La Lavagna Del Sabato 22 Dicembre 2012 IL BRASILE APRE LA BOCCA Panorama dello scenario artistico dell'America Latina Fietta Jarque “Il Brasile è vorace. E nella sua arte è antropofago. Il Brasile mangia e si lascia mangiare”. Così dice il certificato di nascita delle avanguardie artistiche di questo paese, il manifesto antropofago, pubblicato da Oswald de Andrade nel 1928. È stato il riconoscimento della sua diversità culturale, del valore di questo meticciato fino ad allora disprezzato in relazione alla cultura europea. Quasi un secolo più tardi – e tra faticosi saliscendi storici ed economici –, il paese sudamericano (che occupa il 47% del continente) è una delle “nuove centralità” dell'arte contemporanea. “Il Brasile è in ebollizione, ha sempre più attività che girano attorno all'arte contemporanea, musei, gallerie, molti graffiti e street art. In particolar modo tutta la produzione urbana delle periferie è molto forte. Siamo in un momento molto speciale”, dice Marcelo Mattos Araújo, assessore alla cultura dello Stato di San Paolo, museologo ed ex direttore della Pinacoteca della città durante l'ultimo decennio. Un decennio prodigioso che ha visto uno sviluppo veloce e un volo altissimo. Oggi il Brasile cresce tanto dentro quanto fuori in questo settore. “Si verificano due processi paralleli”, prosegue Araújo. “C'è un processo di riscoperta, di studio dell'arte brasiliana e latinoamericana, ma c'è anche un processo di valorizzazione di queste all'interno del mercato dell'arte. C'è sempre bisogno di nuove produzioni e una parte della produzione artistica moderna del Brasile e dell'America Latina è oggi la più ricercata dai mercati internazionali”. Dall'altra parte ci sono anche molti nuovi collezionisti che in questi paesi sono emersi con forza come compratori. “Musei importanti come il MOMA e la Tate Modern aumentano visibilmente le loro collezioni di arte latinoamericana, fortemente presenti anche nelle fiere e nelle biennali”. “Questo è un grande cambiamento avvenuto negli ultimi dieci, quindici anni; prima in questi musei era presente qualche opera, ma era quasi invisibile”, dice Araújo. “Adesso tutti presentano nelle loro mostre permanenti artisti latinoamericani, e ciò costituisce un riconoscimento importante, come conoscenza, come conservazione e come divulgazione.” “Il problema è che questo porta come conseguenza il rincaro delle opere di questi artisti e quindi i musei latinoamericani hanno ormai difficoltà a tenerle nelle loro collezioni. Ciò che valeva un'opera di Lygia Clark o di Helio Oiticica vent'anni fa e ciò che vale adesso si può moltiplicare per cento volte”. Anche in altri paesi latinoamericani è sempre più forte lo scenario dell'arte contemporanea con mostre, nuovi musei, più collezionismo privato (i governi in generale continuano a non partecipare) e piccole biennali si moltiplicano. Le più importanti, quelle di San Paolo e di L'Avana – considerando le proporzioni –, concentrano il loro interesse nell'arte di un continente senza dimenticare la sua proiezione internazionale. La 30° biennale di San Paolo, che si terrà dal 7 settembre al 9 ottobre 2012, ha come direttore quest'anno il venezuelano Luis Pérez-Oramas. Il Brasile è il paese più forte in questo settore, e quello che gli accade dà l'avvio a iniziative che non si può non prendere in considerazione. Marcelo Mattos Araújo ha vissuto e analizzato questo progetto intensamente e spiega in dettaglio qual'è la situazione. Per cominciare, gli artisti. “La produzione artistica brasiliana è sempre stata molto attiva, anche se poco conosciuta fuori, ma anche dentro il proprio paese. Adesso con la globalizzazione, con il capitalismo della conoscenza, questo bisogno di nuove produzioni sta crescendo. E parliamo anche del mercato”, afferma. Opere nuove, ma anche la persistenza dei simboli di un'identità, quella di una produzione che riesce ad articolare un'eredità ibrida di radici indigene, africane ed europee. È qualcosa che accade anche in altri paesi dell'America Latina. “Adesso c'è un interesse molto particolare in merito a queste questioni. Forse la grande differenza che ha segnato l'ultimo decennio è la proiezione che gli artisti – soprattutto i contemporanei – hanno esteso fuori dal Brasile. Dall'altra parte, e questo è una novità, non abbiamo avuto mai tanti artisti stranieri importanti che vengono a vivere e a lavorare in Brasile”, dice Araújo. Certo è che le tasse d'importazione di opere d'arte in Brasile sono così alte (fino al 36%) che alcuni artisti preferiscono produrre direttamente dentro i confini brasiliani, per poterle subito vendere in quel forte mercato interno. Ernesto Neto, Cildo Meireles, Vik Muniz, Adriana Varejão, Beatriz Milhazes, Artur Barrio, Waltercio Caldas, Miguel Rio Branco o Rosângela Rennó sono alcuni dei nomi più affermati. Anche se uno dei fenomeni più eclatanti, tanto per gli studi della storia dell'arte quanto per il mercato è la valorizzazione degli artisti delle avanguardie del ventesimo secolo in Brasile e nell'America Latina che con il tempo erano stati dimenticati. “Per noi è molto divertente vedere che oggi si parla sempre della produzione artistica in Brasile a partire da Lygia Clark e Helio Oiticica. Se trovi qualsiasi testo su un giovane artista brasiliano, non importa ciò che fa, inizia da questi punti di riferimento. È chiaro che sono molto importanti, ma provengono da un paese talmente ampio, talmente diversificato nelle sue parti che non si può registrarlo meccanicamente”. In Brasile sono state prese iniziative di appoggio alle arti che in passato crearono un tessuto sempre più forte. Tra loro, una legge di Mecenate, chiamata legge Rouanet, che abolì le tasse degli investimenti privati nella cultura. Nello stato di San Paolo sono attualmente presenti 415 musei, e di essi 300 sono pubblici (del governo centrale, della regione, del municipio). “L'ultimo decennio è stato importante e molto produttivo. Non che tutto sia iniziato in quegli anni, ma i processi che erano già in via di sviluppo si sono ulteriormente rafforzati”, afferma Araújo. Le istituzioni pubbliche ricevono adesso un appoggio economico più consistente perché la situazione del paese è molto migliorata. Negli anni novanta è stata approvata una legge chiamata legge di Organizzazione sociale. Sono state incentivate le associazioni private affinché gestissero i musei, le orchestre, i teatri ai quali il governo concedeva una sponsorizzazione pubblica. A loro volta dovevano cercare un complemento di sponsorizzazione privata. “Questa legge ha permesso a molte di esse una professionalizzazione dei loro quadri organizzativi, la loro consolidazione e in modo particolare, una loro pianificazione. In Brasile, uno dei problemi più gravi riguardanti la gestione culturale è che gran parte di quest'ultima finisce per diventare una responsabilità dello stato. Per questo abbiamo fatto nostro il compito di imparare a lavorare in rete, cercando di creare un'articolazione cooperativa tra gli sforzi dello stato e quelli della società civile”. Traduzione dallo Spagnolo di Julio Monteiro Martins. Illustrazione: un dipinto della pittrice brasiliana Maria Tomaselli. Fietta Jarque home |