SUFFRAGETTE Brano tratto dal romanzo Lo Strano Furto Di Savile Row Vincenzo Monfrecola Quando il profumo delle pizzottelle si sparse nella dépendance, a Michele Rivabella non ci volle molto per capire che la figlia era venuto a trovarlo. Così posò ago e filo e, come faceva di solito, le andò incontro. – Non dovresti stare qui sotto – disse Faustina appena lo vide. – Non c’è aria, non c’è luce e fa freddo. Dovreste lavorare tutti lassù – aggiunse indicando con la mano i piani superiori, – ed è inutile che fate finta di niente, questo vale anche per voi – ribadì agli altri tre sarti che stavano curvi sulle loro stoffe. – Vostra figlia vuole mandarci tutti in paradiso – disse uno di loro rivolgendosi a Michele con tono scherzoso. Michele Rivabella sorrise divertito, perché con quel caratterino, critico verso tutte le ingiustizie della vita, considerava la figlia come «l’unica cipolla dello stufato». La ragazza aveva anche una bellezza tutta particolare, tanto che già un paio di volte era stata avvicinata da alcuni talent scout alla ricerca di volti per la réclame, ma Michele si era opposto perché non gli piaceva immaginarsi la faccia della figlia sulla carta del sapone. – Mia cara zingarella – disse, chiamandola con quel nomignolo che le aveva dato da bambina per via della sua carnagione ambrata e dei capelli ricci e lunghi. – Per me questa è una reggia e, lassù, come dici tu, il signor Goodge mi ci avrebbe messo volentieri, sono stato io a non volere perché non avrei avuto loro con me – disse, indicando i tre compagni, – Ti immagini che noia? E poi da qui giù vediamo il lato nascosto dei londinesi – aggiunse indicando la finestrella del seminterrato, dalla quale si vedevano solo gambe e piedi di chi passava. – Sì ma qui si esagera! Com’è che a Eliodoro dà le giornate libere e pagate e tu devi lavorare anche la domenica? Sul viso dei sarti apparve il sorrisetto di chi sa ma non parla. Faustina nemmeno si accorse. – Ora basta protestare, vieni vicino a me e raccontami qualcosa di bello. Quando il padre diceva così, significava: «Dimmi se c’è qualche bravo giovinotto all’orizzonte disposto ad attendere che perdi le macchie da leopardo». Faustina lo sapeva e cambiò argomento, iniziando a parlare delle cose che più la stimolavano, come la manifestazione delle suffragette, fissata per giugno. – Saremo in tante – spiegò Faustina con gli occhi che le brillavano, – e tutte vestite di bianco. Ci dovranno ascoltare. La signora Pankhurst sembra determinata e dice che questa volta non c’è scelta, si andrà fino in fondo, perché senza diritto al voto le condizioni delle donne rimarranno terribili, e se vogliamo che i sogni si avverino, dobbiamo svegliarci. Allora papà, questo non ti sembra bello? – Sì, mi sembra bello, ma non sarà pericoloso? Chi è questa signora che hai nominato? – Si chiama Emily Pankhurst, è una donna molto coraggiosa e sa il fatto suo. Nel movimento ci sono anche le sue due figlie Christabel e Sylvia. – Sono belle? – E questo che c’entra? – Sono curioso… – esclamò Michele che, per sdrammatizzare, si metteva a scherzare con quelle innocenti osservazioni. – Metterai anche tu il vestito bianco? – No, ma che importa, lo metterò di un altro colore. Perché non vieni anche tu? – chiese Faustina. – Io? Ma io sono tuo padre! Voglio dire, ce lo vedi un uomo a una manifestazione di donne? – Ma anche gli uomini possono venire. Mica sono tutti uguali, sono tanti quelli che condividono la nostra battaglia. Certo, li deridono un poco, come deridono noi, però vedremo alla fine chi sarà a farsi una bella risata! – sentenziò con piglio orgoglioso. – Michele, se voi ci andate, noi vi promettiamo di non prendervi in giro – gli dissero i sarti, che poi si lasciarono andare a un composto risolino. – Se ci vado io, voi tre venite con me e vi farò vestire pure di bianco – fu la risposta divertita di Michele che poi, rivolgendosi a Faustina, osservò seriamente: – Però non credo di poter venire, il signor Goodge ci ha detto che il giorno 20 chiuderemo per andare tutti al funerale del re e non sarà possibile prendere un’altra giornata. Che dici se parliamo un po’ dei fatti della vita? – disse, tornando di nuovo sull’argomento che gli premeva di più. – Lo so cosa vuoi sapere – disse Faustina, – però conosci anche la mia risposta. – Non vorrai mica togliermi la gioia di sapere che qualche bravo giovanotto ha messo gli occhi sulla mia bella rosa di maggio! – Mi dispiace deluderti papà, ma loro gli occhi li avrebbero pure messi. È la rosa di maggio che ha altro per la testa. – Già, sempre la stessa storia dei diritti delle donne? – Senza diritti non c’è rispetto. E non saprei che farmene di un uomo che non mi rispetta – spiegò la ragazza accarezzandogli la mano. – Però intanto il tempo passa e… – Capisco cosa vuoi dire… e so che un giorno la mia pelle si coprirà di rughe, i miei capelli scuri e lunghi diventeranno bianchi e così i giorni si trasformeranno in anni. Però so pure che ciò che è importante non cambia. Toccò allora al padre accarezzarle la mano dicendo: – Se così deve essere, così sarà. Mi consolerò pensando che se fra cento anni le donne avranno tutti questi diritti che dici tu, sarà un po’ anche merito tuo. – Oh Santo Cielo! – esclamò divertita. – E tu ci vorresti fare aspettare cent’anni? Brano tratto dal romanzo Lo Strano Furto di Savile Row, Cavallo di Ferro editrice, Roma, 2012 Vincenzo Monfrecola, classe 1959, scrittore e giornalista napoletano, ha collaborato con «Napolinotte», il «Roma» e l’«Avanti!». Lavora attualmente per il Ministero per i Beni e le Attività Culturali occupandosi del restauro di libri antichi. Ha pubblicato con Cavallo di Ferro il romanzo d’esordio Il Decisionista (2010) e il libro da cui è tratto il brano, Lo Strano Furto di Savile Row (2012).
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