo segretario di gabinetto. E‟ per questo motivo che Stéphane Hessel raggiunse la Commissione incaricata di elaborare quella che sarà la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Si ritiene che sui suoi dodici membri, sei hanno giocato un ruolo importante: Eleanor Roosevelt, vedova del presidente Roosevelt, morto nel 1945, femminista impegnata, presidente della commissione; il dottor Chang (Cina Chiang Kai-shek e non di Mao): Vice Presidente la commissione, che affermò che la Dichiarazione non doveva riflettere solo le idee occidentali; Charles Habib Malik (Libano), relatore della Commissione, spesso descritto come la "forza motrice", con Eleanor Roosevelt;René Cassin (Francia), avvocato e diplomatico, presidente della Commissione consultiva dei Diritti dell'uomo al Quai d'Orsay; gli dobbiamo la scrittura di numerosi articoli e di essere stato in grado di comporre i timori di alcuni Stati, tra cui la Francia, di vedere la loro sovranità coloniale minacciata da questa dichiarazione - aveva una concezione esigente e interventista dei Diritti umani; John Peters Humphrey (Canada), avvocato e diplomatico, stretto collaboratore di Laugier, ha scritto la prima bozza, un documento di 400 pagine; e, infine, Stéphane Hessel (Francia), diplomatico, capo di gabinetto diLaugier, il più giovane. Si capisce come lo spirito della Francia libera soffiò su questa commissione. La Dichiarazione fu adottata il 10 dicembre 1948 dalle Nazioni Unite al Palais de Chaillot di Parigi. Con l’arrivo di nuovi funzionari, molti dei quali desiderosi di un lavoro ben pagato, “isolando i marginalialla ricerca di ideali” , come commenta Hessel proprio nelle sue memorie, lascia le Nazioni Unite. Viene assegnato dal Ministero degli Affari Esteri a rappresentare la Francia nelle istituzioni internazionali, unica occasione di ritrovare temporaneamente, in quanto tale, New York e le Nazioni Unite. Durante la guerra in Algeria, milita a favore dell‟indipendenza algerina. Nel 1977, con la complicità del segretario generale dell‟Eliseo, Claude Brossolette, figlio di Pierre, ex capo della BCRA, gli viene offerto dal presidente Valery Giscard d'Estaing lo status di ambasciatore alle Nazioni Unite a Ginevra. Non nasconde che, di tutti gli statisti francesi, quello al quale si sentiva più vicino fu Pierre Mendes France, conosciuto a Londra all’epoca della Francia Libera e ritrovato alle Nazioni Unite nel 1946 a New York, dove rappresentava la Francia in seno al Consiglio economico e sociale. Avrà la sua consacrazione come diplomatico con "Questo cambiamento nel governo della Francia”, egli scrive”, “con l’arrivo di Francois Mitterand all‟Eliseo”, nel 1981. "Ha fatto di un diplomatico piuttosto strettamente specializzato nella cooperazione multilaterale, a due anni dalla pensione, un ambasciatore di Francia”. Aderisce al Partito socialista. "Mi chiedo perché? Prima risposta: lo shock dell‟'anno 1995. Non immaginavo i francesi così imprudenti da portare Jacques Chirac alla presidenza”. Disponendo di un passaporto diplomatico, nel 2008 e nel 2009, è andato con sua nuova moglie nella Striscia di Gaza e testimonia, al suo ritorno, la vita dolorosa degli abitanti di Gaza. "Mi sono sempre trovato a fianco dei dissidenti”, dichiarò allora. Stéphane Hessel morì il 26 Febbraio di quest’anno. home |