NELLA FOGNA Brano tratto dal romanzo Masticando uomini Santiago Nazarian (…) Qualcuno, ingenuamente, arriva a mettere in dubbio l’attaccamento di noi coccodrilli all’acqua. Ma se non facciamo altro che immergerci. E non siamo forse tutti così, su questo pianeta? Magari la fame esistenziale in cui viviamo non è che un tentativo di compensare con il solido il liquido che ci inonda. Discendendo la corrente. Chi si sente sicuro all’asciutto è perché ha già litri e litri con sé, direbbe giustamente il mio amico Vergueiro. Gli esseri umani, impermeabili, fatti del 75% d’acqua, credono di non avere bisogno di immergersi. Ma se avessero questa corazza. Se avessero le stesse squame che ho addosso io, queste dure placche, questa bocca che si fende ogni volta che rido, affonderebbero, affonderebbero. Non verrebbero più a galla. Ah, ne sono certo, non tornerebbero più a riva. E poi, alla prima opportunità, affogano nell’alcol. Scendono giù nelle fogne per quello. Vendono lattine, raccattano bottiglie, sniffano colla e conversano con i rospi. Oh, è quello il loro habitat naturale. Io direi che la fogna è l’habitat naturale degli umani, anche se tentano di liberarsene, di liberarsi della propria nicchia ecologica tirando lo sciacquone, come un bambino che scappa via di casa. Ma basta che si trovino alle strette, basta che un camion si ribalti, e loro tornano di corsa quaggiù. A raccogliere i loro resti. L’habitat naturale. Ah, e il mio dove l’ho lasciato?
Dove ho lasciato i miei genitori, i miei fratelli, la vita da cui provengo? Forse sto invecchiando, se mi preoccupo di queste cose. Non è nella tradizione coccodrilliana preoccuparsi. Nostalgia? No. Non siamo vivipari. Non diamo calci alla pancia di nostra madre. Ben prima che possiamo dargliene, lei scarica le uova, e noi rompiamo il guscio e i vincoli, pur dipendendo da lei per il nutrimento. Non abbiamo altri bisogni, non abbiamo conti in sospeso. Non soffriamo di traumi né sentiamo la mancanza della psicologia infantile. Gli istinti sono una guida migliore degli analisti. Non è necessario che ci dicano che cosa dobbiamo mangiare. Prendete i concetti della psicoanalisi, tutti così limitati, così umani, così dominati dalla chimica. Come se solo gli umani potessero pensare. Complesso di Edipo, sindrome di castrazione, come se solo gli umani potessero esistere. E persistere. Che direbbe Laplanche di una madre che porta in bocca i suoi figli? E che direbbe di me, che penso solo a digerire? Ah, voglio tornare a immergermi… e scomparire. Brano tratto dal romanzo Masticando uomini, La Linea editrice, Bologna, 2013. Traduzione di Angela Masotti. Santiago Nazarian (São Paulo, 12 maggio 1977) è uno scrittore brasiliano.
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