La Lavagna Del Sabato 10 Marzo 2012 I MIGRANTI INVISIBILI NELLA NOSTRA NARRATIVA Alcune presenze nei romanzi di Erri De Luca, il contatto difficile nel film «Gorbaciov»... ma arrivano prima gli immigrati come scrittori Ugo Fracassa
Protagonisti del cambiamento nel paese, gli immigrati stentano ad assumere un ruolo analogo nelle pagine dei romanzi più venduti (o sul grande schermo). Lo hanno dimostrato nel 2008 M. C. Mauceri e M. G. Negro in un saggio ambizioso; con maggiore agilità ce lo ricordavano Sara Antonelli e Cristina Lombardi Diop da queste colonne un mese fa.
Fin dal 1992 tuttavia, quasi in contemporanea con le prime prove di scrittura dei migranti in Italia, era possibile registrare casi di promiscuità tra personaggi stranieri e nativi nella nostra narrativa. Quelli di Erri De Luca restituivano al lettore l’esperienza di immersione nel multiculturalismo.
Le schiene piegate da una fatica condivisa e la nuda superficie di un solaio allestito a giaciglio univano, in Aceto, Arcobaleno, l’io narrante soprannominato Italia a Daniel detto Yugò, Mustafà, Maurice, Kerem e Traoré: «Il sole sorgeva tardi, noi eravamo già curvi sul primo impasto.
Il sole ci sorgeva sulla schiena (…) Negli ultimi mesi dormii insieme ad altri operai sopra un pavimento (…) operai di dieci popoli diversi». Come è stato possibile allora accumulare il ritardo culturale deplorato da Antonelli? La felice anomalia di quel romanzo deriva dalla scomoda
posizione del protagonista, emigrato tra emigrati in terra francese.
Da quei disparati compagni di viaggio si congedava così: «Li ricordo, provo a nominarli, così, per non dimenticarli, ma li ho perduti. (…)». E chi li ha visti più, infatti, dentro i libri che primeggiano nelle classifiche? Oggi in Italia gli stranieri scompaiono agli occhi di un autore stanziale o vanno a comporre uno sfondo indistinto, nel cinema come in letteratura. Per incontrarli conviene avventurarsi nei quartieri malfamati, come fa il Gorbaciof di Toni Servillo per un poker clandestino
in un retrobottega «orientale», a Napoli, quartiere Ferrovia. Nel film di Stefano Incerti l’incontro tra il cassiere carcerario e la giovane cameriera cinese avviene in un’atmosfera non esente dalle seduzioni dell’esotismo.
Lila non spiccica una parola nell’idioma gentile, e difficilmente smette Il kimono d’ordinanza,
anche se a passeggio col non più giovane corteggiatore. Gorbaciof vuole salvarla, portarla via da
quel ristorante dove un padre torvo la schiavizza: «L’immagine dell’imperialismo (o della globalizzazione) come fondatore di una buona società viene marcata dall’adesione all’idea della donna come oggetto di protezione dalla sua stessa gente», ammoniva Spivak nella sua Critica della ragione postcoloniale. E a proposito di colonie, la partecipazione dei neri nelle trame recenti, nota Lombardi Diop, non si realizza «qui, nel presente» ma è spesso retrodatata ai tempi dell’Africa Orientale Italiana.
UNA PRESENZA NEL PASSATO
In Ferengi, mini sequel de L’ottava vibrazione, Carlo Lucarelli ci presenta il barone Caraffa, ormai invecchiato ma ancora a Massaua nonostante la sconfitta di Adua.
La relazione che lo lega ad Aster, indigena giovane e ferina, è insieme di desiderio, timore e dipendenza: la stessa che lega, ora e qui, molti italiani non autosufficienti alla loro badante straniera.
Aster riporta alla memoria la figura di Mariam, la fanciulla etiope dal cui assassinio preterintenzionale prendeva le mosse la vicenda di Tempo di uccidere. Le accomuna un destino di «eutanasia», subìta - «le avevo impedito di soffrire più a lungo», tenta di convincersi il tenente di Flaiano - o procurata, obbedendo alla muta «supplica» del barone.
Gli stranieri frequentano la letteratura non solo come personaggi ma anche in qualità di scrittori.
Ciò accade in Italia più o meno dal 1991 eppure, anche in questo caso, qualcuno pare non accorgersene.
Nonostante le celebrazioni in corso per il ventennale delle scritture migranti, nella Storia europea
della letteratura italiana di Alberto Asor Rosa (2009) sta scritto: «Fra pochi anni si formeranno
in Italia cittadini dalle provenienze più disparate che dovranno (…) leggere libri scritti in lingua italiana e, forse, scriverne». Prego?!
Tratto da L’Unità del 18 Giugno 2011. Ugo Fracassa home |