CINQUE VOLTE LAMPEDUSA Poesie tratte dall’antologia Sotto il cielo di Lampedusa Varie LAMPEDUSA
Awa Meite Van Til
Andrò Lontano dal mio paese Con le sue colline che profumano l’alba Con le sue rive schizzate dai risi Con le sue savane dal cuore palpitante di silenzio Andrò Lontano dai miei E queste melodie che cullano l’intero universo E questi corpi che s’intrecciano come liane E queste donne dalle labbra orlate di luce E nostri figli con nello sguardo la dolcezza del miele Andrò Lontano da me Per esservi vicino Per far sì che i nostri cuori cantino all’unisono Perché sparisca la paura e spariscano i dubbi Perché si prosciughino le lacrime Sicuramente svanirò in mare Per dar vita in voi All’eterna speranza di una nuova alba
NUMERO 92
Selam Kidane
Mi chiedo quale nome ti ha dato, la tua mamma preziosa, forse ti ha chiamato berhan, mia luce. forse ti ha chiamato haben, mio eroe. forse quisanet, riposo. oppure il tuo nome è awet? vittoria. dimmi piccolo ti ha forse chiamato col nome della sua speranza, [la sua aspirazione o il suo sogno? o forse col nome del fratello che ha perduto o del padre da tempo [andato. forse ti ha chiamato con il nome del deserto attraversato o della [terra lasciata indietro. Forse ti ha chiamato col nome della terra in cui eri diretto. dimmi [piccolo qual è il nome che tua madre ti ha dato... perché io non posso sopportare che tu venga [chiamato numero 92.
AI RESPINTI DI LAMPEDUSA IL POPOLO ITALIANO PORGE SENTITE CONDOGLIANZE
Francesco Sassetto
Da giorni sui giornali, a pagine intere colorate, su Youtube, alla tivù le ricostruzioni, le interviste, le scene minuto per minuto dell’accadimento, per il dovere di informare, per documentare, con il gusto antico della pietà a buon mercato e dell’accanimento.
Così il popolo italiano può ammirare dettagliatamente, può levare ad alta voce angoscia rabbia smarrimento, e poi girare un’altra pagina dell’orrore abituale, dopo il passeggero sdegno collettivo, dopo il pianto unanime sul disastro immane si può tornare all’IMU, alle funzioni del nuovo cellulare, alle partite sul satellitare.
Il popolo italiano sempre innocente, sono loro, quelli che stanno al Governo e in Parlamento, che hanno fatto le leggi sui respingimenti, loro hanno firmato i trattati con Gheddafi, e poi è evidente che tutta questa gente qua non ci può stare.
Ve l’hanno detto mille volte di cessare ostinati di affollare quei costosi barconi colabrodo a cercare qua chissà quale Eldorado, ve l’hanno ripetuto mille volte che per voi non c’è né casa né lavoro, la crisi è globale, è crollata perfino la domanda di badanti, le fabbriche chiudono o vanno da altre parti, per voi qua non c’è niente da fare.
Per voi qua solamente l’iscrizione alla manovalanza criminale, a sorvegliare di notte le ragazze sulle strade, diventare cavalli del traffico di droga e il soggiorno in galera è assicurato e poi di nuovo a casa, il decreto di espulsione è già firmato.
Sì, lo sappiamo che scappate dal terrore del fuoco e della fame, da epidemie e carestie e sabbia che s’inghiotte tutto, dai pozzi d’acqua recintati da mitragliatrici, ma noi cosa c’entriamo, che ci possiamo fare?
Noi restiamo qua sgomenti ed impotenti a contemplare le scarpette ancora a galla, le bianche file delle bare e spargiamo lacrime amare e fiori sui vostri corpi in fondo al nostro mare che somiglia ormai a un cimitero, una discarica ancora da colmare.
Noi dalle nostre rive sfogliamo stancamente il giornale che già annuncia nuovi barconi in avvicinamento, assuefatti alla compassione ad intermittenza, noi coristi del coro che grida forte e freme, e tace nuovamente il giorno dopo.
NON VOGLIO PIÙ BAGNARMI IN QUESTO MARE
Marco Ribani
Non voglio più bagnarmi in questo mare di sepolti vivi. Non lo vedete anche voi che la mattina il mare non gode più l’azzurro e sulla battigia le alghe sono nere come se fossero capelli e le piccolissime conchiglie somigliano ai dentini di lattanti Non lo vedete anche voi che le stelle marine hanno cinque dita?
E non sentite quando è l’ora della calma piatta che anche il vento si arrende e dal profondo emerge un cono di silenzio illuminato dalla luna. Non sentite che sono le storie che premono nell’aria per essere raccontate?
Sono Amir, vent’anni e mi dispiace, ditelo ai miei, che soprattutto mi dispiace per i soldi che non potrò restituire, e poi mi dispiace che sono morto per primo. Non se lo meritavano. Un figlio così debole. Mi piacerebbe che qualcuno mettesse una croce su una piccola boa con il mio nome “Qui in questo mare si è dissolto Amir colpevole di essere innocente” Mi piacerebbe che tutti avessimo per ricordo una piccola boa sopra di noi in cima al mare.
Non voglio più bagnarmi in questo mare. Non li sentite i canti? Ancora credete che sia vento? Il primo verso dice: Ci avete rubato l’orizzonte poi ciascuno prega nella propria lingua. Il secondo verso dice: Ci avete rubato la speranza e ancora ognuno prega nella propria lingua e il terzo verso dice: I poveri non hanno forse diritto a un orizzonte? e il quarto invece: I poveri non hanno nemmeno diritto a una [speranza? Poi per tre volte ripetiamo: Siamo morti di silenzio e vuoto. Di silenzio e vuoto siamo morti.
Non voglio più bagnarmi in questo mare.
POESIA PER CHI VIENE DAL MARE
Alessandra Carnaroli
Un bambino nasce sulla barca sta bene (voi li chiamate barconi ma invece sono piccoli) Io partorisco sulla barca sto bene io vengo dalla barca se c’ho fame mi date il panino le alici sott’olio Per noi che siamo sulla barca con la maglia sudata la borsetta la bottiglia un panino è molto come una fotografia di casa mia in Tunisia (spersa) io c’avevo forti dolori nella pancia era mio figlio poi morto sulla barca (sperso) voi mi date l’acqua perché quella del mare fa male nella bottiglietta va bene servono più bottigliette magari voi mi volete mandare via tornare a casa mia no a casa vostra siamo in troppi non ci stiamo bene sulla terra sulla barca non ci stiamo bene da nessuna parte dove c’è la guerra no dove c’è sanremo no aiuole scuole stadio milan Juventus no un bambino è nato sulla barca è vivo a palermo uno prende il latte di sua madre quasi finito mamma mia uno fa la piscia tra le gambe di un altro i cazzi le fiche I giubbotti le penne da scrivere SOS Perché è molto stretto sulla barca da dove veniamo tutti ossi sigarette ricci A Bossi lo conosco in televisione ci compra casa Berlusconi
Poesie tratte dall’antologia Sotto il cielo di Lampedusa, Rayuela edizioni, Milano, 2014.
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