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Sagarana MARTIN


Brano tratto dal romanzo Non buttiamoci giù


Nick Hornby


MARTIN



Negli ultimi due mesi, così per curiosità, mi ero messo a leggere su Internet le indagini sui casi di suicidio. E quasi sempre il coroner ripete la stessa cosa: « Si è tolto la vita a seguito di uno stato di dissesto psichico ». Poi ti leggi la storia del povero bastardo: sua moglie andava a letto con il suo migliore amico, aveva perso il lavoro, qualche mese prima gli era morta la figlia in un incidente stradale... Pronto, signor coroner? C'è nessuno in casa? Oh, mi spiace ma sa, amico caro... qui di dissesti psichici non se ne vedono. Anzi, direi che il soggetto c'ha proprio

azzeccato. Una batosta dopo l'altra finché non reggi più, e allora te ne vai sulla station wagon di famiglia sino al più vicino autosilo con a bordo un bel tubo di gomma. Non è che è stata una scelta sensata? Non è che sul verbale il coroner ci dovrebbe aver scritto: « Si è tolto la vita dopo un sereno e scrupoloso esame del cazzuto inferno in cui si era trasformata la medesima »?

Mai che mi sia successo di leggere un articolo di giornale capace di persuadermi che il dipartito avesse perso la vecchia brocca. Per esempio: «L'attaccante del Manchester United, fidanzato dell'attuale Miss Svezia, di recente aveva messo a segno una doppietta eccezionale: è stato l'unico della storia ad aver vinto nello stesso anno la Coppa d'Inghilterra e l'Oscar come miglior attore. Steven Spielberg aveva appena acquistato i diritti sul suo primo romanzo per una somma segreta. Un collaboratore lo ha trovato impiccato a una trave nelle sue scuderie ». Dunque, io non ho mai letto il verbale di un coroner di questo tenore: ma se esistessero casi di suicidio di individui felici, geniali e di successo, allora si che potremmo tranquillamente concludere che la loro affezionata trebisonda stava andando a margherite. E non dico nemmeno che essere fidanzati con Miss Svezia, giocare nel Manchester United e vincere degli Oscar sia un vaccino automatico contro la depressione: anzi, sono sicuro di no. Dico solo che queste cose aiutano. Basta guardare le statistiche. E molto più probabile che si faccia fuori uno che ha divorziato da poco. O un'anoressica. O un disoc­cupato. O una prostituta. O chi ha combattuto in guerra, o ha subito violenza carnale, o ha perso dei parenti... Ci sono molti, moltissimi fattori capaci di spedirti fuori dalla grazia: e nessuno di questi può ragionevolmente farti sentire diverso da un povero sfigato infelice.

Due anni fa Martin Sharp non si sarebbe trovato seduto su un micro-cornicione di cemento nel cuore della notte, a guardare un vicolo sempre di cemento decine di metri più in basso chiedendosi se sentirà lo schianto delle proprie ossa quando andranno in minuscoli frantumi. Però due anni fa lo stesso Martin Sharp era un altro uomo. Avevo ancora il mio lavoro. Avevo ancora una moglie. Non ero andato a letto con una quindicenne. Non ero stato in galera. Non avevo dovuto spiegare alle mie bambine perché sulla prima pagina di un tabloid c'era un articolo dal titolo di un'unica parola: PERVERTITO! illustrato con foto del sottoscritto sul marciapiede davanti a un ritrovo notturno londinese. (Che titolo avrebbero fatto se mi fossi buttato? «IL PORCO STINCA! », forse. O forse « RE­QUIEM PER UN VERME! ») Devo ammettere in tutta onestà che prima che succedesse tutto questo avevo meno motivi per sedermi sul cornicione. Perciò non state a dirmi che il mio equilibrio psichico era in dissesto, perché la sensazione era proprio diversa. (E comunque, la formula dell'« equilibrio psichico » cosa rappresenta? È rigorosamente scientifica? La mente tremola sul serio su e giù dentro la testa, un po' come una scaglia di pesce, a seconda di quanto sei sciroccato?). Il suicidio per me era una reazione adeguata e ragionevole a tutta una serie di contrarietà che mi avevano reso la vita invivibile. Oh, sì, lo so... gli strizzacervelli diranno che avrebbero potuto darmi una mano, ma una metà dei problemi di questo fottuto paese sta proprio qui, giusto? Nel fatto che nessuno vuole prendersi le proprie responsabilità. La colpa è sempre degli altri. Buu-aah. Be', guarda un po': io sono uno dei pochi convinti che i pregressi con la mia mamma e il mio papà non c'entrino niente col fatto che ho trombato una ragazzina. Io, guarda un po', penso che sarei andato a letto con lei a prescin­dere dall'essere stato allattato al seno o no; ed era tempo di guardare in faccia quello che avevo fatto.

E quel che avevo fatto era stato mandare a puttane la mia vita. In senso letterale. Be', certo, non letteralmente letterale. Voglio dire, non ho trasformato la mia vita in un bordello e così via. Però avevo la sensazione di aver sputtanato la mia vita proprio come si può sputtanare il proprio denaro. Prima avevo una vita piena di figlie e moglie e lavoro e le solite cose, e in qualche modo ero riuscito a perderla. No... ecco, qui mi sbaglio. Io sapevo dove stava la mia vita, proprio come voi sapete dove stanno i soldi quando li sputtanate. Non l'avevo persa, no. L'a­vevo dissipata. Avevo dissipato figlie, moglie e lavoro per quin­dicenni e locali notturni: tutte cose che hanno un prezzo, e io ero stato lieto di pagarlo, ma poi la mia vita non c'era stata più. Che cosa mi sarei lasciato alle spalle? In quella notte di San Silvestro, mi sentivo come se stessi dicendo addio a una forma annebbiata di coscienza e a un apparato digerente funzionante a metà... tutti indizi che una vita c'era, d'accordo, ma non c'era nessuno dei suoi contenuti. Non mi sentivo neanche così triste. Mi sentivo soltanto molto stupido e molto arrabbiato.

Adesso non sono seduto qui perché di colpo ho rivisto la luce.

I motivo per cui ci sono è che anche quella notte si è trasfor­mata in un casino, al pari di tutto il resto. Non sono neanche capace di buttarmi da un cazzuto condominio senza smerda­mento generale.







Brano tratto dal romanzo “Non buttiamoci giù” (Titolo originale A Long Way Down), Ugo Guanda Editori, Parma, 2005.




Nick Hornby

Nick Hornby (Redhill, 17 aprile 1957) è uno scrittore inglese che vive a Highbury, quartiere a nord di Londra.





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